martedì 29 giugno 2010

La strana storia del serpente con gli occhiali

Su Rivista Ossolana  n. 2 del 1997 (alle pag. 26-27) apparve un curioso articolo a firma di Fabrizia Spertino (devo la segnalazione all'amica Paesesommerso). In esso si parlava di uno strano animale i cui resti ossei erano conservati da due distinte persone. Il primo apparteneva al signor Marco Pianzola di Domodossola ed era stato rinvenuto, una quarantina di anni prima, nella nicchia in un muro di una casa di Croceo.
Si trattava dei resti ossei di un rettile strisciante, lungo circa trenta – trentacinque centimetri, con una particolarità insolita: due corte zampette anteriori di tre centimetri di lunghezza.

Due creature simili sarebbero state trovate negli anni Novanta del secolo scorso dal signor Giuseppe Costale di Mocogna all’Alpe Lusentino e sulla montagna sopra Mocogna. Ecco come racconta l’episodio Luca di Francesco: “intorno al 1990 due escursionisti raccolgono all'alpe Lusentino delle strane ossa, la ricostruzione sommaria porta ad un animale sconosciuto della lunghezza di circa 70 cm apparentemente rettile o sauro. Nel 1991 il Sig. Giuseppe Costale, raccogliendo funghi, rimane allibito di fronte ad una bestia inclassificabile: lunga circa 70 cm si muoveva zigzagando, aveva fianchi grigio chiaro e il dorso più scuro; il muso piatto era fornito di una cresta, gli occhi e lo sguardo inquietanti….nello stesso luogo trovò ossa che avevano le stesse caratteristiche di quelle rinvenute nel 1990. I resti sono stati mostrati agli specialisti della Facoltà di Medicina Veterinaria dell'Università di Milano e al Museo di Scienze Naturali e i risultati della ricerca non hanno dato, per ora, una valutazione esaustiva.”

Questi ritrovamenti si intrecciano misteriosamente con una serie di avvistamenti, anche recenti,   di una creatura misteriosa che parrebbe alla base delle tante leggende sul Sarpent dai vgiài (serpente dagli occhiali), o lo Sparsòr, animale dallo sguardo ipnotico capace di ammorbare l’aria anche a distanza con un tanfo vomitevole e pestilenziale.

Alcuni ritengono ci si trovi di fronte ad un caso di criptozoologia. Il Verbano Cusio Ossola sarebbe il luogo di dimora di una specie animale ancora non definita che nei secoli avrebbe ispirato le numerose leggende sul Basilisco e altri animali affini.

Fantasie? È possibile, naturalmente, ma non dimentichiamo che fino a pochi anni fa si riteneva una creatura leggendaria, frutto della fantasia di marinai pieni di fantasia e di alcol, anche il calamaro gigante. Gli eventi hanno invece dimostrato che questa mostruosa creatura che vive negli abissi più profondi ed è la preda dei capodogli con cui ingaggia lotte furibonde,  esiste realmente.

Chissà se un giorno anche il misterioso rettile con le zampe dell’Ossola avrà il suo posto nei manuali di zoologia. Del resto un “serpente con le zampe” esiste veramente: è un Anfisbena che si chiama Ajolote e vive in California. 

domenica 27 giugno 2010

Letteraltura

Anche quest’anno viene riproposto il festival LetterAltura, un’iniziativa che si propone di realizzare una manifestazione internazionale ricorrente dedicata alla letteratura di montagna, esplorazione e avventura.

Il programma prevede vari appuntamenti
 

A Verbania dal 23 al 27 giugno 2010 e nei primi tre week end di luglio nelle valli del Cusio e dell’Ossola
A Stresa e sul Mottarone, 3 e 4 luglio
A Cannobio e in Valle Cannobina, 10 e 11 luglio
A Varzo e all’Alpe Veglia, 17 e 18 luglio

Qui trovate gli ospiti

Per maggiori informazioni sul programma e il festival  http://www.letteraltura.it

venerdì 25 giugno 2010

Asini e filosofi




Mi piacciono gli asini. Li trovo molto intelligenti. Questa notizia perciò mi ha incuriosito molto. Ve la riporto integralmente.

Filosofi un po’ asini?

Sabato 26 giugno a Verbania presentazione di un pamphlet per interrogarsi sulla cultura di oggi

 In occasione di LetterAltura sabato 26 giugno 2010, ore 17.45 presso il Parco di Villa Pariani, si terrà la presentazione del libro di Francesca Rigotti e Giuseppe Pulina, Asini e filosofi: una riflessione sull’asino da Apuleio a Nietzsche fino al ciuchino di Shrek

 Appuntamento sabato 26 giugno 2010, ore 17.45, alla Villa Pariani di Verbania per la presentazione del libro, edito da Interlinea, Asini e filosofi che rappresenta «un’originalissima rassegna su ontologia, razionalità, sessualità e voce dell’asino, campione attualissimo dell’ibridismo e grande protagonista di metamorfosi». All’evento saranno presenti gli autori: Francesca Rigotti è un’esperta di metafore filosofiche, Giuseppe Pulina si è cimentato in studi su filosofi e animali; insieme cercheranno di individuare la filosofia dell’asino intesa non come la dottrina di pensiero di tale animale, ma il tipo di riflessioni che l’asino ha suscitato nel filosofo.

Diverse e singolari le riflessioni che compongono il pamphlet come quella che si sofferma sull’ “incanto di un raglio”: «Il verso dell’asino può produrre in chi l’ascolta un’eco suggestionante. Ruvido, possente, viscerale, il raglio non lascia indifferente chi lo ascolta. […] Di questo fa parola il principe Myškin, protagonista de L’idiota di Dostoevskij, nel ricordo dei suoi primi giorni in Svizzera. “Mi ricordo che riuscii a strapparmi a quello stato di torpore una sera a Basilea, al nostro ingresso in Svizzera, quando venni svegliato dal raglio di un asino sul mercato della città. Quel raglio d’asino mi colpì straordinariamente, chissà perché, e mi piacque moltissimo; da quell’istante, all’improvviso, fu come se tutto mi tornasse chiaro in testa”».

Un’altra interessante considerazione nasce dall’asino come protagonista di cartoon e film d’animazione: «Sul grande schermo l’asino guadagna in sicurezza e determinazione, sino a rasentare qualche volta la sfrontatezza. Mantiene sempre in sé la dolce goffaggine che anche agli occhi dei bambini sa trasformarlo in un amabile quadrupede. In realtà, non è una vera trasformazione, perché l’asino non è un animale camaleontico e opportunista. Quasi sempre l’asino è il terminale, il punto ad quem di un processo involutivo […] l’asino è sempre asino, perché, per usare le parole di Giordano Bruno, è più facile “inasinirsi” che “inumanirsi”, e questo vale anche nel fantasticante mondo dell’animazione».

 

Francesca Rigotti vive in Germania ma ha radici sul lago, a Ghiffa; insegna all’Università di Lugano e pubblica in campo saggistico. Tra i suoi successi recenti: La filosofia in cucina (Il Mulino) e per Interlinea La filosofia delle piccole cose (tradotto di recente all’estero) e Le piccole cose di Natale.

 

Giuseppe Pulina dirige la rivista “Mneme Ammentos” e si occupa di giornalismo scolastico. La sua ricerca filosofica si articola su più versanti: dal pensiero ebraico contemporaneo alla critica musicale e al rapporto tra filosofia ed etologia.


