giovedì 31 marzo 2011

I trucchi di Siamo in Onda


“Venghino signori venghino.
Non c’è trucco non c’è inganno.
Più gente entra più bestie si vedono.”


Chi non è rimasto a bocca aperta osservando le mani abili del mago creare illusioni, estraendo nastri e conigli dal cappello?
E non ha riso e pianto guardando la maschera inquietante del clown nascosta da un trucco che modifica i lineamenti?
E quante volte avete pensato di essere vittima dell’abile trucco di qualcuno?

C’è però una sola trasmissione radiofonica che si mette il trucco ogni sabato sera per offrirvi tre ore di divertimento senza trucchi: è Siamo in Onda, il talk show di Puntoradio. Sabato 2 aprile, la trasmissione verterà sul tema: TRUCCHI.


Come consuetudine c’è una domanda rivolta agli ascoltatori:

Abracadabra: cosa vorreste far sparire?


mercoledì 30 marzo 2011

Scarpe scamosciate blu

Ci sono canzoni o libri che paiono essere scritti nel destino. E il destino bussò più volte alla porta di Carl Perkins. Carl Lee Perkins era nato a Tiptonville, Tennessee, il 9 aprile 1932, ma la famiglia si era trasferita subito nella Lake County, una zona di coltivazione di cotone. La famiglia di Carl era l’unica di bianchi in un paese abitato solo da neri. E quando Uncle John, gli regalò una chitarra insegnandogli i primi accordi Carl cominciò a suonare il blues rurale nero.
Il secondo appuntamento col destino avvenne alla fine del 1955, quando un amico gli parlò di un altro nero. Si trattava in questo caso del ricordo di un aviatore incontrato durante il servizio militare in Germania. Per fare dell’umorismo egli si riferiva alle sue scarpe regolamentari chiamandole le sue "scarpe di camoscio blu". L’amico propose a Perkins di scriverci sopra una canzone, ma il cantante rifiutò, dicendo “come posso scrivere una canzone su delle scarpe?”
Poche sere dopo, il 4 dicembre 1955 mentre stava suonando al Jackson club Perkins notò una coppia che stava ballando vicino al palco. Il ragazzo, un tipo coi capelli pieni di brillantina, continuava ad urlare ad alta voce alla sua dama: "Non calpestare le mie scamosciate!"
Perkins guardò dal palco e vide che il tizio indossava esattamente delle scarpe scamosciate di colore blu. Quella notte, colpito dal fatto che un tizio che aveva accanto una ragazza così carina non riuscisse a pensare ad altro che alle proprie scarpe, Perkins non riusciva a prendere sonno. Così si alzò e cominciò a scrivere la canzone. La mattina entrò in una cabina telefonica per cantarla via telefono a Sam Phillips, il geniale produttore della Sun che aveva già lanciato Elvis Presley, Roy Orbison, Jerry Lee Lewis, Johnny Cash.
La canzone uscì il 1 gennaio 1956. Due mesi dopo il pezzo era primo nelle classifiche rhythm’n’blues, in quelle country e in quelle pop, vendendo oltre un milione di dischi. Una cosa che non si era mai vista prima. La strada del successo sembrava trionfale, fino a che il destino non tornò a bussare, il 23 marzo 1956.
Quel giorno, poco dopo l’alba, mentre erano diretti in auto a New York per partecipare ad uno show televisivo Perkins e i suoi fratelli andarono a sbattere contro un autocarro carambolando dentro una pozza d’acqua. L’autista dell’autocarro morì nell’incidente, mentre i musicisti riportarono varie fratture. Perkins fu salvato dall’annegamento, ma rimase incosciente per un giorno intero. Quando rientrò dalla convalescenza, Perkins si convinse che il momento magico era già alla fine. Le altre sue canzoni non riuscivano a raggiungere il successo di quella straordinaria hit. Ne seguì una rapida discesa agli inferi per il musicista, con la bottiglia che lo trascinava sempre più a fondo.
Nel 1960 Elvis Presley incise una cover del pezzo, che aveva già interpretato in vari show televisivi fin dal 1956, contribuendo a farlo conoscere, riscuotendo un enorme successo e confermando la straordinaria potenza di questa canzone trascinante. Presley aveva deciso di incidere il brano anche per aiutare Perkins a risollevarsi grazie ai diritti che gli sarebbero spettati come autore.
Non fu però il denaro ad aiutare il musicista. Nel 1963 quattro ragazzi di Liverpool decisero di incidere alcuni brani scritti da Perkins che li avevano particolarmente ispirati nella loro formazione musicale. L’omaggio dei Beatles fece ritrovare a Perkins la voglia di suonare e scrivere. Continuò a farlo fino al 19 gennaio 1998, quando si spense per un cancro alla gola.
Elvis Presley l’aveva preceduto. Il 16 agosto 1977 era stato trovato morto nel bagno della sua villa a Graceland. Le cause della morte sono state a lungo al centro di ipotesi stravaganti e misteriose
Secondo alcuni Elvis in realtà non sarebbe morto, ma si sarebbe volontariamente allontanato dopo un’abile messa in scena. Ancora oggi decine di sedicenti ricercatori e associazioni elencano i numerosi possibili avvistamenti di Elvis, mentre circolano le teorie più inverosimili su di lui. Tra le più originali citiamo quelle che parlano di un suo inserimento nel programma di protezione dei testimoni da parte del FBI; di un suo ruolo nell’omicidio del presidente statunitense John Fitzgerald Kennedy; e persino quella di un’origine aliena del cantante.

