La giornata era iniziata presto quella mattina per Antonio e Giuseppe. Del resto erano professionisti e sapevano bene che quelli erano gli inconvenienti del mestiere. Trovare un furgone adatto non era stata cosa semplice, ma alla fine ce l’avevano fatta ed erano partirti per Ameno.
Lì avevano individuato il posto giusto per lasciare il mezzo e si erano messi alacremente all’opera, ignorando il gruppetto di ragazzi che se ne stavano sfaccendati su un muretto. Solamente quando ebbero finito di caricare il furgone, Antonio e Giuseppe si accorsero che le ruote erano sgonfie.
Tutto potevano aspettarsi tranne che quei ragazzi potessero compiere un simile gesto! In televisione non si fa altro che parlare di giovani senza valori, impegnati solo a combinare guai, molestare i più deboli e distruggere ogni cosa. Possibile che proprio a loro fossero capitati gli unici dotati di senso civico?
Ora si trovavano nei guai. Avevano un furgone immobilizzato, carico di preziose tele antiche, rubate nella chiesa lì vicina e in lontananza si udiva già la sirena dei Carabinieri, che i teppistelli dovevano aver avvisato.
Non restava che darsela a gambe. Giù per i boschi, verso l’Agogna e poi su di nuovo per le ripide pendici del Monte Mesma. Orientarsi però non è facile nei boschi e i Carabinieri erano giovani e ben determinati a non lasciarseli scappare.
Alla fine vennero presi e nelle concitate fasi dell’arresto Antonio e Giuseppe caddero. Caddero più volte, riportando varie contusioni, tutte in luoghi non visibili. Non ne fecero un dramma: in fondo erano professionisti e sapevano bene che quelli erano i rischi del mestiere.
I due, pluripregiudicati, furono immediatamente tradotti dal giudice per essere processati per direttissima. Il loro avvocato iniziò subito a porre una serie di eccezioni.
«Non di furto si tratta, Vostro Onore, bensì di tentato furto!»
In effetti l’atto criminale non era stato portato a termine…
«L’accusa di ricettazione non regge, in quanto il furgone non è di loro proprietà.»
Parole sante! Il furgone era stato rubato quella mattina, infatti…
Per farla breve, alla fine il giudice condannò i due ad una breve pena detentiva, da scontarsi agli arresti domiciliari.
«Inconvenienti del mestiere» sorrise Antonio.
Per Giuseppe, invece, quello era veramente troppo, anche per un professionista come lui.
«Signor Giudice, la prego!» strillò. «Non mi metta ai domiciliari! Ho partecipato al furto perché volevo andarmene di casa e lasciare mia moglie. Se mi chiudete con lei, quella mi massacra. Ha scoperto che ho un’altra!»
Fu così che la coppia di mariuoli fu divisa. L’uno tornò a casa e l’altro se ne andò, felice, in galera.
Lì avevano individuato il posto giusto per lasciare il mezzo e si erano messi alacremente all’opera, ignorando il gruppetto di ragazzi che se ne stavano sfaccendati su un muretto. Solamente quando ebbero finito di caricare il furgone, Antonio e Giuseppe si accorsero che le ruote erano sgonfie.
Tutto potevano aspettarsi tranne che quei ragazzi potessero compiere un simile gesto! In televisione non si fa altro che parlare di giovani senza valori, impegnati solo a combinare guai, molestare i più deboli e distruggere ogni cosa. Possibile che proprio a loro fossero capitati gli unici dotati di senso civico?
Ora si trovavano nei guai. Avevano un furgone immobilizzato, carico di preziose tele antiche, rubate nella chiesa lì vicina e in lontananza si udiva già la sirena dei Carabinieri, che i teppistelli dovevano aver avvisato.
Non restava che darsela a gambe. Giù per i boschi, verso l’Agogna e poi su di nuovo per le ripide pendici del Monte Mesma. Orientarsi però non è facile nei boschi e i Carabinieri erano giovani e ben determinati a non lasciarseli scappare.
Alla fine vennero presi e nelle concitate fasi dell’arresto Antonio e Giuseppe caddero. Caddero più volte, riportando varie contusioni, tutte in luoghi non visibili. Non ne fecero un dramma: in fondo erano professionisti e sapevano bene che quelli erano i rischi del mestiere.
I due, pluripregiudicati, furono immediatamente tradotti dal giudice per essere processati per direttissima. Il loro avvocato iniziò subito a porre una serie di eccezioni.
«Non di furto si tratta, Vostro Onore, bensì di tentato furto!»
In effetti l’atto criminale non era stato portato a termine…
«L’accusa di ricettazione non regge, in quanto il furgone non è di loro proprietà.»
Parole sante! Il furgone era stato rubato quella mattina, infatti…
Per farla breve, alla fine il giudice condannò i due ad una breve pena detentiva, da scontarsi agli arresti domiciliari.
«Inconvenienti del mestiere» sorrise Antonio.
Per Giuseppe, invece, quello era veramente troppo, anche per un professionista come lui.
«Signor Giudice, la prego!» strillò. «Non mi metta ai domiciliari! Ho partecipato al furto perché volevo andarmene di casa e lasciare mia moglie. Se mi chiudete con lei, quella mi massacra. Ha scoperto che ho un’altra!»
Fu così che la coppia di mariuoli fu divisa. L’uno tornò a casa e l’altro se ne andò, felice, in galera.
ehehehhe..... meglio la moglie o il carcere????
RispondiEliminabehhh...pero' ci sono altri modi per "evadere"
Ciao Alfa...ti volevo augurare una serena giornata.Bacioni.
RispondiEliminaBeh che storia!E che finale!Sarebbero in molti a scegliere il carcere che la propria moglie specie se vive con la suocera...hahaha...bella storia!CIAOOO...
RispondiEliminaahahahahahahah
RispondiEliminasono stati accontentati entrambi...
^______________^
Il bello è che la storia pare sia vera...
RispondiEliminaCosì almeno giura l'avvocato Volpicini...
Vera?Che ridere però...meglio il carcere alla moglie!
RispondiEliminaAahahah, molto carina, e raccontata in modo semplice e scorrevole come fai di solito. E' sempre bello leggere i tuoi racconti!!
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