Sembrava una normale sera quella sera a Montebuglio. Il piccolo abitato, una frazione di Casale Corte Cerro, vedeva ripetere il solito copione da parte dei frequentatori del circolo. Un bicchiere di vino, una partita a carte, una partita un bicchiere. Questa regola in realtà conosceva diverse varianti. C’era chi beveva un solo bicchiere per più partite e chi, per riequilibrare la media, più bicchieri nella stessa partita.
Ad ogni modo la tranquillità di quella sera venne scossa dall’unico uomo che non stava giocando. Se ne stava, come da un po’ di sere a quella parte, seduto a fissare il Mergozzolo. La montagna, che oggi è più nota come Mottarone, sta proprio di fronte a Montebuglio, dall’altra parte della valle.
«Eccola che sorge!» esclamò l’uomo indicando il bagliore che si alzava da dietro il monte.
«E allora?» rispose un altro che stava giocando. «È la luna che sorge…»
«Come è bella» continuò il primo. «Ed è così vicina che pare di poterla prendere… Basterebbe salire in cima al Mergozzolo.»
«Ma che dici?» rise l’altro. «Mica sta appoggiata sulla montagna!»
«Certo che no! Dovremmo avere delle scale. Delle scale lunghe e delle corde, per poterla legare. Ma si può fare, se solo riusciamo a sorprenderla mentre passa dietro la montagna.»
«Ma va là!» rispose l’altro, che come avrete capito era uno di quegli uomini che hanno smesso da tempo di sognare.
L’uomo della luna però non voleva rinunciare al suo sogno. Saltò sulla sedia e cominciò a parlare.
«Ascoltatemi tutti. Pensate come sarebbe bello avere la luna qui sopra il circolo. Vi farebbe luce mentre giocate e bevete. Si risparmierebbero le candele e poi tutti gli altri paesi ci invidierebbero un’insegna di quel genere.»
Continuò così per molto tempo, spiegando agli uomini seduti che la luna era là, pronta per essere presa se solo avessero avuto il coraggio di alzarsi e farlo. Disse loro che l’uomo non è fatto per vivere guardando a terra, ma che nelle stelle sta scritto il suo destino e al cielo deve quindi volgere il viso. Che una grande impresa va tentata anche se appare impossibile, anzi proprio perché sembra impossibile, altrimenti non sarebbe degna di essere ricordata.
Tanto parlò che alla fine un uomo si alzò in piedi e disse: «Per me va bene!»
Uno ad uno tutti gli uomini si alzarono. Tutti tranne lo scettico, che li guardava scuotendo la testa.
«Ci occorreranno scale! »
«Io porterò le corde!»
«Dovremo partire presto, per coglierla al momento giusto.»
«Saliremo da quella parte. Conosco io il sentiero. Saremo su in meno di quanto pensiate.»
Così, in preda all’euforia, gli uomini si diedero da fare per poter essere pronti la sera dopo per la più grande caccia che l’uomo avesse mai tentato. La caccia alla luna piena.
La sera successiva partirono di buon’ora, armati di scale, uncini e corde. Discesero nella valle, attraversarono la Strona e risalirono col passo veloce dei montanari il Mergozzolo. Col fiato in gola arrivarono sulla cima… giusto per vedere che la luna era già alta in cielo.
«Le nostre scale sono troppo corte.»
«E anche le corde…»
Così, scornati, se ne tornarono a Montebuglio.
Se pensate però che il sogno che inseguivano quegli uomini fosse la folle chimera di un pazzo vi sbagliate. Perché in un modo o nell’altro essi infine riuscirono a prendere la luna. Che ancora oggi fa bella mostra di sé sull’insegna del Circolo di Montebuglio.
Ad ogni modo la tranquillità di quella sera venne scossa dall’unico uomo che non stava giocando. Se ne stava, come da un po’ di sere a quella parte, seduto a fissare il Mergozzolo. La montagna, che oggi è più nota come Mottarone, sta proprio di fronte a Montebuglio, dall’altra parte della valle.
