Un tempo nelle cascine isolate ci si radunava per chiacchierare e passare il tempo nella stalla, l’unico locale naturalmente riscaldato delle abitazioni. Il calore degli animali consentiva infatti di non accendere fuochi.
I giovani giocavano, le donne portavano avanti i loro lavori, gli uomini riparavano gli attrezzi e i vecchi, per dare il loro contributo, raccontavano storie.
E c’era chi le sapeva raccontare bene le storie, al punto che i bambini smettevano di giocare, le donne di rammendare, gli uomini di riparare tutti per seguire la storia e non perdere il finale. Perché i vecchi non ripetevano. Perlomeno non quella volta. Altre probabilmente sì. Ma quella volta lì no, dovevi stare attento, se no peggio per te.
Si raccontavano storie allegre e storie paurose e in quella sorta di scuola di vita, si raccontavano vicende più o meno misteriose capitate nella zona. Storie che destavano timore e spargevano la paura, inducendo a comportamenti più prudenti i bambini e i giovani. Così, quanto meno, speravano i vecchi, raccontando, ché poi, malauguratamente, i bambini erano sempre imprudenti e le ragazze troppo spesso sembravano proprio in cerca di qualcuno pronte a metterle nei guai...
Nelle storie dei vecchi c’erano spesso vicende legate ai fulmini. Pericolo sempre presente per la mancanza di finestre e perché gli alberi, le chiese, le stalle, vale a dire tutti i luoghi dove ci si rifugiava in caso di temporale, erano ottimi bersagli per i fulmini.
Così, mentre fuori il temporale infuriava, si raccontava di quando il fulmine era entrato nella stalla e aveva ucciso tutte le vacche legate alla catena, buttando a terra la donna che stava mungendo seduta sullo sgabello di legno. O di intere famiglie annientate dalla folgore. Madre, bambini e persino il gatto.
Allora, quando proprio il temporale era forte, le saette cadevano vicine e la paura diventava insostenibile, si ricorreva ad un antico rimedio.
Si prendevano certe erbe e le si bruciava, per allontanare il fulmine. Se poi il temporale era proprio forte, le si bruciava dopo averle posate sulle lame incrociate dei falcetti. Allora il fulmine cadeva lontano e il temporale, lentamente, cessava...
I giovani giocavano, le donne portavano avanti i loro lavori, gli uomini riparavano gli attrezzi e i vecchi, per dare il loro contributo, raccontavano storie.
E c’era chi le sapeva raccontare bene le storie, al punto che i bambini smettevano di giocare, le donne di rammendare, gli uomini di riparare tutti per seguire la storia e non perdere il finale. Perché i vecchi non ripetevano. Perlomeno non quella volta. Altre probabilmente sì. Ma quella volta lì no, dovevi stare attento, se no peggio per te.
Si raccontavano storie allegre e storie paurose e in quella sorta di scuola di vita, si raccontavano vicende più o meno misteriose capitate nella zona. Storie che destavano timore e spargevano la paura, inducendo a comportamenti più prudenti i bambini e i giovani. Così, quanto meno, speravano i vecchi, raccontando, ché poi, malauguratamente, i bambini erano sempre imprudenti e le ragazze troppo spesso sembravano proprio in cerca di qualcuno pronte a metterle nei guai...
Nelle storie dei vecchi c’erano spesso vicende legate ai fulmini. Pericolo sempre presente per la mancanza di finestre e perché gli alberi, le chiese, le stalle, vale a dire tutti i luoghi dove ci si rifugiava in caso di temporale, erano ottimi bersagli per i fulmini.
Così, mentre fuori il temporale infuriava, si raccontava di quando il fulmine era entrato nella stalla e aveva ucciso tutte le vacche legate alla catena, buttando a terra la donna che stava mungendo seduta sullo sgabello di legno. O di intere famiglie annientate dalla folgore. Madre, bambini e persino il gatto.
Allora, quando proprio il temporale era forte, le saette cadevano vicine e la paura diventava insostenibile, si ricorreva ad un antico rimedio.
Si prendevano certe erbe e le si bruciava, per allontanare il fulmine. Se poi il temporale era proprio forte, le si bruciava dopo averle posate sulle lame incrociate dei falcetti. Allora il fulmine cadeva lontano e il temporale, lentamente, cessava...
Qui sopra il paesello c'è una chiesetta. Sul sentiero che conduce ad alla chiesetta c'è una cappella, sulla cappella c'è una pietra. Si dice che toccando tale pietra si è protetti dal rischio di essere inceneriti da un fulmine durante l'ascesa.
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RispondiEliminada me per oggi sono previsti temporali ... mi preparo l'occorrente per questo antico rimedio e domani ti faccio sapere se funziona ancora oggi ;-)
Ho vissuto un po' di tempo in Veneto, perciò conosco alcuni termini tipici... lì, i racconti serali dei contadini venivano chiamati "filò" e l'atto di raccontare era "fare filò".
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