sabato 31 gennaio 2009

Sette volte Gianni Rodari



Domenica 1 febbraio alle ore 17, 30, presso la Sala del Circolo di Soriso,
un appuntamento per grandi e piccoli alla riscoperta dello scrittore omegnese Gianni Rodari: sette tra filastrocche e storie che accompagneranno lo spettatore in un luogo pieno di strani riflessi e magie, nel quale si materializzano presenze buffe e strampalate!

Un ambiente scenico suggestivo con mezzi estremamente poveri quello che propone Anna Olivero, che da alcuni anni rappresenta lo spettacolo presso scuole, biblioteche, rassegne e stagioni teatrali.

Ingresso € 5,00

Per maggiori informazioni
SPAZIOTEATRO SELVE

0322 96. 97. 06
339. 66. 16. 179
www.teatrodelleselve.it

venerdì 30 gennaio 2009

La leggenda della Madonna del Sasso




«È una ben triste leggenda d’amore quella di Ajcardo e Maria» commenta il Filosofo. «A sentire il Maestro» rispondo «non sarebbe propriamente una leggenda. È un racconto che Giuseppe Torelli pubblicò il 27 agosto 1852 col titolo “La Madonna del Sasso” sulla Gazzetta Piemontese, il giornale ufficiale del governo sabaudo. Compare della rubrica “leggende e paesi” che raccoglieva prose illustranti vari luoghi del territorio piemontese. Sempre il Maestro, tra una boccata di sigaro e l’altra, mi ha spiegato che il Torelli visse probabilmente a Novara negli anni Trenta del secolo decimonono, conducendovi una “vita scioperata e triste”. Il Maestro mi ha messo anche davanti una copia de Lo Strona, in cui ho potuto leggere questa storia, che però non ho avuto mai animo di raccontare sul mio blog.» «Lo credo» sorride amaramente il Filosofo «per raccontarla ti occorrerebbe un animo infelicemente romantico che non ti è proprio...» 

Non conoscevo questa vena sarcastica del Filosofo, ma tant’è… in ogni caso ha ragione: la storia di Ajcardo, di Maria e dell’Inglese è davvero una storia triste. «Qualche giorno fa ne parlavo con Caronte» riprende il Filosofo. «Come ricorderai, Torelli sostiene di aver udito questo racconto da un barcaiolo incontrato sotto la Torre di Buccione, con cui s’imbarcò per trascorrere un paio d’ore sul lago in un tardo pomeriggio. Ebbene, secondo Caronte quel barcaiolo sarebbe stato il nonno del suo bisnonno…» 
«Si tratterebbe quindi di una storia vera?» 
«Così giura Caronte, ma sai come è fatto… Come del resto scrisse lo stesso Torelli, la versione pubblicata era una forma "succinta" di quella raccontata dal suo antenato. In effetti quella che ho ascoltato da Caronte è molto più dettagliata: dovresti andare a trovarlo...» 

Ci andrò certamente, proprio perché conosco questa storia, ambientata nel secolo Sedicesimo. Secolo tragico quanti altri mai per la Riviera d’Orta, che si vide più volta invasa dalle soldataglie e dagli sbandati dei vari eserciti che lottavano per sottomettere al dominio straniero un’Italia dilaniata dalle discordie intestine. Ajcardo, prode soldato distintosi in varie battaglie, è finalmente tornato a Pella, dove ha sposato la bella ostessa Maria. Un giorno, in occasione di una di quelle scorrerie a cui ho accennato, Ajcardo si allontana da Pella per guidare una delegazione alla Rocca di Arona per concordare la pace col Governatore. Qui gli ambasciatori sono però imprigionati a tradimento, mentre le milizie imperiali si riversano sulla Riviera per saccheggiarla. 

Nella segreta del castello comincia la prima parte del dramma. Gli altri prigionieri sfogano la loro rabbia su Ajcardo, che più degli altri aveva caldeggiato quella missione. Lo fanno alimentando la sua gelosia. Insinuano il sospetto che tra la donna e il migliore amico di Ajcardo, un Inglese che gli aveva salvato la vita a Pavia, esista una relazione clandestina. Ajcardo, in preda ad un furore incontenibile, riesce a fuggire dalla cella e si precipita a Pella per verificare i suoi sospetti. Qui giunto trova l’osteria sottosopra per il passaggio dei saccheggiatori. La madre, da lui interrogata sulla sorte di Maria, finisce con l’alimentare i suoi sospetti. All’appello mancano proprio Maria e l’Inglese.

 Ajcardo rintraccia la moglie la mattina seguente in cima alla rupe della Madonna del Sasso. In preda all’ira e senza ascoltare le spiegazioni lacrimanti della donna la spinge sul ciglio del burrone e, colpendola, la fa precipitare di sotto. Incontra poi l’amico, su cui si slancia brandendo l’arma e ferendolo a morte. L’Inglese, prima di spirare, gli racconta che ha salvato Maria dalla violenza di quattro predoni; che l’ha portata in salvo; che nulla di più è accaduto tra lui e la donna. Ravvedutosi Ajcardo ritorna verso il precipizio per cercare Maria, ma la donna, che era rimasta appesa ad un cespuglio, vedendo comparire l’uomo, presa dal terrore lascia la presa e precipita di sotto… 

 «C’è qualcosa della tragedia greca in questa storia» osserva il Filosofo. «Una tragedia della gelosia o forse, meglio della paura e della mancanza di fiducia. Ajcardo, accecato dalla paura del tradimento, perde la fiducia nell’amico e nella moglie, senza dar loro nemmeno la possibilità di spiegarsi. La stessa Maria, vista la furia di Ajcardo, perde ogni fiducia e per paura si sottrae alle mani che, pentite, si protendevano per salvarla…» 

 È una storia che, alla fine, interroga anche noi. E, naturalmente, anche voi, lettori di questo blog. 

Quante volte siete fuggiti intimoriti di fronte ad una mano tesa? 

Quante volte la paura di un tradimento non vi ha permesso di credere nella possibilità di ricevere del bene? 

Quante volte per paura avete visto nel gesto d’affetto d’una persona amica una minaccia?

giovedì 29 gennaio 2009

Officine del cambiamento

Riceviamo e pubblichiamo volentieri...

Officine del cambiamento
è dialogo fra associazioni, gruppi, persone per la socialità dei giovani sul territorio,
è il tentativo di cambiare, innovare ,proporre nuovi stili di vita
è la necessità di collegare e dare visibilità alle sperimentazioni dei giovani
Come?
con un sito www.associazionivco.org
con proposte innovative
con un coordinamento di associazioni, spazi e realtà giovanili

Metti qualcosa anche tu nella cassetta degli attrezzi delle Officine del Cambiamento!

