sabato 22 giugno 2013

Divagazioni su alberi e selvatici


Oggi pomeriggio presso lo spazio AGLAIA ARTS AND CRAFTS in via Manfredi 11 a Omegna discuteremo con alcuni amici di selvatiche creature dei boschi. Niente a che vedere con la caccia, tengo a precisare, anche se alcune di queste creature sono effettivamente oggetto di una caccia scientifica tesa a dimostrarne l'esistenza.

Dallo Yeti al Popobawa, passando per il mito antichissimo di Enkidu, attraversando i terreni misteriosi e intriganti della leggenda e del folklore.


“DIVAGAZIONI SU ALBERI E SELVATICI” sarà una conferenza-racconto con Paolo Crosa Lenz, scrittore, membro del GISM (Gruppo Italiano Scrittori di Montagna) e interventi di Massimo Bonini, esperto di dialetto locale, Igor Cavagliotti, dottore agronomo e forestale,  Andrea Del Duca, direttore dell’Ecomuseo Cusius che si terrà sabato 22 giugno alle ore 16 presso la sede della mostra.



La mostra

Titolo mostra: Alberi&selvatici
Opere di: Giovanni Crippa, Renato Luparia, Guido Omezzolli, Gregorio Piazza, Nadia Presotto, Roberto Ripamonti
Tecnica: scultura, pittura, fotografia
Luogo: AGLAIA ARTS AND CRAFTS via Manfredi 11, Omegna
Periodo: 15 giugno- 13 luglio 2013
Inaugurazione: sabato 15 giugno ore 17.30
Apertura: da giovedì a sabato dalle 16.30 alle 19.30 
Patrocinio: Comune di Omegna, Ecomuseo Cusius
Informazioni: 0323 62836- 349 3568546 – mail: laboratorigranerolo@lagodorta.net

La mostra riunisce espressioni artistiche diverse, accomunate però dalla trattazione di uno stesso tema. Due scultori (Crippa e Omezzolli), tre pittori (Piazza, Presotto e Ripamonti) e un fotografo (Renato Luparia)rappresentano e divagano su boschi, cortecce, “uomini selvatici”. La stele in gres si affianca allora alla tela bituminosa da cui spunta il volto amico di un folletto, il cerchio celtico evoca riti antichi, forse nei boschi intorno al lago, la radica diventa delicata espressione materica, le stampe propongono filari e maestosi alberi delle colline piemontesi.

martedì 18 giugno 2013

L'Alpe delle Streghe


I lettori più fedeli di questo blog si ricorderanno certamente di questo post pubblicato quasi due anni fa. Molte cose sono accadute da allora, ma questa è un’altra storia. Quello che importa ora è che la storia dell’alpe delle streghe ha un seguito. 

All’epoca fu l’amica Wally a raccontare all’Errante di questo alpeggio dalla fama sinistra e dal nome inquietante di Alpe delle Streghe, nonché della leggenda che avvolgeva quel luogo e la vecchia che l’abitava. Una spaventosa megera, capace di mutare forma e assumere quella di animali dal pelo nero come la notte, che ingaggiò un terribile duello di magia col parroco, venendo infine sconfitta. Di lei più nulla si seppe e l’alpe cadde in rovina.
Ora un’altra amica è tornata sul posto e ha raccontato a me (che nel frattempo sono tornato, ma anche questa è un’altra storia) ciò che ha scoperto. L’amica, che chiameremo Paesesommerso (il cui blog vi consiglio), e già in passato ci ha dato ottime dritte, mi ha scritto queste parole.

«Ho parlato con una signora che, quando era molto piccola andava all’alpeggio del bisnonno in compagnia delle mucche e della nonna. Quando passavano vicino all’Alpe delle Streghe la nonna la stringeva forte a sé e le diceva di non aver paura qualsiasi cosa fosse successa. Lei però non ricorda che sia mai capitato qualcosa anche perché passavano molto velocemente, quasi di corsa. Sostiene inoltre di aver sempre sentito dire che in quella casa c'era la "fisica" o si faceva "la fisica". Mi ha detto inoltre che i bambini che tentavano di bere il latte che vi si produceva non ci riuscivano perché quando prendevano in mano la scodella la trovavano piena di aghi. 
Incuriosita sono andata a vedere di persona le rovine dell’alpe. Mentre ero lì c'era uno strano silenzio poi, all'improvviso si è sentito un verso d'uccello che non avevo mai sentito prima, ma chi era con me sostiene di non aver sentito nulla.
Ho scattato anche una foto. Sul momento non ho notato nulla. Solo arrivata a casa ho visto quel gatto nero…»

A questo punto è necessario andare ad esaminare meglio l’immagine di apertura. Qui si vede bene il gatto nero. 


