mercoledì 31 dicembre 2008

Le pillole di mistero del 2008



Il 2008 si chiude oggi. È stato, come ho già avuto modo di dire, un anno intenso. Molto proficua in particolare è stata la collaborazione con lo staff di Siamo in Onda . Da questo incontro, per il quale devo ringraziare Fabio di Ortablog è nata una serie ulteriore di contatti molto interessanti.

Per la trasmissione in onda su Puntoradio ho scritto 15 storie, quindici piccole Pillole di Mistero, lette dalla voce di Marco l’Equi Librista, tranne l’ultima,dedicata a Babbo Natale, recitata in diretta da Cristina Medina (nei panni della Maga) e Ivano Balabio (in quelli di Alfa).

Sempre nell’ambito della trasmissione si è avuta la premiazione del concorso “Racconta il tuo mistero”, con la lettura del brano vincitore, scritto da Massimo Maria Bonini.

Molti dei brani letti sono stati trasformati in piccoli video che è possibile vedere su questo blog e sul canale http://www.youtube.com/illagodeimisteri.

Gli ultimi non sono ancora disponibili, ma spero di riuscire presto a riproporveli.


Ecco le Pillole di Mistero del 2008


venerdì 23 maggio 2008:

La Dama di Ghiaccio .


sabato 31 maggio 2008.

Tema: Superpoteri.

I due muratori.


sabato 7 giugno 2008.

Tema: giro d’Italia.

La caccia infinita.

Il video.


sabato 14 giugno 2008

Tema: fortuna/sfortuna.

Le Creature del Piccolo Popolo

Il video.


Sabato 4 ottobre 200.

Tema: vittorie e sconfitte.

La valle dei cinque / Lä val d'ij cinch Racconto vincitore del concorso “racconta il tuo mistero” (autore Massimo Maria Bonini)

Video

Extra: intervista video a Francesca d’Amato Pillola di Dragonologia


sabato 11 ottobre 2008.

Tema: grazie.

Le Grazie

Il video.


sabato 18 ottobre 2008.

Tema: occhi.

Occhi gialli nell'oscurità

Il video.


sabato 25 ottobre 2008

tema: fedeltà/infedeltà .

La guardia sul colle

Il video.


sabato 1 novembre 2008

Tema: Paure .

L’armata delle tenebre

Il video.


sabato 8 novembre 2008

tema: sogni d’oro

La grotta del sogno.

Video.


sabato 15 novembre 2008

tema: volare

Le streghe di Sambughetto.

Video.


sabato 22 novembre 2008

Tema: donne e motori

La pupa e il motore

Il video


sabato 29 novembre 2008

tema: il fattore di potenza

La potenza della Vipera.

Il video.


sabato 6 dicembre 2008

tema: dalle stelle alle stalle

La farina del Diavolo

Il video


sabato 13 dicembre 2008

tema: Le strade

Il labirinto dell’oscurità

Il video


sabato 20 dicembre 2008

tema: Babbo Natale esiste!

Babbo Natale esiste!

Video



martedì 30 dicembre 2008

Terrore nella notte.



«Come fanno a starci quattro elefanti in una Cinquecento? Due davanti e due di dietro.»
L’Intortatore adora queste vecchie barzellette. Io non adoro lui, ma pazienza. Anche lui mi ha raccontato un’avventura occorsagli durante le magiche dodici notti, da Natale all’Epifania, passando per l’ultimo dell’anno. La tradizione vuole che in queste notti tutto sia possibile e che i cieli siano solcati da ogni genere di presenza. Se qualcosa di strano deve accadere potete star certi che sarà in una di queste notti. Infatti….
«Era l’ultimo dell’anno» prosegue l’Intortatore. «Avevamo fatto baldoria fino a tardi, poi io e un amico eravamo riusciti ad agganciare due pollastrelle. Due sorelle che i genitori avevano fatto uscire insieme perché si sorvegliassero a vicenda. Ovviamente le due pensavano a tutto tranne che a sorvegliarsi…
«Comunque, a quei tempi non avevo ancora una macchina mia. Il mio amico in compenso aveva una vecchia Cinquecento, in cui ci infilammo all’uscita del locale con le due pollastre. Naturalmente due davanti e due dietro. Cercavamo un luogo tranquillo, un po’ appartato. La pollastra davanti dice al mio amico che lei conosce un buon posto. Il che mi fa pensare che non sia così ingenua come si poteva pensare….
«Ad ogni modo entriamo in questa stradina, vicino alla torbiera sotto Invorio. Il mio amico spegne il motore e ci mettiamo al lavoro, nei limiti consentiti da quello spazio angusto. Mentre siamo così impegnati, la ragazza che sta con me mi fa: “Non hai sentito un rumore?”. Sulle prime minimizzo, penso che voglia fare un po’ la difficile. Lei insiste e allora alzo la testa. Anche gli altri due, disturbati da quelle frasi si guardano attorno. I vetri però erano tutti appannati, per cui non si vedeva nulla. Però si sente distintamente il rumore dei passi. Uno, due. Uno, due.
“C’è qualcuno!” sussurra il mio amico.
“Sono in due…” risponde la ragazza che sta con me.
“O Signore, io ho paura” dice l’altra davanti. “Dicono che in questo posto le streghe evochino i morti…”
La sorella per tutta risposta comincia a frignare che vuole andare a casa. Vedo la seratina sfumarmi tra le dita ed esclamo: “Ma non c’è nessun…”
Le parole mi muoiono in gola quando una macchia bianca compare davanti alla macchina.
Urliamo tutti e quattro.
“Via via via andiamo via subito di qua!”
Il mio amico accende il motore e ingrana la retromarcia. La Cinquecento sobbalza e fa del suo meglio sullo sterrato, mentre la macchia sembra volerci venire addosso. Sentiamo un poderoso nitrito. Appena il mio amico accende i fari vediamo davanti a noi un cavallo bianco che ci fissa sbuffando. Io tento di ridere, ma ormai l’atmosfera è rovinata. Le ragazze vogliono andare a casa. Ne hanno abbastanza. Tutto per un cavallo…»
Lo guardo, mentre scuote la testa. Non si interessa molto di leggende l’Intortatore. Altrimenti saprebbe che nella notte di Capodanno, le streghe e gli stregoni si tramutano in animali e girano nell’oscurità in cerca di vittime.