«Eccola che sorge!» esclamò l’uomo indicando il bagliore che si alzava da dietro il monte.
«E allora?» rispose un altro che stava giocando. «È la luna che sorge…»
«Come è bella» continuò il primo. «Ed è così vicina che pare di poterla prendere… Basterebbe salire in cima al Mergozzolo.»
«Ma che dici?» rise l’altro. «Mica sta appoggiata sulla montagna!»
«Certo che no! Dovremmo avere delle scale. Delle scale lunghe e delle corde, per poterla legare. Ma si può fare, se solo riusciamo a sorprenderla mentre passa dietro la montagna.»
«Ma va là!» rispose l’altro, che come avrete capito era uno di quegli uomini che hanno smesso da tempo di sognare.
L’uomo della luna però non voleva rinunciare al suo sogno. Saltò sulla sedia e cominciò a parlare.
«Ascoltatemi tutti. Pensate come sarebbe bello avere la luna qui sopra il circolo. Vi farebbe luce mentre giocate e bevete. Si risparmierebbero le candele e poi tutti gli altri paesi ci invidierebbero un’insegna di quel genere.»
Continuò così per molto tempo, spiegando agli uomini seduti che la luna era là, pronta per essere presa se solo avessero avuto il coraggio di alzarsi e farlo. Disse loro che l’uomo non è fatto per vivere guardando a terra, ma che nelle stelle sta scritto il suo destino e al cielo deve quindi volgere il viso. Che una grande impresa va tentata anche se appare impossibile, anzi proprio perché sembra impossibile, altrimenti non sarebbe degna di essere ricordata.
Tanto parlò che alla fine un uomo si alzò in piedi e disse: «Per me va bene!»
Uno ad uno tutti gli uomini si alzarono. Tutti tranne lo scettico, che li guardava scuotendo la testa.
«Ci occorreranno scale! »
«Io porterò le corde!»
«Dovremo partire presto, per coglierla al momento giusto.»
«Saliremo da quella parte. Conosco io il sentiero. Saremo su in meno di quanto pensiate.»
Così, in preda all’euforia, gli uomini si diedero da fare per poter essere pronti la sera dopo per la più grande caccia che l’uomo avesse mai tentato. La caccia alla luna piena.
La sera successiva partirono di buon’ora, armati di scale, uncini e corde. Discesero nella valle, attraversarono la Strona e risalirono col passo veloce dei montanari il Mergozzolo. Col fiato in gola arrivarono sulla cima… giusto per vedere che la luna era già alta in cielo.
«Le nostre scale sono troppo corte.»
«E anche le corde…»
Così, scornati, se ne tornarono a Montebuglio.
Se pensate però che il sogno che inseguivano quegli uomini fosse la folle chimera di un pazzo vi sbagliate. Perché in un modo o nell’altro essi infine riuscirono a prendere la luna. Che ancora oggi fa bella mostra di sé sull’insegna del Circolo di Montebuglio.
La leggenda fu raccontata la prima volta da Massimo Bonini su Lo Strona.
RispondiEliminaNe ho voluto dare una versione un po' diversa a trent'anni di distanza.
Bella questa leggenda, l'ho letta tutta d'unfiato.
RispondiEliminaClelia
anche a me piace questa leggenda
RispondiEliminabella leggenda un saluto
RispondiEliminaChe meraviglia, che meraviglia! Lo stupore genuino che coglie un individuo nel momento in cui insegue il suo sogno, seppur folle in apparenza, è un dono inestimabile! E' una storia bellissima, bellissima!
RispondiEliminaAmmiro quegli uomini che hanno inseguito il loro sogno!
Mi piacerebbe vedere la luna che sta sull’insegna del Circolo di Montebuglio!
Ne ho parlato di recente nel mio programma "Pausa Caffè". Da allora e grazie a quella leggenda, tutti i casalasi chiamano gli abitanti di Montebuglio con un affettuoso e non meno sarcastico: "...cui da la luna" (quelli della luna).
RispondiEliminaSaluti Marco Foti (casalese doc)