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domenica 10 maggio 2009

La mamma del Gino


Tutti abbiamo una madre. Anche i ladri ne hanno una. Pure il Gino, quindi, ha una mamma.

I lettori più fedeli immagineranno facilmente che Gino ha dato molti dispiaceri e preoccupazioni alla sua mamma. Per i nuovi lettori è bene ricordare che il Gino è un ladro il cui romanzo criminale vede come protagoniste la sfortuna e l’imbranataggine. La mamma del Gino deve così seguirlo in un’autentica via crucis che si snoda tra tribunale e galera, pronto soccorso e camera d’ospedale. Una situazione che, come comprenderete, può mettere a dura prova persino l’amore di una madre.
«Insomma, così non puoi andare avanti, Popi!»
“Popi” è il nomignolo affettuoso con cui la mamma chiama il Gino da quando aveva pochi mesi. Da allora è passata una quarantina d’anni, ma si sa che per le mamme i figli sono bambini anche a settant’anni…
«Passi più tempo in ospedale o in galera che a casa e quando sei qui è perché sei agli arresti domiciliari!»
Il Gino ascoltava i rimproveri della mamma seduto a tavola, girando mestamente il caffelatte col cucchiaio. Si sentiva sempre piccolo piccolo in quei momenti e non sapeva far altro che fissare i vortici sul pelo del latte, con un groppo in gola, sempre sul punto di sciogliersi in un pianto dirotto.
«Pensa al tuo povero papà! Per fortuna è morto prima di vedere la vergogna della nostra famiglia! Tutti i parenti ridono di noi e ci evitano, te ne rendi conto?»
Una lacrimuccia sgorgò dall’occhio del Gino, pensando ai cugini che non volevano mai portarlo con loro e talora gli davano persino falsi appuntamenti pur di non averlo tra i piedi.
«È giunto il momento di cambiare vita!»
La madre alzò per aria il mestolo, aspergendo il Gino con piccole gocce di minestra.

La mamma del Gino non era persona da parlare a vanvera, così il ragazzo s’impegnò davvero per cambiare. Avrebbe fatto ammutolire i parenti tutti, presentandosi alla guida di una fiammante fuoriserie! Allora avrebbero scordato il passato e avrebbe letto il rispetto nei loro occhi. Per ottenere tutto ciò gli sarebbe bastato quel solo, eccezionale colpo.
Per la prima volta in vita sua si mise a studiare, impegnandosi con tutte le forze, fino a far fumare il cervello. Imparò a memoria la mappa della casa, dalla porta da cui sarebbe entrato alla finestra del primo piano da cui sarebbe saltato, portando con sé la refurtiva. Alla fine, ne era sicuro, si sarebbe mosso in casa anche ad occhi chiusi. Cosa necessaria, peraltro, dal momento che avrebbe effettuato il furto la notte successiva, muovendosi agile come un gatto nell’oscurità.
Così fu. Il Gino forzò silenziosamente la porta e s’intrufolò in casa. Raggiunse i nascondigli dov’erano conservati i preziosi e riempì meticolosamente il sacco con la refurtiva. Quindi aprì la finestra e con balzo felino saltò di sotto… finendo diritto nel recinto dei pitt bull.
Le fiere bestie si videro piovere addosso dal cielo, nel cuore della notte, un gattone da ottanta chili, e reagirono. Eccome se reagirono. I proprietari della casa furono svegliati da un concerto di urla, latrati, imprecazioni, ringhi e colpi. Appena si affacciarono videro un confuso agitare di braccia, zampe e gambe che rotolava per il recinto emettendo suoni agghiaccianti.
Alla fine riuscirono ad estrarre da lì un Gino dagli abiti laceri, affidandolo alle pietose cure degli infermieri, giunti contemporaneamente ai Carabinieri per scortare l’ambulanza al Pronto Soccorso, dove il Gino fu raggiunto da una madre senza parole.
Suo figlio intrufolato nel buio della casa del più ricco industriale della città; il Popi muoversi nel buio, dopo aver studiato per ore il piano, la mappa, le combinazioni. E poi quel salto nel recinto dei cani… un recinto costruito dopo il suo sopralluogo… un recinto che, nel piano perfetto ideato da lei, non era previsto.

martedì 10 febbraio 2009

L'amore del Gino per la bicicletta




Ladri e biciclette costituiscono un abbinamento classico. Come pane e Nutella o cacio e maccheroni Non solo perché le biciclette scompaiono con una frequenza allarmante, se non sono letteralmente sigillate ad un oggetto amovibile (ma attenti a che non vi freghino le ruote, però!) mediante legami d’acciaio.