lunedì 29 dicembre 2008

La Notte Oscura





«Tutti parlano del Natale, perché non sanno cosa avviene veramente la notte di Capodanno!»
Mentre parla ho la netta impressione che il Barcaiolo abbia iniziato presto i festeggiamenti per la fine dell’anno. È rosso in viso come non l’ho mai visto e la voce rimbomba alterata per il locale semideserto. Il Filosofo, appoggiato al bancone, sorride sornione con l’aria di chi ha voglia di godersi lo spettacolo senza esserne troppo coinvolto.
Capisco che stavolta dovrò vedermela da solo con Caronte.
«Cosa avviene la notte di Capodanno?»
La mia domanda voleva incoraggiarlo a parlare. Mi rendo subito conto che non ce n’era bisogno…
«Quella notte si aggira di tutto nelle tenebre!» gli occhi di Caronte sembrano davvero voler schizzare dalle orbite. «Io ho visto coi miei occhi la seconda isola e gli spettri che agitavano le loro dita fiammeggianti. Ho visto le lunghe file dei morti camminare sulle acque! Te lo dico io che sul lago, di notte, ci sono stato! E le streghe? Cosa mi dici delle streghe? L’hai mai vista tu una strega?»
Non ho modo di rispondergli che sì, un paio di streghe le ho incontrate in vita mia…
«Si aggirano sotto forma di animali parlanti!» il flusso delle parole di Caronte è un fiume in piena che è impossibile guadare. «Guai ad ascoltare le loro malvagie parole: potresti trovarti incantato in un istante! »
Caronte è in piedi e agita le braccia, barcollando vistosamente. Pare davvero l’infernale nocchiero dantesco intento a distribuire colpi di remo alle anime prave.
«Per fortuna i demoni temono l’acqua!» sorride sornione. Almeno da quelli siamo al sicuro, sull’acqua! Spettri, streghe, demoni! Tutti sono in giro, quella notte, te lo dico io che li ho visti!
A cosa credi che serva il rumore dei fuochi artificiali? A tenere indietro quell’orda dannata! Ma dove l’eco del rumore non giunge è bene non andare…»

domenica 28 dicembre 2008

La leggenda del Sasso Gambello



«In occasione del Natale ho deciso di raccontarti anch’io una leggenda».
Il Rubinettaio pare deciso a lasciare per un po’ da parte i suoi rubinetti…
«È una leggenda che ho trovato in un libro che credo ti interesserà: “Incisioni rupestri e megalitismo nel Verbano Cusio Ossola”. Gli autori sono Fabio Copiatti, Alberto De Giuli e Ausilio Priuli. Come protrai leggere, c’è una storia molto interessante alla pagina 84…»
Il Rubinettaio alle volte mi sorprende per la sua precisione. Dovessi cambiare i rubinetti me ne ricorderò…
«Come sai, la Sacra Famiglia dovette fuggire, perché inseguita dai soldati di Erode. La sua lunga fuga si concluse in Egitto, come noto, ma prima vide i tre fuggitivi errare un bel po’ per il mondo.
Un giorno i tre, sempre in fuga, giunsero anche sul Lago d’Orta. Pensavano di essere ormai al sicuro, sul pianoro di Cireggio, quando si accorsero che le guardie erano ormai vicine. La leggenda parla in realtà di ariani, ma è chiaro che qui i vecchi sbagliavano, giacché non potevano esserci seguaci di Ario a quel periodo!»
«In effetti», sorrido, «è improbabile che potessero esserci degli eretici cristiani ariani quando il Bambinello non aveva ancora cominciato a parlare…»
«Ad ogni modo i tre cominciarono a fuggire, finché non giunsero sul ciglio di quella profonda forra che è chiamata il Paradiso dei cani…»
«Aspetta!» lo interrompo «dei cani o dei Cani? Esiste una famiglia importante con quel cognome nella Valle Strona, che è appena lì sopra.»
«Questo non lo so» ammette il Rubinettaio. «In effetti la leggenda ha parecchi aspetti misteriosi. Te la racconto proprio per questo. Comunque ti stavo dicendo… Giunti sull’orlo del precipizio, Giuseppe si carica in spalla Maria, che tiene stretto al petto il Bambino e fa un gran salto. Gli inseguitori rimangono con la bocca spalancata, mentre i tre saltano l’intera valle, atterrando miracolosamente illesi, sull’altra sponda. L’impronta del piede di San Giuseppe è ancora ben visibile sul Sasso Gabello, come viene chiamata la roccia su cui atterrò. Lì fu costruita una cappelletta con un affresco dedicato alla Sacra Famiglia.»
«Ti ringrazio» annuisco «ma più che una leggenda questo pare un vero enigma, tanto più che il Sasso Gabello è ricoperto di misteriose incisioni, scritte e date di cui nessuno finora è riuscito a spiegare pienamente il significato…»

sabato 27 dicembre 2008

300


Con ‘sta pioggia e con ‘sto vento
i nostri post sono... trecento!

Nonostante tutto siamo ancora qua. E questo è il trecentesimo post.

Colgo l’occasione per ringraziare tutti i miei lettori, vecchi e nuovi, per avermi seguito in questi mesi, per me molto intensi per molte e diverse ragioni. Per mezzo de il Lago dei Misteri ho incontrato persone che mai avrei incontrato in altro modo. Incontri nella maggior parte dei casi solo virtuali, certo, ma spesso molto significativi. Grazie alla vostra presenza, fatta di silenziose letture e intelligenti interventi, questo blog ha trovato l’energia per andare avanti fino ad oggi.

Questo blog mi ha dato inoltre modo di avviare la collaborazione con Puntoradio. Un progetto quello del Talk Show “Siamo in Onda” che sta crescendo al di là delle previsioni dei suoi stessi ideatori. Fabio e Fulvio hanno saputo radunare attorno al loro entusiasmo una pattuglia di amici che sta già diventando un plotone. Questo gruppo si ritrova attorno ai microfoni della radio per portare ciascuno un pezzo delle proprie idee e capacità. Un grazie anche a tutti voi, ragazze e ragazzi della radio!

Questo post è dedicato a tutti voi!

venerdì 26 dicembre 2008

Il Natale del Filosofo




«Non parlarmi del Natale!»
Il Filosofo scuote la testa sconsolato, mentre i suoi occhi tristi dietro gli occhiali fissano un punto lontano sul pavimento.
«Detesto le feste che ci estorcono di forza l’allegria» mi spiega tornando a guardarmi «e certo non mi darà la serenità la gran sarabanda della Festa dei Consumi. Perché questo e non altro ormai, è diventato il Natale. Un Santa Claus ridisegnato dalla Coca Cola coi propri colori come cartolina pubblicitaria ne è l’emblema perfetto! Feste, regali, acquisti! Guardati attorno: non vedi la gente correre impazzita da un negozio all’altro, con il piglio feroce di chi è pronta a scannarsi per l’ultimo regalo sullo scaffale? Ma di quale pace, di quale serenità si va parlando? La pace si costruisce nei cuori giorno per giorno, è inutile invocarla per l’intervento miracoloso di un Babbo!»
Non so cosa rispondere al Filosofo, che mi parla con quell’espressione triste, mentre fuori dalla sua Bottega pochi rari turisti si aggirano come antichi fantasmi ortesi.
«E poi» riprende «questi giorni di finta gioia fanno brillare ancora di più la solitaria stella della nostra tristezza. Il dolore della mancanza si rinnova alle luci dell’albero e nel nostro presepe mancherà sempre quella presenza che, sola, potrebbe infondere un po’ di calore al nostro povero cuore…»

Giuni Russo - Adeste Fideles

mercoledì 24 dicembre 2008

martedì 23 dicembre 2008

Il Lago d’Orta. Pagine di letteratura, viaggi e ricordi



Nel 1976 un gruppo di scrittori e intellettuali, in vario modo legati al lago d'Orta e alle valle Strona, si raccolse attorno ad una piccola equipe di studiosi locali che aveva avviato una impresa temeraria: la pubblicazione di una rivista quadrimestrale illustrata, prestigiosa nella veste nelle caratteristiche editoriali, di letteratura, storia, arte, tradizioni popolari, cultura e civiltà del Cusio e delle terre circostanti (la Valle Strona principalmente, ma anche il Lago Maggiore, la Valsesia e l'Ossola).

