giovedì 24 settembre 2009

I maneggi per trovare una famiglia

Felice era un cane senza preoccupazioni. I suoi amici bipedi si occupavano dei suoi bisogni e giocavano con lui tutti i giorni. Così accettò di buon grado quella passeggiata, correndo felice per i prati ed i boschi. Ad un certo punto però, si accorse che dei suoi amici non c’era più traccia. Anche la loro automobile era scomparsa. Tentò di seguirne l’odore, ma lo perse presto in mezzo a quello di tanti altri anonimi veicoli a motore. Spaventato e disorientato corse via, perdendo col ricordo dei suoi amici anche quello del proprio nome. Ora non era più Felice, ma Randagio.
Corse qua e là senza una meta finché giunse in un prato. Qui si rannicchiò sotto un cespuglio, con una tristezza infinita nel cuore e una gran fame nella pancia. Il destino volle però che li vicino ci fossero dei pennuti un po’ stupidi e Randagio non ebbe difficoltà a colmare il vuoto nello stomaco. Mentre la luna saliva nel cielo, nessun rimedio pareva invece disponibile per la voragine che gli si stava aprendo nel petto.
La mattina seguente fu svegliato da alcuni rumori. Vide scendere dalla collina un branco di suoi simili, dall’aria alquanto ostile. Randagio non aveva alcuna voglia di battersi contro i tre, che sembravano intenzionati a difendere con le unghie e coi denti il loro territorio, così compì una rapida ritirata strategica, portandosi ad un centinaio di passi.
I tre si fermarono, evidentemente soddisfatti di averlo cacciato oltre la strada che segnava il confine del loro territorio, e Randagio si mise a studiarli. Il capo era palesemente la femmina, mentre il maschio era piuttosto il suo braccio destro. Il terzo era l’unico che lo guardava scodinzolando e non pareva avere reali intenzioni ostili. Di più, sembrava proprio avere una gran voglia di giocare con lui.
Randagio decise di tentare il tutto per tutto. Si avvicinò al cagnolone color caffè scodinzolando e invitandolo a giocare. L’altro non se lo fece ripetere due volte e i due cominciarono a rincorrersi a turno, fuggendo e fermandosi di colpo per partire all’inseguimento. Dopo aver giocato per un po’ Randagio si avvicinò cauto alla Dominatrice, che si era sdraiata nell’erba con l’aria dubbiosa. Assunse un atteggiamento supplice e sottomesso, dicendole con questo che non aveva alcuna intenzione di mettere in discussione la sua autorità.
Laica sbadigliò, come a dirgli che era disposta ad ascoltare la sua storia, mentre Lik assisteva impassibile, pronto ad attaccare al minimo cenno di sua madre. Nel frattempo Caffè scodinzolava, sostenendo la causa del suo nuovo amico.
Allora Randagio si mise a danzare. Correva attorno a Laica e la saltava, da una parte all’altra, abbaiando e mugolando. Laica, nel frattempo, lo osservava e lo giudicava. Non era all’altezza di essere un suo amante, certo, ma il ragazzo sembrava abbastanza abile e poteva essere un buon compagno di giochi per suo figlio…
Così Randagio venne provvisoriamente accettato nel branco. Per poter rimanere, tuttavia, occorreva il permesso della Grande Madre bipede. E Randagio avrebbe dovuto conquistare anche quello…

7 commenti:

  1. L'abbandono degli animali è sempre una vergogna.
    Secondo me Randagio non ha avuto difficoltà ad avere il permesso della Grande Madre!

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  2. Laica lo ribadisco è un mito con la coda, Randagio mi è già simpatico ..... e poi tra randagi ci si capisce. Miaoooooo

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  3. Faccio il tipo per Felice-Randagio! Dategli una casa'
    Certo che però qua i cani si moltiplicano esponenzialmente... come finirà questa serie di racconti? Coi cani che, ormai costituenti un vero esercito, scacciano i bipedi di casa? :-)
    Comunque rinnovo i miei complimenti per il tuo modo di scrivere, avvincente e pieno di colpi di scena "canini"

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  4. @ Ele: qualche difficoltà a dire il vero ci fu, ma vedrai di che tipo...

    @ Felinità: confermo, era mitica.

    @ Favoloso: grazie Tarkan. Presto i cani si scontreranno con l'esercito dei gatti...

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  5. E' bello vedere come gli animali sappiano comunicare tra di loro.
    PS: non succederà niente di male all'esercito di gatti, vero??? Perchè anch'io, come Felinità, ho un po' un'indole gattesca!

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  6. Non è giusto abbandonare gli animali povero Felice...

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"Di un fatto del genere fui testimone oculare io stesso".

Ludovico Maria Sinistrari di Ameno.