Il tema ha ispirato film storici come il classico “Ladri di biciclette” (1948) di Vittorio De Sica. Il cantante Baccini ha invece ingaggiato una banda di “Ladri di biciclette”, per una famosa canzone di qualche annetto fa (video) .
La canzone più bella per me resta “Il bandito e il campione” di De Gregori (video) che parla dell’amicizia tra il ciclista Costante Girardengo e Sante Pollastri, il bandito .

La canzone pare piaccia molto anche al Gino. Almeno così dice l’avvocato Volpicini. Peccato che il buon Gino non abbia né il piede veloce di Girardengo né l’occhio infallibile di Sante. Ed è un bene che il Gino non abbia una pistola, ché con la fortuna che ha si sparerebbe diritto in un piede.
Comunque il Gino ama le biciclette e appena ne vede una incustodita cerca immediatamente di farla sua. È un’autentica passione quella del Gino per le biciclette, non sempre ricambiata…

Quando vide quella bicicletta appoggiata al muro, il cuore sobbalzò nel petto del Gino. Rossa fiammante, come piacevano a lui, con il sellino di pelle e il manubrio cromato. Con un brivido d’eccitazione si avvicinò, guardandosi attorno circospetto. I rari passanti non lo degnavano di un’occhiata e non c’era traccia del proprietario. L’incauto aveva abbandonato il suo prezioso bene alla portata del più implacabile insidiatore di biciclette altrui. Si avvicinò ulteriormente, sistemandosi i lunghi capelli sulla fronte unticcia. Fulminò con uno sguardo la bicicletta che se ne stava sfrontatamente appoggiata al muro. Poi, ormai certo della vittoria, con un balzo le fu sopra, stringendo il manubrio con le mani e facendo forza sui pedali. Pochi metri ed imboccò la discesa, dirigendo velocissimo verso la campagna, dove avrebbe potuto usare di lei indisturbato.

Non esiste grande amore, tuttavia, che non sia sfiorato dall’ombra, e talora dalla certezza, del tradimento. Quella bicicletta così bella, così apparentemente perfetta, l’orgoglio di ogni ciclista della domenica, nascondeva un segreto inconfessabile. Un segreto che il Gino scoprì a metà della discesa. Una cinquantina di metri prima della grande curva, per intenderci. Il manubrio, che stringeva con trepidazione, improvvisamente si staccò dal telaio, con la leggerezza di una donna che, semplicemente, fa le valigie e se ne va di casa per un altro.
Col manubrio in mano, il Gino pedalò ancora per pochi metri, poi tentò di frenare, ma il controllo era ormai perso e la bicicletta traditrice lo stava ormai trascinando inesorabilmente nella caduta. Oltre la curva, sotto la strada, c’era un piccolo laghetto, utilizzato un tempo per alimentare una torneria ad acqua e ora per allevare i pesci. La calma serenità di quel piccolo mondo d’acqua fu improvvisamente sconvolta dall’irruzione di una creatura aliena urlante, aggrappata ai rottami di uno strano veicolo.
La scena, fortunatamente, non era sfuggita agli occhi vigili di una pattuglia di Carabinieri, che avevano visto un ciclista volare letteralmente fuori dalla strada. Appena ebbero ripescato ed identificato il fangoso individuo, il Gino fu portato a raccontare la propria storia al giudice.

