Nacqui il settimo anno dopo la grande migrazione. Era la mezzanotte del venticinquesimo giorno del mese di dicembre. Giorno infausto, insinuò qualcuno dei nostri servi romani. Sfortunato davvero, perché mio padre frustò loro e diede a me il nome di Agilulf, che nella lingua degli Uomini dalla Lunga Barba significa Lupo Spaventoso.
Destino segnato il mio. A quindici anni combattevo al servizio del Duca Meinulf, tra i suoi Guerrieri Lupo. Indossavo la pelle appartenuta a mio padre, morto in battaglia cinque anni prima. Quando noi scendevamo in campo si spargeva il panico. Sgozzavamo i nemici, avidi di placare la nostra sete con il sangue delle loro ferite.
Un giorno, improvvisamente, venne la condanna del Re contro il Duca. L’accusa era tradimento, la sentenza era la morte. Il Duca l’accettò. Io, unico tra i suoi, la rigettai. Fuggii dalla fortezza dell’isola, inseguito da quelli che erano stati i miei compagni.
Odiato, bandito, braccato, mi rifugiai nelle grotte che si diceva fossero infestate dalle streghe. Lì supplicai Votan, il dio stregone, di darmi la forza del lupo di cui portavo la pelliccia. Il sole tramontò, la luna si alzò nel cielo e dalla mia gola uscì un ululato che fece rimbombare la montagna. Mi spinsi fuori, nelle tenebre, e fu strage di quanti mi davano la caccia.
Vagai per anni, senza meta, sbranando galline, pecore, maiali, buoi, cavalli ed esseri umani. Di giorno le mie membra e la mia mente tornavano umane, ma la notte era diverso. Erano artigli e zanne e caccia selvaggia e odore inebriante a guidare i miei passi. Il mio scopo era placare a morsi la fame che mi divorava. Talora però, sotto la luna lattiginosa dei pleniluni autunnali, indulgevo ad un odioso languore e mi offrivo alle streghe come destriero verso il loro sabba.
Finché un giorno il Re decise di dare ascolto ai lamenti dei suoi sudditi o, piuttosto, si rese conto che la mia ribellione oltraggiava la sua autorità. Così mi mandò contro molti cacciatori. Alla fine uno fu sufficientemente fortunato da uccidermi, ma non abbastanza saggio da consegnare il mio corpo al fuoco.
Rinacqui sei notti dopo la mia morte. Le mie mani spostarono il masso che sigillava il mio cadavere e i miei occhi di non morto videro nuovamente la luna. Ora non era più mannara fame di carne: era sete di sangue quella che muoveva nell’eterna notte i miei primi passi da vampiro.
Nota
Il racconto prende le mosse da un fatto storico: l'invasione longobarda dell'Italia nel VI secolo d.C. Il duca Meinulf (o Mimulfo) visse realmente sul Lago d'Orta e venne giustiziato per alto tradimento nel 590 d.C.
Tra i Longobardi, gli "Uomini dalle lunghe barbe", di stirpe germanica, pagani e devoti al dio Wotan (Votan nel racconto) militavano speciali guerrieri vestiti con pelli di lupo, che di questi animali imitavano il comportamento durante il combattimento.
Secondo la leggenda potevano diventare Lupi Mannari gli stregoni (specie se nati la notte di Natale) o coloro che indossavano pelli di lupo stregate. Si credeva anche che uno stregone che in vita era stato lupo mannaro dopo la morte potesse risorgere come non morto. Come vampiro, insomma…
Destino segnato il mio. A quindici anni combattevo al servizio del Duca Meinulf, tra i suoi Guerrieri Lupo. Indossavo la pelle appartenuta a mio padre, morto in battaglia cinque anni prima. Quando noi scendevamo in campo si spargeva il panico. Sgozzavamo i nemici, avidi di placare la nostra sete con il sangue delle loro ferite.
Un giorno, improvvisamente, venne la condanna del Re contro il Duca. L’accusa era tradimento, la sentenza era la morte. Il Duca l’accettò. Io, unico tra i suoi, la rigettai. Fuggii dalla fortezza dell’isola, inseguito da quelli che erano stati i miei compagni.