Blue Suede Shoes, Elvis Presley

lunedì 28 marzo 2011

Ai piedi dell’umanità




"Prima di giudicare un uomo cammina per tre lune nelle sue scarpe" recita un antico proverbio dei nativi americani. “Scarpe grosse, cervello fino” gli fa eco un proverbio nostrano. Mentre Luciana Litizzetto raccomanda: “Ma quali rose rosse, per conquistare le donne occorrono mazzi di scarpe!”
Comodità, valore simbolico e moda coesistono in questi accessori così preziosi (e spesso costosi). Ma quando sono nate le scarpe?
Per lungo tempo l’umanità camminò a piedi scalzi. Laetoli, una località situata 45 km a sud della gola di Olduvai in Tanzania, è un sito preistorico di grande importanza, per la scoperta di impronte fossili di ominidi bipedi. Sulla soffice cenere eruttata da un vulcano 3,7 milioni di anni camminarono lasciando le loro impronte delle creature appartenenti ad una razza che i paleontologi hanno denominata Australopithecus afarensis. La pioggia caduta subito dopo all'eruzione favorì la cementificazione della cenere, che nel tempo si è trasformata in uno strato di roccia tufacea.

Le tracce vanno tutte nella stessa direzione, spesso sovrapponendosi. È stato ipotizzato che facessero parte tutti della stesso gruppo famigliare.
Dalla lunghezza delle impronte e dalla distanza è stato possibile calcolare che si trattasse di due individui adulti e un piccolo. Si tratta delle prime tracce lasciate da una famiglia di nostri progenitori. E tutti camminavano a piedi nudi.

Scarpe sono però state trovate nelle tombe egiziane, conservate grazie al clima arido del deserto. Normalmente, infatti, essendo realizzate in materiale organico (pelle, tessuto, legno, ecc) normalmente nelle sepolture le calzature si dissolvono, lasciando solo raramente delle tracce.
In ogni caso nell’antico Egitto le persone generalmente giravano a piedi nudi. I ricchi si facevano accompagnare da un servo che trasportava i sandali che avrebbero indossato al momento di entrare in casa dei loro ospiti. Alla corte del Faraone esisteva addirittura un incarico specifico, quello di “porta-sandali del re”. Le donne in ogni caso, pare non portassero mai le scarpe.

In Egitto quanto meno non avevano il problema del freddo. In Europa le scarpe erano certamente più diffuse, soprattutto d’inverno, per prevenire il rischio di congelamento.
Una scoperta eccezionale ha consentito di ritrovare un esempio reale di scarpe in uso sulle montagne all’incirca 3300 anni prima di Cristo. Nel 1991 nell’alta Val Senales, fu rinvenuto un cadavere mummificato immerso nel ghiaccio. Le straordinarie condizioni ambientali hanno permesso la conservazione non solo dei tessuti molli del corpo, ma anche di buona parte del vestiario. Tra le altre cose c’erano anche dei resti che sono risultati essere delle vere scarpe, indossate da un antico montanaro.

Erano scarpe adatte ad affrontare il freddo della montagna.
La suola era in pelle d’orso, con il pelo rivolto all’interno. Sul bordo c’era una stringa di cuoio che teneva ferma una rete realizzata intrecciando corde realizzate con le fibra del tiglio. All’internoi della rete veniva messa della paglia secca per tenere caldo il piede (un sistema utilizzato in Russia durante la guerra dai soldati russi). Sopra la rete c’era una tomaia in pelle di lupo, cucita alla suola. Una stringa di pelle applicata di traverso sotto la suola permetteva un’ottima tenuta sul terreno di montagna. Qualche difficoltà c’era in caso di pioggia o neve, invece, perché non erano scarpe a tenuta impermeabile.

Del resto anche molte delle nostre scarpe, in caso di pioggia o neve, s’inzupperebbero d’acqua.
Effettivamente l’uomo del Similaun, come è chiamato (è esposto a Bolzano nel museo archeologico), morì tra la tarda primavera e l’inizio dell’estate. E il fatto che sia stato vittima di un omicidio (all’interno del corpo si trova una punta di freccia) fa supporre che il nevaio in cui venne trovato sia stato il suo ultimo rifugio, al termine di una disperata fuga.


Da La bottega del mistero di Siamo in onda su Puntoradio

foto Marta Rizzato

domenica 27 marzo 2011

Misteri nei musei del Cusio


Quanti misteri si nascondono nei musei?
Quanti segreti si celano in un bicchiere d'acqua?

Se volete scoprirlo vi segnalo questa iniziativa.

Domenica 27 marzo 2011
San Maurizio d`Opaglio

Dalle ore 15.00 alle ore 17.30 Museo del Rubinetto e della sua tecnologia a San Maurizio d'Opaglio

SCOPERTE IN UN BICCHIER D`ACQUA


Giornata al museo giocando con i pannelli didattici dedicati al mondo dell`acqua e del suo utilizzo. Tanti esperimenti e giochi per scoprire divertendosi le caratteristiche e le proprietà dell`acqua

Ore 17.30 - TEATRO DEGLI SCALPELLINI

QUI IL SATELLITE NON PASSA

Con: Franco Acquaviva e Domenico Brioschi

Testo e regia: Franco Acquaviva

Coproduzione Teatro delle Selve e La Finestra sul Lago

PEZZI DA ECOMUSEO

Con: Domenico Brioschi

Testo e regia: Domenico Brioschi

Seguirà aperitivo con prodotti locali.