giovedì 22 gennaio 2009

Una gran botta di fortuna per il Gino



“Oggi è il mio giorno fortunato!”
Così pensò il Gino vedendo la BMW abbandonata sul ciglio della strada con le quattro frecce accese e, soprattutto, la chiavi inserite. Il proprietario era un tizio in giacca a cravatta che camminava nervosamente alternando gestacci ad urla nel cellulare e a tutto badava tranne che alla macchina…
Non stette a pensarci molto, il Gino. Veloce come un ghepardo aprì lo sportello, s’infilò dentro, accese la macchina e partì sgommando, per scomparire dietro la curva in fondo alla strada, ingranando una marcia dopo l’altra.
Prima.
Seconda.
Terza.
Quarta.
Freno.
Freno?
FRENOOO!!!
Il Gino non poteva saperlo, certo, ma avrebbe potuto pensarci: una macchina di quel genere non è abbandonata in quel modo senza motivo.
Nel caso specifico, il motivo erano i freni di un'auto nuova fiammante che si erano improvvisamente rotti. Proprio questo stava urlando al telefono l’infuriato proprietario.
Comunque quella era davvero una giornata fortunata per il Gino. Oltre la curva non c’era un muro, ma un prato, in cui la macchina cappottò un paio di volte.
Il Gino non indossava la cintura di sicurezza, naturalmente. Non solo perché non aveva avuto il tempo di indossarla, ma anche perché appartiene alla scuola di pensiero di quelli che “conosco uno che si è salvato miracolosamente proprio perché non aveva la cintura ed è stato sbalzato fuori!”
Miracolosamente, appunto…
Quel giorno i Carabinieri arrivarono contemporaneamente all’ambulanza. Dopo una lunga sosta tecnica al Pronto Soccorso per ripararlo, il Gino finì nuovamente davanti al Giudice…

venerdì 2 gennaio 2009

Il Gino e l’arte dello scippo



Premessa
Ritengo che i furti (e le truffe) ai danni degli anziani siano uno dei crimini più vergognosi. Ogni crimine è condannabile, naturalmente, ma quelli commessi ai danni di chi non è in grado di difendersi sono particolarmente odiosi. Criminali così vili andrebbero puniti in maniera esemplare.
Ci sono casi, però, in cui la presunta vittima non è così indifesa come potrebbe sembrare. Se aggiungete il fatto che in questo caso, raccontato come sempre dall’avvocato Volpicini, il criminale è il Gino… beh, l’effetto non può che essere catastrofico.

Lo scippo è un’arte da rapaci. Occorre essere rapidi come un falco e forti come un’aquila per strappare la borsa all’ignara vittima e dileguarsi prima che questa abbia modo di rendersi conto di ciò che le è successo.
Il Gino in sella al suo motorino attendeva pazientemente in fondo alla strada. Osservava attentamente le persone che uscivano dalla posta dopo aver ritirato la pensione, cercando la vittima ideale. L’individuò infine in un’anziana donnetta, che era uscita con una grossa borsa, reggendola in una mano, mentre con l’altra aiutava il passo col bastone. Accese il motorino e si avviò lentamente per la strada, seguendo a distanza la donna che camminava lentamente sul marciapiedi. Infine individuò il punto dove colpire, un breve tratto di strada dove non c’erano macchine posteggiate e quindi poteva avvicinarsi a sufficienza per strappare la borsa e allontanarsi rapido come una faina.
Diede gas e si lanciò in avanti, avvicinandosi alla preda. Quando fu a breve distanza allungò la mano e afferrò la borsa…
Una cosa che non finisce mai di stupirmi è la capacità di ingurgitare oggetti delle borse delle donne. Se Mary Poppins rimane un mito inarrivabile, molte signore pare si esercitino tutta la vita per emularla. È evidente che la massa di oggetti contenuti in uno spazio così angusto ne accresce inevitabilmente il peso specifico.
La seconda cosa che non finisce di stupirmi è la forza di certe donne di campagna. Mi è capitato alle volte di volerle aiutare a portare qualcosa e di trovarmi piegato in due con l’oggetto per terra. Sarà l’allenamento? Portare per tutta la vita secchi d’acqua di 15/20 chili più volte al giorno certo fortifica la schiena e le braccia.
Aggiungete che la vecchietta era andata, prima di passare in posta, a fare un po’ di spesa, ordinando meticolosamente tutti gli acquisti nella sua vecchia, e rinforzata, borsa di cuoio.
Così, quando il Gino si trovò in mano quell’oggetto, gli parve di dover sollevare il mondo senza una leva. Iniziò a sbandare paurosamente, senza riuscire a controllare la traiettoria del motorino, mentre la macchina posteggiata davanti a lui si faceva sempre più vicina, metro dopo metro.
Lo schianto fu inevitabile e il povero Gino si trovò letteralmente proiettato all’interno dell’auto con la testa e il busto. Per sua fortuna aveva indossato il casco per non essere riconosciuto, ma circondato dai vetri e coi piedi sollevati da terra era completamente incastrato. Nel frattempo, la vecchietta, che ripresasi dallo spavento l’aveva raggiunto, pensò di dare al mariuolo quella lezione che evidentemente la mamma non gli aveva mai dato.
La sirena dell’antifurto richiamò anche il proprietario della macchina. Il panettiere vide uno scassato motorino schiantato contro la sua Panda; vide il didietro del Gino uscire dal lunotto posteriore sfondato della sua macchina; vide una vecchia signora che abbatteva incessantemente il suo bastone sul bersaglio, facendo saltare le gambe al ritmo dei colpi, accompagnando i gesti con tutti gli insulti che possono uscire dalla bocca di una povera donna timorata di Dio.
Il panettiere allora intervenne. Estrasse il Gino dalla macchina, sollevandolo di peso, quindi cominciò a "impastare" vigorosamente la parte superiore del corpo del povero Gino, fino a quel momento rimasta quasi illesa.
Solo la sirena dei carabinieri riportò la calma nella strada, sottraendo lo scippatore alla piccola folla che si era radunata per poter prendere parte alla punizione collettiva.
Finalmente, pesto, lacero e contuso, il Gino giunse davanti al Giudice.

