sabato 12 maggio 2012

Il frutto proibito della dea dell’amore



Al principio fu una mela. Secondo la tradizione nel giardino dell’Eden cresceva una pianta proibita, l’albero del Bene e del Male. Ma su consiglio del serpente, Eva colse il frutto proibito e lo diede ad Adamo.
Quando il primo uomo addentò il frutto scopri che si trattava di una mela cotogna, frutto praticamente immangiabile da crudo. Così gli rimase nel gozzo e ancora oggi gli uomini hanno il “pomo d’Adamo” in gola.

La mela cotogna non smise di far danni anche con il passare dei millenni. Durante una delle mitiche feste che si tenevano sull’Olimpo la dea Discordia gettò una di queste mele, con la scritta “alla più bella” in mezzo ad un terzetto di dee. Le tre, i cui nomi erano Atena, Era e Afrodite cominciarono subito ad accapigliarsi su chi dovesse prendere la mela.
E siccome non ne venivano a capo scelsero come giudice Paride, il principe di una città di nome Troia. Tutte e tre, nessuna esclusa, cercarono di corrompere il giovane. Afrodite, che era la dea dell’amore, giocò però la carta segreta, promettendo a Paride l’amore della donna più bella del mondo, Elena. Afrodite vinse la gara, ma le due sconfitte si vendicarono scatenando la guerra contro la città di Troia, finché di essa non rimasero che rovine.

Le cotogne erano considerate pregiatissime e sacre alla dea dell’amore, Afrodite. Una leggenda racconta che crescessero solo su un albero in un giardino nel lontano occidente, custodite da un drago e dalle tre Esperidi. Queste erano le tre figlie del titanico gigante Atlante, che reggeva il cielo sulle spalle. L’eroe Ercole riuscì a convincere il gigante a prendere le mele. In cambio egli avrebbe sostenuto per un po’ il cielo al suo posto.
Quando Atlante tornò con le mele, però, disse che non ci pensava affatto a riprendersi quel fardello. Ercole, vistosi ingannato, disse che se doveva sostenere il cielo per mille anni avrebbe dovuto sistemarselo meglio sulle spalle e che per farlo avrebbe avuto bisogno di una mano. Atlante depose a terra le mele, sollevò il cielo ed Ercole fuggì come una lepre con le mele, lasciandogli reggere la volta celeste.

Ma qual era il segreto di queste immangiabili mele? Al fatto che, una volta cotte, esse diventano dolcissime e ottime e oltretutto possono essere conservate a lungo, specialmente se cotte nel miele, secondo una ricetta in uso presso i Greci e i Romani. All’epoca infatti, non esistendo lo zucchero, non era possibile preparare la marmellata nel modo in cui siamo abituati.
Infatti “marmellata” viene dal prortoghese “marmelo” che è il nome della mela cotogna. E in Piemonte fin dal medioevo si produce una Mostarda d'Uva o Cognà che ha la consistenza di una confettura, colorazione scura ed sapore dolce. Si prepara con mosto d'uva cotto, con l’aggiunta di mele cotogne e altri frutti autunnali. Era usata sia come mostarda per accompagnare il bollito misto o come marmellata per insaporire la polenta e persino la neve.

2 commenti:

  1. Anch'io mi sono chiesta come mai proprio la mela sia così importante nei miti... forse è anche per la sforma sferica e la superficie liscia, forse ricorda un po' il sole o la luna.

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  2. Abbinare nozioni culturali a cose del nostro quotidiano è una lettura deliziosa .... come una cotogna miaooooooooo

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