Caronte è seduto col gomito appoggiato al bancone. Per rimanere in equilibrio, appollaiato com’è sullo sgabello, si puntella con la mano destra sul ginocchio. La sinistra tiene invece ben stretto il bicchiere di rosso. Gli occhi si muovono obliquamente dal Filosofo a me e da me al Filosofo.
Sappiamo che quando fa così sta per raccontarci una storia. Infatti…
«Questa storia è accaduta molti anni fa, ai tempi di mio padre.»
Faccio un rapido conto e penso di poter situare l’episodio nei ruggenti anni Venti del Novecento…
«C’erano due donne. Due sorelle in barca sul lago. Avevano appena accompagnato ad Imolo il marito di una delle due. Da lì sarebbe salito a piedi nella piccola stazione di Corconio, che a quell’epoca ancora funzionava, per prendere il treno e tornare a Milano. Erano villeggianti, infatti, che passavano l’estate in una delle numerose ville sul lago. Il marito non aveva voluto che la moglie e la cognata salissero alla stazione con lui perché aveva notato che le nuvole si stavano radunando e un temporale era in arrivo. Così le due donne, senza perdere tempo, misero la barca in acqua e si avviarono decise verso l’altra sponda. Una remava e l’altra stava seduta a poppa. Entrambe guardavano nervosamente le nubi nere che si addensavano minacciose sul lago.
Improvvisamente quello che temevano accadde. Dal Mottarone si levò un vento fortissimo. È il vento che viene dal Maggiore e accompagna i temporali. Dura pochi minuti, ma in quei momenti la pacifica acqua del lago si trasforma in un mare in tempesta.
C’è una sola cosa peggiore. Quando il vento che arriva dal Maggiore si scontra col vento tempestoso che arriva dalla Valsesia – alle volte d’estate capita – allora le onde che giungono da oriente si infrangono contro quelle che arrivano da occidente e il lago, letteralmente, ribolle.
Ora, immaginatevi le due donne, sole in mezzo al lago, con il vento che sollevava le onde e le rovesciava dentro la barca. Nel frattempo sulla riva la gente si era accorta della scena e strepitava presagendo la sciagura. Molti urlavano consigli, qualcuno chiedeva soccorso, ma nessuno poteva fare nulla perché persino i barcaioli più esperti avevano paura ad uscire con quel tempo.
La donna che remava con le spalle alla prua, vedendo la barca sballottata da tutte le parti e le onde enormi, fu presa dal panico. Lasciò andare i remi e scoppiò a piangere, vedendosi già scomparire nelle acque del lago. La barca, senza più guida, iniziò a girare su un fianco imbarcando sempre più acqua. Fu l’altra, che non sapeva remare, a prendere in mano la situazione.
“Cosa fai, cretina!” la sgridò. “Vuoi farci morire entrambe! Non pensi al tuo bambino a casa! Prendi subito quei remi! Non senti cosa gridano i pescatori? Non dobbiamo tagliare le onde dirigendo verso casa. Dobbiamo tenere il vento alle spalle e lasciarci spingere fino ad arrivare in un punto riparato. Ci penseremo poi a tornare a casa. Non preoccuparti per l’acqua che entra, provvedo io a buttarla fuori.”
Allora la sorella, ripreso coraggio e pensando al suo bambino, mise mano ai remi. La barca, che era di quelle ben equilibrate come se ne costruivano una volta, riprese immediatamente l’assetto e cominciò a volare, spinta dalle braccia e dalle onde. Alla fine raggiunsero una zona più tranquilla, dove le onde cominciarono a diminuire. Poco tempo dopo erano a casa, davanti alla stufa a ridere e scherzare per l’avventura.»
Sappiamo che quando fa così sta per raccontarci una storia. Infatti…
«Questa storia è accaduta molti anni fa, ai tempi di mio padre.»