Nel 1982, con l’uscita dell’ultimo numero de Lo Strona, si chiudeva l'impresa con queste parole: “E’ stata una ritrovata, comune coscienza delle radici a far vivere Lo Strona: per lettori e autori, dilettanti e scrittori illustri”.

Al fine di riproporla alle nuove generazioni di studio, alla scuola ed al pubblico, e di favorirne la promozione di studi e ricerche, la superstite redazione de "Lo Strona" e la " Fondazione Monti" si sono assunte il compito di curare la ripubblicazione, in forma antologica di un corpus di testi scelti, ordinati per temi in tre volumi.

Il primo è stato presentato giovedì 11 dicembre 2008, presso la sala conferenze dell’Albergo “La Sibilla Cusiana” alla Punta di Crabbia di Pettenasco.
Il volume, dal titolo “Il Lago d’Orta. Pagine di letteratura, viaggi e ricordi” raccoglie testi di letteratura, resoconti di viaggio e ricordi apparsi nei 27 fascicoli de “Lo Strona”, rivista nata nel 1976 per iniziativa della Fondazione Monti e delle Comunità Montane della Valle Strona e del Cusio Mottarone.
Si tratta di 47 scritti di 32 autori tra i quali Eugenio Montale, Piero Chiara, Mario Soldati, Gianni Rodari, Mario Bonfantini. L’opera di 272 pagine è curata da Lino Cerutti ed Enrico Rizzi, della Fondazione Enrico Monti, ed è illustrata con immagini d’epoca e raffinati disegni.
Il secondo e il terzo volume, previsti per il Natale del 2009 e del 2010, raccoglieranno invece una scelta di testi di storia, di arte e di folklore.

(Colgo l’occasione per ringraziare iSimo che ha voluto segnalarmi il libro).

lunedì 22 dicembre 2008

Il mio natale di settembre



«Mmm, sì una storia sul Natale te la posso raccontare anch’io» il Partigiano mi guarda sornione «anche se capitò alcuni mesi prima. Era passato da poco l’otto settembre. Stavo rientrando con un amico dall’Istria. Eravamo su un treno carico di militari. Rimasti senza ufficiali e senz’ordini avevamo deciso che la guerra per noi era finita ed era ora di tornare a casa. A Verona però trovammo una brutta sorpresa. La stazione era piena di tedeschi, con mitragliatrici ovunque. Il treno fu fermato e salirono a bordo. Sul binario accanto al nostro c’era un treno bestiame. Man mano che trovavano i ragazzi in età di leva li buttavano giù e li caricavano sull’altro treno. Qualcuno che tentava di scappare era falciato dalle raffiche delle mitraglie. Gli altri urlavano disperati e gettavano biglietti dalle finestrelle pregando chiunque di avvisare le famiglie che li stavano portando in Germania. Una scena straziante, insomma.»
«E come hai fatto a scappare?» domando allibito.
«Non sono scappato. Eravamo lì a guardarci in faccia io e l’altro ragazzo. Non avevamo proprio idea di cosa fare. Nel nostro scompartimento c’era un uomo più vecchio, che leggeva il giornale e ogni tanto ci guardava. Ad un certo punto ci parlò.
“Datemi le vostre carte di identità, subito.”
Eravamo così spaventati che obbedimmo come automi, senza nemmeno capire cosa volesse fare. Allora l’uomo prese di tasca un pennino e un foglio. Trasse dalla valigetta delle boccette d’inchiostro e fece delle prove. Quando fu soddisfatto, prese i documenti e ci lavorò sopra col pennino. Infine ce li restituì. Notammo che aveva modificato la data di nascita in modo da farci risultare troppo giovani per essere nelle classi di leva. Quando i tedeschi arrivarono chiesero i documenti. Videro la data di nascita, ci guardarono, ci restituirono i documenti e se ne andarono via. Per loro, abituati all’idea di autorità e a non discutere mai gli ordini, un documento ufficiale era come un testo sacro.
Io non ho idea di chi fosse quell’uomo. Era un funzionario del comune? O forse un falsario? Non l’ho più rivisto. Alla stazione successiva scendemmo dal treno e raggiungemmo Milano a piedi. Grazie a lui potei festeggiare il Natale libero e quello fu senz’altro il più bel regalo che potessi ricevere.»

domenica 21 dicembre 2008

Una disavventura natalizia per il Gino

A Natale tutti sono più buoni. Il sentimento di letizia porta le persone ad aprire il portafogli per alleviare, forse, con un gesto della mano il senso di colpa per ciò che non fanno nel resto dell’anno.
Il Gino questo lo sapeva e così decise di adeguarsi. Il suo piano era semplice, ma di una tagliente efficacia. Sarebbe entrato nella Chiesa, confondendosi coi fedeli che vi vanno per pregare. Quindi avrebbe, con mossa fulminea, preso le offerte dileguandosi all’esterno, dove l’attendeva il fido motorino.
Detto fatto. Entrò, si guardò attorno e si sedette in un banco, vicino alla cassetta delle offerte. Non appena vide di essere rimasto solo, si avvicinò alla cassetta e…
ZAFF
In un attimo la sua mano era all’interno, arraffando quante più banconote poteva. Quindi diede il via alla seconda parte del piano. Tirò la mano… e si accorse di essere rimasto incastrato!
L’agitò, tirò, spinse, imprecò tra i denti, ma niente da fare. L’inesorabile cassetta lo stringeva come un paio di manette, sotto gli occhi levati al cielo dei Santi e della Madonna i cui nomi erano richiamati più volte nella sibilata litania del Gino.

