Un aiuto insperato alla difesa di Icardi venne dal governo italiano.
Nella seduta del 25 ottobre 1955 della Camera dei Deputati venne data risposta ad un’interpellanza, nella quale (in perfetto politichese) si chiedeva al Ministro di grazia e giustizia “quanto gli consti circa l'invito […] fatto a cittadini italiani dall'autorità politica di uno Stato estero a comparire avanti ad essa autorità politica nel territorio dello Stato estero, in qualità di testi in un giudizio penale, già vertente avanti l'autorità giudiziaria italiana, sembrando all'interrogante opportuno e prudente ottenere una risposta che rassicuri sulla necessità di conciliare, in una direttiva uniforme, anche in previsione di consimili eventualità future, i diritti della giustizia con quelli dei cittadini e dello Stato italiano custode, in ogni congiuntura, delle sue prerogative e del nostro diritto processuale.”
La risposta del Ministro fu chiara: “Non essendovi nella interrogazione alcun cenno a casi specifici, si pensa ci si voglia riferire al procedimento penale relativo alla uccisione del maggiore statunitense William Holohan, avvenuta in Italia nei pressi del lago d’Orta il 6 dicembre 1944.
Per tale delitto furono condannati, con sentenza della Corte d’assise di appello di Torino in data 25 novembre 1954, il tenente statunitense Icardi Aldo alla pena dell’ergastolo ed il sergente statunitense Lo Dolce Carlo alla pena di anni 22 di reclusione: furono invece prosciolti i coimputati Manini Giuseppe e Tozzini Gualtiero, per avere agito in istato di necessità (articolo 54 codice penale), e Migliari Aminta, per non aver partecipato al fatto.
Inoltre, secondo informazioni precedenti dell’ambasciata d’Italia a Washington, l’Icardi deve rispondere, dinanzi all’autorità giudiziaria degli Stati Uniti, di falso giuramento in relazione alle circostanze della morte del maggiore Holohan.
Trattasi pertanto di due procedimenti assolutamente distinti e per il secondo dei quali mai è stata investita l’autorità giudiziaria italiana.
Non consta, poi, che funzionari statunitensi abbiano preso iniziative dirette a sostituirsi alle nostre autorità, ai fini di assumere direttamente notizie e di invitare persone a comparire dinanzi all’autorità giudiziaria degli Stati Uniti d’America per deporre sui fatti suindicati.
Comunque questo Ministero, attenendosi alle norme del diritto internazionale e del diritto processuale italiano, non ha mai consentito ne consentirà che funzionari stranieri si sostituiscano nel territorio della Repubblica ai nostri organi.”
Nessuno dei testimoni italiani venne mai ascoltato durante il processo americano.
Per uno strano caso della storia il Ministro, 23 anni dopo, avrebbe conosciuto, per mano dei terroristi, una fine altrettanto tragica di quella del Maggiore Holohan.
Il suo nome era Aldo Moro.
Nella seduta del 25 ottobre 1955 della Camera dei Deputati venne data risposta ad un’interpellanza, nella quale (in perfetto politichese) si chiedeva al Ministro di grazia e giustizia “quanto gli consti circa l'invito […] fatto a cittadini italiani dall'autorità politica di uno Stato estero a comparire avanti ad essa autorità politica nel territorio dello Stato estero, in qualità di testi in un giudizio penale, già vertente avanti l'autorità giudiziaria italiana, sembrando all'interrogante opportuno e prudente ottenere una risposta che rassicuri sulla necessità di conciliare, in una direttiva uniforme, anche in previsione di consimili eventualità future, i diritti della giustizia con quelli dei cittadini e dello Stato italiano custode, in ogni congiuntura, delle sue prerogative e del nostro diritto processuale.”
La risposta del Ministro fu chiara: “Non essendovi nella interrogazione alcun cenno a casi specifici, si pensa ci si voglia riferire al procedimento penale relativo alla uccisione del maggiore statunitense William Holohan, avvenuta in Italia nei pressi del lago d’Orta il 6 dicembre 1944.
Per tale delitto furono condannati, con sentenza della Corte d’assise di appello di Torino in data 25 novembre 1954, il tenente statunitense Icardi Aldo alla pena dell’ergastolo ed il sergente statunitense Lo Dolce Carlo alla pena di anni 22 di reclusione: furono invece prosciolti i coimputati Manini Giuseppe e Tozzini Gualtiero, per avere agito in istato di necessità (articolo 54 codice penale), e Migliari Aminta, per non aver partecipato al fatto.
Inoltre, secondo informazioni precedenti dell’ambasciata d’Italia a Washington, l’Icardi deve rispondere, dinanzi all’autorità giudiziaria degli Stati Uniti, di falso giuramento in relazione alle circostanze della morte del maggiore Holohan.
Trattasi pertanto di due procedimenti assolutamente distinti e per il secondo dei quali mai è stata investita l’autorità giudiziaria italiana.
Non consta, poi, che funzionari statunitensi abbiano preso iniziative dirette a sostituirsi alle nostre autorità, ai fini di assumere direttamente notizie e di invitare persone a comparire dinanzi all’autorità giudiziaria degli Stati Uniti d’America per deporre sui fatti suindicati.
Comunque questo Ministero, attenendosi alle norme del diritto internazionale e del diritto processuale italiano, non ha mai consentito ne consentirà che funzionari stranieri si sostituiscano nel territorio della Repubblica ai nostri organi.”
Nessuno dei testimoni italiani venne mai ascoltato durante il processo americano.
Per uno strano caso della storia il Ministro, 23 anni dopo, avrebbe conosciuto, per mano dei terroristi, una fine altrettanto tragica di quella del Maggiore Holohan.
Il suo nome era Aldo Moro.
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