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domenica 7 giugno 2015

L’intortatore a pedali


Da parecchio tempo non parliamo di lui, ma lui continua a esistere e operare. Per fortuna, o sfortuna, delle sue amiche e nostra che abbiamo argomenti di conversazione.
Ho incontrato il Rubinettaio a una cena di paese e mi ha raccontato del nostro comune amico munito di macchina da millanta cavalli.
Pare però che il Nostro, un po’ per seguire la moda, un po’ perché ci tiene alla linea, abbia deciso di dedicarsi anche a uno sport diverso dalla caccia alle pollastre. 
Così, acquistata una bicicletta in fibra di carbonio da qualche migliaia di euro e l’attrezzatura completa da ciclista che nemmeno Chiappucci ai suoi tempi, ha inforcato i pedali e ha cominciato a macinare chilometri.
Però a pedalare da soli dopo un po’ ci si annoia. Inoltre, seguendo la legge di gravitazione universale del ciclista domenicale, dove ce n’è uno dopo un po’ un secondo si aggrega e poi un terzo e così via a formare dei bei greggi di tutine variopinte.
Naturalmente il simile trova il simile, così l’Intortatore ha trovato un gruppo di suoi Pari. Così questi simpatici ritrovi diventano l’occasione per competizioni sportive autogestite basate sul chilometro e il minuto secondo. Oltre che per dare sfogo alla loro virilità sputacchiando allegramente a destra e a manca, marcando il terreno come fanno i cagnetti maschi quando trovano un albero.
A differenza però di tutti gli altri ciclisti della domenica, che girano rispettosi del codice della strada, il Nostro e i suoi Pari hanno messo insieme un gruppetto di facinorosi teppistelli su due ruote che se ne infischia allegramente delle regole.
Se vi capitasse il caso di incontrarli li riconoscereste immediatamente perché invece di procedere in fila indiana sul bordo della strada l’Intortatore guida la sua mandria cercando di occupare tutta la carreggiata, poco importa se sia una strada rettilinea o piena di curve cieche pericolosissime. 
Al grido di “la strada è nostra!” i baldi pedalatori si lanciano in manovre spericolate, seguendo il proprio Codice d’Onore: 
mai fermarsi agli stop; superare sempre sulla destra i veicoli lenti o incolonnati; pretendere sempre e comunque la precedenza; accodarsi ai mezzi pesanti per sfruttarne la scia; ignorare i semafori; non cedere mai un centimetro di strada agli automobilisti; accelerare in prossimità delle strisce pedonali; e soprattutto ribattere colpo su colpo a ogni offesa.
Tra quelle intollerabili, la più insopportabile per l’Intortatore e la sua piccola, per fortuna, gang a pedali, è l’utilizzo del clacson. 
“Se la mia bicicletta non ha il campanello" dice il Nostro "non vedo perché tu debba utilizzare un avvisatore acustico più potente del mio per ordinarmi di farti strada. Stai lì dietro e muori, come io soffro sui pedali per costruire un mondo migliore!”
Quel giorno poi l’Intortatore era particolarmente in forma. Stava cercando di battere un proprio record personale e l’ultima cosa che aveva voglia di fare era perdere tempo con qualche automobilista col piombo sull’acceleratore.
Così all’ennesimo colpo di clacson, nemmeno singolo ma addirittura in coppia, il Nostro decise di rispondere come si doveva. Sguainando la sinistra eresse l’indice verso l’alto a indicare all’impaziente autista la via che doveva prendere.
Seguì un breve istante sospeso, in cui anche il rumore della macchina parve svanire. Attorno si era fatto silenzio come ai tempi del vecchio west, quando l’eroe sfidava a duello il malvagio ladro di bestiame.
Quella stasi durò pochissimo. Il suonatore di clacson non era un bandito, ma piuttosto lo sceriffo. L’auto dei Carabinieri accese le sirene e con tanto di paletta intimò al Nostro e ai suoi Pari un arresto immediato.
Seguirono le contestazioni. Secondo una ignorata norma del codice della strada infatti “i ciclisti devono procedere su unica fila in tutti i casi in cui le condizioni della circolazione lo richiedano e, comunque, mai affiancati in numero superiore a due; quando circolano fuori dai centri abitati devono sempre procedere su unica fila”. Prima contravvenzione.
La pattuglia inoltre disponeva il sequestro di tutte le biciclette in quanto veniva contestata la mancanza dell’obbligatorio avvisatore acustico. Il famoso campanello, insomma. 
Infine, ma questo riguardava solo il Nostro, si procedeva a denuncia per oltraggio a pubblico ufficiale.
L’Intortatore ha molti mezzi e certamente un buon avvocato per smontare tali infamanti accuse. Nel frattempo però, e questo era ciò che più gli bruciava, la possibilità di battere il sopra citato record era svanita.