Alla fine, comprendendo di essere incastrato senza possibilità di liberazione, fece l’unica cosa che gli restava da fare: prese con sé la cassetta per uscire. Sennonché la benedetta cassetta era del modello antico, fatto apposta per scoraggiare i ladri sacrileghi, che non sono mai mancati, nemmeno nel bel tempo andato. Era di legno massiccio e rinforzato e soprattutto pesava. O Signore quanto pesava!
Così il Gino fece la sua uscita dalla chiesa trascinandosi dietro quell’enormità, che non aveva alcun desiderio di lasciare la sicurezza del luogo sacro e l’invitava anzi a rimanere con lei all’interno.
Con uno sforzo sovrumano il Gino raggiunse il motorino, ma lì constatò quanto fosse difficile guidarlo con la destra incastrata in una trappola di legno di quelle dimensioni.
In quel mentre il Gino fu visto da due parrocchiani. Quasi contemporaneamente il Gino vide i due che si dirigevano verso di lui con aria assai poco caritatevole.
Così, decise di allontanarsi a piedi, trascinandosi dietro la cassetta. Cosa assai più semplice da dirsi che da farsi. I due tra l’altro erano già diventati cinque, perché alcune pie donne avevano notato la scena e si erano messe ad urlare.
Il Gino, sudando e arrancando come nostro Signore sotto il peso della croce, pregava in cuor suo che gli fosse risparmiato ciò che stava per accadere. Le sue preghiere però non vennero esaudite ed il Gino fu presto raggiunto e circondato da una dozzina di uomini e donne che gli diedero una rapida ed energica lezione sul rispetto delle cose sacre.
Pochi minuti dopo la sirena dei Carabinieri parve il coro degli angeli al povero Gino che gonfio e pesto fu portato dal Giudice.
Non prima di aver effettuato una sosta tecnica dal falegname per liberarlo dalla cassetta.

sabato 20 dicembre 2008

Babbo Natale esiste!




Alfa è andato a portare gli auguri alla Maga e questo è il dialogo che è seguito alla domanda “Secondo te, esiste Babbo Natale?”.
Il testo è quello letto questa sera a Siamo in Onda.


LA MAGA:
[Ride]
«Ma certo che esiste!»

ALFA:
[Deciso]
«Babbo Natale è un mito inventato dalla Coca Cola. Ha persino i colori della multinazionale. E pensare che c’è chi se la prende con Halloween definendolo un’americanata…»

M.:
«Questa è una leggenda metropolitana! Un Babbo Natale dal viso rubicondo, che viaggia su una slitta trainata da otto renne, compare già in un racconto del 1823, mentre la Coca Cola fu inventata solo nel 1886. Certo, la sua immagine fu modificata e utilizzata per pubblicizzare la bevanda, ma come per Halloween non si deve confondere la versione globalizzata e commerciale della leggenda con le radici più antiche. Ma tu, dimmi, accogli Babbo Natale come si deve…»

A.:
[Sorpreso]
«Cosa vorresti dire?»

M.:
«Gli hai mai lasciato l’offerta, come prevede la tradizione?»

A.:
«Offerta? Ma non è Babbo Natale a portare i regali?»

M.:
[Con tono di dolce rimprovero]
«Se vuoi che Babbo Natale venga a trovarti, devi lasciargli l’invito e qualcosa perché possa riprendere le forze e continuare il suo viaggio. Un piccolo dono: un bicchiere di vino, uno di latte o un pugno di castagne secche. Non ti chiede molto, in fondo.»

A.:
«In effetti non lo sapevo… »

M.:
«Vedi la mentalità del secolo? Si pretende ogni cosa, come fosse dovuta e quando questa non arriva si cade nel cinismo. In fondo lo Spirito del Natale ci vuole ricordare quanto sia bello e giusto donare disinteressatamente, ringraziando prima di aver ricevuto. Ricorda: la serenità e la pace sono i veri doni dello Spirito del Natale. La magia del Natale è tutta qui e ci accompagna in quelle magiche dodici notti, da Natale all’Epifania, in cui tutto può accadere.»

INSIEME VOCALE CANTAR STORIE



Concerto di Natale ad Omegna.

Sabato 20 dicembre, alle ore 21, presso la chiesa di S. Ambrogio, si terrà il tradizionale concerto di Natale con il gruppo “Insieme Vocale Cantar Storie”. La formazione ossolana si esibirà in un repertorio di melodie natalizie sacre e tradizionali.

L'“Insieme Vocale Cantar Storie”, coordinato da Luca Bonavia, è un progetto di coralità da camera a voci soliste, dedicato all'esplorazione di territori armonici che si estendono dalla polifonia antica e medievale a forme contemporanee di vocalità “a cappella”.
Attivo dal 2006 nell'ambito dell'omonima Associazione, ha affrontato sino ad oggi un ampio repertorio, che si estende dalle pagine del Laudario di Cortona ad opere di Giovanni Pierlugi da Palestrina, Orlando di Lasso, Marc'Antonio Ingegneri, sino ai compositori contemporanei Orlando Dipiazza, Gianmartino Durighello e Mauro Zuccante.
Tra le attività proposte nel corso dell'ultimo biennio, si segnala in particolare il Progetto “Stella Splendens”, dedicato ad una riproposizione per sole voci degli esiti tratti dall'antico manoscritto del Llibre Vermell de Montserrat, risalente al XIV secolo. Per l'occasione l'Insieme Vocale è stato invitato a cantare all'interno dell'Abbazia di San Nazaro e Celso, a San Nazaro Sesia, nel
corso della stagione estiva 2007.

I componenti dell'Insieme Vocale sono attualmente: Ivana Bandini (Soprano), Annamaria Pozzetta (Mezzosoprano), Carlo Zaninetti (Tenore), Edoardo Quaranta (Basso), Luca Bonavia (Tenore), Mario Stelitano e Doriana Modoni (Voci recitanti).

Fonte: Comune di Omegna
stampa@comune.omegna.vb.it
http://www.comune.omegna.vb.it/


venerdì 19 dicembre 2008

Misteri del Natale ( e delle altre feste comandate)



Negli scorsi giorni sono andato a portare gli auguri agli amici che mi forniscono gli spunti per tanti racconti. Ho portato dei doni e sono rimasto a fare quattro chiacchiere con loro.

La Maga mi ha offerto una delle sue tisane.
Il Filosofo mi ha mostrato l’arredamento nuovo della sua bottega.
Caronte ha brindato in mio onore e io ho ricambiato.
L’avvocato Volpicini mi ha parlato del Gino.
Il Rubinettaio mi ha parlato del suo lavoro e io del mio.
L’Intortatore mi ha mostrato la foto della sua nuova fiamma.
Il Partigiano ha affettato un salame e stappato il vino.
Il Maestro ha aperto per l’occasione una nuova scatola di sigari…

Tutti mi hanno raccontato una storia, che vi proporrò nei prossimi giorni.

Al tema del Natale sarà dedicata anche la Pillola di Mistero che sarà letta a Siamo in Onda domani sera. Come sempre vi ricordo le modalità per ascoltare Puntoradio anche dal web.

Infine vi invito a rispondere a queste domande.


Credete in Babbo Natale?

Riuscite ancora ad avvertire la magia del Natale?


Cosa pensate/sperate vi porterà il Natale quest’anno?