Ingresso e partecipazione alle iniziative gratuiti

PER INFO: 032389622, www.lagodorta.net

giovedì 24 marzo 2011

Le scarpe di Siamo in Onda



"Prima di giudicare un uomo cammina per tre lune nelle sue scarpe". proverbio indiano

Ma quali rose rosse, per conquistare le donne occorrerebbero mazzi di scarpe secondo Luciana Litizzetto. Prendete nota, uomini…

Ma se volete sapere tutto delle scarpe non dovete perdere Puntoradio. Perché c’è solo una trasmissione radiofonica a cui nessuno riesce a fare le scarpe: è Siamo in Onda, che sabato 26 avrà come tema proprio le SCARPE.

Come consuetudine c’è una domanda rivolta agli ascoltatori:
Giudicate una persona dalle scarpe che indossa? E cosa racconterebbero di voi le vostre scarpe?

venerdì 18 marzo 2011

Se Jonah incontra la Fenice


Vi ricordate di Jonah Martini? Ne avevo parlato in questo post recensendo la storia “In nomine patris” ambientata sul lago d’Orta.
Ebbene, pochi giorni fa è uscita la seconda avventura di questo intrigante ex prete diventato agente speciale del Vaticano per venire a capo di misteri che sconfinano nel miracoloso.

Per gli appassionati domani ci sarà un’occasione impedibile per incontrare lo sceneggiatore Alex Crippa, ideatore di Jonah. L’Ecomuseo del Lago d'Orta e Mottarone organizza infatti (a Pettenasco, in via Fara 7/a, alle ore 16) l’evento “Lago motore di storie” in cui si incontreranno da un lato lo sceneggiatore lecchese, che parlerà della genesi del suo personaggio e degli sviluppi successivi; dall’altro saranno presenti i Menestrelli di Jorvik che presenteranno Arabica Fenice e alcuni racconti inediti ispirati al Lago d’Orta, scritti appositamente per l’occasione.

Quando ci sono di mezzo i Menestrelli non è mai possibile dire cosa succederà esattamente. Di certo ne vedremo, e ne ascolteremo, delle belle!

Per maggiori informazioni sull'evento vi rimando a questo link.

giovedì 17 marzo 2011

W l’Italia!



In questa giornata dedicata ai 150 anni dalla proclamazione del Regno d’Italia, diventata data simbolo del lungo processo che portò alla nascita dell’Italia come nazione europea, ho voluto cercare alcune storie che fossero motivazioni non retoriche per festeggiare anche su questo blog.
Non si tratta, ci tengo a precisarlo, delle motivazioni più importanti o degne di nota, ma di alcune storie,  spunti personali che mi piace ricordare. E la loro importanza sta solo nel fatto di essere alcune delle moltissime storie che avrei potuto prendere, perché in fondo quello che conta è ricordare che quando parliamo della storia dell’Italia parliamo della nostra storia, nel bene e nel male, con le sue luci e le sue ombre, gli slanci appassionati e le contraddizioni.

Devo la prima storia a Vittorio, un mio amico e parente (il suo bisnonno e il mio trisavolo erano fratelli), che ha pubblicato una “Una storia di briganti e di bovari per l’annessione plebiscitaria dello Stato Pontificio” su http://www.setino.it/incontri-11.htm
Vi consiglio di leggerla, perché è una storia antica, ma vera, che si svolge tra paludi e briganti, coi quali i due fratelli (il mio trisavolo è quello che si esibisce, suo malgrado, nella prova di forza con l’asino) devono trovare un modus vivendi, così come con la malaria e i tanti guai di chi viveva in una zona bellissima, ma difficile.

La seconda storia  si lega alla figura di un lombardo per metà cusiano che si trovò a vivere un’incredibile avventura da “agente segreto di Cavour” nelle prime fasi della seconda guerra d’Indipendenza. Innocente Decio, questo il suo nome, svolse infatti una delicata missione per portare armi ai patrioti lombardi che a quei tempi complottavano per liberare la loro patria dagli austriaci.
È bene ricordare, per inciso, che l’illuminato governo austriaco cui talora si fa riferimento oggi, fu illuminato sì, ma nel Settecento. Nell’Ottocento, dopo che i Francesi di Napoleone avevano esportato in tutta Europa, Italia compresa, le idee della Rivoluzione il governo straniero del Lombardo Veneto divenne un ottuso e dispotico regime poliziesco che discriminava e guardava con sospetto i sudditi Italiani.
Ad ogni modo, di Innocente Decio parlerò domani sera (18 marzo) in una conferenza a Robecco sul Naviglio, presso il municipio, alle ore 21. Se abitate da quelle parti sarà l’occasione per incontrarci. Con Innocente Decio ricorderò anche la figura del figlio, Giulio Decio, che fu Ispettore Onorario alle antichità per la Riviera di San Giulio. Egli si adoperò per tutta la vita per tutelare e valorizzare il patrimonio culturale della patria, portando alla luce le necropoli dell’età del Ferro di Ameno e segnalando moltissimi altri ritrovamenti sul Lago d’Orta (e non solo) che senza la sua opera sarebbero andati persi per sempre.

