Un
 tempo c'era un luogo a cui tutti dovevano recarsi ed era il mulino. Lì 
si macinavano i cereali, ma anche le castagne, per farne farina. E 
poiché tutti dovevano andarci era lì che si concentrava buona parte 
delle tasse. La tassa sul diritto di uso delle acque che azionavano i 
mulini nel medioevo era insomma l'equivalente delle accise sulla benzina
 oggi.
Sul lago d'Orta il 
primo mulino viene citato nel paese di Pettenasco poco dopo l'anno 
Mille, nel 1039. In quell'anno il Vescovo cedette il diritto di 
riscuotere le tasse ai canonici dell'isola di San Giulio, che 
appartenevano tutti alle famiglie più ricche e possedevano anche tutti i
 mulini del borgomanerese.
Il
 pane costituiva il cibo principale della povera gente, soprattutto 
prima che dall'Oriente arrivasse il riso e dall'America il mais e la 
patata. Oltre ai cereali era coltivato intensamente anche il castagno 
che era considerato l'albero del pane, perché le castagne potevano 
essere macinate ricavandone farina.
In
 ogni caso quando la siccità o le piogge eccessive rovinavano i raccolti
 di cereali, compresa la segale che era normalmente coltivata dalle 
nostre parti per l'alimentazione di base, era la fame. Molte rivolte 
popolari cominciarono proprio con l'assalto ai forni da parte del popolo
 affamato. La più famosa divenne la Rivoluzione Francese, che cambiò il 
destino dell'Europa.
Poiché
 in genere la farina era grezza e di pessima qualità ed era difficile 
conservarla, veniva macinata e cotta subito tutta assieme. Il pane così 
prodotto poteva durare per molto tempo, anche mesi.
Ad
 un certo punto però diventava così duro che nemmeno i denti mossi dalla
 fame riuscivano ad averne ragione. E così le buone massaie 
s'inventarono un modo per renderlo ancora commestibile. 
Nulla
 andava sprecato così il pane raffermo era riutilizzato per preparare 
zuppe calde, come il pancotto. Il pane era cotto nell'acqua o nel brodo 
di gallina e condito con burro, sale e formaggio grattuggiato.
Il
 pane, macerato nel latte e condito con uova, uva secca e altri 
ingredienti dolci (solo in seguito venne aggiunto il cioccolato e lo 
zucchero) poteva diventare anche un'ottima torta, la torta del pane e 
latte, che ha molte varianti locali. Una per ogni paese potremmo dire.
Erede
 di queste tradizioni di arricchimento del pane con vari ingredienti è 
anche un pane speciale che viene preparato dalle monache dell'Isola di 
San Giulio solo un giorno all'anno, il 31 gennaio, festa del santo. 
Si
 tratta del Pane di San Giulio. Pasta morbida, uvetta, noci, scorza 
d'arancia sono gli ingredienti, ma la misteriosa ricetta è gelosamente 
tenuta segreta dalle monache benedettine in un monastero di clausura a 
cui pochissimi possono accedere.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Mio nonno ci teneva moltissimo a utilizzare fino all'ultimo il pane, diceva che il pane raffermo è più "salutare" di quello fresco :-)
RispondiEliminaComunque mi ha tramandato questo concetto e in casa mia non si butta MAI il pane! Lo mangiamo fino all'ultimo e quando proprio è una mattonella lo grattugiamo per fare le impanature.
Ecco, appunto. Una simpatica testimonianza!
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