domenica 21 dicembre 2008

Una disavventura natalizia per il Gino

A Natale tutti sono più buoni. Il sentimento di letizia porta le persone ad aprire il portafogli per alleviare, forse, con un gesto della mano il senso di colpa per ciò che non fanno nel resto dell’anno.
Il Gino questo lo sapeva e così decise di adeguarsi. Il suo piano era semplice, ma di una tagliente efficacia. Sarebbe entrato nella Chiesa, confondendosi coi fedeli che vi vanno per pregare. Quindi avrebbe, con mossa fulminea, preso le offerte dileguandosi all’esterno, dove l’attendeva il fido motorino.
Detto fatto. Entrò, si guardò attorno e si sedette in un banco, vicino alla cassetta delle offerte. Non appena vide di essere rimasto solo, si avvicinò alla cassetta e…
ZAFF
In un attimo la sua mano era all’interno, arraffando quante più banconote poteva. Quindi diede il via alla seconda parte del piano. Tirò la mano… e si accorse di essere rimasto incastrato!
L’agitò, tirò, spinse, imprecò tra i denti, ma niente da fare. L’inesorabile cassetta lo stringeva come un paio di manette, sotto gli occhi levati al cielo dei Santi e della Madonna i cui nomi erano richiamati più volte nella sibilata litania del Gino.

Alla fine, comprendendo di essere incastrato senza possibilità di liberazione, fece l’unica cosa che gli restava da fare: prese con sé la cassetta per uscire. Sennonché la benedetta cassetta era del modello antico, fatto apposta per scoraggiare i ladri sacrileghi, che non sono mai mancati, nemmeno nel bel tempo andato. Era di legno massiccio e rinforzato e soprattutto pesava. O Signore quanto pesava!
Così il Gino fece la sua uscita dalla chiesa trascinandosi dietro quell’enormità, che non aveva alcun desiderio di lasciare la sicurezza del luogo sacro e l’invitava anzi a rimanere con lei all’interno.
Con uno sforzo sovrumano il Gino raggiunse il motorino, ma lì constatò quanto fosse difficile guidarlo con la destra incastrata in una trappola di legno di quelle dimensioni.
In quel mentre il Gino fu visto da due parrocchiani. Quasi contemporaneamente il Gino vide i due che si dirigevano verso di lui con aria assai poco caritatevole.
Così, decise di allontanarsi a piedi, trascinandosi dietro la cassetta. Cosa assai più semplice da dirsi che da farsi. I due tra l’altro erano già diventati cinque, perché alcune pie donne avevano notato la scena e si erano messe ad urlare.
Il Gino, sudando e arrancando come nostro Signore sotto il peso della croce, pregava in cuor suo che gli fosse risparmiato ciò che stava per accadere. Le sue preghiere però non vennero esaudite ed il Gino fu presto raggiunto e circondato da una dozzina di uomini e donne che gli diedero una rapida ed energica lezione sul rispetto delle cose sacre.
Pochi minuti dopo la sirena dei Carabinieri parve il coro degli angeli al povero Gino che gonfio e pesto fu portato dal Giudice.
Non prima di aver effettuato una sosta tecnica dal falegname per liberarlo dalla cassetta.

martedì 16 dicembre 2008

Le disavventure del Gino: il motorino.