lunedì 29 luglio 2013

Per un amico che è andato avanti


Venerdì scorso se n'è andato il mio amico Aldo Maulini. Per chi non lo conosceva posso dire che era una delle persone migliori che abbia mai avuto il piacere e l'onore di frequentare. Un uomo di grande profondità e dai molteplici interessi, che spaziavano dai minerali ai bonsai, dalle scienze naturali all'archeologia, dalla speleologia all'agricoltura. 
Un uomo che ha dedicato molti anni della sua vita ad insegnare ai ragazzi nella fattoria didattica dell'Alpe Selviana - che aveva creato dal nulla, rimettendo in piedi con alcuni amici un vecchio alpeggio abbandonato - ad "essere consapevoli". Il tutto con grande umiltà e semplicità.

Ricordo quando venne a trovarmi per dirmi, con grande serenità, che i disturbi che da alcuni mesi lo affliggevano, erano i sintomi della SLA. Una malattia che non dà scampo e che, con una velocità impressionante, lo ha privato giorno per giorno dell'uso del corpo, lasciando la mente vigile, prigioniera di un involucro sempre più fuori dal suo controllo.
Negli ultimi tempi, grazie all'uso di un visore ottico era ancora in grado di scrivere, componendo con gli occhi lettera dopo lettera. Un'operazione faticosa e lunga, che ormai padroneggiava così bene da divertirsi a scrivere in dialetto, con esiti spassosi, perché il programma era più lento di lui e non riusciva a capire altra lingua che quella in cui era programmato.
Perché Aldo, nonostante la malattia, non solo trovava ancora la voglia di ridere e scherzare, ma anche di lottare, mettendoci la faccia e praticando lo sciopero della fame, per i diritti dei malati chiedendo il rispetto delle promesse fatte dal governo e più volte rimangiate.
Ma non solo per questo ha lottato. L'ultima mail che ha scritto era rivolta ai soci dell'ecomuseo, di cui è stato uno dei fondatori nel 1997, per invitarli a non disperdere quanto è stato fatto in questi anni. Un invito a conservare i semi in questi tempi di siccità per quando saranno nuovamente propizi alla semina.

Lo voglio ricordare con una foto, scattata da suo figlio Marco, mentre rileva fotograficamente un masso coppellato da loro scoperto sopra Agrano. Tra le molte ho scelto questa perché Aldo, come ha detto l'altro suo figlio Andrea, "era un uomo pieno di interessi, ma un padre mai assente". Aver lasciato una bella famiglia è stato uno dei tanti frutti di un uomo che ha seminato bene.

Lo voglio ricordare anche con le sue stesse parole. Parole scritte pochi mesi prima di scoprirsi malato, che riassumono una filosofia di vita che merita di essere ascoltata. Perché Aldo era contemporaneamente un uomo dalle ferme convizioni e dalle scelte spesso controcorrente, ma era anche estremamente tollerante rispetto alle diverse visioni del mondo.