Le tematiche affrontate sono due, strettamente interconnesse: spazi giovani e alternative sociali.
Il bisogno di spazi giovani sul territorio è stato tema di discussione e approfondimento con le amministrazioni e i giovani del territorio. Nella nostra provincia ci sono molti comuni di piccole dimensioni che non offrono risposte adeguate al bisogno di aggregazione e di protagonismo giovanile. In questi comuni è anche vivo però un senso di appartenenza al luogo di vita molto marcato, accentuato dalla difficoltà di spostarsi autonomamente sul territorio. Questo comporta la creazione di legami amicali forti a livello di paese che solo in alcuni casi si coniugano con la capacità di auto-organizzazione. In questi contesti il bar spesso è l'unica risposta concreta a questo bisogno. Esiste quindi un bisogno di aggregazione, di socialità ma anche di prossimità e quotidianità: non tutti i giorni è possibile prendere l'auto o i mezzi per spostarsi sul territorio e raggiungere i luoghi del divertimento o anche dell'impegno. È necessario trovare risposte più vicine e su misura. Al contempo c'è il bisogno di conoscere nuova gente e fare esperienze nuove. Spazi in rete officine del cambiamento potrebbe funzionare anche da “palestra” per un futuro spazio giovani provinciale, inteso come luogo di interazione fra più gruppi del territorio..Il tema delle alternative sociali va declinato a livello locale ma anche globale: dai focus group con i giovani è emersa l'esigenza di conoscere e approfondire esperienze di vita alternativa a quella che loro vivono, sia in relazione al loro territorio, sia come scoperta di esperienze fuori provincia. Intorno a questo tema si mette in gioco prima di tutto la curiosità di scoprire modi diversi di vivere sia la propria quotidianità che il proprio territorio. Ogni gruppo interpreta in maniera specifica questo tema, chi appunto a un livello più globale, che a un livello locale. La scelta delle attività ha tenuto conto quindi di questo duplice aspetto, permettendo un'apertura all'esterno, ma con la possibilità di capitalizzare i risultati nel territorio.

LE ATTIVITA' DEL CAMBIAMENTO (segui il link)

mercoledì 28 gennaio 2009

I tre giorni della merla



Oggi sarebbe l’ultimo giorno dell’antico mese di Gennaio.
Lo sarebbe se il barbuto Gennaio non avesse sentito gli uomini ridere alle sue spalle. Era stato un Gennaio clemente, quell’anno, con temperature sopra la media. La gente allora non si lamentava dei cambiamenti climatici, ma gioiva nel sentire meno freddo del solito. Come spesso accade, però, la felicità portò la superbia e molti cominciarono a dire male di Gennaio, scambiando la clemenza per debolezza.
«L’abbiamo fregato, il vecchio barbuto. Ormai l’inverno è quasi finito e il freddo anche!»
Gennaio ha tanti difetti. Primo tra tutti è permaloso. Così andò da suo fratello Febbraio e gli fece una proposta.
«Dammi tre giorni dei tuoi, che voglio dare una lezione agli uomini. Una lezione che non scorderanno mai più!»
Febbraio, che all’epoca aveva trentuno giorni, acconsentì. Non è chiaro cosa abbia avuto in cambio da Gennaio. Io sospetto che, essendo in buona parte acquariano e quindi un po’ originale di natura, Febbraio si sia semplicemente divertito un mondo all’idea di poter diventar l’unico mese di ventotto giorni. Tanto più quando Gennaio, che è un giocatore famoso per la proverbiale freddezza, calò l’asso.
«E ogni quattro anni ne avrai ventinove…»
Così Gennaio se ne tornò con tre giorni in più e in quelli scatenò tutta la sua forza. Chiamò a raccolta Freddo, Ghiaccio e Neve ordinando loro di sferzare gli uomini. Obbedirono, colpendo la terra e sorprendendo uomini e animali che per la mitezza dei giorni precedenti si erano avventurati fuori.
In particolari difficoltà si trovò una merla, che era uscita dal nido coi suoi uccellini. Per sopravvivere non trovò di meglio che rifugiarsi dentro un camino. Dovete sapere che a quei tempi, non solo Gennaio aveva ventotto giorni, ma anche i merli avevano penne bianche come la neve.
Al termine di quei tre giorni di freddo Gennaio si tenne i suoi trentuno giorni, che conserva tutt’ora. E i merli, per il tanto fumo del camino, si ritrovarono con le penne nere.
Per questo, in ricordo di quell’episodio, gli ultimi giorni di Gennaio, normalmente molto freddi, sono chiamati “i giorni della Merla”.

martedì 27 gennaio 2009

Non ci sono parole


Martedì 27 gennaio 2009 alle ore 21 presso lo Spazio Teatro Selve
in via Zanotti 26 a Pella - 0322 969706 - 3396616179 l'associazione culturale La Finestra sul Lago presenta

NON CI SONO PAROLE

Questa rappresentazione (di cui ha già parlato anche Orta Blog ) è dedicata al Giorno della Memoria.
Rendiamo omaggio alle vittime della Shoah, simbolo terribile di ciò che uomini hanno potuto compiere verso altri uomini.
Rendiamo omaggio alle vittime di tutti i genocidi, che in ogni luogo ed epoca hanno segnato la vicenda umana.
Prendiamo su di noi l'impegno a non dimenticare quel che il razzismo, l'intolleranza, lo spirito di sopraffazione e la disumanizzazione dell'altro possono produrre.
Che il ricordo dell'orrore possa alimentare la ricerca della pace e l'amore per l'umanità.

NON CI SONO PAROLE
di e con Domenico Brioschi e Lidia Robba

Due attori con l'ausilio della lettura e della narrazione raccontano la storia di una famiglia di Ebrei Ungheresi residenti in Italia, e rievocano gli anni delle persecuzioni razziali e delle deportazioni nei campi di sterminio, con un ricordo per tutti coloro che lottarono coraggiosamente contro la barbarie del razzismo. Alcune proiezioni tratte da film e documentari accompagnano il racconto fotografico della vita della Sig.a Giovanna Fleishmann. La colonna sonora creata da un deportato polacco accompagna con un forte crescendo emotivo tutta la rappresentazione. Il racconto è congegnato per non ricevere applausi e per lasciare pause di meditazione personale su quanto visto e udito.

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Ass.Cult. LA FINESTRA SUL LAGO
Via al Porto 3 Fraz.Lagna
28017 S.Maurizio d'Opaglio (NO)
032296333 - 3474683319 - 3284732653
lafinestrasullago@libero.it
www.lafinestrasullago.com
www.unpaeseaseicorde.it

lunedì 26 gennaio 2009

La farina del diavolo

Un'eredità contesa, un oscuro alleato, un patto scellerato. Questi gli ingredienti della Pillola di Mistero trasmessa a Siamo in Onda il 6 dicembre 2008.

sabato 24 gennaio 2009

La culla




Il Rosso non aveva paura del buio. Tanto meno delle favole che circolavano sulle sinistre presenze nella palude sotto Invorio….
«Tutte sciocchezze!» sbuffò e picchiò il pugno sul tavolo dell’osteria. «Siamo nel Ventesimo secolo e ancora credete a queste cose da medioevo. Streghe, diavoli, fantasmi! Vorrei proprio vederli! Chissà come mai a me non si manifestano mai. Eppure passo sempre di lì.»
«Il Peppo li ha visti» mormorò il Togn, stringendo nervosamente le carte nelle mani. «E anche la Maria…»
«Un ubriacone e una donna isterica» la risata del Rosso rimbombò nella sala piena di fumo.
Era grande e grosso e ben pochi osavano discutere con lui, specie quando aveva bevuto un paio di bicchieri. Non ci metteva molto a menare le mani, come ben sapeva quella santa donna di sua moglie. Nessuno osò sostenere la sfida del Rosso, che cercava sempre qualcuno così stupido da contraddirlo. Solo gli occhi del vecchio Ferro non si abbassarono come canne piegate dal vento davanti al suo sguardo.
«Spera che non ti sentano loro» aveva detto solamente.
«Devono solo provarci a fare la fisica a me!» ruggì il Rosso.
Il Ferro sputò per terra ed tornò ad immergersi nel proprio sigaro. Nella Grande Guerra era stato un Ardito, era stato decorato e aveva perso una gamba. Non doveva dimostrare niente a nessuno. Così il Rosso se n’era andato, sbattendo la porta. Alcuni pensarono che quella sarebbe stata una brutta notte per sua moglie.