Da ultimo un piccolo concorso: indovinate cosa ho regalato agli otto personaggi sopra elencati!
Chi saprà fornire la risposta più azzeccata riceverà un simpatico omaggio dalla Befana…

giovedì 18 dicembre 2008

Omaggio natalizio a Mario Soldati




Venerdì 19 Dicembre 2008, Ore 21,00

Hotel Villa San Francesco - Legro di Orta

Proiezione del documentario " Orta mia " e di spezzoni provenienti dalle Teche Rai dedicati a Mario Soldati.

Con presentazione dei libri "Un sorso di Gattinara, Natale e Satana" e "Orta mia"


Intervengono: Lino Cerutti e Roberto Cicala con un saluto di Fabrizio Morea

Al termine, degustazione di alcune prelibatezze care allo scrittore.

Ingresso libero

www.interlinea.com



Mario Soldati fu un protagonista della cultura italiana della prima e della seconda metà del Novecento. Non è stato solo uno scrittore di primissimo ordine ma anche l'autore di alcuni capolavori del cinema italiano (Piccolo mondo antico, Malombra, Fuga in Francia, La provinciale). Da non sottovalutare poi, l'opera pioneristica che questo scrittore portò avanti nel piccolo schermo.

Nel 1934, a causa dell'insuccesso del film Acciaio, Soldati venne licenziato. Anche per sfuggire a "storte vicende sentimentali" si rifugiò a Corconio, frazione di Orta San Giulio. Vi rimase per due anni in volontario esilio, scrivendovi "America Primo Amore'"e vari altri scritti.




martedì 16 dicembre 2008

Le disavventure del Gino: il motorino.



Un giorno il Gino decise di rubare un motorino. Dopo aver fatto un giro adocchiò la sua preda. Un gruppo di ragazzi si era riunito in un bar del paese per festeggiare il motorino nuovo fiammante di uno di loro, il Biondo.
Il Gino si avvicinò di soppiatto e con rapida mossa saltò in sella al motorino del Biondo, mise in moto e partì sgommando….

“Al ladro! Al ladro!”

Il Gino non era stato così lesto da non essere visto durante l’azione criminale, così un attimo dopo una piccola orda di ragazzi si stava già proiettando fuori dal bar all’inseguimento. Il motorino era nuovo, però, e decisamente superiore agli altri per cilindrata, così che il Gino poteva ben sperare di seminarli tutti, sennonché…

Il Gino però non è esattamente Valentino Rossi e poi, a differenza del simpatico motociclista, ha un problema: è il ladro più sfortunato del mondo. Egli non sapeva (e del resto come avrebbe potuto saperlo?) che il motorino fiammante del Biondo non aveva attirato solo la sua attenzione. Il Biondo già di suo stava antipatico a tutti, figuriamoci ora che non faceva che vantarsi del nuovo motorino. Qualcuno aveva così deciso di fargli un bello scherzetto e gli aveva messo lo zucchero nel serbatoio.

Per chi non lo sapesse, questo “scherzetto” è piuttosto pesante. Lo zucchero infatti si scioglie nella miscela. Quando la miscela di benzina e zucchero arriva in camera di combustione, a quelle pressioni, ma soprattutto a quelle temperature, lo zucchero si carbonizza. Il motore, così caramellato, si “grippa”.

Ebbene, il motorino del Biondo si grippò proprio in fondo alla strada. Il Gino non fece nemmeno in tempo a scendere, che i ragazzi gli erano già addosso, ben decisi a dare una lezione a chi aveva osato derubare il loro caro amico Biondo.

Alla fine arrivarono i Carabinieri e così il povero Gino, tutto pesto, finì davanti al giudice.

lunedì 15 dicembre 2008

Le disavventure del Gino.



Tra i numerosi clienti dell’avvocato Volpicini, ce n’è uno che gli è particolarmente fedele. Non nel senso che sia un amico. Il fatto è che il Gino, questo è il suo nome, è quello che si potrebbe definire un delinquente abituale.

Ovviamente, come sapete, ci sono due tipi di delinquenti abituali.

Ci sono quelli abili e fortunati, che se la cavano sempre e riescono a fare fortuna fino a raggiungere le più alte vette dell'economia e della politica. Questi hanno stuoli di avvocati strapagati che li tengono lontani dai guai. Volpicini non ha nessun cliente di questo tipo, per sfortuna del suo portafoglio.

Ci sono quelli sfortunati e imbranati, di cui sono piene le carceri. O forse dovremmo dire "di cui sarebbero piene le carceri", perché per uno strano mistero italiano, in carcere normalmente ci stai a lungo prima del processo, ma quando ti hanno condannato ti mandano fuori.

Ad ogni modo, il Gino, come avrete intuito, appartiene decisamente alla seconda categoria. Occorre inoltre dire che il Gino è un ladro. Convintamente e incallitamente ladro. Non è specializzato in un campo, il Gino. Niente affatto: egli ruberebbe qualsiasi cosa. Dico “ruberebbe” perché il più delle volte vorrebbe rubare, ma proprio non gli riesce. Dove la sua naturale imbranataggine si arresta, interviene inesorabile e infallibile la sfortuna.
Il Gino è infatti l’incarnazione nel mondo criminale della nota “Legge di Murphy” (che recita “se qualcosa può andar male, lo farà”). Se esiste un modo nell’universo con cui un crimine può essere sventato (non dalle forze dell’ordine, ché non ce ne sarebbe bisogno) dalla jella, il nostro Gino l’ha sicuramente sperimentato sulla sua pelle.
Volpicini ci ha raccontato, all’ora dell’aperitivo, una serie delle sue avventure. Le chiamerò “le disavventure del Gino” e ve le presenterò prossimamente. Spero possiate apprezzarle.
Solo un’avvertenza: il Gino esiste veramente e le sue dis-avventure, giura Volpicini, sono tutte autentiche.
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domenica 14 dicembre 2008

Troll




«I Troll mi fanno compassione»
La Maga scuote la testa mentre versa una delle sue tisane fumanti . Con il freddo che fa e la neve fuori ci voleva proprio.
«Io li trovo insopportabili» rispondo. «Non sanno fare altro che rovinare il lavoro degli altri, dire malignità, volgarità e stupidaggini. Sono maleducati, ingombranti, chiassosi e fastidiosi…»
«Non dico di no» mi risponde con uno dei suoi sorrisi da matrioska. «Eppure, non dobbiamo dimenticare che un tempo non erano così.»
«Cosa intendi?» domando incuriosito.
Quando la Maga stringe la tazza con entrambe le mani e ne annusa il profumo so già che sta per raccontarmi qualcosa d’importante.
«Nessuno nasce Troll» mi dice. «I Troll non sanno concepire nulla di bello, figuriamoci una nuova vita. Troll non si nasce, si diventa.»
«In che senso?»
«Come gli Angeli caduti divennero Demoni all’inizio dei tempi, così gli Elfi che voltano le spalle alla Luce diventano Troll. Molti lo fanno per tristezza, altri per brama di vendetta, altri ancora per un amore infelice…. Chi può dirlo? Ad un certo punto si dirigono verso l’Oscurità, che li inghiotte. Da essa non possono più uscire: se un Troll vede la Luce si trasforma immediatamente in pietra.»
«Ma a tutti è data la possibilità di una scelta!» ribatto esterrefatto.
«Esatto. Gli Angeli, che sono creature perfette e immortali, fecero la loro scelta all’origine. Agli Elfi durante la loro lunghissima esistenza è data la libertà di scegliere d'incamminarsi nell’Oscurità, con la consapevolezza di non poter più tornare indietro. Agli Uomini, creature imperfette e mortali, la scelta è data ogni giorno. In ogni istante possiamo scegliere tra la Luce e le Tenebre. Possiamo essere Elfi o Troll, in minore, ogni giorno della nostra vita. A noi, quale compenso per la nostra debolezza e incostanza, è però concesso un grande dono: la possibilità di redimerci.»

