domenica 10 luglio 2016

Il Santuario, il Vescovo e l'Architetto



Il grande afflusso di pellegrini e, conseguentemente, di offerte indusse le autorià religiose a progettare un ampliamento del santuario di Boca. L'idea di costruire un porticato che unisse la chiesa allo scurolo fu lanciata nel 1819 dal Vescovo di Novara Giuseppe Morozzo. Per completare l'opera si dovette addirittura deviare il corso del torrente Strona per far spazio alle nuove costruzioni. Gli abitanti si prestarono entusiasti all'impresa, che prometteva di rendere il santuario ancora più splendido e visitato.
A proposito del Vescovo Morozzo, c'è da dire che resse la diocesi per circa 25 anni e fu un gran promotore di nuove edificazioni religiose. Tra queste, ad esempio, l'abbattimento del castello altomedievale sull'Isola di San Giulio per fare spazio al nuovo seminario. Ai nostri tempi un simile decisionismo si schianterebbe contro la tutela dei monumenti storici. All'epoca il desiderio del nuovo prevaleva su ogni altra considerazione.
Fu proprio questo clima a creare l'occasione giusta per un giovane e talentuoso architetto nativo di Ghemme, ma residente a Maggiora, che sarebbe passato alla storia per le sue arditissime costruzioni, che sfidavano i limiti delle tecniche costruttive dell'epoca.
Alessandro Antonelli che in seguito costruirà a Torino la Mole Antonelliana e a Novara la cupola del San Gaudenzio, non potendo intervenire sulla pianta del santuario di Boca propose di lavorare sulla verticalità, progettando un campanile alto 119 metri. Antonelli, oltre al talento del progettista, pare avesse anche un'altra abilità: quella di essere un grande affabulatore, capace di incantare i committenti e convincerli della bontà dei propri progetti.
Le opere presero quindi il via, ma le difficoltà si fecero presto sentire. Le condizioni metereologiche sfavorevoli, come il freddo e la penuria di acqua, che impedivano di portare avanti i lavori nel periodo invernale in cui ci sarebbe stata a disposizione molta manodopera libera dalle coltivazioni; la scarsità di materiali; e non ultima una crescente opposizione da parte degli abitanti. Che in particolar modo si opposero allo spostamento della sacra immagine della cappella. 
"Lì è sempre stata, lì deve restare!"
Segno questo che oggetto della tenace devozione popolare non era solo l'immagine, ma anche la roccia su cui era fondata l'edicola.
A rendere il tutto più complicato c'erano forse anche alcune voci che aleggiavano attorno all'Antonelli e a uno strano e misterioso edificio che aveva voluto costruire poco distante dal santuario.

Ma di questo vi parlerò la prossima volta...


1 commento:

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Ludovico Maria Sinistrari di Ameno.