Quante volte mamme le esasperate hanno gridato: «Se non la smetti ti do via e ne prendo un altro!»
Immaginate ora di essere l’altra madre, quella vittima dello scambio…
Un fatto del genere è accaduto molto tempo fa a Casale Corte Cerro. Non mi riferisco, però a uno dei disgraziati casi descritti dalla cronaca nera.
Quel giorno, quando la madre ritornò alla culla quasi svenne vedendo al posto del suo bel bambino un piccolo mostro peloso dalla pelle scura e dura come il cuoio che la fissava con due grandi occhi da selvatico.
Non sapendo cosa fare e sospettando un incantesimo, prese il bambino e corse diritta dal prete. I preti si sa, fanno la “fisica”, la magia dotta. E possono quindi contrastare gli altri incantesimi.
Infatti, quando il prete vide la creatura comprese immediatamente cosa fosse accaduto.
«Ma questo è uno stregoncino! Deve essere il figlio della Cusc...»
Sopra Casale c’era una grotta, presso il luogo ove sorge ora il Getzemani, dove viveva una strana donna. Il suo corpo era peloso e il suo volto aveva poco di umano. Tutti pensavano che fosse una strega e dicevano fosse immortale, perché viveva in quel luogo da tempo immemorabile. Il suo nome era appunto Cusc.
«La Cusc deve aver partorito un piccolo stregoncino» spiegò il prete «ma vedendolo così brutto e peloso ha provato invidia per i bambini teneri e paffuti delle donne. Probabilmente viene a spiarvi mentre andate al riale a lavare i panni. Così, senza essere vista, si è avvicinata alla culla e, rapida come un gatto, ha preso il bambino sostituendolo con il proprio stregoncino.»
«Come posso fare a riavere il mio bambino?» domandò disperata la donna. «Io proprio non riesco a dare il seno a questa bestia e se penso al mio piccolo tra le mani di quella strega…»
«C’è solo una cosa da fare» l’ammonì il prete. «Torna a casa e non dargli nulla da mangiare. Lascia che pianga, finché la Cusc lo senta.»
La donna tornò a casa e fece come il prete le aveva detto. Quando il piccolo incominciò a strillare per la fame, la donna si tappò le orecchie per non sentirlo gridare. Forte, sempre più forte…
Finché la porta si spalancò e la Cusc entrò nella casa. Diede un fagotto con il bambino alla madre e corse alla culla afferrando lo stregoncino. Poi, stringendolo al petto, si dileguò rapidissima su per la montagna.
Immaginate ora di essere l’altra madre, quella vittima dello scambio…
Un fatto del genere è accaduto molto tempo fa a Casale Corte Cerro. Non mi riferisco, però a uno dei disgraziati casi descritti dalla cronaca nera.
Quel giorno, quando la madre ritornò alla culla quasi svenne vedendo al posto del suo bel bambino un piccolo mostro peloso dalla pelle scura e dura come il cuoio che la fissava con due grandi occhi da selvatico.
Non sapendo cosa fare e sospettando un incantesimo, prese il bambino e corse diritta dal prete. I preti si sa, fanno la “fisica”, la magia dotta. E possono quindi contrastare gli altri incantesimi.
Infatti, quando il prete vide la creatura comprese immediatamente cosa fosse accaduto.
«Ma questo è uno stregoncino! Deve essere il figlio della Cusc...»
Sopra Casale c’era una grotta, presso il luogo ove sorge ora il Getzemani, dove viveva una strana donna. Il suo corpo era peloso e il suo volto aveva poco di umano. Tutti pensavano che fosse una strega e dicevano fosse immortale, perché viveva in quel luogo da tempo immemorabile. Il suo nome era appunto Cusc.
«La Cusc deve aver partorito un piccolo stregoncino» spiegò il prete «ma vedendolo così brutto e peloso ha provato invidia per i bambini teneri e paffuti delle donne. Probabilmente viene a spiarvi mentre andate al riale a lavare i panni. Così, senza essere vista, si è avvicinata alla culla e, rapida come un gatto, ha preso il bambino sostituendolo con il proprio stregoncino.»
«Come posso fare a riavere il mio bambino?» domandò disperata la donna. «Io proprio non riesco a dare il seno a questa bestia e se penso al mio piccolo tra le mani di quella strega…»
«C’è solo una cosa da fare» l’ammonì il prete. «Torna a casa e non dargli nulla da mangiare. Lascia che pianga, finché la Cusc lo senta.»
La donna tornò a casa e fece come il prete le aveva detto. Quando il piccolo incominciò a strillare per la fame, la donna si tappò le orecchie per non sentirlo gridare. Forte, sempre più forte…
Finché la porta si spalancò e la Cusc entrò nella casa. Diede un fagotto con il bambino alla madre e corse alla culla afferrando lo stregoncino. Poi, stringendolo al petto, si dileguò rapidissima su per la montagna.
La storia è tratta dal Täccuin dä cüi dä Casâl (1999).
RispondiEliminaIn essa sono riportate anche le parole che avrebbe pronunciato la Cusc: "Tëgn, tëgn äl tö bianchin, damm äl me plusin!" (che potremmo tradurre "Tieni, tieni il tuo bianchino e dammi il mio pulcino!").
I preti, come è noto, facevano la "fisica" perciò era a loro che una madre in quelle condizioni disperate si sarebbe rivolta per cercare aiuto.
I cultori del dialetto Casalese, che è stato ampiamente studiato anche a livello scientifico, possono trovare una risorsa importante sul web (e non solo) nel
Bunin .