Un giorno il Gino decise di rubare un motorino. Dopo aver fatto un giro adocchiò la sua preda. Un gruppo di ragazzi si era riunito in un bar del paese per festeggiare il motorino nuovo fiammante di uno di loro, il Biondo.
Il Gino si avvicinò di soppiatto e con rapida mossa saltò in sella al motorino del Biondo, mise in moto e partì sgommando….

“Al ladro! Al ladro!”

Il Gino non era stato così lesto da non essere visto durante l’azione criminale, così un attimo dopo una piccola orda di ragazzi si stava già proiettando fuori dal bar all’inseguimento. Il motorino era nuovo, però, e decisamente superiore agli altri per cilindrata, così che il Gino poteva ben sperare di seminarli tutti, sennonché…

Il Gino però non è esattamente Valentino Rossi e poi, a differenza del simpatico motociclista, ha un problema: è il ladro più sfortunato del mondo. Egli non sapeva (e del resto come avrebbe potuto saperlo?) che il motorino fiammante del Biondo non aveva attirato solo la sua attenzione. Il Biondo già di suo stava antipatico a tutti, figuriamoci ora che non faceva che vantarsi del nuovo motorino. Qualcuno aveva così deciso di fargli un bello scherzetto e gli aveva messo lo zucchero nel serbatoio.

Per chi non lo sapesse, questo “scherzetto” è piuttosto pesante. Lo zucchero infatti si scioglie nella miscela. Quando la miscela di benzina e zucchero arriva in camera di combustione, a quelle pressioni, ma soprattutto a quelle temperature, lo zucchero si carbonizza. Il motore, così caramellato, si “grippa”.

Ebbene, il motorino del Biondo si grippò proprio in fondo alla strada. Il Gino non fece nemmeno in tempo a scendere, che i ragazzi gli erano già addosso, ben decisi a dare una lezione a chi aveva osato derubare il loro caro amico Biondo.

Alla fine arrivarono i Carabinieri e così il povero Gino, tutto pesto, finì davanti al giudice.

lunedì 15 dicembre 2008

Le disavventure del Gino.



Tra i numerosi clienti dell’avvocato Volpicini, ce n’è uno che gli è particolarmente fedele. Non nel senso che sia un amico. Il fatto è che il Gino, questo è il suo nome, è quello che si potrebbe definire un delinquente abituale.

Ovviamente, come sapete, ci sono due tipi di delinquenti abituali.

Ci sono quelli abili e fortunati, che se la cavano sempre e riescono a fare fortuna fino a raggiungere le più alte vette dell'economia e della politica. Questi hanno stuoli di avvocati strapagati che li tengono lontani dai guai. Volpicini non ha nessun cliente di questo tipo, per sfortuna del suo portafoglio.

Ci sono quelli sfortunati e imbranati, di cui sono piene le carceri. O forse dovremmo dire "di cui sarebbero piene le carceri", perché per uno strano mistero italiano, in carcere normalmente ci stai a lungo prima del processo, ma quando ti hanno condannato ti mandano fuori.

Ad ogni modo, il Gino, come avrete intuito, appartiene decisamente alla seconda categoria. Occorre inoltre dire che il Gino è un ladro. Convintamente e incallitamente ladro. Non è specializzato in un campo, il Gino. Niente affatto: egli ruberebbe qualsiasi cosa. Dico “ruberebbe” perché il più delle volte vorrebbe rubare, ma proprio non gli riesce. Dove la sua naturale imbranataggine si arresta, interviene inesorabile e infallibile la sfortuna.
Il Gino è infatti l’incarnazione nel mondo criminale della nota “Legge di Murphy” (che recita “se qualcosa può andar male, lo farà”). Se esiste un modo nell’universo con cui un crimine può essere sventato (non dalle forze dell’ordine, ché non ce ne sarebbe bisogno) dalla jella, il nostro Gino l’ha sicuramente sperimentato sulla sua pelle.
Volpicini ci ha raccontato, all’ora dell’aperitivo, una serie delle sue avventure. Le chiamerò “le disavventure del Gino” e ve le presenterò prossimamente. Spero possiate apprezzarle.
Solo un’avvertenza: il Gino esiste veramente e le sue dis-avventure, giura Volpicini, sono tutte autentiche.
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Ludovico Maria Sinistrari di Ameno.