«Sono fermamente convinto che in un ogni granello di sabbia siano compresi tutti i principi che regolano l'universo. Quest'ottica mi accompagna anche durante tutte le esperienze che vivo con i ragazzi delle scuole da 27 anni a questa parte.
Tendo cioè ad accompagnare i miei giovani compagni di viaggio a esplorare il mondo in tutti i suoi aspetti, in modo da diventare coscienti che ne facciamo parte anche noi e in modo da diventare consapevoli che ogni nostra azione, o non azione, ha un effetto sul tutto.
Ognuno di noi può affrontare il mondo in cui vive in due modi.
Possiamo vivere la vita in modo “piatto”, superficiale, dove tutto è sempre uguale a se stesso e dove crediamo che tutti i “sani” ragionino allo stesso modo, con gli stessi valori. In quest'ottica ogni volta che qualche cosa cambia, o qualcuno esprime un modo di ragionare diverso, si tende a riportare tutto alla rassicurante “normalità”.
Se invece teniamo come riferimento la frase illuminante “L'occhio vede ciò che la mente conosce” si aprono prospettive completamente diverse. A quel punto il “tutto” di cui facciamo parte inizia a delinearsi come un insieme infinito di “paesaggi”, diversi per ognuno di noi in base alle proprie conoscenze, esperienze, età, ecc.
Ad esempio, se qualcuno, o noi stessi in un certo momento, guardiamo il mondo con un filtro verde vediamo tutto con tonalità verdi; idem se qualcun altro, o noi stessi in un momento diverso da prima, guardiamo attraverso un filtro rosso: vediamo tutto con tonalità rosse.
Nessuna delle due visuali è “sbagliata”: semplicemente è una visuale parziale del tutto.
Per tendere a farci un'idea il più completa possibile si può giocare a guardare da più filtri, un po’ come avviene ultimamente nei film 3D, sempre però rimanendo consapevoli della parzialità del risultato, per altro in continuo mutamento.»

giovedì 9 giugno 2011

L'indagatore dei misteri dei dialetti


L’amica blogger Stella  ha voluto condividere con i lettori del Lago dei misteri questo scritto, dedicato a Paul Scheuermeier, mitica figura della ricerca antropologica. La ringraziamo e l’ospitiamo molto volentieri.

Basta spostarsi anche solo di pochi chilometri da casa per accorgersi che le parlate e il nome attribuito ad alcuni oggetti cambia notevolmente. Ogni luogo ha il suo dialetto e di questo era ben consapevole il giovane svizzero Paul Scheuermeier quando, negli anni 20 del secolo scorso, inizia un lungo viaggio alla ricerca di parole sostenuto dai suoi maestri i linguisti Karl Jaberg e Jacob Jud che, su modello dell’Atlante  Linguistico della Francia, vogliono realizzare l’AIS Atlante linguistico ed etnografico dell’Italia e della Svizzera settentrionale.
L’impresa si prospettava ardua.
I mezzi a disposizione, visti gli scarsi finanziamenti, erano pochi – un taccuino e una macchina fotografica – tuttavia, l’ostacolo più insidioso da affrontare erano i Sujets o come li chiameremo noi oggi Informatori.
Scheuermeier fu fortunato perché nelle località censite trovò molte persone disposte a descrivere come venivano svolte alcune attività – come , ad esempio la lavorazione dei bachi da seta in Lombardia – e a posare per lui accettando ‘il fotografista straniero’. La disponibilità dei suoi informatori gli ha fornito moltissimo materiale diventato oggi un’eccezionale testimonianza di un mondo ormai scomparso.
Egli stenografava tutto, indagando i rapporti tra parole e cose non meccanicamente, ma cercando di capire come si chiamavano le varie parti.
Numerose carte dell’Atlante si riferiscono ad animali. Per esempio ha registrato il variare della parola “cane” nei ben 700 dialetti da lui rilevati. Tuttavia una delle domande dei questionari riguardava il “Ceppo di Natale”. Questa rappresentava una vera e propria eccezione in quanto Scheuermeir non era interessato alla ritualità.
La tradizione vuole che il giorno della vigilia di Natale venga messo un ceppo di legno nel camino e una volta acceso il fuoco si facciano delle offerte per prosperità e salute. Il fenomeno era molto esteso in Spagna, Francia, Italia, Svizzera, Serbia, Croazia e Bulgaria ma la cerimonia stava scomparendo. La saggezza popolare spiega così la fine di questa pratica “Il Ceppo di Natale è stato ucciso dalla stufa”.
La costruzione delle fotografie dello Schuermeier è sempre legata al mostrare gli oggetti da lavoro come ad esempio una foto in cui sono ritratti cinque bambini all’interno di una cesta per rendere l’idea della capienza di quest’ultima. Le didascalie fornivano una descrizione del procedimento, il nome delle attrezzature e alcune osservazioni sulle persone ritratte.
La fotografia era già presente nelle zone censite dallo studioso, gli abitanti erano in un certo senso abituati, comunque con delle eccezioni.
Una zona del trentino era popolata da un’isola linguistica tedesca e i suoi abitanti si spostavano in tutto l’impero austro-ungarico per commerciare dipinti in vetro di carattere popolaresco religioso tornando poi con oggetti dei paesi che visitavano. Quando il Trentino fu annesso all’Italia tutto questo cessò e gli abitanti diventarono degli emarginati, quando non furono addirittura considerati spie tedesche.
Quando Schuermeier incontra delle donne del paese rimane colpito dai loro abiti legati alla trazione d’oltralpe ma queste sono schive perché temono che lui sia un fascista; anche a Grosio in Valtellina incontra delle difficoltà nel fotografare alcune donne: queste, infatti, temevano che delle loro foto si facessero cartoline diventando così dominio di tutti.
La foto era concepita come la rappresentazione di un momento significativo, oppure la concentrazione in essa di momenti in successione; si ritrovano così tutti gli attrezzi per la produzione del burro anche se legati a fasi diverse di questa; oppure una coppia di mercanti di stoffe mentre prepara il banco in Piemonte, a Borgomanero (cittadina molto vicino al Lago d’Orta, dove ancora oggi si svolge un importante mercato, n.d.r.).
Il giovane Paul dedica un ciclo di foto alla coltivazione del baco da seta, durante il suo soggiorno a Ligornetto in Canton Ticino; un’attività questa molto praticata perché remunerativa e in Piemonte a tal proposito esisteva anche una legge che vietava l’abbattimento delle piante di gelso.
Spesso Schuermeier lasciava ai suoi Sujets la possibilità di organizzare la foto come accade a Gandino in provincia di Bergamo. In questa località, in occasione del Carnevale si esponeva un fantoccio con una maschera di legno dipinta ad una finestra di un palazzo e finite le celebrazioni del carnevale questo veniva impiccato, tuttavia non essendo periodo di Carnevale la gente vuole che il fantoccio venga fotografato seduto con una mazzetta di vino su una mano e la chitarra nell’altra.
 Tutte le foto di cui ho parlato si ritrovano nei testi pubblicati di recente Il Veneto dei Contadini 1921-1932; Il Piemonte dei Contadini 1921-1932 in due volumi ed infine Il Trentino dei Contadini 1921-1932; nei quali si può ammirare la bravura di Scheuermeier che oltre ha lasciarci una testimonianza di una storia non ufficiale ha realizzato un bellissimo reportage fotografico (nell'immagine di apertura, in cui si vede Paul con la moglie e un informatore, la costruzione della foto ricorda un quadro di Cézanne). Perché – come ci ricorda quella signora che, prima di essere intervistata, chiese a chi aveva già conosciuto il Scheuermeier “El xè un bèl om?” – anche l’occhio vuole la sua parte!
D.A. (Stella)