Ma è un gatto reale? O un’illusione? Guardiamo meglio.


Non è un vero gatto. Si tratta di uno squarcio nel tetto dalla strana forma, con i riflessi di quella che ha l’aria di essere una foglia a creare l’effetto molto inquietante di due occhi luminosi che ci ossevano dall’interno di un gatto di tenebra, entro cui si vede una strana croce con due segni incrociati.


Pubblico un dettaglio alla massima risoluzione disponibile del Gatto di Tenebra. Se ne avete il coraggio, potete provare a scrutare le sue misteriose profondità…



giovedì 13 giugno 2013

Venite a prendere un aperitivo a Stresa?

Domani pomeriggio (e poi nei giorni successivi) si rinnova il ciclo degli aperitivi letterari a Stresa. Qui trovate il programma completo.
Se siete in zona e vi va di fare un salto domani verso le 18 ci sarò anch'io, per fare quattro chiacchiere con l'amica Antonella che presenterà il suo romanzo, "La roccia nel cuore" ambientato sul lago d'Orta.

lunedì 10 giugno 2013

Filosofia del cactus


Lo ammetto: non ho pollici verdi. Sarà perché il mio ideale di verde è un giardino in cui le piante crescono in  modo anarchico; o piuttosto per la mia incapacità di prendermi cura con una continuità accettabile di qualsiasi creatura vegetale (e ultimamente anche di questo blog). Fatto sta che a casa mia le piante sono destinate a morire. Persino le piante grasse fanno una brutta fine, perché se non è la penuria d’acqua è il gelo a terminare le loro stentate esistenze.
Ciononostante sul mio balcone vive, anzi dovrei dire prospera, un cactus. A voler essere precisi, la pianta in questione ha un nome e certamente anche un cognome scientifico. Essi però mi sono ignoti (eventuali pareri esperti saranno assai graditi) e così colmo la mia ignoranza con una sola parola. 
Il mio cactus è in realtà un’intera famiglia di piantine spinose. Nonostante mi ricordi solo di tanto in tanto di dare loro acqua e mi decida a trasferirle in garage solo quando la temperatura esterna scende sotto i –10° C diurni per dimenticarli là sotto fino alla primavera (non senza aver  deposto una palla di neve nel vaso, di solito); nonostante tutto questo, dicevo, essi non solo vivono, ma prosperano e si moltiplicano. 
Basta un bicchiere d’acqua ogni tanto per vedere quei bastoncelli rinsecchiti aumentare di volume in maniera evidente nel giro di poche ore, come stiracchiandosi dopo un lungo sonno. Ma il beneamato cactus non si limita ad ingrossarsi. Si allunga e trasforma una sua estremità in un’apparentemente innocente pallina che dopo qualche esitazione si stacca dalla pianta madre. Il piccolo colono, se cade su una superficie terrosa, inizia immediatamente a mettere radici e nel giro di poco tempo eccolo diventato una nuova piantina che va aggiungersi alle altre.
Devo confessare che l’indole di questa piccola tenace creatura mi ha conquistato. Per quanto questo non abbia comportato alcun miglioramento nella mia capacità di giardinaggio, in qualche modo mi prendo cura del mio cactus. Principalmente facendogli molti complimenti per la sua capacità di resistere alla mia inettitudine.
E lui mi risponde senza parlare fornendomi argomenti su cui riflettere. 
Non posso non pensare, infatti, che sia di quelle creature dall’aspetto apparentemente insignificante di fronte all’elegante bellezza di certe delicatissime piante. Eppure lui vive mentre esse giacciono da tempo rinsecchite dopo un’effimera stagione di splendore. 
Esso mi ricorda che, per quanto la vita sia difficile, per quanto le delusioni, gli abbandoni, i tradimenti, le cadute siano molto più frequenti degli attimi di felicità, questi sono come gocce d’acqua preziosa che vanno assorbite e conservate con cura dentro di noi per i tempi difficili. 
E quando il momento è propizio bisogna sapersi aprire e fiorire, come fa lui regalando a me (e soprattutto a se stesso), dei magnifici fiori colorati.

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"Di un fatto del genere fui testimone oculare io stesso".

Ludovico Maria Sinistrari di Ameno.