Faccio un rapido conto e penso di poter situare l’episodio nei ruggenti anni Venti del Novecento…
«C’erano due donne. Due sorelle in barca sul lago. Avevano appena accompagnato ad Imolo il marito di una delle due. Da lì sarebbe salito a piedi nella piccola stazione di Corconio, che a quell’epoca ancora funzionava, per prendere il treno e tornare a Milano. Erano villeggianti, infatti, che passavano l’estate in una delle numerose ville sul lago. Il marito non aveva voluto che la moglie e la cognata salissero alla stazione con lui perché aveva notato che le nuvole si stavano radunando e un temporale era in arrivo. Così le due donne, senza perdere tempo, misero la barca in acqua e si avviarono decise verso l’altra sponda. Una remava e l’altra stava seduta a poppa. Entrambe guardavano nervosamente le nubi nere che si addensavano minacciose sul lago.
Improvvisamente quello che temevano accadde. Dal Mottarone si levò un vento fortissimo. È il vento che viene dal Maggiore e accompagna i temporali. Dura pochi minuti, ma in quei momenti la pacifica acqua del lago si trasforma in un mare in tempesta.
C’è una sola cosa peggiore. Quando il vento che arriva dal Maggiore si scontra col vento tempestoso che arriva dalla Valsesia – alle volte d’estate capita – allora le onde che giungono da oriente si infrangono contro quelle che arrivano da occidente e il lago, letteralmente, ribolle.
Ora, immaginatevi le due donne, sole in mezzo al lago, con il vento che sollevava le onde e le rovesciava dentro la barca. Nel frattempo sulla riva la gente si era accorta della scena e strepitava presagendo la sciagura. Molti urlavano consigli, qualcuno chiedeva soccorso, ma nessuno poteva fare nulla perché persino i barcaioli più esperti avevano paura ad uscire con quel tempo.
La donna che remava con le spalle alla prua, vedendo la barca sballottata da tutte le parti e le onde enormi, fu presa dal panico. Lasciò andare i remi e scoppiò a piangere, vedendosi già scomparire nelle acque del lago. La barca, senza più guida, iniziò a girare su un fianco imbarcando sempre più acqua. Fu l’altra, che non sapeva remare, a prendere in mano la situazione.
“Cosa fai, cretina!” la sgridò. “Vuoi farci morire entrambe! Non pensi al tuo bambino a casa! Prendi subito quei remi! Non senti cosa gridano i pescatori? Non dobbiamo tagliare le onde dirigendo verso casa. Dobbiamo tenere il vento alle spalle e lasciarci spingere fino ad arrivare in un punto riparato. Ci penseremo poi a tornare a casa. Non preoccuparti per l’acqua che entra, provvedo io a buttarla fuori.”
Allora la sorella, ripreso coraggio e pensando al suo bambino, mise mano ai remi. La barca, che era di quelle ben equilibrate come se ne costruivano una volta, riprese immediatamente l’assetto e cominciò a volare, spinta dalle braccia e dalle onde. Alla fine raggiunsero una zona più tranquilla, dove le onde cominciarono a diminuire. Poco tempo dopo erano a casa, davanti alla stufa a ridere e scherzare per l’avventura.»
Che bella storia!!!!!!
RispondiElimina;-)
Confermo che di vicenda vera si tratta...
RispondiEliminache spavento ma è finita bene però!
RispondiEliminaGià, una bella avventura... di quelle che ti fanno temere il peggio, ma belle da rievocare accanto al fuoco quando tutto è passato.
RispondiEliminatutto è bene quel che finisce bene...
RispondiEliminaper fortuna...
le due sorelle erano unite... non come due che conosco io ... che non hanno memmeno il coraggio di parlare tra di loro.... di cose che non siano futili...
tutto è bene quel che finisce bene...
RispondiEliminaper fortuna...
le due sorelle erano unite... non come due che conosco io ... che non hanno memmeno il coraggio di parlare tra di loro.... di cose che non siano futili...