Visualizzazione post con etichetta Pillole di mistero quarta stagione. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Pillole di mistero quarta stagione. Mostra tutti i post

mercoledì 1 giugno 2011

Il signore delle rune

I Longobardi provenivano dalla Scandinavia, attraverso un viaggio lungo secoli. Quando si insediarono in Italia portarno con loro molte delle leggende dei popoli del nord.
Dai secoli più bui del medioevo ecco a voi una storia che parla della nascita di un misterioso alfabeto, usato dai popoli germanici per la scrittura. E per oscuri rituali di magia. 
Una storia scritta per Siamo in Onda, l'ultima di questa stagione, trasmessa sabato scorso. Viene pubblicata oggi, di mercoledì, non a caso, perché questo è il giorno di Odino, il signore delle rune.

In una fredda sera d’autunno del anno nono del regno di Ròtari, re dei Longobardi, uno sconosciuto bussò alla mia porta, chiedendo ospitalità per la notte. Gli offrii del fuoco e del vino caldo, perché mi era stato insegnato che talora, dietro il misero aspetto di un pellegrino, può nascondersi Odino, il dio viandante.
Il vecchio, il cui volto era nascosto dall’ombra di un largo cappello, svuotò il boccale e cominciò a cantare versi antichi. Davanti a noi, che ascoltavamo incantati le sue parole, prendeva forma il grande albero dell’universo, che regge i nove mondi che formano il cosmo e in cui dimorano gli dei e i giganti, gli elfi oscuri e i nani, i viventi e i morti.
Poiché le sue parole avevano acceso in me una folle sete di conoscenza pregai il nostro ospite, in nome di Odino, il dio della poesia, di cantare come il dio avesse scoperto il segreto delle rune. Ed egli, fissandomi con un unico profondo occhio, cominciò a narrare una storia antica come il mondo.

«A lungo indagai il mistero delle rune, senza riuscire a penetrarlo. Alla fine compresi che solo elevando un degno sacrificio al dio della magia avrei potuto colmare la mia ignoranza. Allora io, Odino, sacrificai me stesso ad Odino.
Per nove giorni e nove notti, ferito da un colpo di lancia, rimasi appeso all’albero della conoscenza, sferzato da venti impetuosi. E nessuno si accostò per placare la mia sete. Infine guardai verso le radici del grande albero e chiamai le rune.
Fèhu, Urùz, Thùrisaz, Ansùz, Ràido, Kàunan… una ad una le chiamai, fino all’ultima, Dàgaz. E una ad una salirono a me, lettere chiare, lettere grandi, lettere possenti, finché m’impadronii del loro segreto.»

A quelle parole riconobbi nel mio ospite lo stesso Odino. E fui afferrata dalla paura. Lottai con me stessa, come per destarmi da un mostruoso incubo in una notte senza speranza. Infine, aprii lentamente gli occhi sull’orrore che mi circondava.
E vidi accanto a me i corpi dei miei figli e delle mie figlie che con le mie stesse mani avevo immolato a Odino, il dio della magia, che solo a carissimo prezzo concede la conoscenza alle sue incantatrici.

sabato 28 maggio 2011

Il signore delle rune a Siamo in Onda

Questa sera a siamo in Onda verrà trasmessa l'ultima delle storie che ho scritto quest'anno per la trasmissione.

"Il signore delle rune" è il racconto di un misterioso viandante che bussa alla porta di una madre.

Ma poiché sotto le spoglie di un pellegrino a volte si nasconde Qualcuno che è molto di più di un semplice pellegrino, la storia avrà un epilogo imprevisto.

Se volete saperne di più dovrete ascoltare la trasmissione questa sera (trovate qui le istruzioni), in particolar modo dopo le 23.
Oppure pazientare qualche giorno, finché la storia verrà pubblicata su questo blog e su quello di Siamo in Onda.

sabato 30 aprile 2011

Il signore del Caos

Ci sono libri che sarebbe stato bene non leggere.
Ci sono porte che sarebbe stato bene non aprire.
Ci sono esseri che sarebbe stato bene non incontrare.

Ma, disgraziatamente, eravamo troppo distratti per rendercene conto.


Ecco a voi "il signore del Caos", una nuova "Pillola di mistero" scritta per "Le storie di Siamo in Onda".