Una carta dell’Atlante relativa al termine grembiule.

giovedì 9 dicembre 2010

Amicizia felina



Se dovessi individuare l’Elemento che meglio la rappresenta sceglierei ARIA.
Perché è in essa che si muove, leggera e notturna sui tetti, con lo sguardo rivolto in alto. Cammina con passo felino e con la coda ti solletica il naso, costringendoti a levare lo sguardo alle stelle.
Alle stelle del cinema, quelle vere, quelle che hanno partecipato a quei film indimenticabili che sa descrivere con una naturalezza che riesce sempre a sorprenderti. I suoi post richiamano alla tua attenzione film che hai già visto o pellicole che ti sono sfuggite. In entrambi i casi riescono a fornirti un nuovo punto di vista, un motivo per guardare o rivedere quel film.
Ma Felinità, così la mia amica firma i post sul suo blog  http://felinita.blogspot.com, non limita i suoi interessi al cinema.
Con leggero tocco felino, usando la coda come un pennello, dipinge ritratti stupendi di famosi artisti offrendo anche in questo caso spunti interessanti per rileggere la loro opera. 
Naturalmente la misteriosa Felinità non esaurisce i propri interessi in questi argomenti, ma lascio a voi il piacere di scoprire il suo blog, se ancora non lo conoscete. Per me ormai è tempo, dopo un forte miagolio di saluto, di lasciare la città.

Prima però non posso non ricordare che a Genova si aggira  un altro  personaggio singolare. Bacci Pagano (cito Wikipedia) “è un investigatore privato genovese, ironico e disilluso, amante della musica di Mozart, del buon vino e della buona tavola oltre che delle donne (fra le quali Mara, la sua compagna psicologa, che lo definisce analfabeta dei sentimenti, giudizio che Bacci ripete sovente a se stesso). Viaggia su una Vespa amaranto e non porta le mutande”. Secondo Bruno Morchio, lo scrittore che lo ha creato, Bacci Pagano starebbe sempre dalla parte dei perdenti perché “figlio di un operaio genoano e comunista”. 