Francesca Rigotti, Giuseppe Pulina, Asini e filosofi, con tavole di Goya, presentazione di Paolo Cristofolini, Interlinea 2010, pp. 120, euro 14"




Fonte: Ufficio stampa Interlinea, via Pietro Micca 24, 28100 Novara, telefono 0321 612571, fax 0321 612636, ufficiostampa@interlinea.com, www.interlinea.com

mercoledì 23 giugno 2010

Il camminante

IL CAMMINANTE Spettacolo teatrale

Spettacolo itinerante nella natura

19:00 - ANTICA VIA DEGLI SCALPELLINI - S.MAURIZIO D'OPAGLIO

25/26/27 giugno

"Lo spettacolo, tratto dall’omonimo racconto di Laura Pariani, mette in scena la storia del “camminante” Julo che - come accade per Edipo - un destino più grande di lui conduce all’omicidio dei propri genitori. In seguito a questo gesto, Julo intraprende un cammino di autoritrovamento di sé, che lo porta ad attraversare terre lontanissime.
La morfologia dell’ambiente modifica di volta in volta l’aspetto visuale dello spettacolo e l’esperienza che di esso ne fa lo spettatore. secondo la modalità tipica del TeatroNatura. Gli stessi spettatori infatti, non si limitano ad assistere, ma entrano fisicamente nello spazio-tempo dell’evento teatrale.
Le musiche di scena, eseguite dal vivo dagli attori, sono da un lato il frutto di una ricerca nella tradizione polifonica contadina e dall’altro s’incentrano su alcune composizioni originali più in sintonia con una sensibilità contemporanea."


Dal racconto Il Camminante” di Laura Pariani
Ideazione e progetto: Franco Acquaviva, Anna Olivero
Regia e drammaturgia: Sista Bramini
Consulenza letteraria e musicale: Laura Pariani, Cesare Bermani
Con Franco Acquaviva, Sista Bramini, Camilla Dell’Agnola, Anna Olivero, Carla Taglietti
Oggetti di scena e costumi: Anna Olivero
Musiche a cura di Camilla Dell’Agnola
Una coproduzione Teatro delle Selve - O’ Thiasos TeatroNatura


POSTI LIMITATI. PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA 0322 969706
In caso di pioggia: recupero i gg. 28/29/30 giugno

lunedì 21 giugno 2010

Un premio per i Cento Castelli



Ricordate il concorso bandito “I cento castelli” dall’Associazione “Parco culturale Ludovico il Moro – I 100 castelli di Novara” di cui avevo parlato a novembre?

Le opere dovevano riguardare il tema dei castelli con ambientazione e riferimenti a uno o più degli oltre cento castelli della Provincia di Novara o della Valle Verzasca in Svizzera, indipendentemente dal loro stato e proprietà attuali.

Ebbene, venerdì 25 giugno 2010 alle ore 21, in occasione di Promoterr, presso Palazzo Caccia Trivulzio Manzoni, a Sizzano si svolgerà la cerimonia di premiazione.

Maggiori informazioni su http://www.novara.com/100castelli.

La foto di apertura mi è stata gentilmente concessa dalla Dama del Lago.

domenica 20 giugno 2010

Statue lignee di Crocifissi e Santi nel Cusio dal Medioevo al Settecento


Venerdì 2 luglio 2010 alle ore 17,30 nella chiesa Parrocchiale di S. Biagio a Nonio si terrà la presentazione del progetto “Statue lignee di Crocifissi e Santi nel Cusio dal Medioevo al Settecento: una ricerca sul territorio”

Sono numerose le località del Cusio e della Vallestrona nelle cui chiese sono presenti simulacri lignei che raffigurano il Crocifisso e i Santi cari alla devozione popolare.
Scolpiti nei secoli scorsi, talvolta sono opera di prestigiosi artisti e delle loro scuole. Queste sante effigi sono ancora oggetto di venerazione e protagoniste di feste e processioni. Uno straordinario patrimonio artistico e storico, e significativa espressione religiosa, non ancora conosciuto nella sua totalità e nel suo pieno contenuto semantico.
L’Associazione Cusius, sempre con finanziamento della Fondazione Banca Popolare di Novara per il territorio, ha già realizzato fra 2008 e 2009 il censimento delle statue mariane lignee del Cusio, che nel corso della presentazione sarà collegato con l’attuale progetto, con cui si intende completare una ricerca mirata a far conoscere un vero “tesoro” per ora noto solo sporadicamente.
Ne deriverà un quadro omogeneo, ma vario per collocazione e riferimento storico, artistico, e devozionale che permetterà di definire un percorso tematico culturalmente significativo e nuovo.


Interverranno:

Avv. Franco Zanetta, Presidente Fondazione Banca Popolare di Novara per il Territorio

I Rappresentanti di: Ufficio Beni Culturali Diocesi di Novara e Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte

dott. Fiorella Mattioli, prof. Dorino Tuniz - coordinatori del progetto

Dott. Susanna Borlandelli, Dott. Marina Dell’Omo - Storici dell’arte


Il progetto è finanziato dalla Fondazione della Banca Popolare di Novara per il Territorio
Ideato da Associazione Storica Cusius

Con il patrocinio di: Parrocchia di San Biagio di Nonio

info: associazione.cusius@libero.it

sabato 19 giugno 2010

I morti che parlano e i misteri delle guide misteriose

 L'orecchio dei morti ad Orta
Nell’ottobre del 2008 mi recai in un luogo misterioso ad Orta, dove secondo la tradizione i morti parlerebbero. Accostando l’orecchio al muro del cimitero sarebbe possibile infatti udire misteriosi bisbigli.

Poiché non conoscevo con esattezza il luogo mi affidai al volumetto di William Facchinetti Kerdudo, “Guida ai Misteri del Lago Maggiore” (che i lettori più affezionati ricorderanno essere stata recensita su questo blog) che alla pagina 38 parla della “chiesa che bisbiglia” di Orta.

Vi era anche una fotografia del luogo, ma con mia grande sorpresa durante il sopralluogo trovai una ben poco misteriosa e alquanto rumorosa cassetta dell’ENEL.

Credevo che la questione fosse chiusa ed invece, grazie alla mia nuova amica e informatrice, “Paesesommerso”, ecco un colpo di scena.

Il punto in cui i morti parlerebbero non sarebbe affatto quello indicato dalla guida e che vedete in questa foto

Paese sommerso mi ha anche inviato delle foto che individuano chiaramente un grosso e misterioso incavo nella parete di pietra. Sarebbe quello l’orecchio dei morti!


Non mi resta che tornare sul posto per un nuovo sopralluogo…

Prima parte 
Terza parte

venerdì 18 giugno 2010

L’uovo si è schiuso



Una crepa nel guscio, un’esitazione iniziale e poi il becco che si apre la strada e dal guscio sortisce un variopinto uccellino. Si guarda attorno, dapprima esitante, ma poi presto la sua voce si alza ferma e decisa nel cielo ad annunciare al mondo la sua nascita.
Così, grosso modo, è nata in un mercoledì sera di un giugno piovoso dell’anno del Signore duemiladieci, l’Arabica Fenice. O per meglio dire, così si è presentata al mondo o meglio ad una saletta del Cortile Café di Novara.
Alternando la lettura di brani pubblicati sul primo numero, dedicato al tema “Caffè e Libertà”, a quella di brani inediti, i Menestrelli di Jorvik, coadiuvati da Fulvio Julita hanno intrattenuto piacevolmente i presenti che ora possono dire ad amici e conoscenti “io c’ero” brandendo la loro copia cartacea di Arabica Fenice, di cui sopra vedete una foto.


Non solo ogni numero ha un tema, ma esistono diverse “rubriche” o sezioni.