Il Rosso s’incamminò verso casa, lungo la strada che costeggiava la palude. Dietro una curva, improvvisamente, sentì il pianto di un bambino. Incuriosito si avvicinò e vide una culla, da cui provenivano i lamenti. Allora si fece avanti, per vedere chi fosse il bambino abbandonato.
Appena si sporse sopra la culla vide una testa colossale, che lo fissava con gli occhi gialli ed emetteva urla dalla bocca enorme.
Allora il Rosso fuggì a gambe levate fino a casa e la moglie ebbe il suo daffare per calmarlo, come un bambino spaventato, e metterlo a letto.


Pillola di mistero, sul tema "il coraggio e la paura", letta a Siamo in Onda sabato 24 gennaio 2009.

venerdì 23 gennaio 2009

Il coraggio e la paura




"Il coraggio chi non ce l’ha non può darselo".
Così almeno diceva Don Abbondio

Coraggio non è non avere paura, ma imparare a superare le proprie paure.
Per contro ci sono persone che si dicono coraggiose fino a quando il pericolo non frantuma le loro certezze.

La pillola di Mistero che andrà in onda nella puntata di Siamo in Onda di domani sera tratterà proprio il tema “Il coraggio e la paura”.
Una storia ambientata nella famigerata palude di Invorio, raccontatami qualche giorno fa da mia madre


La trasmissione è ascoltabile anche in streaming seguendo queste istruzioni, domani sera e in replica martedì prossimo.

Come consuetudine, questo post si chiude con una domanda. Lo staff di Siamo in Onda ha però deciso di fare un omaggio ai lettori de il lago dei misteri.

Le risposte alla domanda

In quale occasione hai scoperto il tuo coraggio?

saranno lette in diretta sabato sera da Fabio e Fulvio.

Perciò, coraggio, rispondete!


Nota: se lo desiderate potete inviare anche una mail a diretta@puntoradio.net ovvero un SMS al numero 389 96 96 960

I commenti dei lettori de il Lago dei Misteri saranno letti in diretta alle ore 22.13, 23.13 e alle 23.37 (più o meno, naturalmente).

giovedì 22 gennaio 2009

Una gran botta di fortuna per il Gino



“Oggi è il mio giorno fortunato!”
Così pensò il Gino vedendo la BMW abbandonata sul ciglio della strada con le quattro frecce accese e, soprattutto, la chiavi inserite. Il proprietario era un tizio in giacca a cravatta che camminava nervosamente alternando gestacci ad urla nel cellulare e a tutto badava tranne che alla macchina…
Non stette a pensarci molto, il Gino. Veloce come un ghepardo aprì lo sportello, s’infilò dentro, accese la macchina e partì sgommando, per scomparire dietro la curva in fondo alla strada, ingranando una marcia dopo l’altra.
Prima.
Seconda.
Terza.
Quarta.
Freno.
Freno?
FRENOOO!!!
Il Gino non poteva saperlo, certo, ma avrebbe potuto pensarci: una macchina di quel genere non è abbandonata in quel modo senza motivo.
Nel caso specifico, il motivo erano i freni di un'auto nuova fiammante che si erano improvvisamente rotti. Proprio questo stava urlando al telefono l’infuriato proprietario.
Comunque quella era davvero una giornata fortunata per il Gino. Oltre la curva non c’era un muro, ma un prato, in cui la macchina cappottò un paio di volte.
Il Gino non indossava la cintura di sicurezza, naturalmente. Non solo perché non aveva avuto il tempo di indossarla, ma anche perché appartiene alla scuola di pensiero di quelli che “conosco uno che si è salvato miracolosamente proprio perché non aveva la cintura ed è stato sbalzato fuori!”
Miracolosamente, appunto…
Quel giorno i Carabinieri arrivarono contemporaneamente all’ambulanza. Dopo una lunga sosta tecnica al Pronto Soccorso per ripararlo, il Gino finì nuovamente davanti al Giudice…

mercoledì 21 gennaio 2009

Una storia antica



Questa è la storia di un uomo che veniva da sud.
Un tempo signori d’Italia i Rasenna avevano da tempo accettato il nuovo ordine sotto le insegne di Roma. Sotto le aquile delle legioni aveva militato anche
uno dei Rasenna, il cui nome era Metelos, figlio di Maesilos.
Congedato aveva scelto di diventare mercante e si era spinto a cercare fortuna alla frontiera nord, oltre il grande fiume Eridano, nelle terre degli Insubri.

Era stato accolto con diffidenza. Per quanto ormai alleati di Roma, molti dei più anziani tra quei Galli avevano combattuto strenuamente i Romani fino a pochi decenni prima. Formidabili combattenti, guerrieri feroci e tagliatori di teste, come quel Krasan nel cui villaggio Metelos tornava spesso a vendere i suoi prodotti.
Il villaggio si trovava sulle sponde di un piccolo lago incuneato tra le montagne, i cui paesaggi talvolta ricordavano a Metelos le dolci colline della sua patria; altre volte invece le aspre montagne dell’Hispania. Erano ricordi feroci e dolorosi, questi ultimi. Le imboscate dei Celti Iberici, il lungo assedio di Numantia e il massacro finale, col sangue che scorreva a fiumi per le strade invase dai legionari coi gladi sguainati a sterminare ogni forma di vita si parasse loro davanti…
I Galli sapevano o forse intuivano. Nessuno osava toccare un romano, naturalmente, ma lo tenevano a distanza, limitandosi a comprare da lui quel tanto che bastava loro. Eppure Metelos tornava spesso in quel villaggio. Non tanto per il modesto guadagno, ma per gli occhi di quella ragazza.
Asmina era la minore delle figlie di Krasan e i suoi occhi erano gli unici in cui non leggesse una silenziosa ostilità. Aveva occhi blu come l’acqua del lago, Asmina. Del resto, i laghi non sono come gli occhi con cui la Terra guarda il Cielo?
Asmina non si limitava a guardarlo, ma gli sorrideva in un modo che gli scaldava il cuore, rendendogli leggero il viaggio ogni volta che caricava il carro di merci per salire lassù.

