«Ogni tanto sento il bisogno di perdermi e di ritrovarmi. Allora mi inoltro nel bosco, lasciandomi portare dai passi. Perdo lentamente il mio essere uomo civile e ritrovo in me l’istinto dell’antenato, che si muoveva nella foresta diventandone parte. La mente abbandona le preoccupazioni del quotidiano e ricomincia a concentrarsi su ciò che è essenziale. Memorizzare ogni dettaglio utile ad orientarsi, a ritrovare la strada quando avrò deciso di smettere di perdermi e vorrò cominciare a ritrovarmi. Dopo pochi minuti è l’istinto a guidarmi. Smetto quasi di pensare, lasciandomi cullare dall’odore del bosco, dal rumore del vento tra gli alberi, dal canto degli uccelli. E il mio spirito, finalmente in pace, si fonde con la natura.»
Il Filosofo ha un’aria sognante e, mentre parla, mi pare di vederlo vagare per i boschi, senza meta.
«Il fatto accadde nel Parco dei Lagoni di Mercurago. Un luogo ideale per queste mie passeggiate, dal momento che, anche a volersi perdere, si raggiunge sempre e comunque un’uscita, circondato com’è dalla città. Quel giorno però si alzò la nebbia. Una nebbia fitta, che si stendeva sui boschi, le torbiere e i pascoli dei cavalli, avvolgendo ogni cosa. Non riuscivo a vedere che a pochi metri di distanza, tanto più che la sera stava calando. Mi ritrovai così, senza nemmeno sapere come, in cima ad una delle piccole colline che separano i lagoni dalla piana di Oleggio Castello. Dalla staccionata, contro cui ero finito al termine della ripida salita, compresi di essere giunto alla necropoli golasecchiana.»
La ragazza del bar gli mette davanti un bicchiere di prosecco e un piatto con qualche stuzzichino. Il consueto happy hour, prima di tornare a casa dopo una giornata di lavoro nella sua bottega. Ne beve un sorso, prima di ricominciare a parlare.
«Fu allora che mi accorsi di non essere solo. China su una delle tombe c’era un’ombra, che parve rialzarsi vedendomi arrivare.
“Mi sono perso nella nebbia…” dissi quasi per scusarmi di quella mia improvvisa apparizione.
“Anch’io” mi rispose una flebile voce femminile.
“Chi sei?” domandai. “Sei della zona…”
La voce mi si spezzò in gola quando vidi l’ombra avvicinarsi. Sembrava fluttuare a mezz’aria nella nebbia e i suoi abiti strani, arcaici direi, donavano al suo volto pallido un’aura spettrale, eppure bellissima.
“Sono nata molto lontano da qui” mi rispose. “Oltre le grandi montagne, nella terra degli Edui. Venni data in sposa ad uomo di queste terre in segno di pace con la nostra gente, ma il primo parto mi fu fatale.”
“Cosa cerchi?” domandai vincendo la paura.
La figura però era scomparsa. La cercai ovunque, ma senza riuscire a trovarla. In quel momento udii delle voci.
“Chi è là?”
Erano due guardaparco in perlustrazione per impedire l’attività dei tombaroli. Faticai un po’ a convincerli che la mia presenza era puramente casuale.
“La prossima volta veda di non andare in giro con la nebbia” mi rimproverarono, dopo avermi accompagnato all’uscita. Non li ascoltavo, quasi, perché non potevo non pensare a quella donna bellissima.»
«Cosa credi cercasse?» chiedo.
«Non so» il Filosofo scuote la testa «ma non riesco a non pensare a lei e alla sua infinita ricerca...»
Il Filosofo ha un’aria sognante e, mentre parla, mi pare di vederlo vagare per i boschi, senza meta.
«Il fatto accadde nel Parco dei Lagoni di Mercurago. Un luogo ideale per queste mie passeggiate, dal momento che, anche a volersi perdere, si raggiunge sempre e comunque un’uscita, circondato com’è dalla città. Quel giorno però si alzò la nebbia. Una nebbia fitta, che si stendeva sui boschi, le torbiere e i pascoli dei cavalli, avvolgendo ogni cosa. Non riuscivo a vedere che a pochi metri di distanza, tanto più che la sera stava calando. Mi ritrovai così, senza nemmeno sapere come, in cima ad una delle piccole colline che separano i lagoni dalla piana di Oleggio Castello. Dalla staccionata, contro cui ero finito al termine della ripida salita, compresi di essere giunto alla necropoli golasecchiana.»