La terza storia è quella della bandiera Nazionale Italiana. Essa fu istituita la prima volta (a testimonianza di quanto lungo e sofferto fu il processo di unificazione) dal Senato provvisorio di Bologna il 18 ottobre 1796, in un documento in cui si legge: "Bandiera coi colori Nazionali - Richiesto quali siano i colori Nazionali per formarne una bandiera, si è risposto il Verde il Bianco ed il Rosso."
Essa era stata ideata da due studenti dell'Università di Bologna, Luigi Zamboni di Bologna e Giambattista De Rolandis di Castell'Alfero (Asti), che nell'autunno del 1794, ispirandosi alla bandiera della Rivoluzione Francese, avevano unito il bianco e il rosso delle rispettive città al verde, colore della speranza per significare “Giustizia Eguaglianza Libertà”. Con questa bandiera sognavano di dare nuovamente l’indipendenza alla città di Bologna, liberandola dall’occupazione da parte dello Stato Pontificio, e accendere così la miccia della riscossa nazionale. Scoperti, furono arrestati, crudelmente torturati e uccisi. Avevano entrambi poco più di vent’anni.
L’adozione formale del tricolore si deve però a Giuseppe Compagnoni. Questo “padre del tricolore” fu un personaggio che ebbe una davvero una vicenda singolare. Nato nel 1776 aveva indossato l’abito talare e, come componente del Tribunale dell’Inquisizione nel 1791 aveva accusato di negromanzia il celebre e misterioso conte di Cagliostro, un mago, alchimista, massone, guaritore e imbroglione che ebbe grande fama nel Settecento. Accusato di eresia il conte fu rinchiuso in un’angusta cella della fortezza di San Leo, dalla cui minuscola finestra poteva godere della vista della sola chiesa di fronte. Mentre Cagliostro languiva dolorosamente in quel carcere (morì nel 1795), per protesta contro le torture inferte dal Tribunale dell'Inquisizione ai detenuti (tra i quali c’erano anche De Rolandis e Zamboni), Compagnoni abiurava (1794) i voti sacerdotali e abbracciava le idee illuministe. Con l’arrivo delle truppe francesi aderì alla repubblica Cispadana di cui fu deputato. Su sua proposta il tricolore divenne la bandiera della Repubblica Cispadana il 7 gennaio 1797.

Per parlare di queste e di altre storie sarò in piazza a Novara, con lo staff di Siamo in Onda, sabato 19 dalle 21 alle 24. Vi consiglio di monitorare il blog di Siamo in Onda e il sito di Puntoradio per avere maggiori informazioni sul programma completo di questa lunga diretta radiofonica novarese che celebrerà i 150 anni dell’Unità d’Italia.

mercoledì 16 marzo 2011

Effetto Apple per Siamo in Onda

Poi ti capita di aprire la posta e trovare la mail di un amico, che dice più o meno questo:

«Condivido con voi gli sviluppi della mail di qualche giorno fa del responsabile Podcast Europa di Apple. Da ieri le Storie di Siamo In Onda sono nella prima pagina dei Podcast di Apple, non più tra le novità degne di nota ma tra gli Impedibili. Insomma, siamo tra Beppe Grillo e Luciana Littizzetto! Il primo effetto è stato un picco di scaricamenti delle Storie nella sola giornata di ieri: 124 download in 24 ore!»

Merito senza dubbio di Fulvio Julita e della squadra di Siamo in Onda  che lavora per tradurre i racconti scritti dagli autori in brani ascoltabili alla radio e scaricabili da internet. E questa mi sembra l’occasione per ringraziare lui e gli altri (lettori, tecnici, ecc.) pubblicamente.


PS
Se cercate una mia storia tra quelle finora pubblicate, ad oggi trovate il re del labirinto” , racconto trasmesso il 6 novembre 2010.

martedì 15 marzo 2011

Il menestrello ed il bandito



Nel 1970 Fabrizio De André pubblica il suo quarto album dal titolo “La buona novella”. Si tratta di un concept album in cui tutte le canzoni ruotano attorno a temi evangelici. L’album nasce da un’idea del paroliere Roberto Dané, ispirato alla lettura dei Vangeli apocrifi (in particolare, del “Protovangelo di Giacomo” e del “Vangelo arabo dell'infanzia”).
I Vangeli apocrifi sono una serie di testi che parlano della vita di Gesù, presentando spesso un carattere magico-fiabesco. Inoltre sono caratterizzati da una conoscenza molto approssimativa degli usi e costumi giudaici e spesso contengono errori di natura storica o geografica che li rendono documenti di scarso il valore storico. Per questi e altri motivi sono esclusi dal canone della Bibbia e non vengono letti durante le celebrazioni cristiane. Solo una parte dei vangeli apocrifi, tuttavia, è stata dichiarata eretica.

Altri, in particolare i vangeli apocrifi dell'infanzia hanno costituito una ricca fonte di ispirazione per molte raffigurazioni artistiche anche all’interno delle chiese, come per molte tradizioni consolidate.
Così, ad esempio, la tradizione del bue e dell’asinello nella grotta di Betlemme deriva dal “Vangelo dello pseudo-Matteo”; mentre il nome dei tre re Magi, Gaspare, Melchiorre e Baldassarre deriva dal “Vangelo armeno dell'infanzia”. Il “Protovangelo di Giacomo” narra invece della nascita miracolosa di Maria, della sua infanzia al tempio di Gerusalemme e del matrimonio miracoloso con Giuseppe. Tutti elementi non presenti nei vangeli canonici.