Così un giorno Metelos decise di affrontare il vecchio Krasan, chiedendo Asmina come moglie. Aveva portato ricchi doni per l’uomo, secondo l’usanza della sua gente. Krasan li guardò, li valutò e tornò a fissarlo severo.
«Vendete le vostre figlie, voi romani?»
Aveva pronunciato con disprezzo quell’ultima parola. Metelos guardò le teste scheletriche che pendevano dal soffitto della capanna, poi parlò.
«Amo Asmina e voglio che sia mia moglie. Secondo il costume della mia gente o secondo quello della vostra… non ha importanza.»
Krasan scosse la testa.
«Cosa potrebbe volere una di noi da uno di voi? Pensi che non ci siano uomini di valore in queste terre? Comunque, se lei vuole, fate pure. Le nostre donne sono libere di scegliersi l’uomo che desiderano. Persino un romano.»
Asmina, che aveva ascoltato tutto, entrò rapida nella capanna e disse che sì, lei lo voleva quel romano. Lei voleva Metelos dagli occhi scuri e avrebbe sposato lui e nessun altro mai.
Krasan sbuffò, alzò le braccia al cielo per invocare gli dei, ma infine le abbassò.
«Fate un po’ come volete…» borbottò.

Nei mesi e negli anni che seguirono Metelos, grazie ad Asmina, scoprì che quelli che i romani pensavano fossero selvaggi, erano invece un popolo gentile e civile, che aveva persino una propria scrittura, appresa secoli addietro proprio dai Rasenna.

Anche Krasan scoprì che il “romano” non era poi così male. Il genero gli faceva arrivare del buon vino e vasellame che la moglie di Krasan apprezzava molto. Quando, infine, la piccola Velia tese le piccole braccia al collo del nonno, questi dovette ammettere che in effetti il romano aveva portato solo cose buone nella loro casa.

Metelos e Asmina furono i primi, ma molti altri seguirono il loro esempio. Essere chiamati romani cessò pian piano di essere un’offesa. Galli e Romani scoprirono di avere cose da offrire e da ricevere dagli ex nemici. E furono lieti che i loro antenati avessero firmato la pace, decenni prima. Nemmeno cento anni dopo il matrimonio di Metelos e Asmina, i Galli oltre il grande fiume Eridano sarebbero diventati romani.

Questa è la storia, mai raccontata prima, di una storia d’amore svoltasi oltre ventuno secoli fa. Il fluire del tempo ha cancellato i protagonisti, ma non questo amore, che resta inciso su un piccolo vaso funerario, in una dedica incisa nella lingua di Asmina: “Metelui Maesilalui Venia Metelikna Asmina Krasanikna”.
“A Metelos figlio di Maesilos, Venia figlia di Metelos (e) Asmina figlia di Krasan”.

martedì 20 gennaio 2009

Risveglio coi brividi per Alfa

Oggi il buon vecchio Alfa ha lasciato a me, che talora fungo da suo segretario, il racconto di un’avventura occorsagli stamattina.

Uscendo dalla cascata che usa come doccia nella sua grotta, Alfa ha trovato una chiamata non risposta. Un po’ preoccupato ha telefonato a sua madre, che raramente lo cerca sul cellulare, soprattutto a quell’ora.
Dovete sapere che la mamma di Alfa ha una istintiva allergia per la tecnologia e i computer in particolare. Idiosincrasia condivisa da molti della sua generazione, anche se non tutti: il Partigiano naviga invece veloce nell’oceano del World Wide Web, seppur tra mille disavventure informatiche, puntualmente risolte dal nipote Delta…

Ad ogni modo, Alfa si è finalmente deciso a trasferire dalla rete alla carta una selezione di suoi racconti per farli leggere alla mamma. La quale ha preso immantinente la cornetta per commentare e puntualizzare alcuni aspetti.

Gli ha parlato dei famosi mulinelli del lago, che giura di aver visto coi propri occhi, gli ha fornito il nominativo di preziosi narratori di leggende e da ultimo gli ha raccontato una vicenda ambientata nella, ormai famigerata, palude sotto Invorio.


Al buon Alfa, che pensava di essere abituato a fronteggiare qualsiasi inquieto mistero, si è accapponata letteralmente la pelle al sentire questa storia. Appena riuscirà a mettere la mano tremante alla tastiera tenterà di trasmettervi una parte dei suoi brividi.

Un’ultima nota: tra le misure per fronteggiare la crisi decise dal Governo, la madre di Alfa pare riceverà, come tutti, una mail nuova di pacca per semplificare i suoi rapporti con l’amministrazione pubblica. La madre di Alfa ringrazia molto il Governo, ma si domanda a chi dovrà rivolgersi per semplificare i rapporti suoi col computer…

lunedì 19 gennaio 2009

Il Lago dei Misteri su FB




Come ha spiegato ieri Caronte, ci sono venti che non si possono contrastare. Occorre accordarsi ad essi e lasciarsi portare. In questi giorni sul Lago dei Misteri soffia forte il vento del Faccia Libro (come l’ha chiamato l’amica Perry di Siamo in Onda).

Ragion per cui Alfa dei Misteri, spinto anche dal consiglio di Malikà, ha deciso di compiere il gran passo e portare la sua barchetta nell’oceano tempestoso di questo Social Network in formidabile espansione.
Se lo desiderate esiste anche un gruppo in cui potrete parlare dei vostri misteri…

domenica 18 gennaio 2009

Donne nella tempesta



Caronte è seduto col gomito appoggiato al bancone. Per rimanere in equilibrio, appollaiato com’è sullo sgabello, si puntella con la mano destra sul ginocchio. La sinistra tiene invece ben stretto il bicchiere di rosso. Gli occhi si muovono obliquamente dal Filosofo a me e da me al Filosofo.
Sappiamo che quando fa così sta per raccontarci una storia. Infatti…
«Questa storia è accaduta molti anni fa, ai tempi di mio padre.»
Faccio un rapido conto e penso di poter situare l’episodio nei ruggenti anni Venti del Novecento…
«C’erano due donne. Due sorelle in barca sul lago. Avevano appena accompagnato ad Imolo il marito di una delle due. Da lì sarebbe salito a piedi nella piccola stazione di Corconio, che a quell’epoca ancora funzionava, per prendere il treno e tornare a Milano. Erano villeggianti, infatti, che passavano l’estate in una delle numerose ville sul lago. Il marito non aveva voluto che la moglie e la cognata salissero alla stazione con lui perché aveva notato che le nuvole si stavano radunando e un temporale era in arrivo. Così le due donne, senza perdere tempo, misero la barca in acqua e si avviarono decise verso l’altra sponda. Una remava e l’altra stava seduta a poppa. Entrambe guardavano nervosamente le nubi nere che si addensavano minacciose sul lago.
Improvvisamente quello che temevano accadde. Dal Mottarone si levò un vento fortissimo. È il vento che viene dal Maggiore e accompagna i temporali. Dura pochi minuti, ma in quei momenti la pacifica acqua del lago si trasforma in un mare in tempesta.
C’è una sola cosa peggiore. Quando il vento che arriva dal Maggiore si scontra col vento tempestoso che arriva dalla Valsesia – alle volte d’estate capita – allora le onde che giungono da oriente si infrangono contro quelle che arrivano da occidente e il lago, letteralmente, ribolle.
Ora, immaginatevi le due donne, sole in mezzo al lago, con il vento che sollevava le onde e le rovesciava dentro la barca. Nel frattempo sulla riva la gente si era accorta della scena e strepitava presagendo la sciagura. Molti urlavano consigli, qualcuno chiedeva soccorso, ma nessuno poteva fare nulla perché persino i barcaioli più esperti avevano paura ad uscire con quel tempo.
La donna che remava con le spalle alla prua, vedendo la barca sballottata da tutte le parti e le onde enormi, fu presa dal panico. Lasciò andare i remi e scoppiò a piangere, vedendosi già scomparire nelle acque del lago. La barca, senza più guida, iniziò a girare su un fianco imbarcando sempre più acqua. Fu l’altra, che non sapeva remare, a prendere in mano la situazione.
“Cosa fai, cretina!” la sgridò. “Vuoi farci morire entrambe! Non pensi al tuo bambino a casa! Prendi subito quei remi! Non senti cosa gridano i pescatori? Non dobbiamo tagliare le onde dirigendo verso casa. Dobbiamo tenere il vento alle spalle e lasciarci spingere fino ad arrivare in un punto riparato. Ci penseremo poi a tornare a casa. Non preoccuparti per l’acqua che entra, provvedo io a buttarla fuori.”
Allora la sorella, ripreso coraggio e pensando al suo bambino, mise mano ai remi. La barca, che era di quelle ben equilibrate come se ne costruivano una volta, riprese immediatamente l’assetto e cominciò a volare, spinta dalle braccia e dalle onde. Alla fine raggiunsero una zona più tranquilla, dove le onde cominciarono a diminuire. Poco tempo dopo erano a casa, davanti alla stufa a ridere e scherzare per l’avventura.»