Nessuno sa come sia stato possibile. Tutti erano convinti che i draghi fossero stati distrutti e che della loro razza si fosse perso il seme. Ma evidentemente si sbagliavano. 
Da qualche parte, mentre gli uomini banchettavano e ridevano, un uovo covato nell’odio, nell’avidità e nella brama di vendetta si andava lentamente sviluppando. E un giorno, all’insaputa di tutti, il drago sorse. Ma anche allora nessuno se ne accorse. Forse perché ancora non era così potente da colpire, o forse solamente perché viveva in un paese lontano. La sua esistenza divenne manifesta solo quando, dopo giorni, mesi o anni – che importa ormai? – il drago colpì. 
Chiedete alla gente: nessuno ricorda quando strisciò fuori dall’uovo e levò il suo grido per la prima volta, ma ciascuno potrà dirvi dove si trovava nel giorno e nell’ora in cui l’attacco ebbe inizio.
Ho tentato, credetemi, di descrivere la forma del drago perché vi fosse di aiuto, ma l’oscena asimmetria di quel corpo, su cui lo sguardo slitta senza riuscire a trovare un punto di equilibrio, ha reso vani gli sforzi della mia penna.
D’altronde, come ho scoperto nelle mie notti tormentate passate a sfogliare antichi testi polverosi, Ismarroth non è un semplice drago. Creature queste di poco superiori alle bestie, che passano i sessantacinque sessantaseiesimi della loro esistenza in letargo e quando si svegliano si dedicano all’abigeato o al rapimento di vergini.
Ismarroth il Dragone, la cui voce è soave come il belato di un agnello e consolante come quella di una madre, è il signore del Caos e il suo cuore è nero come l’Abisso.
Vi confesso che quando lessi il nome di Ismarroth nel Libro degli Eterni disperai di poter salvare il mio mondo dalla sua furia e la mia fede tremò come la fiamma di una candela scossa da un vento gelido.
Infine, quando tutto ormai sembrava perduto, scoprii in un armadio chiuso da sette sigilli un libro, in cui era descritto il modo per liberarci da lui.
Richiusi il portale alle sue spalle non appena lo vidi precipitare come una folgore sul vostro mondo.
Perdonatemi per quello che vi ho fatto, se potete.

lunedì 7 febbraio 2011

Il fuoco nel bosco





Quanto erano felici i tempi della mia nonna!
Gli uomini a quaranta ne dimostravano cinquanta, le donne a trenta sessanta, e di rado qualcuno arrivava ai settanta, ma i vecchi erano rispettati ai tempi della mia nonna!
I mariti battevano le mogli, le madri bacchettavano i figli, i fratelli maggiori picchiavano i più piccoli e tutti bastonavano i cani, insomma, nessuno si annoiava ai tempi della mia nonna!
E poi c’era la Fisica. La mia nonna lo ripeteva sempre: “Bisogna portare rispetto al parroco, perché coi suoi libri può farti la Fisica!”

sabato 15 gennaio 2011

L’Imperatore allo specchio




Denaro, sesso, potere: gli ingredienti della vicenda che vi stiamo per raccontare s’incastrano uno nell’altro in maniera tanto precisa da dare forma ad una perfetta storia di fantasia. Eppure qualche piccolo dubbio continuerà a bussare alla vostra mente. E se fosse tutto vero?
Voci narranti di Fulvio Julita, Rossana Girotto e Fabio Giusti