Nel 1970 Fabrizio De André pubblica anche un 45 giri, “Il pescatore”/”Marcia nuziale”. La canzone del lato A, pur non essendo direttamente collegata al concept album “La buona novella” presenta elementi di vicinanza ideale. Un vecchio pescatore sta dormendo sulla spiaggia, quando viene svegliato da un assassino in fuga. Il vecchio, senza chiedere nulla, versa il vino e spezza il pane a chi dice di avere sete e fame. Semplici gesti, che dicono molto della visione della vita del cantautore genovese. Più tardi, invece lo stesso pescatore negherà con un sonno profondo ogni informazione ai gendarmi.
Il decennio successivo porterà De André ad avere effettivamente a che fare con banditi e gendarmi. Mentre gli ambienti della sinistra extraparlamentare criticavano duramente il cantante “borghese” De André, i servizi segreti lo spiarono per circa un decennio, sospettandolo di essere un simpatizzante delle Brigate Rosse. Anche l’acquisto di un terreno in Gallura da parte della sua compagna, Dori Grezzi, fu interpretato come il possibile indizio della creazione di un campo di addestramento per i terroristi.

Sempre in Sardegna De André ebbe modo, suo malgrado, di incontrare dei veri banditi. La sera del 27 agosto 1979, il cantante e la sua compagna furono rapiti dall'anonima sequestri sarda.
Vennero tenuti prigionieri per quattro mesi sulle montagne di Pattada, e liberati solo dietro il pagamento del riscatto. Al processo De André, coerentemente a quanto spesso aveva cantato, perdonò i suoi carcerieri, che in fondo erano degli emarginati, ma non i mandanti che erano invece persone economicamente agiate.

A proposito di pane e fornai, il brano “il Pescatore” fu riarrangiato dalla PFM (Premiata Forneria Marconi) nel 1979.
Si tratta di una versione eseguita anche in occasione del concerto svoltosi nel 2000, ad un anno dalla morte di De Andrè, al Teatro Carlo Felice di Genova. Vi presero parte molti nomi noti della musica italiana e ne fu tratto un CD i cui proventi sono stati destinati a progetti per l’infanzia avviati dalla Fondazione Fabrizio De André.

Fabrizio De André, il Pescatore.

Tratto da "la bottega del mistero" a Siamo in Onda su Puntoradio del 12.03.2011

lunedì 14 marzo 2011

Mistero sul Lago d’Orta


Forse la cosa vi sorprenderà, ma non sono un fan della trasmissione “Mistero” di Italia 1. Vedere sprazzi di realtà annegati in un racconto che ha un formato pseudo scientifico mi annoia parecchio e mi irrita altrettanto.

La settimana scorsa, tuttavia, "Mistero" è venuto sul lago d’Orta con un servizio dedicato ai draghi. Così non ho potuto, per dovere professionale, diciamo così, non vedere il video, che trovate a questo link 

Evidentemente non ha senso entrare nel merito delle affermazioni di un servizio costruito sulla filosofia “a noi piace pensare che…”, tuttavia, visto che si parla del lago d’Orta e di San Giulio, vorrei  soffermarmi su alcune affermazioni un po’ troppo fantasiose.

Il “drago” del lago d’Orta. Secondo la tradizione sull’isola esistevano molti draghi, non uno solo. E nelle raffigurazioni sono presentati più come grossi serpenti che come mostri immensi.

San Giulio santo e “guerriero”. Da quanto sappiamo, san Giulio (che secondo la tradizione venne sul Lago d’Orta alla fine del IV secolo), non era un guerriero, ma piuttosto un esorcista, oltre che un valente costruttore di chiese. Il suo compito era quello di distruggere i luoghi di culto pagani e costruire al loro posto delle chiese cristiane.

La vertebra del drago. Nella Sacristia della Basilica sta appeso un osso arrivato chissà come sull’isola. Secondo alcuni sarebbe stato rinvenuto nel “Bus de l’orchera” una piccola grotta sulla penisola di Orta. Così ne parla il Cotta, che scrive alla fine del Seicento: «Tra i progenitori di quella razza pensano alcuni che si ritrovassero bestie di corporatura uguale ad un uomo, e ne deducono l’argomento dalla proporzione di un osso (questo è un nodo del dorso) il quale appeso al cielo della sagrestia, si mostra a’ creduli curiosi, con asserirglielo avanzo di quei brutti animali.»
Secondo uno studio pubblicato nel 2007 su Antiquarium medionovarese si tratta di una vertebra di Balenottera comune del Mediterraneo. Un individuo giovane, probabilmente spiaggiatosi, e macellato, come risulta dalle tracce lasciate sull’osso. Anche le dimensioni sono ridotte (circa 25 x 30 cm), non certo il metro di cui si parla nel servizio.

I legami con il Loch Ness. Ad un certo punto nel servizio si dice che il lago di Santa Croce (ma il discorso varrebbe anche per il lago d’Orta) avrebbe un legame con il famoso Loch Ness per essersi formato alla fine dell’era glaciale. Caratteristica questa condivisa con migliaia di altri laghi di origine glaciale, peraltro…

I pescatori del lago d’Orta giurano di aver visto affiorare qualcosa dal lago. Sebbene i pescatori non siano, notoriamente, tra i testimoni più attendibili quando si tratta di cose venute fuori dall'acqua (soprattutto dopo qualche bicchierino)  vorrei aggiungere in questo caso  la testimonianza di Caronte, evidentemente sfuggita alla redazione di Mistero.