sabato 17 gennaio 2009

Via col vento



The answer, my friend,
is blowin' in the wind,
The answer
is blowin' in the wind .
Bob Dylan


In attesa di ascoltare dalla voce di Caronte il racconto che mi ha promesso sui temibili venti del lago d’Orta, cogliendo spunto dalla puntata di questa sera di Siamo in Onda torno a formulare le consuete domande ai lettori.


Dove tira il (vostro) vento?
Vi lasciate trasportare dal vento o lo sfidate come capitani coraggiosi?
Quale risposta vi ha portato il vento?

venerdì 16 gennaio 2009

Ritorna Siamo in Onda




Riprendono domani sera alle 21 le trasmissioni del Talk show di Puntoradio. La puntata di domani di Siamo in Onda affronterà il tema “Dove tira il vento”.

Domani non vi sarà una Pillola di Mistero, in quanto per accordo con la Redazione, le Pillole diventeranno quindicinali. L’appuntamento è quindi per il 24 gennaio con un racconto sul tema “il coraggio e la paura”.

Ricordo che Puntoradio è ascoltabile anche in streaming.

giovedì 15 gennaio 2009

La spia del lago

Sotto l’etichetta “la spia del lago” trovate una serie di post dedicati ad una vicenda realmente accaduta durante la seconda guerra mondiale. In quel periodo e negli anni successivi, il lago d’Orta fu teatro di una cupa vicenda di spionaggio internazionale non del tutto chiarita.


La spia del lago – 1
Contiene una breve storia del SIP, il Servizio Informazioni Patrioti.


La seconda parte descrive, in forma di racconto, gli eventi. Mi sono basato su testimonianze orali e sui resoconti giornalistici dell’epoca per scriverli.
La spia del lago 2. Scena 1 di 9. Il cane.
La spia del lago 2. Scena 2 di 9. Il tedesco.
La spia del lago 2. Scena 3 di 9. La madre.
La spia del lago 2. Scena 4 di 9. I due bambini
La spia del lago 2. Scena 5 di 9. Il minestrone.
La spia del lago 2. Scena 6 di 9. Il Maggiore scomparso.
La spia del lago - 2. Scena 7 di 9. Il cadavere nel lago
La spia del lago - 2. Scena 8 di 9. Il Carabiniere
La spia del lago - 2. Scena 9 di 9. La confessione


La parte terza e la quarta ricostruiscono le vicende giudiziarie sulla base di documenti dell’epoca.
La spia del lago - 3. Il processo in Italia.

La spia del lago - 4. Il processo negli USA. Parte 1 di 5
La spia del lago - 4. Il processo negli USA. Parte 2 di 5
La spia del lago - 4. Il processo negli USA. Parte 3 di 5
La spia del lago - 4. Il processo negli USA. Parte 4 di 5
La spia del lago - 4. Il processo negli USA. Parte 5 di 5


La quinta parte riassume i punti salienti di questa vicenda.
La spia del lago - 5. Il caso Holohan.

La sesta parte fa riferimento al film liberamente ispirato alla vicenda.
La spia del lago 6. Parte 1: il film.
La spia del lago 6. Parte 2: Mona Lisa.

La settima parte presenta le nuove tesi di Icardi.
Nuove verità sul caso Holohan?


L'ottava parte è una pillola di mistero dedicata alla Spia del lago, disponibile anche in video.




mercoledì 14 gennaio 2009

La leggenda della castellana del Giasso


«Si fanno scoperte interessanti nelle biblioteche!»
Il Filosofo mi guarda trionfante, mettendomi sotto il naso una fotocopia de L’Amico, un giornale che si pubblicava agli inizi del secolo scorso.
«Ventuno gennaio novecentocinque. Ne è passato di tempo…»
«Anche allora però c’era chi parlava di leggende, firmandosi con uno pseudonimo. Leggi qua: “Le leggende della Riviera”, firmato “Anser”…»

L’occhio scorre rapidamente quel breve testo. Vi si racconta del feroce castellano che viveva in un superbo castello sul monte Giasso, sopra Armeno. E della sua bellissima e biondissima figlia, rimasta orfana di madre, che vagava sola, ignorata dal crudele padre, per i boschi e i pascoli del Mottarone.
Un giorno incontrò un pastore bello e forte e immediata scoccò la passione.
Il padre però lo venne subito a sapere (non si capisce perché, ma i genitori più disattenti ai bisogni dei figli sono anche i più informati sulle loro colpe) e, adirato con il seduttore plebeo, lo fece rapire dai suoi uomini e gettare da una rupe.
La fanciulla, scoperta la morte del pastore sfuggì alla tardiva sorveglianza del padre e corse fino al luogo della tragedia. Qui, fattasi indicare il crepaccio in cui giaceva l’amato, si gettò nel vuoto.
Anche adesso qualche alpigiano assicura che allorché la nebbia coinvolge il Mottarone, si vede errare tra il grigio una forma sottile ed evaporata di donna, che si lamenta.”
Così si chiude il breve articolo.

«È lo spettro della bionda castellana?» mi domando. «O il ricordo deformato di qualche antica leggenda legata ad una Dama delle Nevi? E il luogo dell’omicidio era forse quel Sasso dell’Uomo a cui si collega una paurosa e misteriosa leggenda di morte? E infine, chi era realmente “Anser”?»
Quanti misteri si possono trovare in una biblioteca…

martedì 13 gennaio 2009

Gli amici di Alfa



Capita abbastanza frequentemente, in questo blog di fare riferimento a vari personaggi variamente amici di Alfa.