01. Il bicchier d'acqua. Prepara il palato al gusto del caffè
(è la citazione di un’opera d’arte che fa da tema al numero della rivista... può essere la frase di un testo, la riproduzione di un quadro, il fotogramma o la battuta di un film)
02. Il piattino. A supporto e sostegno di tutto il resto
(è il testo nel quale si cerca di collegare – in una rete di richiami, echi, e rapporti intertestuali – argomenti correlati a quello presentato dal bicchier d’acqua)
03. La tazzina. Il contenitore che unisce e raccoglie
(è il testo che fa da contenitore e, dunque, è l’editoriale che riassume, spiega, e presenta il numero della rivista)
04. Il caffè. L'anima dell'Arabica Fenice
(è il testo principale... quello attorno al quale ruotano tutti gli altri)
05. L'aroma. Il profumo che evoca senza mostrare
(è il testo più evocativo e poetico della rivista: offre spazio alla memoria, alla rievocazione, e al ricordo. È la nostra personalissima “madeleine”...)
06. Il cucchiaino. Rimescola e ribalta il punto di vista
(è ispirato al tema del bicchier d’acqua, e prende spunto dagli altri testi, ma per ribaltarne il
punto di vista... per offrire una nuova chiave di interpretazione)
07. Lo zucchero. Attenuta l'amaro e addolcisce il caffè
(è un testo ironico, o una vignetta allegra, per addolcire l’amaro, e per svagare il lettore)
08. Il latte. Macchia il nostro caffè di un colore diverso
(è il testo prodotto da uno dei nostri amici, che noi ospitiamo sempre molto volentieri)
09. La correzione. Un po' di spirito (critico) laddove necessita
(è lo spazio dedicato alla lettura critica e all’analisi dei testi di quanti vorranno chiedere un parere letterario alla redazione)
10. Il cioccolatino. Esalta e rafforza il sapore del caffè
(è un testo di complemento al caffè, ne riprende il sapore, e lo esalta)
11. I fondi di caffè. Dove cercare i segni del futuro
(è i testo che accoglie le nostre previsioni per il futuro... a volte è distopia, altre volte è utopia...)


Lo so quello che state pensando: una struttura di questo genere poteva venire in mente solo ad un Menestrello ebbro di caffè. E avete pienamente ragione. Anzi, per rincarare la dose,  probabilmente dopo essersi tracannati altri due caffè, hanno pure stabilito una "griglia", che deve essere tassativamente rispettata.

S: testo brevissimo da 1800 battute
M: testo medio da 4200 battute
L: testo large da 6.600 battute
XL: testo extra-large da 9000 battute

Un’assoluta follia, ne convengo con voi, ma proprio per questo estremamente contagiosa.
Una banda di giovanissimi, ma altrettanto agguerriti menestrelli, si sta dando un gran daffare per completare velocemente i numeri successivi.

giovedì 17 giugno 2010

Un libro di fiabe ad Armeno

Qualche giorno fa è stato presentato nella biblioteca di Armeno un libro di Elena Calligaro, dal titolo Le Avventure di Pilci Uilci.

Pilci Uilci è una gattina di 4 anni tutta colorata e, come dice il titolo stesso, è una tipa molto avventurosa! Questa gattina ha 4 coniglietti come amici e i loro nomi sono: Uno, Due, Tre e Trebis...

La segnalazione e la foto (in cui si vede l'autrice con il giornalista Vincenzo Amato, che ha presentato la serata) è di “Paesesommerso” un’amica che mi ha inviato alcune altre foto che trovate qui.

mercoledì 16 giugno 2010

L’uomo che liberò il caffè



Tra i brani scritti per il primo numero di Arabica Fenice ce n’è uno da me scritto per la sezione “latte”.
Il “latte” è l’ospite della rivista. Un ospite, in questo caso, che si è trovato bene e si è accomodato tra i Menestrelli. I maligni dicono per scroccare qualche bevuta, ma si sa che le malelingue non smettono mai di parlare…

Il pezzo s’intitola L’uomo che liberò il caffè e lo potrete leggere sulla rivista appena l’avrete tra le mani o avrete potuto scaricarla dal sito. E chi sarà questa sera alla presentazione potrà ascoltarlo in anteprima.

È una storia in tre parti, dedicata alla Moka express, al suo inventore e a quello che ha rappresentato per l’Italia del dopoguerra questo nuovo modo di fare il caffè.


Quando scrissi la storia, molti mesi fa, la crisi della Bialetti non era ancora cominciata, o forse più probabilmente, non era ancora esplosa pubblicamente.

Una quarta parte, in un certo senso, l’hanno scritta alcuni mesi fa i lavoratori stessi della Bialetti quando, durante una manifestazione svoltasi a Torino per attirare l’attenzione delle autorità, hanno deciso di compiere un gesto eclatante. Hanno offerto ai passanti il caffè preparato con grandi caffettiere. Un modo, garbato e intelligente, per ricordare a tutti la bontà delle storiche caffettiere.


Mi piacerebbe davvero poter leggere una quinta parte, un lieto fine a questa triste vicenda che mette a rischio molti posti di lavoro. E spero davvero che dalle ceneri di questo “Made in Italy” ridotto ad un epitaffio sulla tomba dell’industria delocalizzata, possa rinascere un’economia in grado di portare benessere e serenità a questa nostra Italia.

Si chiude qui questa lunga serie di post dedicata all’Arabica Fenice. Di seguito trovate l’indice completo della storia.

Un'ultima cosa: se vi chiedete se parteciperò alle Arabiche serate, ricordate che Alfa dei Misteri è


come l’araba fenice:
che vi sia, ciascun lo dice,

dove sia, nessun lo sa
.”




Prima parte
Seconda parte
Terza parte
Quarta parte
Quinta parte
Sesta parte
Settima parte
Ottava parte
Nona parte

martedì 15 giugno 2010

Arabiche serate

Per presentare la loro creatura, questa Arabica Fenice che spiega le ali e guarda al cielo, i Menestrelli di Jorvik hanno pensato di organizzare delle serate nei luoghi in cui essa si sente più a suo agio: i caffè.

La prima di queste “Arabiche serate” si svolgerà mercoledì 16 giugno, alle ore 19, presso Il Cortile Cafè a Novara, in Via Negroni, 2/B (tel 0321.398832).

Si racconterà come è nata Arabica Fenice, si spiegherà il perché di questo titolo e si presenterà il primo numero, il cui tema è “Caffè e libertà”. Ogni numero, infatti, ha un tema, attorno al quale ruota tutta la struttura della rivista.

Verranno date anche istruzioni su come consumare Arabica Fenice. Essa, infatti, non si limita ad un “caffè”, ma lo accompagna e lo esalta con varie rubriche e interventi, che portano il nome di “piattino”, “cioccolatino”, “latte”, “correzione”, ecc.

La serata prevede inoltre letture di alcuni dei brani pubblicati e di altro materiale inedito, scelto appositamente per allietare e movimentare la serata, rendendola un piacevole ritrovo.

Di più non posso dirvi, per non rovinare la sorpresa. Vi anticipo, però, che tra i brani del primo numero c’è n’è anche uno mio, di cui vi parlerò domani…

lunedì 14 giugno 2010

L’Arabica Fenice



In questi giorni vi ho condotto in un lungo giro per l’Europa, attraverso biblioteche, testi antichi e misteriosi. Vi ho parlato della Fenice, della magia della scrittura, e dell’amara bevanda giunta dall’Arabia.
Ebbene, è giunto il momento di parlare della Creatura cui i Menestrelli di Jorvik hanno pazientemente lavorato, raccogliendo gli indizi disseminati in questi giorni.

Si chiama Arabica Fenice ed è una rivista letteraria, un bimestrale di sopravvivenza culturale, tonificante per il senso critico e utile digestivo per sopravvivere ai tempi moderni.
Arabica Fenice non è una rivista come le altre. E, per trovarla, non serve a nulla andare in edicola o in libreria. Arabica Fenice ha il suo nido nei caffè, nei bar, e nei pub. Laddove, un tempo, nascevano le discussioni e le dissertazioni letterarie... Laddove tutto questo sta tornando, grazie ad Arabica Fenice.


La presentazione ufficiale della rivista avverrà mercoledì 16 giugno, alle ore 19 presso Il Cortile Cafè a Novara.