sabato 13 dicembre 2008

Il labirinto dell’oscurità



La pillola di Mistero trasmessa questa sera a Siamo in Onda è dedicata alle leggende che parlano di segreti passaggi che collegherebbero alcuni luoghi: castelli, torri, chiese e caverne. Luoghi affascinanti e misteriosi, ma anche estremamente pericolosi.

Cunicoli che Il Lago dei Misteri va lentamente censendo con la collaborazione dei suoi lettori. Se conoscete una di queste leggende non esitate a segnalarcela.



Vi sono strade frettolose che corrono rapide e veloci. Altre si snodano lente, lungo le colline del lago, come a volervi invitare a guardarvi attorno, ad ammirare i paesaggi. Ci sono vie tranquille come i villaggi che attraversano, dove il tempo pare essersi fermato. Altre, sinuose come serpenti e altrettanto pericolose, se solo osate distrarvi un attimo.
Ci sono passaggi, infine, che non vedono mai la luce del sole. Non è facile trovarli, ma non per un problema di segnaletica, come accade per le strade di superficie. Non esistono frecce ad indicarli e potete mettervi alla loro ricerca solo seguendo le labili tracce di una leggenda.
I cunicoli collegano luoghi molto distanti tra loro e il loro tracciato è imprevedibile. Attraversano montagne e corsi d’acqua. S’immergono su una riva del lago per riemergere dall’altra parte, in un’altra fortezza o grotta sulla sponda opposta. Nel loro insieme costituiscono una rete fittissima nel sottosuolo, la cui mappa è impossibile ricostruire.
Lì sotto l’orientamento si perde, il tempo si ferma e la mente vacilla.
Alcuni sussurrano che molti cunicoli si collegherebbero ad una rete di passaggi molto più antica, scavata prima che la nostra specie apparisse sul pianeta. Gallerie che porterebbero in luoghi segreti, difesi da trabocchetti e parole d’ordine stabilite all’alba del mondo, in lingue non umane. Luoghi nel ventre della terra in cui sarebbero custoditi tesori inimmaginabili e oggetti capaci di donare al possessore virtù, forza, ricchezza.
Occorre solo trovare il coraggio di infilarsi nelle viscere della terra, per cercarli…

Identità vampiresca



Grazie a Dual ho appena scoperto il mio nome da Vampiro (e con questo rispondo anche a Massimo che ieri sera si chiedeva perché la mia immagine non fosse riflessa dagli specchi…).


La mia identità vampiresca risulta essere: Armand Spenser, conosciuto anche come Erebus of The Flesh, "a sensual one who knows the flesh - and knows the blood".

Non c’è necessità di tradurre, vero?

venerdì 12 dicembre 2008

Strade





Quanto sono antiche le strade? A questa domanda potremmo dare, credo, due risposte.
Se intendiamo il termine in senso meramente ingegneristico, potremmo dire che le prime vie di comunicazione espressamente progettate e realizzate per consentire il transito su di una superficie fisica il più possibile sgombra da ostacoli e resistente all’usura determinata dal passaggio di uomini, animali e mezzi, sono un’invenzione dei grandi imperi dell’antichità. Essi si preoccuparono di tracciare itinerari muniti di luoghi di sosta onde consentire il rapido fluire delle informazioni dalla capitale alla periferia e viceversa. Famosa fu nell’antichità la “via Reale” costruita dai persiani Achemenidi che da Sardi, nell’attuale Turchia, giungeva fino a Susa, in Persia.

Se guardiamo alla strada travalicando il dato puramente tecnico delle caratteristiche costruttive, per concentrarsi su quello funzionale, la storia della strada acquista un’ulteriore profondità. La differenza tra strada e sentiero si affievolisce fino a diventare praticamente indistinguibile. Molte delle strade che attraversano ancora oggi gli Stati Uniti ricalcano gli antichi trail dei pionieri, tracciati a loro volta sulle piste percorse dalle tribù indiane quando ancora il cane non era stato sostituito dal cavallo come animale da traino.
Chi può dire del resto quando le impronte degli ominidi impresse casualmente sulla soffice cenere vulcanica di Laetoli – e incredibilmente pietrificate dal tempo – divennero la traccia da ripercorrere per le generazioni successive?

Una strada è però qualcosa di più di un semplice luogo fisico strutturato per consentire il transito di uomini, animali, veicoli e merci. La strada è il simbolo stesso della ricerca, sia che il viandante la percorra per esplorare il mondo, tentare la fortuna – commerciale o militare – sia che la intraprenda in senso spirituale. La ricerca diventa allora interiore cammino verso un qualcosa che può essere l’altro, ma anche se stessi.
I primi cristiani furono chiamati “la strada” in quanto camminavano per la strada della vita e non solo per simbolo. La stessa marcia – l'uscire nel mondo a piedi – era un'espressione esteriore di una realtà interiore. Uscivano con Dio nel cuore e quindi la direzione della marcia era doppia.

“A volte la strada dell’andata è la strada del ritorno” viene rivelato alla protagonista di Labyrinth (film fantasy per la regia di Jim Henson del 1986). La strada consente di guardare il passato e il futuro, il cammino percorso e quello da affrontare. Diviene l’emblema della storia dell’uomo, il luogo dove è possibile – e talora necessario – fermarsi per studiare il tragitto fatto prima di poter proseguire, magari per tornare sui propri passi.

Il cinema e la letteratura non potevano non trattare questo tema: a piedi, a cavallo, su una moto o una macchina; a ritmo di blues o nel rombo del motore; cercando se stessi, la vita o la morte. Il viaggio è ciò che conta, dovunque ci possa condurre. Dai cavalieri solitari alle Harley Davidson, dalla Beat Generation ai serial killer in cerca di preda, dall'asfalto della Route 66 al deserto che la assedia indifferente: la libertà è un viaggio, la strada siamo noi.

