lunedì 9 novembre 2009

Venti anni dopo


Mi sono interrogato a lungo su come avrei potuto raccontare ad un mio figlio di vent’anni ciò che rappresentò la caduta del Muro. Il Muro, senza bisogno di aggiungere una specificazione di luogo perché per noi, diventati adulti prima della sua caduta, quello di Berlino non era un muro qualsiasi, era il Muro.
Un Muro che era il simbolo di una Cortina di Ferro scesa dopo il secondo conflitto mondiale a sequestrare in un’immensa prigione decine di milioni di uomini, donne e bambini.
Un Muro che divideva il mondo in due parti, che si spiavano minacciose, ciascuna con il dito pronto a premere un bottone su cui era scritto “Guerra Atomica” o, detto altrimenti, “Apocalisse nucleare”.
Un Muro che divideva le coscienze. Allora (allora, si badi, non oggi) si doveva essere “di qua” o “di là”, anche se spesso turandosi il naso per non sentire la puzza che emanava dal cortile della propria parte. Perché sentirla, vederla e soprattutto ammetterla, avrebbe fornito un’arma in più ad un nemico che sembrava già fin troppo agguerrito.

Mi sono interrogato, dicevo. Mi sono chiesto come e se parlare di quello che accadde venti anni fa, il tempo di una generazione. Questo è un blog di racconti e finzioni, ma è pur sempre un blog, un diario virtuale e mi è parso giusto quindi andare a rileggere cosa scrissi nel mio diario di carta allora.
Occorre dire che fu un anno straordinario il 1989, uno di quegli anni che entrano nella storia perché segnano una cesura tra un “prima” ed un “dopo” e finiscono subito nei libri di storia.
I mesi precedenti erano stati segnati da grandi progressi nelle trattative tra Occidente ed Oriente e da aperture interne all’Unione Sovietica tali da far sorgere grandi speranze. Da mesi, inoltre, le persone che tentavano fuggire da quello che molti, da questa parte del Muro, si ostinavano ancora a descrivere come un paradiso in terra (ricordo chiaramente le lettere ai giornali scritte da chi, tornando dai viaggi organizzati oltre Cortina, non si rendeva conto di essere stato vittima di una colossale messinscena propagandistica), erano diventate centinaia e poi migliaia, grazie ad un primo varco aperto dall’Ungheria.
Ma pochi mesi prima avevamo assistito, impotenti, anche al massacro del sogno di libertà degli studenti cinesi sotto i cingoli dei carri armati sulla piazza di Tienanmen . Il fantasma di Budapest e quello della Primavera di Praga erano lì a ricordarci come dall’altra parte del Muro ci fosse un Potere capace di qualsiasi cosa. Sarebbe bastato un ordine del Cremlino e i carri armati dell’Armata Rossa si sarebbero nuovamente messi in marcia per sparare sugli studenti, sugli operai, sul popolo. Quel giorno però fu chiaro che l’ordine non sarebbe arrivato.

«Giornata storica» annotai. «Le autorità di Berlino Est hanno concesso l’apertura delle frontiere con l’ovest. Decine di migliaia di persone hanno attraversato il confine “per vedere le luci di Berlino Ovest” queste le loro parole. Un migliaio si sono fermati ad Ovest. Era commovente vedere migliaia di persone in fila per entrare nella parte occidentale. Sembravano avere "fame e sete" di libertà.»

Certo, non mancava chi storceva il naso, notando qualche centinaia di persone che entrava nei "decadenti" sexy shop occidentali. Probabilmente guardava questi per non vedere le decine di migliaia di mani che con ogni attrezzo iniziavano a demolire il muro.
Era un mondo che finiva. Lo si leggeva chiaramente negli occhi esterrefatti dei VoPos, i temutissimi agenti della Polizia Popolare che fino a pochi giorni prima avevano l’ordine di sparare per uccidere su chiunque tentasse di varcare il confine.

Quegli stessi agenti che nelle concitate ore di quella notte furono abbandonati senza ordini di fronte a migliaia di persone che chiedevano di passare “dall’altra parte” , anche solo per poche ore. Una marea montante che a quel punto non poteva essere più fermata. Così i VoPos avevano deciso di ragionare con l’intelligenza del cuore e non con l’ottusità della burocrazia, aprendo il confine e con esso una falla che significava il disfacimento dell’intero blocco comunista.



Il senso di quell'evento fu questo. Il popolo aveva smesso di avere paura, aveva alzato la testa e aveva pacificamente reclamato la sua libertà. Quella notte essa gli era stata restituita.
Il merito di aver reso realtà quello che fino a pochi mesi prima era parso un sogno impossibile va principalmente ad un uomo, Mikhail Gorbachev.
Di lui vi parlerò domani.

10 commenti:

  1. Io all'epoca avevo solo 6 anni, ho un ricordo confuso di questa gente alla tele che rompeva il muro e lo scavalcava... da grande ho capito l'importanza di quella giornata, ma certo non è come averla vista e vissuta in quel momento, con cognizione di causa. Grazie per il racconto :)

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  2. un grande evento, con grandi protagonisti, ma anche con tantissimi eroi anonimi..

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  3. Uno dei giorni più belli del tribolatissimo '900...

    ;-)

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  4. Quel maggio del 1989 fui presa per pazza quanndo a voce alta espressi una mia sensazione..."entro la fine dell'anno cadrà il Muro di Berlino" .... e Novembre portò la lieta novella.
    Il marzo dell'anno dopo andai a Berlino per lavoro ed è stato emozionante!!!!

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  5. Bellissimo post Alfa, complimenti, un evento emozionante , come avrebbe detto Bowie, " almeno per un giorno essere eroi essere noi ",
    sai ho dei pezzi del muro che mi portò un amico, che ora non c'è più, e con tanta emozione che ricordo quei giorni, e una libertà riconquistata, una rra pagina di gioia in tanto dolore della storia. Un abbraccio

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  6. lo avresti fatto nel modo migliore...

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  7. Io avevo solo 2 anni, per me la caduta del Muro di Berlino è un evento da libro di storia (anche se purtroppo a scuola non si fa mai in tempo a studiare la storia più recente). E mi fa un po' strano pensare che persone poco più vecchie di me abbiano dei ricordi personali di quel momento. E il fatto che la mia generazione non abbia vissuto quel periodo di terrore, secondo me ci porta a non comprendere appieno l'importanza dell'evento.

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  8. @ Vele: ne sono cnotento!

    @ Giardigno: si, erano davvero migliaia gli eroi quel giorno.

    @ Silvia: si, decisamente. Bello senza se e senza ma.

    @ Il folletto: profetica!

    @ Felinità: grazie per aver condiviso con noi questo tuo ricordo molto personale. Si, tutti eroi quel giorno.

    @ Pupottina: grazie!

    @ ele: "poco (!) più vecchie". Mi piace questa frase! :)
    Hai ragione per il resto, certe cose occorre viverle per "sentirle".

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  9. Questo post dedicato alla caduta del Muro di Berlino mi è piaciuto moltissimo.
    Anch'io in questi giorni ho riflettuto sul rapporto ventenni di oggi e quest'avvenimento.
    Ero piccola all'epoca, ma qualcosa ricordo soprattutto quel senso di ansia che gravava sulle persone.
    Grazie per il racconto :)

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  10. @ Stella: ansia è la parola giusta, credo. Grazie per questo tuo ricordo personale.

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