Se volete sapere in che modo verrà presentata e che parte ha avuto il sottoscritto in questa letteraria congiura dovrete seguirmi ancora domani, ma preparatevi ad un’Arabica serata…

domenica 13 giugno 2010

L'amara bevanda giunta dall’oriente


Nel 1627 veniva pubblicata, postuma, un’opera di Sir Francis Bacon dal titolo Sylva Sylvarum. In essa, tra vari altri argomenti, l’autore descrive una singolare usanza che in quegli anni si era diffusa nelle principali città dell’impero Turco.
In molti locali pubblici ci si trovava per consumare una bevanda amara di origine arabica e dalle proprietà rinvigorenti. Pochi anni dopo, nel 1645, aprivano in Italia le prime botteghe del caffè, che si diffusero rapidamente in tutta Europa.
Nel 1683 il Sultano dei Turchi inviò un grande esercito alla conquista di Vienna. Iniziò un lungo e terribile assedio che fu interrotto solo dall’arrivo di un esercito cristiano composto da vari contingenti europei. La disfatta dei Turchi fu tale che i superstiti fuggirono abbandonando i loro accampamenti al saccheggio dei nemici.
Secondo una storia che sa di leggenda, tra le moltissime mercanzie ritrovate, furono scoperti cinquecento sacchi di uno misterioso quanto ormai inutile “mangime per cammelli”. Un soldato polacco, comprendendo il reale contenuto dei sacchi, riuscì ad accaparrarselo, aprendo la prima bottega del caffè a Vienna.
Inebriate forse dalle proprietà dell’arabica sostanza, le menti europee cominciarono proprio nei caffè ad aprirsi alle idee liberali ed illuministe.



sabato 12 giugno 2010

Matematici, maghi, spie e truffatori

Gli strumenti del Dr. Dee al British Museum

Le ricerche condotte sul Manoscritto Voynich suggeriscono che esso possa essere un abile falso confezionato per sembrare libro magico. Vittima dell’inganno sarebbe stato l’imperatore Rodolfo II d’Asburgo (Vienna, 1552 – Praga, 1612) che con la sua passione per l’occulto richiamò a Praga maghi, astrologi, alchimisti e, naturalmente, imbroglioni di ogni risma.
Anche a seguito di questa antica presenza, ancora oggi la città boema è considerata uno dei vertici di un “triangolo” della magia bianca, i cui altri due vertici sarebbero Lione e Torino (la città piemontese è considerata, peraltro, assieme a Londra e San Francisco anche uno dei vertici del triangolo della magia nera).
A Praga nel 1584 giunse anche una singolare coppia di inglesi. Il primo era il dottor John Dee (Londra, 1527 – Mortlake, 1608) che era preceduto dalla fama di essere in possesso di facoltà straordinarie.
Matematico e astrologo, John Dee aveva avuto un ruolo durante l’attacco della cosiddetta “Invincibile Armata”, una forza d’invasione composta da 130 navi e 24.000 uomini che il re di Spagna Filippo II aveva inviato alla conquista dell’Inghilterra nel 1587. Dee, consigliere della regina Elisabetta I nelle “materie occulte”, aveva consigliato alle navi inglesi di evitare lo scontro in mare aperto. Quando un uragano di potenza inaudita, che molti all’epoca interpretarono come un fenomeno soprannaturale, distrusse quasi completamente la forza d’invasione spagnola, la sua fama di mago e astrologo crebbe al punto che alcuni gli attribuirono il merito di aver scatenato gli elementi in difesa della patria.
I compiti svolti dal dottor Dee quale “consigliere sulle materie occulte” non si limitavano all’astrologia. Grazie alla sua conoscenza nel campo della crittografia egli era in grado di far pervenire a corte delicate informazioni sotto la sembianze di innocue lettere.
Egli firmava queste missive con due O (a simboleggiare gli occhi della regina che tutto vedevano), seguiti dal numero magico 7. Se la sigla OO7 vi pare una singolare coincidenza, non siete lontani dalla verità. Molti secoli dopo, l’ex spia Jan Fleming, che conosceva bene la vita di John Dee, adottò questa cifra per indicare nei suoi romanzi James Bond, l’agente segreto al servizio di Sua Maestà.

In ogni caso Dee era effettivamente interessato all’occultismo ed era effettivamente considerato un negromante. Se l’ipotesi che la traduzione del Necronomicon dall’arabo sia da attribuire proprio a John Dee è verosimilmente falsa, è certo che invece che egli indirizzasse i suoi sforzi a stabilire un canale di comunicazione con gli angeli.
Alla porta di John Dee, in un giorno del 1582, si presentò un certo Edward Tallbot. Il suo vero nome era Edward Kelley (Inghilterra?, 1555 – Most, 1597?) e cosa avesse fatto nella sua giovinezza non è chiaro. C’è chi dice che avesse frequentato l’università, ma altri sostengono che fosse già stato esposto alla gogna come truffatore.
Kelley assicurò di essere in grado di parlare con gli angeli, guadagnandosi la fiducia incondizionata di Dee dimostrando le sue capacità attraverso una straordinaria seduta medianica . Negli anni seguenti i due si dedicarono intensamente alle conversazioni con gli angeli giungendo alla stesura di un “alfabeto enochiano” (da nome di un patriarca biblico che secondo alcuni testi apocrifi come il misterioso “Libro di Enoch” avrebbe avuto vari incontri con le creature angeliche).
Nel 1583 Dee e Kelley cominciarono un viaggio per l’Europa e furono anche a Praga, dove cercarono di accreditarsi alla corte di Rodolfo II.
La strana coppia si sciolse nel 1587, quando Kelley rivelò che gli angeli gli avevano comunicato che essi (Dee e Kelley) avrebbero dovuto condividere ogni cosa. Questo comprendeva – anche e forse soprattutto – la bellissima moglie di Dee. Non è chiaro se Dee abbia accettato o meno di eseguire gli “ordini degli angeli” riferiti da Kelley. Dai suoi diari sappiamo che poco dopo ruppe con l’ex amico tornando in Inghilterra.
Qui, come inseguito da una scia di sventura, fu accusato di stregoneria, ebbe la casa saccheggiata e derubata dei suoi libri magici, perse la moglie e i figli per la peste, morendo solo e dimenticato da tutti.
Kelley, che sosteneva di essere in grado di ricavare l’oro dai metalli vili, rimase invece in Boemia dove fu imprigionato da Rodolfo II che, prendendo sul serio le sue affermazioni, voleva costringerlo a produrre oro per lui. Dopo un primo positivo esperimento, non riuscendo probabilmente a soddisfare le richieste dell’imperatore, Kelley tentò la fuga annodando le lenzuola e calandole da una finestra del castello. Avendo sbagliato i calcoli si ritrovò a penzolare da una fune troppo corta, da cui precipitò al suolo rompendosi una gamba. Alcuni sostengono che sia morto poco dopo per la ferita. Altri che sia invece comunque riuscito a fuggire. In ogni caso di lui, dopo quell’episodio, si persero le tracce.