Alle strade sarà dedicata la prossima Pillola di Mistero trasmessa domani sera a Siamo in Onda (per ascoltarla cliccate qui) in una puntata che riserverà non poche sorprese agli ascoltatori più attenti…

Lunga è la strada stretta la via dite la vostra che ho detto la mia!

giovedì 11 dicembre 2008

Il calendario dei poveri. Conferenza venerdì 12 a Gozzano

L'Ecomuseo del Lago d'Orta e Mottarone segnala la sua adesione alla Giornata Nazionale della Rete Italiana di Cultura Popolare, organizzata dal Comitato Festival delle Province con una iniziativa che consiste in una conferenza che si terrà a Gozzano (NO) nella serata di venerdì 12.12.2008 (ore 21) presso il Salone degli Specchi del palazzo municipale, dal titolo “Il calendario dei poveri. Riti, feste, ricorrenze del calendario tradizionale attraverso la canzone popolare dell'Italia settentrionale”, tenuta dal prof. Massimo M. Bonini.

L'iniziativa, a partecipazione gratuita, gode del patrocinio e della collaborazione del Comune di Gozzano.

IO SOSTENGO LA CULTURA POPOLARE






Giornata Nazionale della Rete Italiana di Cultura Popolare
IO SOSTENGO LA CULTURA POPOLARE
13 dicembre 2008
Migliaia di persone, che sono alla base di una rinata volontà, scelgono di sostenere la salvaguardia delle proprie identità e della cultura che la esprime.
I beni immateriali sono espressione della cultura delle classi popolari, trasmessi nel tempo attraverso il passaggio orale o performativo. La mancanza di una documentazione scritta fa sì che la loro diffusione e perpetuazione, venga affidata alle occasioni che le feste, i riti e le manifestazioni rappresentano.
La comprensione dell’attività della Rete Italiana di Cultura Popolare è di fondamentale importanza, affinché non si metta a repentaglio l’esistenza e la trasmissione di saperi, tecniche e conoscenze, che oggi più che mai sono dei veri e propri Presidi della Cultura Popolare Italiana e che rischiano una immediata estinzione.
Nel 2007 la Rete è stata riconosciuta dal MIBAC, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, come Rete Italiana di Cultura Popolare: per la capacità di coinvolgere ambiti territoriali interregionali, per l’efficacia nella promozione della cultura e delle identità peculiari italiane, per la volontà di interessare un pubblico ampio ed eterogeneo, riavviando il dialogo fra generazioni, per l’adozione di strumenti virtuosi che consentano una razionalizzazione delle risorse statali e locali disponibili.
Associazioni, artisti, scuole, eco-musei, biblioteche e singoli cittadini, che costituiscono il motore, anche economico, delle comunità locali, hanno deciso di attivarsi all’interno del proprio territorio. Ogni tipo di manifestazione si unirà idealmente alla miriade di esibizioni analoghe distribuite sull’intera penisola italiana e si realizzerà durante tutta la giornata del 13 dicembre.
Il 13 dicembre infatti diventa riferimento della luce di tutte le fiaccole accese in onore di Santa Lucia, martire che, pur priva di occhi, possiede il dono della vista e lo concede anche a chi virtualmente non è in grado di oltrepassare la propria ristretta visuale, luci che la Rete Italiana di Cultura Popolare vuole far splendere simbolicamente e simultaneamente anche all’interno delle realtà territoriali più circoscritte.

mercoledì 10 dicembre 2008

Inconvenienti del mestiere



La giornata era iniziata presto quella mattina per Antonio e Giuseppe. Del resto erano professionisti e sapevano bene che quelli erano gli inconvenienti del mestiere. Trovare un furgone adatto non era stata cosa semplice, ma alla fine ce l’avevano fatta ed erano partirti per Ameno.
Lì avevano individuato il posto giusto per lasciare il mezzo e si erano messi alacremente all’opera, ignorando il gruppetto di ragazzi che se ne stavano sfaccendati su un muretto. Solamente quando ebbero finito di caricare il furgone, Antonio e Giuseppe si accorsero che le ruote erano sgonfie.
Tutto potevano aspettarsi tranne che quei ragazzi potessero compiere un simile gesto! In televisione non si fa altro che parlare di giovani senza valori, impegnati solo a combinare guai, molestare i più deboli e distruggere ogni cosa. Possibile che proprio a loro fossero capitati gli unici dotati di senso civico?
Ora si trovavano nei guai. Avevano un furgone immobilizzato, carico di preziose tele antiche, rubate nella chiesa lì vicina e in lontananza si udiva già la sirena dei Carabinieri, che i teppistelli dovevano aver avvisato.
Non restava che darsela a gambe. Giù per i boschi, verso l’Agogna e poi su di nuovo per le ripide pendici del Monte Mesma. Orientarsi però non è facile nei boschi e i Carabinieri erano giovani e ben determinati a non lasciarseli scappare.
Alla fine vennero presi e nelle concitate fasi dell’arresto Antonio e Giuseppe caddero. Caddero più volte, riportando varie contusioni, tutte in luoghi non visibili. Non ne fecero un dramma: in fondo erano professionisti e sapevano bene che quelli erano i rischi del mestiere.
I due, pluripregiudicati, furono immediatamente tradotti dal giudice per essere processati per direttissima. Il loro avvocato iniziò subito a porre una serie di eccezioni.
«Non di furto si tratta, Vostro Onore, bensì di tentato furto!»
In effetti l’atto criminale non era stato portato a termine…
«L’accusa di ricettazione non regge, in quanto il furgone non è di loro proprietà.»
Parole sante! Il furgone era stato rubato quella mattina, infatti…
Per farla breve, alla fine il giudice condannò i due ad una breve pena detentiva, da scontarsi agli arresti domiciliari.
«Inconvenienti del mestiere» sorrise Antonio.
Per Giuseppe, invece, quello era veramente troppo, anche per un professionista come lui.
«Signor Giudice, la prego!» strillò. «Non mi metta ai domiciliari! Ho partecipato al furto perché volevo andarmene di casa e lasciare mia moglie. Se mi chiudete con lei, quella mi massacra. Ha scoperto che ho un’altra!»
Fu così che la coppia di mariuoli fu divisa. L’uno tornò a casa e l’altro se ne andò, felice, in galera.

martedì 9 dicembre 2008

Questa è l’ora senza pari, questa è l’ora… (seconda parte)



… degli amici dell’aperitivo. Come vi ho detto ieri al Rubinettaio e a me si uniscono per l’aperitivo altri personaggi, decisamente singolari. Oggi voglio presentarvene un paio.

Il primo è l’Avvocato Volpicini. Di mestiere fa realmente l’avvocato, ma il suo nome chiaramente è un altro. Lo chiamo così per quella sua faccia da piccola volpe col naso all’insù, sotto i suoi occhialetti tondi, come se annusasse continuamente l’aria. Spesso ci racconta delle avventure giudiziarie dei suoi protetti. Occorre dire che il Volpicini non è di quegli avvocati che difendono solo clienti ricchi. Agli inizi della carriera, mi ha raccontato una volta, veniva pagato addirittura in natura….
No, non sto parlando di favori sessuali. In pollastri, veniva pagato. Polli veri, vivi e vegeti, per essere più chiari. Un po’ come l’Azzeccagarbugli e i capponi di Renzo Tramaglino, per intenderci. Un compenso che ti crea pure il problema di dover ammazzare il pennuto, cosa tutt’altro che facile se non sei del mestiere e hai il cuore sensibile. Oggi di polli non ne riceve più, almeno credo, ma ho l’impressione che il suo onorario continui ad essere, diciamo così, popolare.