Odiato, bandito, braccato, mi rifugiai nelle grotte che si diceva fossero infestate dalle streghe. Lì supplicai Votan, il dio stregone, di darmi la forza del lupo di cui portavo la pelliccia. Il sole tramontò, la luna si alzò nel cielo e dalla mia gola uscì un ululato che fece rimbombare la montagna. Mi spinsi fuori, nelle tenebre, e fu strage di quanti mi davano la caccia.
Vagai per anni, senza meta, sbranando galline, pecore, maiali, buoi, cavalli ed esseri umani. Di giorno le mie membra e la mia mente tornavano umane, ma la notte era diverso. Erano artigli e zanne e caccia selvaggia e odore inebriante a guidare i miei passi. Il mio scopo era placare a morsi la fame che mi divorava. Talora però, sotto la luna lattiginosa dei pleniluni autunnali, indulgevo ad un odioso languore e mi offrivo alle streghe come destriero verso il loro sabba.
Finché un giorno il Re decise di dare ascolto ai lamenti dei suoi sudditi o, piuttosto, si rese conto che la mia ribellione oltraggiava la sua autorità. Così mi mandò contro molti cacciatori. Alla fine uno fu sufficientemente fortunato da uccidermi, ma non abbastanza saggio da consegnare il mio corpo al fuoco.
Rinacqui sei notti dopo la mia morte. Le mie mani spostarono il masso che sigillava il mio cadavere e i miei occhi di non morto videro nuovamente la luna. Ora non era più mannara fame di carne: era sete di sangue quella che muoveva nell’eterna notte i miei primi passi da vampiro.
Nota
Il racconto prende le mosse da un fatto storico: l'invasione longobarda dell'Italia nel VI secolo d.C. Il duca Meinulf (o Mimulfo) visse realmente sul Lago d'Orta e venne giustiziato per alto tradimento nel 590 d.C.
Tra i Longobardi, gli "Uomini dalle lunghe barbe", di stirpe germanica, pagani e devoti al dio Wotan (Votan nel racconto) militavano speciali guerrieri vestiti con pelli di lupo, che di questi animali imitavano il comportamento durante il combattimento.
Secondo la leggenda potevano diventare Lupi Mannari gli stregoni (specie se nati la notte di Natale) o coloro che indossavano pelli di lupo stregate. Si credeva anche che uno stregone che in vita era stato lupo mannaro dopo la morte potesse risorgere come non morto. Come vampiro, insomma…
Mi piace questa storia!
RispondiEliminaHo notato alcuni collegamenti con la religione: gli stregoni nati il 25 dicembre, il masso spostato... Non sono elementi a caso, vero?
No, non sono casuali. Il mito del vampiro e quello del licantropo contengono molti elementi blasfemi.
RispondiEliminaLa non morte del vampiro, ad esempio, è una imperfetta e diabolica forma di risurrezione della carne.
Questo racconto mi piace da matti!
RispondiEliminaVedi che non sono l'unica ad essere un po' licanptropa - solo che mi trasformo in felina, ma amo terribilmente i lupi - un po' vampira, sai l'anemia bisogna combatterla in qualche modo ....
Bravo come sempre Alfoso un abbraccio ...... ferino
Il vampiro che trova origine dal licantropo...è una bella storia, legata anche a dei fatti storici.
RispondiEliminaIl nome Agiluf mi ricorda quello longobardo: Agilulfo.
ciao Alfa!
RispondiEliminache bello questo racconto che parte da fatti storici e sprofonda nella leggenda!
i lupi mannari, come i vampiri, sanno toccarmi il cuore con il loro fascino....
buon inizio settimana ^___________^
grande creatura lunare ...
RispondiEliminaun racconto davvero affascinante!
RispondiEliminaPoi, è uni dei miei temi preferiti!
P.S.Ma longobardi non vuol dire "uomini dalle lunghe lance?"
Secondo Paolo Diacono "Furono chiamati così [...] in un secondo tempo per la lunghezza della barba mai toccata dal rasoio. Infatti nella loro lingua lang significa lunga e bart barba."
RispondiElimina@ Fel: ferino? sei una gatta mannara?
RispondiElimina@ Stella: infatti, il nome è proprio quello.
@ Giardigno: sì