Infine, se volete scoprire questa Genova popolare e misteriosa, vi consiglio il ricchissimo sito http://www.creuzadema.net che già dal titolo richiama una famosissima canzone del cantore di Genova, Fabrizio De André.

martedì 12 gennaio 2010

Il Maestro


Tentare di descrivere il Maestro è difficile come descrivere l’immagine di un drago. Lo sguardo slitta sulla sua superficie e rimane confuso dalla cortina di fumo che lo nasconde. Cercherò, tuttavia, di darvi qualche informazione su questo strano personaggio che, apparentemente, dovrebbe essere il più lucido e meno misterioso tra quelli che ruotano attorno ad Alfa.
Il vostro indagatore dei misteri cusiano – mi riferisco ad Alfa – incontrò il Maestro grazie ai buoni uffici di un comune conoscente, il Filosofo.
C’è da dire che l’aveva avvertito: «Tra i tanti personaggi che, di tanto in tanto, mi vengono a trovare il Maestro è forse il più singolare.»
Quanto singolare fosse Alfa lo scoprì quella volta che si recò da lui per chiedere informazioni sui sotterranei del Castello di Novara .
Non pago dell’esperienza, tornò una seconda volta per raccogliere informazioni sui misteriosi cunicoli un vero e proprio labirinto sotterraneo che, secondo le leggende collegherebbe fittamente numerosi luoghi. Un labirinto di cui Alfa va pazientemente tracciando una mappa, censendoli uno ad uno.
Il Maestro pare avere un gusto sadico nel demolire le leggende ed i misteri. Così ad esempio ha sbugiardato la storia del fantasma della povera Margherita Pusterla che secondo alcuni infesterebbe la torre di Invorio. E il suo racconto è stato così convincente da essere ripreso anche in un articolo giornalistico comparso su un periodico locale. Il Maestro non è citato, naturalmente, ma queste son cose che accadono e certo Alfa non vi da peso. La giornalista dovrebbe però guardarsi dal Maestro, persona decisamente meno incline a lasciar correre…
Il Maestro è stato anche il fumante protagonista di una storia in cinque puntate dedicata ai draghi del lago d’Orta.
In quella occasione Alfa ha sofferto molto, ma non si è scoraggiato ed è tornato ancora a trovare questo personaggio il cui ghigno malefico appare e scompare dietro il maleodorante fumo del sigaro, che appesta il piccolo studio pieno di libri, una delle poche cose che pare riempirlo di gioia.
Lo scorso Natale, tuttavia, il Maestro sembrava più buono e aveva promesso di raccontare qualche storia sul Natale. Probabilmente Alfa ve ne parlerà prossimamente, sempre che, beninteso, riesca a smaltire la mole di lavoro che gli è piombata sulle spalle da ogni parte e a chiudere alcuni progetti segretissimi su cui lavora nelle fredde notti d’inverno.

Lago dei Misteri

lunedì 7 dicembre 2009

Camilla

Anche Camilla non è propriamente un’amica di Alfa. Quest’ultimo avrebbe trovato, secondo il suo racconto, un diario appartenente ad una ragazza adolescente di nome Camilla.
Alfa racconta di averlo raccolto con l’intenzione di scoprire di chi fosse e restituirglielo. Durante un noioso fine settimana in montagna Alfa si immerge nella lettura del diario, seguendo Camilla nell’esplorazione della “casa dalle 99 stanze e delle 101 finestre, un edificio misterioso e abbandonato in cui, si diceva, vi fosse almeno una, se non due, stanze segrete.
Durante l’esplorazione dei sotterranei Camilla si trova di fronte ad un gigantesco ragno che la morde sul collo.
Improvvisamente lo stile di scrittura del diario cambia e comincia a contenere delle storie.
La prima di queste è “Una lunga gelida estate”, nella quale Camilla si identifica con la quasi coetanea Mary Shelley, raccontandone le avventure sul lago di Ginevra.
Altre storie, potete starne certi, seguiranno presto.