In un’antica villa sul lago, circondato da donne bellissime e ossequiosi cortigiani, viveva un uomo solo. Lo chiamavano Imperatore, per via delle immense ricchezze e del potere accumulato. Nessuno conosceva l’origine di quella fortuna nata dal nulla e costruita negli anni sommando e moltiplicando gli affari.
Naturalmente andava crescendo anche il numero dei suoi nemici, perché ricchezza e uso spregiudicato del potere lastricano di pietre tombali la strada del successo. Dettagli ininfluenti, ad ogni modo, perché niente e nessuno poteva contendere con l’Imperatore.
Finché non accadde un incidente che sulle prime sembrò un fatto banale, come la rottura di uno specchio durante uno scatto d’ira. Nessuno ebbe niente da obiettare nemmeno quando fu ordinato di rimuovere dalle stanze della casa tutti gli specchi e di chiuderli dentro una soffitta inaccessibile. Da quel giorno nessuno della servitù o degli ospiti poté portare specchi nella casa. Nemmeno le ragazze che si alternavano ogni sera e dovevano aprire la borsa per verificare che non vi fossero accessori riflettenti. Sarebbe stata davvero una seccatura per loro, se non ci fosse stato un regalino aggiuntivo a compensare quel lieve disagio.
Un anno dopo nel suo studio entrò una ragazza nuova. Bellissima e mai vista prima. L’Imperatore cominciò immediatamente la commedia galante di cui era maestro. Un repertorio di lusinghe e promesse che terminò su un divanetto accanto al camino. La ragazza lo fissò con occhi neri, così profondi da far venire le vertigini.
«Lei è bravo a promettere, ma lo è altrettanto a mantenere? Non dica nulla: voglio raccontarle una storia accaduta molto tempo fa. Un ragazzo ambizioso fece un patto. Gli furono promessi soldi, potere e sesso in cambio della sua immagine nello specchio. Un costo irrisorio, e da pagare dopo quaranta anni. Ricorda, Imperatore? Ma Lui le mentì – è la sua natura del resto – perché quella che si riflette negli specchi non è una semplice immagine, ma è l’anima. Lui è già venuto e ha preso la sua parte. Ora a me spetta l’involucro.»
L’Imperatore sfoderò uno dei suoi sorrisi.
«Credo che potremo fare un accordo…»

sabato 6 novembre 2010

Il re del Labirinto


C’era una volta il potente re di un’isola che, per superbia o errore, offese il dio del mare. Per vendetta un toro invincibile fu scagliato nel mezzo del suo regno e solo con grande fatica un eroe riuscì a catturarlo e trascinarlo lontano… ma questa è un’altra storia.

La regina dell’isola, infiammata d’insana passione per il toro, concepì un figlio e partorì un essere metà uomo e metà toro che si cibava di carne umana. Il re chiamò il suo migliore architetto che costruì una prigione dagli infiniti meandri per rendere impossibile la fuga. E la chiamò Labirinto. Allora il crudele sovrano ordinò ai suoi vassalli di fornire annualmente sette fanciulli e sette fanciulle da sacrificare alla bestia… ma anche questa è un’altra storia.

Un giorno un giovane principe giunse per sfidare il mostro. Era così bello e fiero che la figlia del re se ne innamorò e gli offrì il suo cuore e il suo aiuto. Gli insegnò a superare le insidie del Labirinto per mezzo di uno spago con cui segnare la via e ritrovare l’uscita. Così il principe uccise il mostro e l’innamorata lo seguì nella fuga. Finché, destandosi una mattina sulla spiaggia di un’isola straniera, si ritrovò sola perché il giovane l’aveva abbandonata… ma pure questa è un’altra storia.

Il re sospettoso rinchiuse l’architetto e suo figlio nel Labirinto. Evasero, volando con ali d’uccello, ma troppo in alto si diresse il figlio e il calore del sole sciolse la cera con cui avevano fissato le penne. Ma troppo doloroso è narrare d’un padre che assiste alla caduta del proprio figlio e d’altronde… anche questa è un'altra storia.

Il re, furioso per la fuga dell’architetto, armò la flotta e partì per muovere guerra a chiunque avesse avuto l’ardire di nasconderlo alla sua ira. Lo scovò, infine, in una lontana terra d’occidente. Il signore di quel luogo acconsentì a consegnarlo, ma le sue pietose figlie offrirono al re del Labirinto un bagno caldo, prima che ripartisse col prigioniero a loro caro. Quando fu dentro la vasca, l’architetto lo sommerse di acqua bollente e il re capì che quella volta per lui… non ci sarebbe stata un’altra storia.

La storia, una pillola di mistero scritta per Siamo in Onda e letta da Fulvio Julita, è ispirata ai miti classici che raccontano le vicende del re Minosse, della regina Pasifae, del Minotauro, nonché la storia di Teseo e Arianna e quella di Dedalo ed Icaro.

Post più popolari

"Di un fatto del genere fui testimone oculare io stesso".

Ludovico Maria Sinistrari di Ameno.