Ho pensato, per facilitare l’incontro con questi personaggi, di fornirvi qui un elenco dei post in cui potete trovare le loro presentazioni.


Prossimamente pubblicherò l’indice delle storie che li riguardano.


Il Partigiano è un arzillo giovanotto quasi novantenne che guida la macchina e non disdegna i liquori e la buona tavola. Posso dirvi inoltre che è parente di Alfa…


Gli amici dell’aperitivo


Il primo è il Rubinettaio, un caro amico di Alfa.

Non conosco personalmente il Gino , ma i suoi racconti criminali vengono dalla viva voce dell’Avvocato Volpicini.

L’Intortatore ha due passioni: la Porche e le tortore, che notoriamente sono uccellette allegre, attratte dalle cose e per alcuni tratti ingenue. Lui le chiama “pollastre” e questo la dice lunga sulla sua non giovanissima età.


Attorno alla Bottega del Filosofo ruota un’altra serie di personaggi particolari.

Il Filosofo che distribuisce informazioni ai turisti e nel tempo libero è uno degli informatori di Alfa.

Caronte è il soprannome di un barcaiolo che vive e lavora sul lago. Ama alzare il gomito e raccontare storie tenebrose di spettri, nebbie e isole misteriose.

La Maga vive in una casetta sulle colline, preparando tisane e parlando con le creature del Piccolo Popolo.

Sull’identità del Maestro e sulla collocazione del suo studio sono obbligato a mantenere rigorosamente il segreto. Posso dirvi che è fumoso, pieno di libri e di scetticismo…

lunedì 12 gennaio 2009

È… Roccaforte!




Immaginate un cavaliere agli ordini del Re. Un cavaliere che ha giurato di proteggere la sua Roccaforte e si lancia in battaglia confidando nella giustizia della sua causa.
Un cavaliere innamorato che pensa alla sua Donna versando e spargendo sangue nel furore della battaglia…
Immaginate lontane atmosfere africane, angeli e occhi di bambino e avrete… Roccaforte!

Sono queste, infatti, le atmosfere del gruppo rock Roccaforte, che ho avuto modo di conoscere ed apprezzare grazie alla blogosfera.

Sul loro blog http://roccaforte.blogspot.com è possibile ascoltare le canzoni del loro album, Per volontà del Re, nonché video e testi delle altre loro canzoni.

La band si esibirà domenica 18 gennaio, a Crusinallo di Omegna (VB) presso Emax Cafe', Via IV Novembre N°1.
Inizio concerto ore 22.30 (dopo le partite).

domenica 11 gennaio 2009

Lettura del mese scorso: i numeri della sabbia




«Da qui parte una disputa lunga secoli per rispondere a una sola domanda, la più misteriosa di tutta la Bibbia: chi sarebbe l’uomo il cui nome corrisponde al 666?» «Ha che fare con Satana», replicò subito lei. «L’ho visto un sacco di volte in tv, sui muri delle chiese sconsacrate, o in luoghi dove la polizia aveva smantellato qualche setta satanica.» «Idiozie per idioti. Il 666 è un mistero che attira e perciò è sempre stato usato per impressionare i creduloni e ricavarne qualche guadagno.»
Roger R. Talbot, I numeri della sabbia



“Chi ha intelligenza calcoli il numero della Bestia, poiché quel numero è di uomo”.
Chi lancia questa sfida è l’autore dell’Apocalisse (Ap 13,18). Il numero è il famoso (o famigerato per le tante idiozie sataniste in circolazione) seicentosessantasei. Attorno a questo enigma si sviluppa il romanzo I numeri della sabbia, di Roger R. Talbot.

Avevo già parlato del libro, segnalato e commentato anche da Orta Blog e dai suoi lettori. Dopo la lettura, decisamente rapida, perché il libro è avvincente e la storia scorre di pagina in pagina nonostante le citazioni, torno a riparlarne.
Il giudizio è sostanzialmente positivo. Il genere è, naturalmente, quello del thriller fantareligioso e deve piacere. I numeri della sabbia è comunque un libro avvincente che mescola abilmente dati di realtà, ricostruzioni storiche e scenari futuribili.


La vicenda ruota attorno all’ultimo e il più misterioso dei libri che compongono la Bibbia, l’Apocalisse. Apocalisse vuol dire “rivelazione”. In questo caso rivelazione di eventi che avverranno, fatta a Giovanni, tradizionalmente identificato con l’Evangelista Giovanni, il “discepolo che Gesù amava (Gv 21,20)”. Il testo è volutamente enigmatico e oggetto di interminabili controversie in particolar modo per la corretta interpretazione di alcune profezie. Una di esse ruota attorno al “numero” della “seconda bestia” (Ap. 13,11 ss). Tale numero è il 666, numero dietro cui si celerebbe un uomo.

Con questo numero e soprattutto con la persona che dietro esso si cela, un miliardario arabo deciso a precipitare il mondo in un nuovo Medioevo, dovrà confrontarsi Liam Brine, un tranquillo studioso che nel giro di poche ore si troverà ad assistere al suicidio del suo maestro e al rapimento del fratello, ritrovandosi , con l’unico aiuto della cognata, nel mezzo di un intrigo internazionale che si dipana dall’Irlanda a Roma e dalla Patagonia ad Abu Dhabi.
Al centro di questo intreccio il Monastero benedettino di clausura “Mater Ecclesiae”, costruito su una piccola isola al centro di un piccolo lago ai piedi delle Alpi…

Le prime righe del romanzo sono sufficienti, per chi conosce il luogo, ad identificarlo. Gli altri forse faticheranno un poco, come i protagonisti, ad individuarlo. In ogni caso il romanzo non perde di fascino e si sviluppa con una serie di colpi di scena e complotti orditi da oscure organizzazioni. Alla fine è annunciata anche, per chi saprà sciogliere l’enigma, la data dell’Apocalisse. Non già la fine del mondo, ma certamente l’inizio di una nuova epoca.