Vi sono forti sospetti che il Manoscritto Voynich sia stato composto e venduto a Rodolfo II proprio dai due inglesi. Il testo sarebbe stato da loro attribuito a Ruggero Bacone (Ilchester, 1214 circa – Oxford, 1294), un filosofo francescano inglese di cui ben si conosceva la passione per l’alchimia, e venduto all’imperatore Rodolfo II per 600 ducati, una somma per l’epoca consistente. Il volume sarebbe in sostanza un falso libro magico, accuratamente confezionato in un alfabeto inventato appositamente per incuriosire ed ingannare.
Come poterono però Dee e Kelley comporre un’opera complessa come il Manoscritto Voynich? Recentemente è stata avanzata l’ipotesi che essi abbiano utilizzato un’invenzione di un altro straordinario personaggio a cui ho già fatto riferimento in questo post .
Girolamo Cardano (Pavia, 1501 – Roma, 1576) si definiva "mago, incantatore, spregiatore della religione e dedito ai piaceri più turpi". Di certo fu mago e scienziato, geniale matematico e astrologo ciarlatano, medico dei casi disperati e filosofo di libero pensiero. Conobbe scienziati, artisti e sovrani di tutta Europa, morendo infine, a settantacinque anni dopo una vita contrassegnata da gravi tragedie familiari.
Come matematico, Cardano diede importanti contributi allo sviluppo dell’algebra. Come scienziato inventò la serratura a combinazione, la sospensione cardanica e il giunto cardanico. Quest’ultimo è largamente applicato in meccanica e dal 1923 (con il modello Fiat Tipo 3) è utilizzato dall’industria automobilistica.
Come medico la sua fama crebbe a dismisura quando, chiamato in Scozia al capezzale del cardinale Hamilton che soffriva di asma, in breve tempo riuscì a guarirlo eliminando i cuscini di piume, la polvere a cui evidentemente era allergico e sottoponendolo ad una dieta opportuna. nel suo viaggio di ritorno si fermò a Londra, suscitando profonda impressione sulla corte inglese. Qualcuno ha ipotizzato che la figura di Prospero, ne La Tempesta (1611) di Shakespeare, sia ispirata proprio a questo “milanese” con fama di mago e astrologo.
Cardano si occupò anche di crittografia, inventando la “griglia cardanica”. Il sistema è basato sull’uso di un foglio di carta con delle aperture. Con esso si scrive il vero messaggio su un foglio sottostante, riempiendo poi gli spazi vuoti con un testo innocuo. Se chi riceve la lettera dispone di una griglia identica a quella dello scrivente può facilmente leggere l’informativa.
Alcuni anni fa Gordon Rugg ha ipotizzato l’uso di una griglia cardanica per comporre il manoscritto Voynich, dimostrando che molte delle caratteristiche compositive del testo sarebbero spiegabili alla luce di questo sistema.
L’indagine sembra decisamente inchiodare Dee e Kelley come autori della truffa, sebbene rimanga il dubbio di quale ruolo abbia realmente avuto Dee nella vicenda. Mentre è certo, infatti, che Kelley fosse un truffatore, non è chiaro se Dee fosse un complice o piuttosto una vittima anch’egli dei suoi inganni.

In ogni caso essi si trovavano sul luogo, la Boemia, nel periodo in cui il manoscritto fu venduto. Avevano il movente e le capacità per realizzare il falso manoscritto.
Anche l’attribuzione a Ruggero Bacone sembra inchiodare i due inglesi, che in maniera plausibile potevano sostenere di essere in possesso di un libro redatto alcuni secoli prima da un loro conterraneo. Che fosse complice della truffa o manovrato da Kelley, Dee poteva interpretare egregiamente il ruolo di esperto, in quanto conosceva molto bene l’opera di Ruggero Bacone.
Ciò è testimoniato dai diari di un altro grande personaggio dell’epoca, Sir Francis Bacon (Londra, 1561 – Londra, 1626), che volle conoscere Dee e che da questi fu introdotto alle idee del filosofo francescano suo quasi omonimo.

La figura di Sir Francis Bacon, tra l’altro, è legata ad una altra singolare vicenda, che si collega direttamente alla Creatura che i Menestrelli si accingono a presentare. Di questo, tuttavia, vi parlerò domani.

venerdì 11 giugno 2010

Il libro più misterioso del mondo


Esistono libri reali che non dovrebbero esistere. È il loro contenuto, infatti, a essere non solo completamente immaginario, pur essendo spacciati per testi autentici, ma profondamente nefasto.
Anche in questo caso l’elenco sarebbe lungo, mi limito perciò a citarne uno, il cui argomento è un presunto complotto ebraico per il dominio del mondo. I Protocolli dei Savi di Sion (o degli Anziani di Sion) è un libro che ha avuto, e in molti paesi e in certi ambienti ha tuttora, notevole successo. In realtà esso è un documento falso prodotto dall’Okhrana, la polizia segreta russa, in epoca zarista per screditare la comunità ebraica. Esso alimentò i sentimenti antiebraici nel mondo ed ebbe non poca influenze sulle idee naziste, con le conseguenze che tutti conosciamo. Il che ci dice, per inciso, quale nefasto potere di suggestione sulle menti deboli possano avere certi libri.


C’è poi un libro reale il cui contenuto nessuno riesce a leggere. Esso viene definito “il libro più misterioso del mondo”.
Nel 1912 i gesuiti che occupavano Villa Mondragone, essendo a corto di fondi per il restauro dell’edifico in cui aveva sede un loro collegio, decisero di vendere trenta volumi della biblioteca, costituita da alcuni volumi del Collegio Romano e da quelli della biblioteca generale dei Gesuiti, fortunosamente sottratti agli espropri dei beni ecclesiastici ordinati dal Governo italiano qualche anno prima.
L’acquirente era Wilfrid Voynich, un mercante di libri rari statunitense, che in uno dei libri, scritto con caratteri incomprensibili, rinvenne una lettera di Johannes Marcus Marci (1595-1667), rettore dell'Università di Praga. La missiva del Macri, che era anche medico dell’imperatore Rodolfo II d’Asbugo, era indirizzata al gesuita tedesco Athanasius Kircher (1602-1680) con l’invito a decifrare il contenuto. Il Kircher, che abbiamo già incontrato parlando di libri introvabili, all’epoca era considerato il più grande decrittatore di testi e per primo aveva proposto un’ipotesi di interpretazione dei geroglifici egiziani.
La lettera, datata "Praga, 19 agosto 1665" (o 1666), forniva indicazioni precise sulla provenienza dell’opera. Marci l’aveva ereditata da un alchimista suo amico, che l’aveva ricevuta dallo stesso imperatore Rodolfo II, il quale l’aveva acquistata come opera di Ruggero Bacone (1214 - 1294) per l’importante somma di 600 ducati.
Il volume misura 16 cm di larghezza, 22 di altezza e 4 di spessore ed è composto da 102 fogli di pergamena (204 pagine). È scritto a mano in un alfabeto sconosciuto, che esprime un sistema linguistico che non trova confronti in nessuna altra lingua. È inoltre riccamente illustrato con immagini a colori di piante mai viste, diagrammi astrologici, figure di donne nude, strani alambicchi e immagini varie.
Dopo il secondo conflitto mondiale, le menti che si erano cimentate nella decifrazione dei codici militari segreti tedeschi, si dilettarono a risolvere vari misteri crittografici. Nonostante ogni sforzo – immaginate quanti caffè sono stati consumati durante questa impresa – il Manoscritto Voynich, come viene chiamato, resistette ad ogni assalto.
In ogni caso vennero messi alla luce alcuni elementi che appaiono quanto meno strani. Benché non sia stato decifrato, sono state individuate da 19 a 28 lettere che compongono un vocabolario molto limitato, con parole che talora sono ripetute consecutivamente anche 4 o più volte. Si suppone che al testo abbiano lavorato più persone, eppure non vi è traccia di errori, imprecisioni o ripensamenti, cosa alquanto insolita in un manoscritto.
Ulteriori ricerche hanno permesso di stringere un cerchio sempre più stretto sulle circostanze che hanno portato alla stesura del testo e soprattutto sull’autore.

Di questo vi parlerò, naturalmente, domani…

giovedì 10 giugno 2010

I libri introvabili



Ci sono libri che non troverete nelle biblioteche, perché di essi si sono perse le tracce. Così è accaduto a molte opere dell’antichità greca e romana, di cui rimangono, talora, solo poche citazioni contenute nelle opere di altri autori. Parlo di romanzi e di poesia, ma anche di scritti di filosofi, scienziati, geografi e storici. Per queste opere possiamo solo sperare che le ricerche consentano di recuperare antichi papiri e pergamene in qualche antica biblioteca o in qualche tomba del deserto.
Le opere scritte per il pubblico dal grande filosofo Aristotele (Stagira, 384 a.C. – Calcide, 322 a.C.), ad esempio, sono andate perdute. Alla fine del secondo secolo a.C. vennero scoperte per caso in una cantina appartenente a due discepoli del Mestro alcuni manoscritti. Si trattava di dispense, realizzate per gli studenti, che lo scopritore, un certo Apellicone, portò ad Atene. Quando la città fu saccheggiata dalle truppe romane nell'84 a.C., il generale Silla li sequestrò portandoli a Roma e facendoli pubblicare. La nostra conoscenza del pensiero di questo filosofo si deve a questo fortunato caso.