La ragazza del bar gli mette davanti un bicchiere di prosecco e un piatto con qualche stuzzichino. Il consueto happy hour, prima di tornare a casa dopo una giornata di lavoro nella sua bottega. Ne beve un sorso, prima di ricominciare a parlare.
«Fu allora che mi accorsi di non essere solo. China su una delle tombe c’era un’ombra, che parve rialzarsi vedendomi arrivare.
“Mi sono perso nella nebbia…” dissi quasi per scusarmi di quella mia improvvisa apparizione.
“Anch’io” mi rispose una flebile voce femminile.
“Chi sei?” domandai. “Sei della zona…”
La voce mi si spezzò in gola quando vidi l’ombra avvicinarsi. Sembrava fluttuare a mezz’aria nella nebbia e i suoi abiti strani, arcaici direi, donavano al suo volto pallido un’aura spettrale, eppure bellissima.
“Sono nata molto lontano da qui” mi rispose. “Oltre le grandi montagne, nella terra degli Edui. Venni data in sposa ad uomo di queste terre in segno di pace con la nostra gente, ma il primo parto mi fu fatale.”
“Cosa cerchi?” domandai vincendo la paura.
La figura però era scomparsa. La cercai ovunque, ma senza riuscire a trovarla. In quel momento udii delle voci.
“Chi è là?”
Erano due guardaparco in perlustrazione per impedire l’attività dei tombaroli. Faticai un po’ a convincerli che la mia presenza era puramente casuale.
“La prossima volta veda di non andare in giro con la nebbia” mi rimproverarono, dopo avermi accompagnato all’uscita. Non li ascoltavo, quasi, perché non potevo non pensare a quella donna bellissima.»
«Cosa credi cercasse?» chiedo.
«Non so» il Filosofo scuote la testa «ma non riesco a non pensare a lei e alla sua infinita ricerca...»
ciao
RispondiEliminasono qui per la prima volta e ritrovo che questi versi da te inseriti siano molto belli..
brava
a presto se vorrai
indiano
ehm, benvenuto nel mio blog, Indiano.
RispondiEliminaDevo però mettere un paio di puntini sulle tue i.
Quelli che hai letto non sono versi, perché questa non è una poesia.
Inoltre ti segnalo che, al limite, posso essere "bravo", non "brava".
Precisato questo, torna a trovarmi quando vuoi, ciao!
bei versi complimenti
RispondiEliminaa raga', i versi li fanno gli animali ovvero si trovano nelle poesie...
RispondiEliminaGrazie, comunque, Adriano.
Bei versi ahahah, dai che scherzo!!ahahah!!!!
RispondiEliminaBel racconto, come al solito è un piacere leggerli!!! Smack carissimo!!
Che versi farà il Lago del Misteri? Un lento fluire di onde?
RispondiEliminaE chissa che lingua parlava la ragazza nella nebbia...
mi piace molto il tuo modo di scrivere
RispondiEliminaveramente molto coivolgente
buona serata clelia
@ Clelia: grazie davvero (anche per essere stata l'unica a non aver fatto tanti versi).
RispondiElimina@gli altri: chi semina vento raccoglie tempesta avversa. Con l'aiuto di Malikà ecco per voi un ode che ... vi fa il verso!
Verso l’aurora
non c’è verso
che il lago
faccia un verso.
Verso il meriggio
qualche verso
il vento porta
in senso inverso.
Verso il tramonto
udrai il verso
d’un poeta
d’animo inverso.
Già ateo converso
sulla sponda riverso
canterà in versi
delle fiere i versi.
Verso la sera
udrai ben altro verso
d’un oste sverso:
“Che faccio? Verso?”
Che dite? Ignobil verso?
Crudel giudizio avverso!
Bellissima, questa storia, complimenti. Veramente delicata ed emozionante...
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