Roger G. Talbot ha 56 anni e vive in Italia da quarant'anni, dividendo la vita fra Roma e la Toscana. Nel suo spazio dichiara di essere uno spirito libero che ama allo stesso modo Italia e Irlanda, sentendosi cittadino di entrambe. E' un appassionato della storia delle religioni, e della storia dei simboli alfabetici e matematici. In generale di tutto quello che stimola a capire come il passato si riflette sull'attuale
Qualcuno tuttavia ha avanzato il dubbio che dietro questa identità si celi un misterioso scrittore italiano…

sabato 10 gennaio 2009

Leggendo Jonah




Nel 1939 l’Europa è alla vigilia della guerra. La gente ha bisogno di speranza. Di credere ai miracoli anche. Dietro ad ogni presunto miracolo, tuttavia, si può nascondere l’inganno. Contro questi abusi vigila la Sacra Congregatio, che si avvale di agenti particolari per stanare e punire i falsi e gli ingannatori. Uomini come Jonah Martini.
Jonah è un ex missionario, un prete partito per l’Etiopia al seguito delle truppe italiane. Mandato come un soldato di Dio a portare la fede ai miscredenti, di fronte agli orrori perpetrati dalle milizie coloniali si è scoperto un figlio di Dio incapace di infondere speranza, avendola persa lui stesso. Un uomo, per usare le sue parole, in cui la fede è una pianta appassita: le radici ci sono ancora, ma i fiori non sbocciano più.
Tormentato dagli incubi e dai rimpianti, all’ex missionario, ora inviato del Vaticano, non rimane che un interrogativo: diffondere Dio o dimostrarne l’esistenza? Avendo scelto di tentare di assolvere alla seconda missione, Martini parte per Montelago, un paesino sulle rive di un lago nelle Alpi Lepontine, per indagare su misteriose guarigioni che secondo la voce popolare sarebbero dovute al miracoloso intervento di un angelo…


La storia, ideata e sceneggiata da Alex Crippa si sviluppa densa di colpi di scena in un’atmosfera che sprofonda lentamente in uno scenario d’orrore, dove il soprannaturale si fonde ad umanissime miserie, con un finale che lascia aperti inquietanti interrogativi. Sono personaggi complessi, tormentati, che dialogano di fede e scienza, di giustizia e superstizione, quelli scritti da Crippa e magistralmente disegnati da Alfio Buscaglia.
Un fumetto, questo che vi ho presentato ieri e recensisco oggi, che si legge d’un fiato e che si torna volentieri a rileggere e sfogliare.

venerdì 9 gennaio 2009

Un misterioso fumetto sul lago d’Orta


Il lago d’Orta, è noto, attira da secoli scrittori e artisti. Il primo a descriverlo nei suoi versi fu, pare, Enea Silvio Piccolomini, un avventuriero umanista, poeta di corte, uomo di mondo, abile ambasciatore e accorto urbanista. Al culmine di una carriera che solo ai suoi tempi (visse nel XV secolo) era possibile percorrere, divenuto Papa col nome di Pio II, compose alcuni versi che testimoniano l’antico malcostume della raccomandazione: «Quand'ero solo Enea / nessun mi conoscea / Ora che son Pio / tutti mi chiaman zio».

Dopo questa breve premessa (ma sul Piccolomini mi riprometto di tornare, un giorno o l’altro) vorrei segnalare l’opera di un altro autore. Non si tratta di un poeta, ma di uno sceneggiatore di fumetti. Non credo che potrà mai diventare Papa, ma in compenso il suo personaggio, Jonah Martini, è stato un missionario e, lasciati gli abiti religiosi, è chiamato ad indagare su un miracolo proprio per conto del Vaticano. Il suo viaggio lo porta a Montelago, una località di fantasia, naturalmente, ma di quelle che fan drizzare le antenne a noi di queste parti…
Osservando i disegni non si possono non riconoscere, infatti, i panorami e i luoghi del lago d’Orta. Sì, perché Jonah Martini è stato inventato dall’autore proprio durante un viaggio ad Orta. E i panorami del lago sono serviti ad Alfio Buscaglia per disegnare le tavole che compongono questa storia di 96 pagine.
Uscito prima in Francia, dove le bande dessinées godono di notevole popolarità e sono molto apprezzate anche dalla critica, il volume è in vendita ora anche nelle fumetterie, edito da Renoir Comics.

Naturalmente un appassionato di fumetti che parla dei misteri del Lago d’Orta, come il sottoscritto, non può non acquistare un fumetto misterioso ambientato in queste terre, perciò vi parlerò ancora di Jonah non appena avrò messo le mani sul prezioso volume…

Colgo l’occasione per ringraziare l’amica Stella (e la mia omonima Alfa) per avermi segnalato questo nuovo fumetto. E Alex per aver messo a disposizione sul suo blog una tavola omaggio, riprodotta in questa pagina.

Vedi anche "leggendo Jonah".

giovedì 8 gennaio 2009

La pupa e il motore


Video tratto dalla Pillola di Mistero letta da Marco l'Equi Librista a Siamo in Onda. Il tema era "Donne e motori".

Il racconto è narrato da un misterioso personaggio, successivamente rivelatosi come l'Intortatore, uno degli amici che incontro all'ora dell'aperitivo.

mercoledì 7 gennaio 2009

Un Maestro di Natale




Come ricorderete ero andato prima di Natale a portare gli auguri ai miei amici. Mi resta da raccontarvi cosa accadde con l’ultimo…

A Natale tutti sono più buoni. Anche il Maestro non fa eccezione a questa regola. Così le volute del suo sigaro sembrano uscire dalla pipa di un bonario e saggio mago seduto nella sua capanna piuttosto che dalle consuete fauci di un iroso e infido drago nel suo antro.
«Le dodici notti sommano una serie di credenze provenienti dalle più diverse culture. Noi tendiamo a credere che la tradizione sia una sorta di mitologico cristallo, immutabile nel tempo. In realtà, finché essa è viva, viene continuamente rielaborata e modificata, a volte inconsciamente altre volte per un fine ben preciso. La novità di oggi, se ha successo, è la tradizione di domani. Si modifica continuamente come un cangiaforme, ma per accorgersene il nostro sguardo deve andare oltre il suo limitato orizzonte cronologico. Spesso infatti i cambiamenti sono così impercettibili da risultare quasi invisibili. Altre volte però sono così improvvisi da risultare irritanti per i severi custodi della forma. Se la novità prende piede, però, diventa tradizione! Molte cose che riteniamo “tradizionali” furono inventate di sana pianta da qualcuno, che faticò magari a farle digerire ai suoi contemporanei. Potremmo dire che “tradizione” è ciò che una generazione riceve dalla precedente, elabora e trasmette alla successiva. Se questa per qualche motivo la rifiuterà, essa morirà. Prima di esalare il suo ultimo respiro, però, qualcuno forse la trasformerà in un oggetto da museo, cristallizzandola. E dopo alcune generazioni, magari, qualcuno riterrà di sciogliere quel cristallo dando nuova vita alla tradizione. O così almeno crederà di aver fatto. Insomma, è tutto molto complicato. Del resto, come diceva il grande Oscar: la verità è raramente pura, e mai semplice…»
Quella citazione di Wilde in bocca al Maestro mi sorprende e mi confonde. L’ho sempre creduto un uomo dalle ferree convinzioni, invece scopro un personaggio capace di fare del dubbio un metodo. Come ci si sbaglia, a volte, sulle persone.
«Natale, Capodanno, l’Epifania, sono un crocevia di storie, leggende, credenze intrecciate con la religione, ma anche con l’economia, l’ideologia e la politica…»
« Sono allibito: non c’è dunque riparo all’invadenza della politica?»
«Qualcuno ti potrebbe anche rispondere che il privato è politico» sorride sornione il Maestro. «Comunque si possono fare vari esempi di quello che ti ho detto: potremmo parlare degli oscuri intrecci tra Babbo Natale e la Coca Cola; o delle due Befane, quella buona e quella cattiva, diventate una sola; del numero dei Magi e del perché divennero tre Re; della festa del Sol Invictus; di Odino dalla barba bianca che dispensa regali; o della concorrenza tra l’americano Babbo Natale e la Befana Fascista…»
Mentre parla fatico a prendere appunti. Sarà lo spumantino o il panettone che mi ha offerto poco prima. Sarà il fumo o l’atmosfera natalizia…
«Sarebbe un discorso lungo, ma» il Maestro alza l’indice della mano destra «ora devo pensare ai regali per i miei nipotini, quindi faremo bene a rimandare il tutto a dopo la Befana...»

martedì 6 gennaio 2009

La Befana vien di notte...