Ci sono poi libri che sono davvero come l’araba fenice. Per quante biblioteche visitiate, per quanti sforzi possiate mettere in atto, non riuscirete mai a trovare quei titoli nel catalogo di una biblioteca. E qualora dovreste riuscirci il vostro entusiasmo durerà poco, giacché il vostro presunto “ritrovamento” si rivelerà alla fine l’opera di un burlone.
Quelli di cui parlo sono infatti libri inesistenti. E qui m’immagino lo stupore di alcuni di voi.
“Cosa stai dicendo? Se questi libri non esistono, perché mai dovremmo cercarli?”
Ebbene, ci sono libri che non esistono eppure sono famosissimi, al punto che molti sono pronti a giurare sulla loro esistenza, proprio come accadeva per la fenice.
Citarli tutti è assolutamente impossibile. Basti dire che esistono veri e propri cataloghi di libri introvabili. Uno dei primi è quello lasciato da Rabelais, contenente l’elenco dei 141 volumi della Biblioteca dell'Abbazia di San Vittore. Molti altri autori (ad esempio il tedesco Athanasius Kircher) fornirono altri elenchi nei secoli successivi, cosicché oggi occorrerebbe una capiente biblioteca per ospitare tutti questi volumi, se solo fosse possibile ritrovarli.
I ritrovamenti e le scoperte di libri e manoscritti di questo genere, oltretutto, si susseguono incessantemente. Recentemente, ad esempio, nel blog dell’Errante, viene descritto un “Liber lamiarum” scritto da Apollonio di Tiana, leggendario filosofo dell’antichità, cui sono attribuite varie opere a carattere alchemico.
Il più famoso, o per meglio dire famigerato, di questi libri introvabili rimane comunque il temibile Necronomicon, un pericoloso libro di magia nera scritto dall’arabo pazzo Abdul Alhazred, che si dice sia vissuto nello Yemen nell'VIII secolo d.C. e sia morto a Damasco in circostanze a dir poco inquietanti (pare sia stato fatto a pezzi in pieno giorno da un essere invisibile).
Una copia del Necronomicon, chiusa a chiave in un armadio, dovrebbe essere conservata nella biblioteca della Miskatonic University, che si trova ad Arkham, un’antica città del Massachussetts che sorge sulle sponde del fiume Miskatonic. Per inciso, a proposito di inquietanti coincidenze, pare che l’acqua (dei mari, dei fiumi, e naturalmente dei laghi) sia particolarmente legata ai misteri…
C’è pure, occorre dirlo, chi ritiene che il Necronomicon non sia altro che un’invenzione dello scrittore Howard Phillips Lovecraft (Providence, 1890 – 1937). Tuttavia il libro viene citato in numerose opere di altri autori (alcune “edizioni” del Necronomicon sono state persino pubblicate) e in alcune pellicole cinematografiche. Al punto che taluni sospettano che l’opera possa effettivamente esistere e che Lovecraft sia stato inconsciamente spinto a citarla e utilizzarla nelle sue opere.

Continua

mercoledì 9 giugno 2010

Libri misteriosi



Se li cercate nelle normali biblioteche probabilmente non li troverete. Se siete particolarmente fortunati, o se vi recate nelle biblioteche più prestigiose, scoprirete che si trovano dentro vetrine o in sezioni chiuse al pubblico, a cui possono avere accesso solo i custodi della biblioteca o persone munite di speciali permessi.
Quelli che sto cercando per voi sono libri antichi e rari, stampe di cui si conservano poche copie o, addirittura, eleganti codici manoscritti, riccamente illustrati da mani esperte, che li hanno resi simili ad opere d’arte.
Tra questi, un genere di libri che mi affascina particolarmente sono i Bestiari. Questa sorta di medievali enciclopedie del mondo animale intrecciava e confondeva realtà e immaginazione, conoscenze scientifiche e racconti diffusi da viaggiatori dalla fantasia sfrenata. Così, accanto al lupo, al cervo e al leone troviamo creature fantastiche come il grifone, il basilisco, il liocorno o la fenice.
Di quest’ultima – detta anche Araba Fenice per via del paese in cui si credeva vivesse pascendosi solo di incenso e altre resine odorose – si diceva che giunta al cinquecentesimo anno di vita essa, sentisse la morte avvicinarsi. Allora costruiva un nido che riempiva di cannella e altre spezie, morendo infine tra questi aromi. Secondo alcuni, il nido prendeva fuoco e dalle ceneri dell’uccello genitore, nasceva un uovo da cui risorgeva l’uccello figlio.
Naturalmente nessuno aveva mai visto una Fenice, ma in tanti giuravano sulla sua esistenza. Al punto che “essere come l’Araba Fenice” equivale ad indicare qualcosa di introvabile.
Ad esempio Pietro Metastasio (Roma, 1698 – Vienna, 1782) scriveva:

“È la fede degli amanti
come l’araba fenice:
che vi sia, ciascun lo dice,
dove sia, nessun lo sa.”
(Demetrio, atto II, scena III).

E Lorenzo Da Ponte (Ceneda, 1749 – New York, 1838) , che tra le altre cose scrisse i testi di tre capolavori assoluti di Mozart (Le nozze di Figaro, Don Giovanni, Così fan tutte) e che di donne, per averle lungamente e variamente frequentate, doveva intendersene parecchio, precisava:

“È la fede delle femmine
come l'araba fenice,
che vi sia ciascun lo dice,
dove sia nessun lo sa.»
(Così fan tutte, Atto I)

Sto divagando, me ne rendo conto, ma quando si entra in una biblioteca può capitare di perdersi. Portate pazienza e tornate a seguirmi.

C’è una categoria di libri più inquietanti dei bestiari. Libri che, in molte biblioteche, giacciono in una sezione speciale, denominata “Inferno”, in quanto stanno tutti nei primissimi posti dell’Indice dei Libri Proibiti.
Non mi riferisco alla letteratura dedicata ad Eros, che pure abbonda in quei recessi nascosti, ma agli oscuri testi di magia. Essi si distinguono in due gruppi. Il primo è quello dei testi, detti “clavicole”, di cosiddetta “magia alta”, vale a dire quella finalizzata ad ottenere uno stadio superiore di conoscenza o illuminazione. Uno dei più famosi è La chiave di Salomone, un libro attribuito al celebre re ebreo, ma anche il Libro dei Morti degli antichi egizi potrebbe essere considerato, per certi versi , una sorta di clavicola scritta per insegnare agli uomini come superare il pericoloso viaggio nell’aldilà e raggiungere la vita eterna.
Il secondo è quello dei “grimori”, testi di “magia bassa” aventi lo scopo utilitaristico di ottenere determinati effetti (fatture, incantesimi, filtri d’amore, ecc.). Sono i classici “libri delle streghe” che compaiono in molta letteratura e finzione cinematografica, ma che esistono realmente.
Ora, di fronte alla porta dietro cui sono conservati questi volumi non posso dimenticare il monito, per nulla tranquillizzante di un sacerdote conoscitore di esorcismi: «Se quei libri contengono solo sciocchezze è inutile perdere tempo. Se sono in grado di aprire delle porte su mondi che non conosciamo è meglio starne alla larga.»
Come se non bastasse, tra i cultori di queste scienze occulte vi sono alcuni individui veramente pericolosi, come dimostrano recenti episodi di cronaca.
Pertanto preferisco fare un passo indietro e cambiare strada per accompagnarvi alla scoperta di altri libri.