Il quarto del gruppo l’avete già incontrato. Ve l’ho presentato come l’Amico del Rubinettaio, qualche tempo fa. Ho già raccontato la sua avventura con una misteriosa autostoppista, accadutagli tempo addietro. Ebbene, l’Intortatore, come verrà chiamato d’ora in poi, è fatto così: ogni volta ci racconta le sue avventure erotiche di dongiovanni di provincia munito di Porsche. Avventure che per metà sono inventate e per l’altra metà di fantasia. Noi fingiamo di credergli e ci ridiamo su. Quanto meno sa raccontare storie e questa è una virtù non da poco.

Domani la parola passerà però all’Avvocato Volpicini, che racconterà una singolare vicenda giudiziaria.

Per rispondere alla domanda di ieri: il rosso del noto aperitivo proviene da un animaletto che vive sulle pale delle opunthie (fico d’india): il Carminio di Cocciniglia. Qui potete trovare ulteriori informazioni.

lunedì 8 dicembre 2008

Questa è l’ora senza pari, questa è l’ora…



… dell’aperitivo. O dell’Happy Hour, se preferite il nuovo termine, più fashion, più trendy, più modaiolo.

Quando la giornata lavorativa volge al termine e non ci sono altri impegni serali, mi piace incontrarmi con gli amici per un aperitivo. Il luogo non ha molta importanza, di solito. Quello che mi interessa invece è la compagnia. Da oggi andrò a presentarvi questo piccolo gruppo di persone che si riunisce, non tutte le settimane e non tutti assieme, per scambiare quattro chiacchiere prima di farsi nuovamente assorbire dalla vita quotidiana.

Tutto è partito da un mio amico. Il Rubinettaio è uno dei miei pochi veri amici, fin dai tempi dell’infanzia. Abbiamo preso a trovarci per l’aperitivo e, pur tra le mille difficoltà dei diversi impegni, cerchiamo di onorare questo nostro piacevole impegno.

Lo chiamo il Rubinettaio perché, come per molti da queste parti, il suo lavoro è costruire rubinetti. Andate in bagno o in cucina e guardate la marca del vostro rubinetti, circa settantacinque di voi su cento, troveranno il nome di una ditta che ha sede da queste parti. Qui, infatti, sorge la capitale dell’industria italiana del rubinetto.

Il Rubinettaio non è, come qualcuno potrebbe pensare, uno di quei viziati figli di papà che hanno ereditato l’aziendina e ora passano la giornata atteggiandosi a divi. Di quelli ne abbiamo a sufficienza, da queste parti, ma in genere sto ben lontano da loro.
Il Rubinettaio è figlio di una famiglia partita dalle generose terre del sud, che tante braccia e tanti cervelli hanno donato al nord in fase di industrializzazione. Come tanti da queste parti ha passato la vita a lavorare rubinetti per conto terzi. Il Rubinettaio, assieme ad uno dei suoi numerosi fratelli, ha aperto un suo piccolo laboratorio e, come una formichina, ha investito pian piano, fino a mettere in piedi un nuovo stabilimento, che dà lavoro a molti figli e figlie di altre terre generose, oltre il mare e ancora più a sud di quella da cui veniva suo padre.
Attualmente purtroppo la crisi economica è dura anche da queste parti e molti fanno veramente fatica a far quadrare i conti. Qualcuno gli ha detto di essere ottimisti, ma non è facile quando hai operai da pagare e mutui da onorare…

Ad ogni modo, quando viene l’ora dell’aperitivo ci troviamo per chiacchierare del più e del meno e ciascuno dice quel che vuole, sfogandosi e consolandosi come meglio gli riesce. Attorno a noi si sono aggregati altri personaggi, decisamente particolari, che andò a presentarvi domani.

A proposito di misteri…
Lo sapete da dove è tratto il colorante rosso del noto aperitivo della canzoncina d’apertura?
Se non lo indovinate ve lo dico domani.

domenica 7 dicembre 2008

Lettura del mese scorso: Firmino




Avevo sempre immaginato che la storia della mia vita, se un giorno l’avessi scritta, sarebbe cominciata con un capoverso memorabile: lirico come il «Lolita, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi» di Nabokov o, se non altro, di grande respiro come il tolstojano: «Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo». La gente ricorda espressioni del genere anche quando del libro ha dimenticato tutto il resto. Comunque, a proposito di incipit, il migliore a mio avviso non può che ritenersi quello del Buon Soldato di Ford Madox Ford: «Questa è la storia più triste che abbia mai sentito».

Sam Savage, Firmino


Firmino è un piccolo grande libro, ed è al tempo stesso un caso editoriale: il libro di un esordiente, pubblicato da una piccola casa editrice ed esploso grazie al tam tam dei lettori.
Il libro è una dichiarazione d’amore per la lettura e la fantasia. È la storia dell’amore, apparentemente impossibile per i libri, di Firmino, il protagonista. Impossibile perché Firmino è un ratto. Un ratto che ha di se stesso un’idea pessima ed è considerato brutto e sgraziato dai suoi stessi consimili. Un pervertito, come egli stesso si definisce, che trova nei libri la sua personale strada verso il riscatto. Inizia masticandoli, come ogni buon roditore. Poi, pagina dopo pagina, comincia ad assimilarne non solo le scarse sostanza nutritive, ma il contenuto. Quindi impara a leggerli e smette definitivamente di mangiarli, giungendo a pentirsi di questo suo peccato di gioventù.
I numerosi libri letti, egli vive in una libreria, gli aprono la strada per la comprensione del mondo degli umani, dei quali desidererebbe l’amicizia. Di qui il secondo amore impossibile di Firmino, condannato dal destino in un corpo di ratto, con tutte le spiacevoli conseguenze del caso.
Il terzo amore di Firmino è quello per il cinema. Rosicchiando pop corn nella sala proiezioni di uno sgangherato cinema di periferia, scopre il fascino delle immagini in movimento. I suoi gusti spaziano dall’eleganza di Fred Astaire alla morbosa attrazione per le “Bellezze” protagoniste dei sordidi film che vengono trasmessi dopo un certo orario. Passa ore in estatica ammirazione, trascurando il cibo e talora ogni elementare prudenza.

Firmino è una piccola fiaba sulla magia della lettura e della narrazione. Un libro insieme commovente e divertente, pieno di citazioni lasciate scivolare sulle pagine con un’eleganza e una levità fuori dal comune.

Un libro da non perdere e un ottimo regalo per il Natale prossimo venturo.

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"Di un fatto del genere fui testimone oculare io stesso".

Ludovico Maria Sinistrari di Ameno.