Più in generale, se avete interesse ad approfondire la questione dei draghi del lago d’Orta, vi rimando ad una serie di post scritti tempo addietro.

L’aspetto a mio avviso più inquietante del servizio, però, è ciò che non viene detto. Il Lago di Santa Croce è sbarrato da una diga, costruita nel 1913, da una società successivamente acquisita dalla SADE. La stessa, per intenderci, che costruì la diga del Vajont.

Forse, piuttosto che attribuire i tremori ai draghi, sarebbe meglio cercare di capire, con una certa urgenza, cosa stia succedendo esattamente nelle profondità della terra, sotto quel lago…

domenica 13 marzo 2011

Le origini del pane

Tomba del fornaio Eurisace, Roma 30 a.C.

Quella che andiamo a raccontare è una storia antica, che inizia circa diecimila anni prima di Cristo, quando i ghiacci che coprivano l’Europa cominciarono a sciogliersi.
Dopo millenni in cui le terre erano rimaste coperte da una coltre di ghiaccio spessa centinaia di metri, la nuova disponibilità di terre e il clima mite portò ad un cambiamento profondo del modo di vita dell’umanità. Per lunghissimo tempo gli esseri umani avevano condotto un’esistenza nomade, cibandosi dei frutti spontanei che potevano raccogliere e della carne degli animali che riuscivano a cacciare.

Nel giro di pochi secoli l’umanità imparò ad allevare gli animali e a piantare i semi di determinate piante, attendendo il tempo giusto per raccoglierle e consumarle.
Tra l’altro, si ritiene che siano state le donne ad “inventare” l’agricoltura, poiché erano loro a conoscere le piante e i frutti ed erano sempre loro a macinare i semi raccolti per ottenere farina che cocevano su pietre roventi. È in questo periodo che troviamo statuette di terracotta che raffigurano immagini femminili e che sono interpretate come raffigurazioni della “Dea Madre” una grande divinità femminile che dispensava la fertilità della terra e delle donne.

In breve tempo questo pane primitivo divenne la base dell’alimentazione. All’inizio però non era lievitato. Furono gli Egizi a scoprire il segreto della lievitazione, forse per caso, avendo dimenticato  l'impasto all'aria per cuocerlo il giorno dopo.
I greci invece iniziarono ad aggiungere latte, olio, formaggio, erbe aromatiche e miele, fino a produrre almeno settanta diverse qualità di pane. Tra l’altro furono loro i primi  a panificare di notte. I Romani non solo lo producevano utilizzando diversi tipi di cereali, come il farro e l’orzo, ma compresero l’importanza sociale connessa alla disponibilità di grandi quantità di questo alimento. Panem et circenses era la formula con cui si definiva una vera e propria politica mirata ad ottenere il consenso mediante la distribuzione di farina per il pane e di biglietti d’ingresso per le corse dei cavalli.

Cibo e distrazione di massa erano insomma l’antidoto a quelle “rivolte del pane” che in tutti i tempi hanno rappresentato l’incubo dei governanti.
Infatti furono proprio le rivolte per il pane ad accendere la miccia della Rivoluzione Francese nel 1789. A questo proposito si racconta che la regina Maria Antonietta, che viveva nel lusso e separata dalla sua gente, sentendo che il popolo si ribellava per mancanza di pane domandò stupita perché non mangiassero, invece, le brioches.

Il pane ha accumulato nel tempo anche molti valori simbolici e religiosi.
Per gli Ebrei il pane azzimo, senza lievito, è quello cotto ricordando la notte in cui si prepararono a fuggire dall’Egitto, paese in cui erano schiavi. Il Messia, che si avvaleva sovente di simboli facilmente comprensibili presi dalla vita quotidiana, fece del pane e del vino i simboli del suo corpo e del suo sangue durante l’Ultima Cena.

Tra l’altro un’antica usanza vuole che il pane non debba mai essere posto sulla tavola capovolto.
In effetti i fornai, per rendere facilmente riconoscibile il pane destinato al boia, che era considerato impuro perché era a contatto con i morti, lo cuocevano rovesciato. Per questo ancora oggi si crede che il pane rovesciato porti rovina.

Tratto da "la bottega del mistero" a Siamo in Onda su Puntoradio del 12.03.2011

giovedì 10 marzo 2011

Il pane di Siamo in Onda



Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui.
Dante Alighieri, Paradiso

“Non di solo pane vive l’uomo” disse Qualcuno che, con il dovuto rispetto, di pani spezzati, moltiplicati e fatti carne mistica se ne intendeva più di chiunque altro.
Proprio per questo il pane è più di un alimento. È il simbolo stesso del cibo, oltre che la pietanza minima, come ben sapevano i carcerati che un tempo erano lasciati a pane ed acqua. Del resto nel parlare comune togliersi il pane di bocca equivale a fare grandi sacrifici.
E poi, per dire pane al pane e vino al vino, sappiamo tutti che la maggior parte dell’umanità deve guadagnarsi il pane col sudore della fronte, sempre che non mangi il pane a tradimento.
Poi certo, c’è chi non distingue il pane dai sassi e quindi farebbe bene a mangiare pane e volpe.
Qualche volta però si possono fare buoni affari, se ci son cose che vengono via per un pezzo di pane.
Altre si vendono come il pane ed è comodo allora dedicarsi al commercio.
Quanto alle persone, ci son quelle che sono un pezzo di pane, quelle che passano il loro tempo a rendere pan per focaccia e quelle che semplicemente vi far cascare il pan di mano.