Continua...

martedì 8 giugno 2010

La trama dei Menestrelli




Vi avevo avvertiti. Avevo lanciato misteriosi avvisi, sparsi qua e là tra questo blog e sul “Libro delle Facce”.
Come sempre accade in questi casi, alcuni hanno prestato ascolto, mentre altri si sono limitati a dare una lettura sbrigativa.
Eppure, mentre il mondo proseguiva la sua strada, i Menestrelli continuavano pazientemente a tessere la loro trama.
S’incontravano in luoghi profani dopo il calar del sole per intrecciare sostanze giunte da paesi lontani ad aromi soavi; per solcare i mari osservando cieli sconosciuti ai più; per ascoltare attoniti le parole della Morte, recandosi agli estremi confini del Caos per riportarne un sogno.
Ora è giunto il tempo che il loro piano venga svelato al mondo: ancora pochi giorni e la Creatura vedrà la luce.
Poiché all’evento si è prestato anche il sottoscritto, seppure con un ruolo marginale, per riempire l’attesa che ci separa dalla data fatidica, ho deciso di raccontarvi una storia.
Una storia che si allontanerà dalle sponde del Lago dei Misteri, senza mai perderle di vista. Una storia che si muove tra biblioteche, libri misteriosi, complotti per la conquista del mondo, profumi esotici e animali favolosi.

Cosa c’è, infatti, di più misterioso ed affascinante di una biblioteca? Sono certo che chi ama i libri risponderà senza esitazione che non c’è nulla di così intrigante quanto lo scivolare tra uno scaffale e l’altro, muovendosi tra migliaia di titoli che occhieggiano dai ripiani come a volervi sedurre con loro caratteri, per indurvi a prenderli in mano e sfogliarli.
Dopo questo primo incontro casuale ed estetico, si sa come vanno queste cose, la conoscenza può approfondirsi e in molti casi vi ritroverete a consumare la vostra relazione con il libro in mano, appollaiati su una scala, un davanzale o, nei casi più fortunati, seduti ad un tavolo accanto ad una finestra. E se fuori piove tanto meglio, avrete un’ulteriore scusa per non interrompere la lettura.
Ci sono naturalmente approcci più sistematici, che passano attraverso un magico strumento che risponde al nome di schedario. Far scorrere quei piccoli rettangoli di cartoncino (o nelle biblioteche più moderne ricercare i titoli e gli autori al videoterminale) è un’esperienza anch’essa. Pian piano il vostro blocchetto degli appunti si riempirà di annotazioni, segnature, collocazioni. E con quella mappa del tesoro tra le mani partirete alla ricerca, come i cavalieri della Tavola Rotonda andavano in cerca di avventure.
Non è un caso che proprio all’interno di biblioteche siano ambientate storie “misteriose”, come “La Biblioteca di Babele” di Jorge Luis Borges o il “Nome della rosa” di Umberto Eco, giusto per citare due titoli famosissimi.
In questi viaggi bibliotecari può capitare, per scelta o per caso, di imbattersi in libri misteriosi. A parte l’ovvia considerazione che ogni cosa ignota è per noi un mistero e che quindi ogni libro non letto è, a suo modo, pieno di misteri, ci sono libri che nel mistero hanno il loro argomento.
Non voglio però parlarvi di ufologia, fantasmi, o stravaganti complotti. I libri che sto cercando per voi, e di cui domani vi parlerò, sono infatti decisamente più affascinanti.
Almeno per me e mi auguro anche per voi.

Continua

lunedì 7 giugno 2010

Eclissi Sonora: il gran finale di Siamo in Onda

GRAN FINALE DI SIAMO IN ONDA, IL LIVE SHOW DI PUNTORADIO!

Suoneranno dal vivo
Clan Mamacè, Conga Kit, Eeko, Egin, Esteban Diaz, Fabrizio Naso Trabucco, Goss, Ilaria Pastore, Maria Olivero, Mario Ermini Burghiner, Officine Finistere.

Presentano Fabio Giusti, William Facchinetti Kerdudo, Umberto Spantaconi con il cast di Siamo in onda (Puntoradio).

ARONA - SABATO 12 GIUGNO 2010
LUNGOLAGO (Largo Alpini d’Italia - zona Imbarcadero)
e in diretta su FM e streaming su www.puntoradio.net

Il tema della serata è: la valigia.
La domanda posta ai lettori è:
Cosa non può mancare nella valigia delle vacanze?

Per ascoltare Siamo in Onda:
- FM 96.3 da Novara, Vercelli, Verbania, Biella, Alessandria, Torino, Varese, Milano, Pavia
- FM 93.5 - 96.00 da Borgosesia e Valsesia
- INTERNET in streaming su www.puntoradio.net

Per intervenire in DIRETTA:
- via email: diretta@puntoradio.net - redazione@siamoinonda.it
- via SMS:.389 96 96 960

(Sarà possibile seguire la trasmissione in replica il martedì successivo sempre alle 21.)

domenica 6 giugno 2010

La Dama e la Strega


Ricordate la Dama del lago?
Qualcuno ha pensato che fosse solo un altro personaggio del mio blog. Almeno finché non ha sentito la sua voce in diretta su Puntoradio raccontare di un incontro con il terribile Basilisco.
Ebbene, la Dama ha inviato questo altro suo racconto, che per inciso mi ha fornito anche la spiegazione di quella furibonda tempesta scoppiata improvvisamente sul lago un pomeriggio di tarda estate dell’anno scorso.


«Come ricorderai la Maga ti ha parlato di una strega nera con cui ho avuto a che fare. Ho deciso di raccontarti qualcosa sul mio incontro con lei. Vivevo tranquilla sul mio lago, il lupo ed il gatto al mio fianco, la bambina a tenere compagnia alla mia solitudine. Un giorno, all'improvviso, sentii freddo. Un freddo pungente, che veniva da dentro, che mi attanagliava le ossa e le viscere.
“Che strano” pensai “siamo in piena estate, come posso sentire un tale gelo?”
Temevo di essermi ammalata... ma io non mi ammalo mai: vuoi per l'uso sapiente che faccio di erbe e piante, vuoi per i miei poteri.
Mentre facevo tali considerazioni tra me e me, vidi un buffo ometto avvicinarsi alla mia casa; sembrava cercare qualcosa, o qualcuno... si aggirava e scrutava, annusava, toccava, spostava... il suo atteggiamento infastidì parecchio il lupo, che gli si piazzò immediatamente davanti, ringhiando e mostrando i denti.
Il gatto, dal canto suo, mi disse apertamente "non mi piace questo tipo: non mi sembra pericoloso, ma si porta dietro una scia di male".
Come sai bene il gatto raramente concede la sua voce e quando lo fa non lo fa con leggerezza.
Non feci in tempo a soppesare le parole del gatto che apparve una vecchia ed orribile donna. Di colpo mi prese un terrore mai provato. Sentii che quella che avevo davanti non era un'innocua vecchina e mi preparai ad affrontare una situazione che non avevo mai affrontato. Sarei stata all'altezza? Sarei riuscita a reggere un confronto, anzi, uno scontro, con questa malefica strega? Sì perché, avrai capito, quella che avevo davanti era una strega. Ma non una strega come me: io mi limito ad usare i poteri che la natura e le fate mi hanno dato, mescolandoli ad una centenaria saggezza tramandatami dai miei Maestri. Lei era ben altro. Era una strega nera. Nera nell'anima, nera nelle viscere, nera come una notte senza luna in una gelida notte d'inverno.
Quello che successe non oso descrivertelo nei dettagli, perché sto male all'idea di tali ricordi; un male non solamente emotivo, ma anche fisico. Ti dico che fu uno scontro arduo: la strega cercò di annientarmi usando i suoi poteri malefici. Tutt'intorno si fece il silenzio, la luce calò, come durante un'eclissi. Il lago divenne grigio ed immobile. Il tempo sembrò fermarsi, e forse si fermò davvero. Non vedevo più nulla se non lei, le cavità vuote dei suoi occhi, al posto delle pupille delle orribili fiamme. Per poco non mi sconfisse. Lo ammetto. Non sono così forte da poter reggere contro un tale potere. Se sono ancora qui per raccontarti questa storia lo devo alla bambina ed al suo fatato popolo. Essi accorsero in mio aiuto ed insieme affrontammo quel demonio, ricacciandola da dove era venuta.
Prima di scomparire però (insieme al buffo ometto che le faceva da servitore) mi giurò che sarebbe tornata per terminare ciò che aveva iniziato.
Ecco, ora sai il perché del mio esilio. Se sono lontana dal mio lago è per proteggere me stessa, il lupo ed il gatto, ma soprattutto quanti vivono attorno al lago: se la strega tornasse e scatenasse la sua furie per distruggermi, ne andrebbe di tutti coloro che sono nei paraggi.»


