Una lunga gelida estate
5 – Un’estate piovosa.
Il cavaliere pallido.
C’era una volta un cavaliere, capostipite di un’illustre casata. L’uomo, nella sua lunga e feroce vita, aveva collezionato tanti e tali peccati da suscitare un brivido d’orrore in quanti passavano accanto al suo castello costruito a picco sul lago. Nelle oscure notti senza luna, si raccontava, da una botola segreta nel castello venivano precipitati sugli scogli sottostanti i nemici del nobile o presenze divenute ingombranti di cui voleva disfarsi in modo rapido. Tra queste si annoveravano numerose amanti ed un paio di mogli.
Si raccontava che la madre di una delle sue amanti fosse una strega; che questa per anni, anche dopo la morte dell’uomo, avesse inutilmente chiesto giustizia per quel delitto; e che per questo un’orrenda maledizione gravasse sulla sua anima inquieta e su quella della sua famiglia.
Allorquando i giovani rampolli della casata abbandonavano l’età infantile e s’incamminavano su quella della speranza, una figura rivestita di un’armatura di ferro faceva la sua comparsa lungo il viale del castello, fino a perdersi sotto l’ombra delle mura antiche.
Poi si udiva un cancello cigolare e si udiva rumore di passi fino alla camera in cui riposava il ragazzo.
La porta si apriva lentamente e il cavaliere vestito di ferro entrava nella stanza, con la visiera dell’elmo alzato. Si diceva che sul suo volto vi fosse impresso un dolore eterno, impossibile da descrivere, come se il fantasma tentasse in tutti i modi di opporsi al proprio crudele compito.
Quindi il cavaliere si chinava sul ragazzo e lo baciava sulla fronte. In quell’attimo la giovinezza in boccio appassiva e il giovanetto scivolava rapidamente verso la morte.
5 – Un’estate piovosa.
Il cavaliere pallido.
C’era una volta un cavaliere, capostipite di un’illustre casata. L’uomo, nella sua lunga e feroce vita, aveva collezionato tanti e tali peccati da suscitare un brivido d’orrore in quanti passavano accanto al suo castello costruito a picco sul lago. Nelle oscure notti senza luna, si raccontava, da una botola segreta nel castello venivano precipitati sugli scogli sottostanti i nemici del nobile o presenze divenute ingombranti di cui voleva disfarsi in modo rapido. Tra queste si annoveravano numerose amanti ed un paio di mogli.
Si raccontava che la madre di una delle sue amanti fosse una strega; che questa per anni, anche dopo la morte dell’uomo, avesse inutilmente chiesto giustizia per quel delitto; e che per questo un’orrenda maledizione gravasse sulla sua anima inquieta e su quella della sua famiglia.
Allorquando i giovani rampolli della casata abbandonavano l’età infantile e s’incamminavano su quella della speranza, una figura rivestita di un’armatura di ferro faceva la sua comparsa lungo il viale del castello, fino a perdersi sotto l’ombra delle mura antiche.
Poi si udiva un cancello cigolare e si udiva rumore di passi fino alla camera in cui riposava il ragazzo.
La porta si apriva lentamente e il cavaliere vestito di ferro entrava nella stanza, con la visiera dell’elmo alzato. Si diceva che sul suo volto vi fosse impresso un dolore eterno, impossibile da descrivere, come se il fantasma tentasse in tutti i modi di opporsi al proprio crudele compito.
Quindi il cavaliere si chinava sul ragazzo e lo baciava sulla fronte. In quell’attimo la giovinezza in boccio appassiva e il giovanetto scivolava rapidamente verso la morte.
Segue: Scriveremo una storia dell'orrore
è bello anche questo!
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