Decisamente il lago di questa storia è un lago diverso da come lo conosciamo.
Non più di tanto nell’aspetto, forse. Certo ai tempi di questa storia le cave di granito non erano ancora invase dalla vegetazione, che anno dopo anno conquista metri di cava, come rimarginando una bianca ferita. E, ancora, non c’erano molte fabbriche a turbare l’orizzonte.
No, il lago era diverso allora, ma non per i panorami. Erano le donne e gli uomini ad essere diversi in quegli anni. Sì, perché allora c’era la guerra.
Era una strana guerra quella, perché i fronti non erano apertamente contrapposti. Potevi attraversarli senza neanche accorgertene e senza rendertene conto potevi trovarti di faccia alla morte. Bastava poco, bastava aiutare qualcuno, o parlare troppo, oppure troppo poco oppure, banalmente, essere nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Perché quella era una guerra dove le uniformi non contavano e non c’era distinzione tra soldati e civili, né tra uomini e donne. Era guerra partigiana quella. Di resistenza per gli uni, di banditismo per gli altri.
“Il confine si trovava ai Muraglioni degli Inglesi. Nella Petroliera c’era il presidio. Sull’isola di San Giulio il comando dei Servizi segreti. Sul lago giravano barche di miliziani armati…”
Mi gira la testa. Faccio fatica a riconoscere i luoghi a comprendere le situazioni, ad immaginarmi soldati, armi, spie, posti di confine. Non è il mio mondo quello, penso. Poi ci ripenso. Quello è il mio mondo, perché se non ci fosse stato quello oggi vivrei in un universo parallelo i cui contorni mi mettono i brividi.
Chi mi parla è un ex partigiano, classe 1921. Uno di quelli che liberarono Domodossola nell’agosto del 1944. Uno della Valtoce, per intenderci.
È incredibile quanti episodi siano accaduti dal settembre 1943 all’aprile 1945. Non sono neanche venti mesi, ma sembrano venti anni. Sarà, che quando vedi la Morte venirti incontro, il tempo inizia a rallentare e accelera di nuovo solo quando ti è passata accanto, talora ghermendo qualcuno che ti era vicino.
Quanti libri sono stati scritti su questi eventi? Nessuno lo sa, credo. Molti protagonisti hanno raccontato la loro storia, molti non hanno voluto, o potuto. Così molti dettagli se ne vanno con loro, spengendosi uno ad uno. Dettagli. Nessuno di essi farà riscrivere la Storia. Alcuni però aiutano a capire cosa sia stata la guerra per chi l’ha vissuta.
Non più di tanto nell’aspetto, forse. Certo ai tempi di questa storia le cave di granito non erano ancora invase dalla vegetazione, che anno dopo anno conquista metri di cava, come rimarginando una bianca ferita. E, ancora, non c’erano molte fabbriche a turbare l’orizzonte.
No, il lago era diverso allora, ma non per i panorami. Erano le donne e gli uomini ad essere diversi in quegli anni. Sì, perché allora c’era la guerra.
Era una strana guerra quella, perché i fronti non erano apertamente contrapposti. Potevi attraversarli senza neanche accorgertene e senza rendertene conto potevi trovarti di faccia alla morte. Bastava poco, bastava aiutare qualcuno, o parlare troppo, oppure troppo poco oppure, banalmente, essere nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Perché quella era una guerra dove le uniformi non contavano e non c’era distinzione tra soldati e civili, né tra uomini e donne. Era guerra partigiana quella. Di resistenza per gli uni, di banditismo per gli altri.
“Il confine si trovava ai Muraglioni degli Inglesi. Nella Petroliera c’era il presidio. Sull’isola di San Giulio il comando dei Servizi segreti. Sul lago giravano barche di miliziani armati…”
Mi gira la testa. Faccio fatica a riconoscere i luoghi a comprendere le situazioni, ad immaginarmi soldati, armi, spie, posti di confine. Non è il mio mondo quello, penso. Poi ci ripenso. Quello è il mio mondo, perché se non ci fosse stato quello oggi vivrei in un universo parallelo i cui contorni mi mettono i brividi.
Chi mi parla è un ex partigiano, classe 1921. Uno di quelli che liberarono Domodossola nell’agosto del 1944. Uno della Valtoce, per intenderci.
È incredibile quanti episodi siano accaduti dal settembre 1943 all’aprile 1945. Non sono neanche venti mesi, ma sembrano venti anni. Sarà, che quando vedi la Morte venirti incontro, il tempo inizia a rallentare e accelera di nuovo solo quando ti è passata accanto, talora ghermendo qualcuno che ti era vicino.
Quanti libri sono stati scritti su questi eventi? Nessuno lo sa, credo. Molti protagonisti hanno raccontato la loro storia, molti non hanno voluto, o potuto. Così molti dettagli se ne vanno con loro, spengendosi uno ad uno. Dettagli. Nessuno di essi farà riscrivere la Storia. Alcuni però aiutano a capire cosa sia stata la guerra per chi l’ha vissuta.
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