La Dama ha concluso la sua lettera promettendo che la prossima volta racconterà una storia di tutt’altra natura. Devo dire che ho accolto queste ultime parole con un certo sollievo. L’idea che un nuovo, definitivo scontro, tra la Strega nera e la Dama possa sconvolgere le placide rive del Lago d’Orta è di quelle che non lasciano dormire la notte.
Né me, né i miei lettori, credo.

sabato 5 giugno 2010

venerdì 4 giugno 2010

Viaggiatori radiofonici alla fiera di Arona


La penultima puntata, la trentatreesima di Siamo in Onda, il salotto radiofonico del sabato sera di Puntoradio si terrà anche sabato sera alla 48° Fiera del Lago Maggiore ad Arona.
Ospite della trasmissione sarà un grande amico di Siamo in Onda e di Puntoradio: Daniele Fortunato accompagnato da Luciano Ancora.

Il tema della puntata sarà Ulisse e la domanda è di quelle opportune, alle soglie del periodo estivo:

Quale viaggio vorresti intraprendere?

Ditecelo su questo blog o inviando un sms oppure scrivetelo via mail.

Come ogni settimana, ci saranno anche gli amici scrittori e attori e potrete trovare le foto della serata su facebook oppure sul blog all'indirizzo www.siamoinonda.it

Per ascoltare Siamo in Onda:
- FM 96.3 da Novara, Vercelli, Verbania, Biella, Alessandria, Torino, Varese, Milano, Pavia
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- INTERNET in streaming su www.puntoradio.net

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- via email: diretta@puntoradio.net - redazione@siamoinonda.it
- via SMS:.389 96 96 960

(Sarà possibile seguire la trasmissione in replica il martedì successivo sempre alle 21.)

mercoledì 2 giugno 2010

La leggenda del cioccolato


Narra la leggenda che un giorno il Serpente Piumato, il grande dio bianco che aveva insegnato agli uomini a costruire i templi e coltivare la terra, fu indotto con l’inganno a bere una pozione avvelenata. Egli cadde malato e, per cercare la guarigione, decise di partire per una terra lontana.
Prima di partire, però, volle lasciare agli uomini il suo ultimo dono. Egli regalò loro il cibo degli dei, dicendo che si chiamava "xocolatl" e insegnando come doveva essere coltivato.
Quindi, promettendo che un giorno sarebbe tornato, salì su una nave che lo condusse oltre l’orizzonte, verso il tramonto.
Quando fu scomparso alla loro vista, gli uomini in sua memoria coltivarono la pianta, traendone una bevanda amara che, arricchita col peperoncino, era il complemento dei loro pasti. Lo "xocolatl" dava energia e i guerrieri lo bevevano in abbondanza prima di scendere in battaglia.
Un giorno dal mare occidentale giunse una strana nave. Su di essa stava un uomo dalla pelle chiara, accompagnato da uomini alti e dalla fluente barba, con il corpo e la testa ricoperti da lucenti scaglie di serpente, su cui svettavano piume meravigliose.
Allora il Re pensò che la profezia si stesse compiendo e che il Serpente Piumato fosse ritornato. Così gli mandò in dono lo "xocolatl" e oro ed argento e gemme preziose, invitandolo a riprendere possesso del suo regno.
Cortès e i suoi guerrieri spagnoli riempirono subito i forzieri coi preziosi, ma apprezzarono molto anche lo "xocolatl", che però preferirono far bollire e bere caldo. Quindi, pieni di energia, marciarono su Mexico per conquistarlo e depredarlo dei suoi tesori.
Fu così che lo "xocolatl" giunse in Europa, assieme agli altri tesori delle Americhe.

La leggenda dell'origine del cioccolato è stata proposta nella Bottega del mistero il 24 ottobre scorso.

martedì 1 giugno 2010

Le pose dei morti


Un lettore ha avuto la bontà di segnalarmi un errore contenuto in questo post.

Effettivamente quando scrissi il racconto, una mia libera interpretazione di una storia tramandata per vera, parlai delle “pose dei morti” come di “catafalchi” costruiti lungo il percorso, per poter sostare e riposare un poco, prima di riprendere la marcia.

Il lettore, che si chiama Marco Reis e che ha scritto un libro dal titolo “Il Mistero di Besso. Tra Cogne e Campiglia le radici di un popolo”, Editore Lampi di Stampa (collana TuttiAUTORI), 2006 fornisce una spiegazione molto interessante di queste “pose”. Vi riporto le sue parole.

«La faccenda in realtà è ancor più interessante: le ‘pose’ non sono semplicemente un punto di riposo, e non sono disseminate lungo i percorsi (“vie dei morti”). Si trovano normalmente in un solo punto della “via”: al limitare del paese in cui i morti dovevano tornare.
La faccenda infatti funzionava così: se da un centro si partiva per “colonizzare” una vallata o un alpeggio vicino (inizialmente magari solo stagionalmente, poi, spesso, in modo stabile), era lì, nella… patria di origine, che bisognava ritornare da morti; più precisamente ancora: nella terra consacrata della propria comunità. Per questo le normali vie di comunicazione (itinerari delle mandrie, sentieri commerciali e di collegamento…) vengono anche chiamate “vie dei morti” quando segnano questo genere di legame profondo tra due località.
Giunti nei pressi del centro di arrivo, ecco che si ‘posava’ il morto per una sorta di rito di accoglienza (e, direi, anche di purificazione): in quel punto –nella ‘posa’- il prete e i valligiani andavano ad accogliere il defunto che tornava, e da lì si muoveva tutti per il luogo di sepoltura. Da lì si faceva il funerale vero e proprio, insomma. Pensa che in qualche luogo (conosco il caso di Cogne), magari senza saperlo, si ripete il rito della ‘posa’: oggi passa per una normale benedizione della bara, in realtà la cerimonia ha queste radici profonde.
Va da sé che nei periodi invernali, con i passi chiusi dalla neve, non restava che aspettare: si portava allora il morto più in alto possibile a… frollare nella neve. E poi col disgelo si completava il tragitto.
La cosa è interessante dal punto di vista della antropologia alpina perché, appunto, indica (a ritroso) i percorsi di colonizzazione. Così, dunque se da Campello/Kampel si riportavano i morti a Rimella, questo indica che Rimella era la comunità di origine di quella gente di là dal colle.
Naturalmente di solito questo vale finché nella nuova comunità non ci si stabilizza per lungo tempo, e soprattutto finché nella nuova comunità non si insedia una parrocchia e dunque la terra consacrata per le sepolture.»

Marco mi invita anche, e io ben lieto mi presto, a lanciare una sorta di censimento delle “pose dei morti”

«Potrebbe essere interessante se tu, parlando delle pose nel tuo blog, incoraggiassi a scoprirne altre. Di regola sono scomparse e dimenticate dai più, ma a volte resta il toponimo (“La posa”) o un minimo di memoria tra gli anziani. La posa di Campello, se non ricordo male, è appena a valle della frazione di San Gottardo. Non so in che condizioni sia ora, ma era bellissima, ben fatta con un lastrone orizzontale, e praticamente intatta.»

Perciò, se avete informazioni su questi elementi fatevi avanti e… segnalate!

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"Di un fatto del genere fui testimone oculare io stesso".

Ludovico Maria Sinistrari di Ameno.