... per assegnare un premio a ...
Pupottina,
che ha simpaticamente partecipato al concorso
"Indovina cosa ho regalato ai miei amici per Natale",
indovinando tutti i regali!


Ringrazio tutti coloro che hanno voluto partecipare.

lunedì 5 gennaio 2009

Sul Lago dei Misteri fioccano i premi

Avvertenza: questo post, per una serie di misteriose coincidenze, è in continuo aggiornamento.

Propositi per l'anno nuovo:
mai postare dopo la una di notte, quando gli occhi ti si incrociano.davanti allo schermo... Mi scuso con Gianna e con Desy, ho rimesso le cose a posto (spero).

Mentre attendiamo che la Befana assegni il premio al vincitore (o alla vincitrice) del concorso di Natale, tre meravigliose Fate hanno voluto premiare questo blog assegnando i premi di seguito elencati.
Come sapete non amo le catene, pertanto accetto i premi solo nella misura in cui non sono in obbligo di ritrasmetterli.
Questi li accetto anche per la simpatia delle tre blogger, davvero sempre molto gentili con me. Coerentemente ai miei principi non premierò altri blog, in quanto , essendo un originale, preferisco conferire premi originali, come quello che sarà assegnato domani.
Posso assicurarvi comunque che i premi fanno già la loro bella figura nella mia grotta, nonché la gioia di Malikà, che pensa alle tre Fate ogni volta che li spolvera...

GRAZIE!




Da Frufrupina di "Un mondo incantato"
e da Tarkan di Favoloso 25. (Tarkan non è una fata ma, come mi ha ricordato lo stesso interessato, stava comunque per vincere la finalissima di Miss Italia
..)







Da Desy, de la Casa degli orrori.
Questo è un premio destinato "ai blog che hanno dimostrato impegno nel trasmettere valori culturali, etici, letterari o personali."

Il premio Dardos è stato conferito anche da Reyjam, che di certo non è una fata, ma in compenso promette di diventare un ottimo cuoco...







Da Gianna, de Cosas que me gustan




venerdì 2 gennaio 2009

Il Gino e l’arte dello scippo



Premessa
Ritengo che i furti (e le truffe) ai danni degli anziani siano uno dei crimini più vergognosi. Ogni crimine è condannabile, naturalmente, ma quelli commessi ai danni di chi non è in grado di difendersi sono particolarmente odiosi. Criminali così vili andrebbero puniti in maniera esemplare.
Ci sono casi, però, in cui la presunta vittima non è così indifesa come potrebbe sembrare. Se aggiungete il fatto che in questo caso, raccontato come sempre dall’avvocato Volpicini, il criminale è il Gino… beh, l’effetto non può che essere catastrofico.

Lo scippo è un’arte da rapaci. Occorre essere rapidi come un falco e forti come un’aquila per strappare la borsa all’ignara vittima e dileguarsi prima che questa abbia modo di rendersi conto di ciò che le è successo.
Il Gino in sella al suo motorino attendeva pazientemente in fondo alla strada. Osservava attentamente le persone che uscivano dalla posta dopo aver ritirato la pensione, cercando la vittima ideale. L’individuò infine in un’anziana donnetta, che era uscita con una grossa borsa, reggendola in una mano, mentre con l’altra aiutava il passo col bastone. Accese il motorino e si avviò lentamente per la strada, seguendo a distanza la donna che camminava lentamente sul marciapiedi. Infine individuò il punto dove colpire, un breve tratto di strada dove non c’erano macchine posteggiate e quindi poteva avvicinarsi a sufficienza per strappare la borsa e allontanarsi rapido come una faina.
Diede gas e si lanciò in avanti, avvicinandosi alla preda. Quando fu a breve distanza allungò la mano e afferrò la borsa…
Una cosa che non finisce mai di stupirmi è la capacità di ingurgitare oggetti delle borse delle donne. Se Mary Poppins rimane un mito inarrivabile, molte signore pare si esercitino tutta la vita per emularla. È evidente che la massa di oggetti contenuti in uno spazio così angusto ne accresce inevitabilmente il peso specifico.
La seconda cosa che non finisce di stupirmi è la forza di certe donne di campagna. Mi è capitato alle volte di volerle aiutare a portare qualcosa e di trovarmi piegato in due con l’oggetto per terra. Sarà l’allenamento? Portare per tutta la vita secchi d’acqua di 15/20 chili più volte al giorno certo fortifica la schiena e le braccia.
Aggiungete che la vecchietta era andata, prima di passare in posta, a fare un po’ di spesa, ordinando meticolosamente tutti gli acquisti nella sua vecchia, e rinforzata, borsa di cuoio.
Così, quando il Gino si trovò in mano quell’oggetto, gli parve di dover sollevare il mondo senza una leva. Iniziò a sbandare paurosamente, senza riuscire a controllare la traiettoria del motorino, mentre la macchina posteggiata davanti a lui si faceva sempre più vicina, metro dopo metro.
Lo schianto fu inevitabile e il povero Gino si trovò letteralmente proiettato all’interno dell’auto con la testa e il busto. Per sua fortuna aveva indossato il casco per non essere riconosciuto, ma circondato dai vetri e coi piedi sollevati da terra era completamente incastrato. Nel frattempo, la vecchietta, che ripresasi dallo spavento l’aveva raggiunto, pensò di dare al mariuolo quella lezione che evidentemente la mamma non gli aveva mai dato.
La sirena dell’antifurto richiamò anche il proprietario della macchina. Il panettiere vide uno scassato motorino schiantato contro la sua Panda; vide il didietro del Gino uscire dal lunotto posteriore sfondato della sua macchina; vide una vecchia signora che abbatteva incessantemente il suo bastone sul bersaglio, facendo saltare le gambe al ritmo dei colpi, accompagnando i gesti con tutti gli insulti che possono uscire dalla bocca di una povera donna timorata di Dio.
Il panettiere allora intervenne. Estrasse il Gino dalla macchina, sollevandolo di peso, quindi cominciò a "impastare" vigorosamente la parte superiore del corpo del povero Gino, fino a quel momento rimasta quasi illesa.
Solo la sirena dei carabinieri riportò la calma nella strada, sottraendo lo scippatore alla piccola folla che si era radunata per poter prendere parte alla punizione collettiva.
Finalmente, pesto, lacero e contuso, il Gino giunse davanti al Giudice.

giovedì 1 gennaio 2009

Buon 2009


C'è qualcosa di nuovo oggi nel sole.
Giovanni Pascoli, L'aquilone.

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"Di un fatto del genere fui testimone oculare io stesso".

Ludovico Maria Sinistrari di Ameno.