Lago dei Misteri

domenica 6 dicembre 2009

Il Gino


Tra i personaggi che ruotano attorno ad Alfa, ce n’è uno che lo stesso nostro misterioso amico non ha mai incontrato.
I lettori più fedeli di questo blog avranno capito che si tratta del Gino. Per chi non lo conoscesse, il Gino è quello che si potrebbe definire un delinquente abituale. Le sue avventure sono oggetto dei racconti dell’Avvocato Volpicini, suo patrono e difensore davanti al giudice. Patronato di cui il Gino ha spesso bisogno, peraltro.

Del romanzo criminale del Gino parla Alfa in un vecchio post, pubblicato quasi un anno fa:
«Ci sono due tipi di delinquenti abituali. Ci sono quelli abili e fortunati, che se la cavano sempre e riescono a fare fortuna fino a raggiungere le più alte vette dell'economia e della politica. Questi hanno stuoli di avvocati strapagati che li tengono lontani dai guai. Volpicini non ha nessun cliente di questo tipo, per sfortuna del suo portafoglio.
Ci sono quelli sfortunati e imbranati, di cui sono piene le carceri. O forse dovremmo dire “di cui sarebbero piene le carceri", perché per uno strano mistero italiano, in carcere normalmente ci stai a lungo prima del processo, ma quando ti hanno condannato ti mandano fuori.
Ad ogni modo, il Gino, come avrete intuito, appartiene decisamente alla seconda categoria. Occorre inoltre dire che il Gino è un ladro. Convintamente e incallitamente ladro. Non è specializzato in un campo, il Gino. Niente affatto: egli ruberebbe qualsiasi cosa. Dico “ruberebbe” perché il più delle volte vorrebbe rubare, ma proprio non gli riesce. Dove la sua naturale imbranataggine si arresta, interviene inesorabile e infallibile la sfortuna.
Il Gino è l’incarnazione nel mondo criminale della nota “Legge di Murphy” (che recita “se qualcosa può andar male, lo farà”, Nd.A.). Se esiste un modo nell’universo con cui un crimine può essere sventato dalla jella (non dalle forze dell’ordine, ché non ce ne sarebbe bisogno), il nostro Gino l’ha sicuramente sperimentato sulla sua pelle.»

Varie sono le vicende che vedono il Gino coinvolto in avventure criminali. In una lo vediamo agile ladro di motorini.

In un'altra è protagonista, stavolta in sella al proprio motorino, di quello che nelle intenzioni avrebbe dovuto essere un facile borseggio.

La vera passione del Gino rimangono comunque le biciclette, verso le quali prova un’attrazione quasi morbosa.

Vista la sfortuna con le due ruote il Gino ha provato anche a darsi al furto dei veicoli a quattro ruote. Potete vedere con quali risultati in questa storia.

Nemmeno l’atmosfera natalizia può fermare la carriera criminale del Gino. Qui lo vediamo impegnato in un furto sacrilego.

Anche i ladri hanno una mamma. La mamma del Gino ad un certo punto decide di prendere in mano la situazione e dare al figliolo l’occasione per riscattarsi.

Lago dei Misteri

giovedì 12 novembre 2009

L'Intortatore


Non so bene come definire il personaggio di cui vi parlerò oggi.
Partiamo dal nome. Alfa lo chiama l’Intortatore per via della sua abitudine ad ingannare le ragazze. Un’amica di Alfa, Pupottina, ha proposto di chiamarlo l’Intortoratore. Questo perché le tortore sono notoriamente uccelletti ingenui e curiosi, facili quindi da far cadere nella rete.
Comunque vogliate chiamare il personaggio sembrerebbe chiaro quale sia il suo interesse principale. Invece viene da sospettare che al primo posto nei suoi pensieri ci sia piuttosto la sua automobile. L’elemento in questione, infatti, è di quelli capaci di abbandonare una bella ragazza sul marciapiede solo perché il colore del suo vestito fa a pugni con quello degli interni della sua Porsche.
Infine, devo dire che Alfa non lo considera affatto un suo amico. Diciamo che lo tollera a malapena e che non perde occasione per punzecchiarlo. Fatica sprecata, devo dire, perché pare fatto dello stesso materiale delle ruote della sua macchina, per cui rimbalza qualsiasi battuta. Forse, sospetto io, perché semplicemente non la capisce.
Ad ogni modo per praticità inseriamolo tra gli amici di Alfa, continuiamo a chiamarlo l’Intortatore e diciamo che il suo cuore è ugualmente diviso tra pupe e motori.
L’Intortatore è di quelli che entrano nel bar esclamando:
«Ahhhh, sapeste cosa mi è successo ieri sera!»
Segue l’immancabile, ignobile, teatrino durante il quale finge di essere un gentiluomo che non può rivelare il nome della sua ultima preda, infine, raccomandando a tutti di mantenere il segreto, vuota il sacco, raccontando ogni minimo dettaglio. Naturalmente solo i più sprovveduti crederebbero alle sue storie.
«Avventure che per metà sono inventate e per l’altra metà sono di fantasia» ridacchia Alfa « In particolar modo si vanta di alcune VIP della TV che avrebbe avuto modo di conoscere intimamente. Nessuno naturalmente è in grado di verificare le sue affermazioni. Noi fingiamo di credere a questo dongiovanni di provincia munito di Porsche e ci ridiamo su. Quanto meno sa raccontare storie e questa è una virtù non da poco. »

