Esistono libri reali che non dovrebbero esistere. È il loro contenuto, infatti, a essere non solo completamente immaginario, pur essendo spacciati per testi autentici, ma profondamente nefasto.
Anche in questo caso l’elenco sarebbe lungo, mi limito perciò a citarne uno, il cui argomento è un presunto complotto ebraico per il dominio del mondo. I Protocolli dei Savi di Sion (o degli Anziani di Sion) è un libro che ha avuto, e in molti paesi e in certi ambienti ha tuttora, notevole successo. In realtà esso è un documento falso prodotto dall’Okhrana, la polizia segreta russa, in epoca zarista per screditare la comunità ebraica. Esso alimentò i sentimenti antiebraici nel mondo ed ebbe non poca influenze sulle idee naziste, con le conseguenze che tutti conosciamo. Il che ci dice, per inciso, quale nefasto potere di suggestione sulle menti deboli possano avere certi libri.
C’è poi un libro reale il cui contenuto nessuno riesce a leggere. Esso viene definito “il libro più misterioso del mondo”.
Nel 1912 i gesuiti che occupavano Villa Mondragone, essendo a corto di fondi per il restauro dell’edifico in cui aveva sede un loro collegio, decisero di vendere trenta volumi della biblioteca, costituita da alcuni volumi del Collegio Romano e da quelli della biblioteca generale dei Gesuiti, fortunosamente sottratti agli espropri dei beni ecclesiastici ordinati dal Governo italiano qualche anno prima.
L’acquirente era Wilfrid Voynich, un mercante di libri rari statunitense, che in uno dei libri, scritto con caratteri incomprensibili, rinvenne una lettera di Johannes Marcus Marci (1595-1667), rettore dell'Università di Praga. La missiva del Macri, che era anche medico dell’imperatore Rodolfo II d’Asbugo, era indirizzata al gesuita tedesco Athanasius Kircher (1602-1680) con l’invito a decifrare il contenuto. Il Kircher, che abbiamo già incontrato parlando di libri introvabili, all’epoca era considerato il più grande decrittatore di testi e per primo aveva proposto un’ipotesi di interpretazione dei geroglifici egiziani.
La lettera, datata "Praga, 19 agosto 1665" (o 1666), forniva indicazioni precise sulla provenienza dell’opera. Marci l’aveva ereditata da un alchimista suo amico, che l’aveva ricevuta dallo stesso imperatore Rodolfo II, il quale l’aveva acquistata come opera di Ruggero Bacone (1214 - 1294) per l’importante somma di 600 ducati.
Il volume misura 16 cm di larghezza, 22 di altezza e 4 di spessore ed è composto da 102 fogli di pergamena (204 pagine). È scritto a mano in un alfabeto sconosciuto, che esprime un sistema linguistico che non trova confronti in nessuna altra lingua. È inoltre riccamente illustrato con immagini a colori di piante mai viste, diagrammi astrologici, figure di donne nude, strani alambicchi e immagini varie.
Dopo il secondo conflitto mondiale, le menti che si erano cimentate nella decifrazione dei codici militari segreti tedeschi, si dilettarono a risolvere vari misteri crittografici. Nonostante ogni sforzo – immaginate quanti caffè sono stati consumati durante questa impresa – il Manoscritto Voynich, come viene chiamato, resistette ad ogni assalto.
In ogni caso vennero messi alla luce alcuni elementi che appaiono quanto meno strani. Benché non sia stato decifrato, sono state individuate da 19 a 28 lettere che compongono un vocabolario molto limitato, con parole che talora sono ripetute consecutivamente anche 4 o più volte. Si suppone che al testo abbiano lavorato più persone, eppure non vi è traccia di errori, imprecisioni o ripensamenti, cosa alquanto insolita in un manoscritto.
Ulteriori ricerche hanno permesso di stringere un cerchio sempre più stretto sulle circostanze che hanno portato alla stesura del testo e soprattutto sull’autore.
Di questo vi parlerò, naturalmente, domani…
C’è poi un libro reale il cui contenuto nessuno riesce a leggere. Esso viene definito “il libro più misterioso del mondo”.
Nel 1912 i gesuiti che occupavano Villa Mondragone, essendo a corto di fondi per il restauro dell’edifico in cui aveva sede un loro collegio, decisero di vendere trenta volumi della biblioteca, costituita da alcuni volumi del Collegio Romano e da quelli della biblioteca generale dei Gesuiti, fortunosamente sottratti agli espropri dei beni ecclesiastici ordinati dal Governo italiano qualche anno prima.
L’acquirente era Wilfrid Voynich, un mercante di libri rari statunitense, che in uno dei libri, scritto con caratteri incomprensibili, rinvenne una lettera di Johannes Marcus Marci (1595-1667), rettore dell'Università di Praga. La missiva del Macri, che era anche medico dell’imperatore Rodolfo II d’Asbugo, era indirizzata al gesuita tedesco Athanasius Kircher (1602-1680) con l’invito a decifrare il contenuto. Il Kircher, che abbiamo già incontrato parlando di libri introvabili, all’epoca era considerato il più grande decrittatore di testi e per primo aveva proposto un’ipotesi di interpretazione dei geroglifici egiziani.
La lettera, datata "Praga, 19 agosto 1665" (o 1666), forniva indicazioni precise sulla provenienza dell’opera. Marci l’aveva ereditata da un alchimista suo amico, che l’aveva ricevuta dallo stesso imperatore Rodolfo II, il quale l’aveva acquistata come opera di Ruggero Bacone (1214 - 1294) per l’importante somma di 600 ducati.
Il volume misura 16 cm di larghezza, 22 di altezza e 4 di spessore ed è composto da 102 fogli di pergamena (204 pagine). È scritto a mano in un alfabeto sconosciuto, che esprime un sistema linguistico che non trova confronti in nessuna altra lingua. È inoltre riccamente illustrato con immagini a colori di piante mai viste, diagrammi astrologici, figure di donne nude, strani alambicchi e immagini varie.
Dopo il secondo conflitto mondiale, le menti che si erano cimentate nella decifrazione dei codici militari segreti tedeschi, si dilettarono a risolvere vari misteri crittografici. Nonostante ogni sforzo – immaginate quanti caffè sono stati consumati durante questa impresa – il Manoscritto Voynich, come viene chiamato, resistette ad ogni assalto.
In ogni caso vennero messi alla luce alcuni elementi che appaiono quanto meno strani. Benché non sia stato decifrato, sono state individuate da 19 a 28 lettere che compongono un vocabolario molto limitato, con parole che talora sono ripetute consecutivamente anche 4 o più volte. Si suppone che al testo abbiano lavorato più persone, eppure non vi è traccia di errori, imprecisioni o ripensamenti, cosa alquanto insolita in un manoscritto.
Ulteriori ricerche hanno permesso di stringere un cerchio sempre più stretto sulle circostanze che hanno portato alla stesura del testo e soprattutto sull’autore.
Di questo vi parlerò, naturalmente, domani…
di questo Manoscritto Voynich non ne sapevo l'esistenza, interessantissimo, ora leggo l'ultioma parte in atto miaooooo
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