C’è però solo una trasmissione radiofonica buona come il pane: è Siamo in Onda, che sabato 12 avrà come tema il PANE.

Come consuetudine c’è una domanda rivolta agli ascoltatori:

Una domanda culinaria: la vostra ricetta facile facile per recuperare il pane?


mercoledì 9 marzo 2011

La marcia dei bambini






Conoscete A6 Fanzine? Si tratta di una rivista on line o per meglio dire di una Fanzine scaricabile gratuitamente anche da internet, gestita dalle mie amiche Sara & Isa. Se volete saperne di più, potete trovare ogni informazione sul blog http://a6fanzine.blogspot.com.

Da qualche tempo, sotto lo pseudonimo di Errante, che a sua volta ha un suo blog "Pensieri errati di un errante" (http://pensieridiunerrante.blogspot.com), scrivo dei racconti anche per A6 Fanzine.

L'ultimo (che potete leggere scaricando la rivista dal blog di A6  o da questo link), è per il n. 21, dedicato al tema "musica". In esso si parla di fiabe e di bambini. 

Ma devo avvertirvi che non si tratta di una storia a lieto fine...

martedì 8 marzo 2011

Il veleno del rock

Nel 1968 un gruppo di giovani rockers americani, capitanato da Vincent Furnier, si trovava nella necessità di modificare il nome della band, che all’epoca era “Nazz”.
Mentre discutevano su quale adottare, Furnier rivelò ai compagni che durante una seduta spiritica aveva scoperto di essere la reincarnazione di una strega, Alice Cooper, bruciata sul rogo nel Seicento nella città di Salem.

Salem è un nome che compare spesso nella letteratura per via di una serie di fatti inspiegabili che nel 1692 coinvolse molti esponenti di questa piccola e litigiosa comunità di puritani del Massachusetts.
Tutto cominciò quando due bambine cominciarono a dire di sentire suoni che nessuno udiva, a gridare senza motivo, ad arrampicarsi sui mobili e a contorcere il loro corpo in modo innaturale. Quando gli adulti della comunità cominciarono ad indagare, esse parlarono di inquietanti visioni e di strani incontri notturni a cui partecipava un misterioso uomo che veniva da Boston.
Di fronte a questi inspiegabili eventi la piccola comunità di puritani si convinse che questi fenomeni fossero causati dalla presenza del diavolo e che gli accadimenti fossero da interpretare come vera stregoneria.
Trattandosi di una comunità di Protestanti non esisteva l’Inquisizione. Venne però creato un tribunale speciale che cominciò ad arrestare, interrogare e processare. Il largo utilizzo della tortura come strumento d’interrogatorio indusse varie confessioni che tirarono in ballo molte altre persone. In pochi mesi le incriminazioni dilagarono nei paesi circostanti, portando alla condanna a morte di 19 persone, mentre 150 venivano arrestate e altre 200 venivano accusate di stregoneria.
La situazione apparve così grave da indurre alcuni pastori protestanti a fare pressioni sul Governatore perché intervenisse, anche perché il fenomeno, nonostante le condanne, pareva inarrestabile.
Il tribunale speciale fu soppresso dal Governatore e sostituito da un’altra corte che non accettò più le visioni delle giovani come prove per l’accusa. Delle 50 persone ancora in carcere quasi tutte furono scagionate. Solo tre furono condannate, ma il Governatore sospese la pena. Solo allora la misteriosa epidemia di stregoneria terminò.
Secondo alcuni studiosi ci sarebbe una spiegazione scientifica del fenomeno, che fu amplificato dai sistemi d’interrogatorio, dalle delazioni interessate e dalla superstizione dei giudici.
La causa di questa allucinazione collettiva sarebbe da ricercare da un lato nell’isteria provocata dalla paura per i continui attacchi degli indiani. Dall’altro sarebbe la conseguenza dell’ergotismo, una forma di intossicazione provocata da un parassita delle graminacee, in particolare della segale, cui conferisce alla pianta infetta il nome di “segale cornuta”. Gli alcaloidi velenosi del fungo, presenti anche nel noto LSD, provocano un’intossicazione acuta a livello del sistema nervoso centrale che può portare alla morte, ma ha tra gli effetti anche delle potenti allucinazioni.

Vincent Furnier non si limitò a dare alla band il nome di Alice Cooper in onore della strega di Salem, ma lo mantenne come proprio nome d’arte quando nel 1975 intraprese la carriera di solista.
La band prima e Alice Coper da solo in seguito diedero vita allo “shock rock”, introducendo  elementi macabri e tenebrosi, e determinando il successo di quell’immaginario horror diventato un marchio di fabbrica per molti musicisti heavy metal. Marylin Manson, ad esempio, da ragazzo vendeva di nascosto audiocassette di Alice Cooper nel collegio cattolico che frequentava e per questo fu sospeso.

La carriera di Alice Cooper continua tuttora, benché l’apice del suo successo commerciale sia considerato un singolo del 1989 incluso nel suo 18° album, “Trash”.
Anche questa canzone, che parla della velenosa attrazione per una donna fatale, suscitò come sempre polemiche. In questo caso fu il video originale ad essere censurato e le sequenze incriminate furono girate di nuovo, questa volta coprendo con un corpetto le nudità della modella Rana Kennedy.
Alice Cooper, Poison.

domenica 6 marzo 2011

Veleni e alchimia

Parlando di veleni ci sono molte credenze popolari sull’argomento.
Secondo un’antica credenza popolare, ad esempio, i funghi in natura sarebbero tutti commestibili, ma diventerebbero velenosi se crescono accanto a pezzi di ferro arrugginiti o se vengono morsicati dalle vipere. Ovviamente si tratta di superstizioni, perché la ruggine non è un veleno e le vipere non morsicano i funghi.