Una delle (poche) qualità dell’Intortatore è di raccontare, soprattutto quando il gruppo degli amici dell’aperitivo è ristretto, anche le disavventure che gli capitano.
Anche in questo caso è difficile capire quanto queste sue storie, per lo più on the road, siano vere e quanto siano il frutto delle nebbie alcoliche che aleggiano attorno al suo sfrenato narcisismo.
In ogni caso Alfa le annota e le pubblica. In questo modo abbiamo avuto modo di leggere del suo incontro con un’autostoppista fantasma (qui anche in video ) o del misterioso caso accadutogli nella notte di Capodanno.

Lago dei Misteri

giovedì 5 novembre 2009

Il rubinettaio


Il Rubinettaio è un amico storico di Alfa. Storico non solo perché la loro amicizia è iniziata nel millennio precedente. È infatti uno degli amici di infanzia di Alfa, di quelli che si trovavano almeno una volta a settimana per giocare a pallavolo o a Monopoli e qualche volta a Risiko. Ora hanno smesso di giocare (a quei giochi quanto meno) e si occupano di altro, ma Alfa ed il Rubinettaio hanno ripreso l’abitudine di vedersi almeno una volta alla settimana per prendere un aperitivo, pranzare o cenare assieme.
Il Rubinettaio è uno dei tanti, in questa zona del Cusio, che si occupano di produrre o lavorare i rubinetti. Oggetti che tutti abbiamo in casa e a cui raramente prestiamo attenzione, salvo che non si rompano. Solo allora ci rendiamo conto di quanto importanti siano.
Assieme a tanti suoi colleghi e concorrenti, si occupa di far si che i rubinetti che l’idraulico ci installa non perdano e facciano anzi un’apprezzabile figura nei nostri bagni, che assomigliano sempre meno a quei bugigattoli maleodoranti dei nostri nonni e sempre più a dei saloni di bellezza o alle terme degli antichi romani.
Da quando poi Alfa ha scoperto l’esistenza di un Museo del Rubinetto è rimasto particolarmente colpito dalle cento e uno curiosità che ruotano attorno a questo oggetto. Ed essendo curioso come un gatto, pone sempre mille domande al suo amico rubinettaio che pazientemente risponde, spiegando come un lingotto di ottone si trasformi magicamente in un prezioso dispensatore d’acqua.
Certo, i due non parlano solo di rubinetti. Parlano anche di leggende , di altri misteri, e, ovviamente, di fatti privati, ma buona parte di queste conversazioni non può essere rivelata…

Ma voi, amici, diteci: in che rapporto siete con il rubinetto del vostro bagno?
E quanto tempo passate in questo luogo così intimo della casa?


Lago dei Misteri

mercoledì 28 ottobre 2009

Un azzeccagarbugli di paese

L’avvocato Volpicini è uno degli amici che Alfa incontra all’ora dell’aperitivo. Questo curioso personaggio è un vero azzeccagarbugli di paese, nel senso che di mestiere fa realmente l’avvocato, anche se il suo vero nome è, chiaramente, un altro. Alfa lo chiama in questo modo per quella sua faccia da piccola volpe col naso all’insù, sotto i suoi occhialetti tondi, come se annusasse continuamente l’aria.
Occorre dire che il Volpicini non è di quegli avvocati che difendono solo clienti ricchi. Alfa ha raccontato così la questione: “Agli inizi della carriera veniva pagato addirittura in natura. No, non sto parlando di favori sessuali. In pollastri, veniva pagato. Polli veri, vivi e vegeti, per essere più chiari. Un po’ come l’Azzeccagarbugli e i capponi di Renzo Tramaglino, per intenderci. Un compenso che ti crea pure il problema di dover ammazzare il pennuto, cosa tutt’altro che facile se non sei del mestiere e hai il cuore sensibile. Oggi di polli non ne riceve più, almeno credo, ma ho l’impressione che il suo onorario continui ad essere, diciamo così, popolare.”
Uno dei suoi clienti, suo malgrado, più affezionati, è il Gino, un piccolo ribaldo di paese dall’indole che definire criminale sarebbe poco. Un delinquente con una sola attenuante: essere il ladro più sfortunato della terra. Naturalmente Volpicini si diverte un mondo a raccontare le disavventure del Gino.

L’altra grande passione di Volpicini è la bottiglia. Spesso la sua serata comincia al bar. Al primo giro di aperitivi ne seguono almeno altri tre o quattro, giusto per ingannare l’attesa. Del resto Volpicini è un atleta della bevuta, un vero campione olimpico, fin dai tempi in cui s’intrufolava ai matrimoni simulando di essere un amico degli sposi. È capace di ingurgitare quantità incredibili di alcool, capaci di stendere chiunque.
Per fortuna Volpicini non guida, così quando partecipa alle cene dei coscritti non corre il rischio di far saltare l’etilometro all’uscita del ristorante. Perché sedutisi a tavola, il rosso scorre a fiumi, seguito dallo spumante, poi dalla grappa corretta al caffè, per arrivare infine all’ammazzacaffè. Di solito i suoi vicini di tavolo a quel punto si sono già tolti la camicia e ballano sui tavoli, mentre lui, imperterrito raccoglie meticolosamente le bottiglie che trova sul tavolo, dando casa ai poveri orfanelli che vi trova all’interno. Spesso per lui, e i pochi che riescono a stargli dietro, la nottata prosegue in un bar per sciacquarsi la gola con un goccetto prima di tornare a casa…

martedì 27 ottobre 2009

Amici miei

Da Amici miei (1975) di Mario Monicelli.


Poiché Alfa continua ad essere impegnato in mille attività e altri impegni personali, imprevisti, già si affacciano all’orizzonte, ritengo utile prendere in mano la situazione e approfittarne per fornirvi un quadro aggiornato di quanto si sa di ciascuno degli amici di Alfa. Chi sono? È presto detto: sono i personaggi che popolano il blog il Lago dei Misteri, comparendo in diverse storie come testimoni o protagonisti.
Occorre dire che, come nella vita reale, i rapporti che legano Alfa ai diversi personaggi è estremamente variabile. In alcuni casi esiste un’amicizia vera, come con il Filosofo, in altri il rapporto è decisamente conflittuale, come quello con il Maestro. Altri ancora, infine, non hanno nemmeno mai incontrato Alfa, perché vivono solo attraverso i racconti di altri amici, come nel caso del Gino o, addirittura, le pagine di un diario, come nel caso di Camilla. Alcuni, inoltre, sono personaggi totalmente inventati, mentre altri adombrano persone reali.

In parte lo stesso Alfa ne ha già parlato in questo post, tuttavia le notizie su di loro non sono facili da reperire, essendo disseminate in numerosi post, risposte ai commenti e appunti vari sparsi tra Facebook e la Blogosfera. Alcuni poi sono comparsi molto tempo fa su questo blog e, come accade a tutto ciò che popola il Lago dei Misteri, sono lentamente sprofondati sommersi dai nuovi post, così che solo un lettore particolarmente determinato è in grado di rintracciarli, magari utilizzando la bussola qui a fianco o le etichette che aiutano ad individuare i temi. In ogni caso non tutto su di loro è stato ancora detto. Coglierò questa occasione per rivelarvi qualche piccolo segreto su di loro.
Preparatevi dunque a seguire questo viaggio a puntate alla scoperta degli amici di Alfa.

Lago dei Misteri

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"Di un fatto del genere fui testimone oculare io stesso".

Ludovico Maria Sinistrari di Ameno.