Sempre a proposito di vipere, quando si va a fare una passeggiata nei nostri boschi o sulle nostre montagne si ha spesso molta paura di loro.
In realtà questi animali non sono tra i più velenosi. Intanto è un evento abbastanza raro che una vipera morda l’uomo, perché di solito preferisce la fuga. E peraltro ci sono animali più velenosi. Il veleno di un calabrone, ad esempio, ha una velenosità doppia rispetto a quella di una vipera, anche se fortunatamente la quantità inoculata è relativamente poca, ma pur sempre abbastanza pericolosa per l’uomo. Invece il veleno del temibile cobra dagli occhiali, che per fortuna in Italia non vive, ha una potenza ben 18 volte superiore a quello della vipera.

Se però volessimo stilare la Top 10 degli animali più velenosi del mondo al primo posto non ci sarebbe un serpente.
Troveremmo infatti una medusa, la Chironex fleckeri. Nei suoi tentacoli lunghi fino a tre metri c’è abbastanza veleno da uccidere 60 uomini adulti. E pare che dal 1954 ad oggi siano ben 5567 le vittime di questi letali, e praticamente invisibili, killer del mare che incrociano nel periodo estivo nelle acque tra l’Australia e la Nuova Guinea.

Non occorre andare dall’altra parte del mondo, naturalmente, per incontrare delle sostanze velenose. Ma cos’è esattamente il veleno?
Una delle prime definizioni di cosa sia un veleno si deve ad uno studioso svizzero nato nel 1493 vicino a Zurigo, ma laureatosi a Ferrara in un tempo in cui i cervelli in fuga si rifugiavano in Italia. Il suo nome era Philippus Aureolus Theophrastus Bombastus von Hohenheim, ma egli stesso, probabilmente spaventato dalla montagna dei suoi nomi, si faceva chiamare per brevità Paracelsus. Anche per sottolineare la vicinanza ideale ad Aulo Cornelio Celso, un naturalista e medico romano, vissuto nel I sec. d.C. Ebbene, secondo Paracelso “Tutto è veleno, e nulla esiste senza veleno. Solo la dose fa in modo che il veleno non faccia effetto.”

La figura di Paracelso è interessante per molti motivi. Si dice che fosse non solo un medico, ma anche alchimista, astrologo e mago.
Paracelso, la cui figura è in parte avvolta dalla leggenda. Viaggiò a lungo in Europa e in Asia e secondo alcuni biografi fu prigioniero del Khan dei Tartari e medico a Istambul dove avrebbe ricevuto un misterioso dono da parte di un certo Solomone Trismosinus. Un personaggio che alcuni testimoni sostenevano di aver incontrato ancora vivo nel Seicento, oltre 150 anni dopo.
Paracelso avrebbe ricevuto in dono da Solomone Trismosinus niente di meno che la pietra filosofale che conferiva al possessore grandi poteri: l’immortalità, una conoscenza illimitata e la capacità di trasformare i metalli vili in oro.

Una celebre frase di Paracelso recita: "Ogni medico dovrebbe essere ricco di conoscenze, e non soltanto di quelle che sono contenute nei libri; i suoi pazienti dovrebbero essere i suoi libri."
Paracelso era superbo, orgoglioso, pieno di sé e arrogante, caratteristiche ereditate probabilmente dal nonno, un Gran Maestro dell'Ordine Teutonico. Aveva tale considerazione della propria scienza da bruciare pubblicamente, come oggetti inutili i libri di Galeno e Avicenna.

Tuttavia Paracelso aveva un approccio per molti versi molto più moderno di quello di tanti medici suoi contemporanei che si limitavano a studiare a memoria le teorie contenute nei libri senza degnare di uno sguardo i loro pazienti.
Egli riteneva che occorresse sperimentare i rimedi. Quei farmaci che assunti a dosi sbagliate potevano diventare altrettanti veleni. Qualcosa di simile al nostro metodo scientifico, insomma.

Da "la bottega del mistero" Siamo in Ona su Puntoradio, 5 marzo 2011

giovedì 3 marzo 2011

I veleni di Siamo in Onda



“Questo amore è un gelato al veleno”
Gianna Nannini, Fotoromanza


 
 
C’è una medusa che si aggira nelle calde acque australiane, capace di uccidere con il veleno contenuto nei suoi lunghi tentacoli urticanti fino a 60 uomini adulti.

Non occorre andare dall’altra parte del mondo, naturalmente, per incontrare delle sostanze velenose. Del resto, come diceva Paracelso “Tutto è veleno, e nulla esiste senza veleno. Solo la dose fa in modo che il veleno non faccia effetto.”

Se invece cercate un antidoto a certe velenose serate c’è una trasmissione che fa per voi: è Siamo in Onda, il salotto radiofonico di Puntoradio, che sabato avrà come tema proprio il VELENO.



Come consuetudine c’è una domanda rivolta agli ascoltatori:


Qual è stata la cosa più velenosa che avete detto di un amico o di un’amica?


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"Di un fatto del genere fui testimone oculare io stesso".

Ludovico Maria Sinistrari di Ameno.