Castelli Cusiani, settembre 1943 - aprile 1945.
Durante la Resistenza operavano almeno tre tipologie di quelli che, in senso più o meno lato, potremo definire servizi informativi.
C’erano quelli militari: Alleati e Asse avevano i propri; i partigiani i loro, collegati coi primi. Ciascuno operava, ovviamente, per la vittoria della propria parte.
C’era quello della Chiesa: dalla centrale operativa del Vaticano una rete fittissima di religiosi provvedeva alla diffusione di notizie, a dare rifugio alle persone in difficoltà (tra cui innumerevoli ebrei), a evitare le stragi e le vendette. Era un servizio per certi versi neutrale, in quanto basato su principi umanitari.
Infine, soprattutto in un paese come l’Italia, c’era il servizio informativo delle mamme. Anche la madre dei bambini sul terrazzo ne fa parte, sebbene questo servizio non abbia una centale operativa, nè ordini nè gerarchie.
È complicato essere madre di due bambini piccoli e di uno grande che ha deciso di fare il partigiano. Lo è ancora di più se tuo marito deve stare lontano a sorvegliare lo stabilimento per cercare di prevenire gli incendi causati dai bombardamenti.
Poiché puoi trovarti, quando meno te lo aspetti, al centro della tempesta, devi imparare a non parlare mai apertamente, a non dire nulla dei segreti di casa. Contemporaneamente non puoi neanche tacere sempre, perché risulteresti sospetta. Allora devi essere capace di parlare anche per ore, senza dire mai nulla di pericoloso e cercando invece di cogliere ogni notizia utile.
Come fa una madre a resistere mesi senza avere notizie del suo figliolo in montagna, quando ogni giorno sente che ne hanno ammazzati due di qua e catturati tre di là? Una cartolina, un biglietto, una notizia è il dono più grande. Non ha importanza sapere dove sia e cosa stia facendo. Anzi, meglio non saperlo, per non tradirlo involontariamente e per non stare ancora di più in pensiero. Ma almeno sapere che è vivo e che sta bene, questo si.
E siccome una madre ce l’abbiamo tutti, chiunque riusciva a far pervenire una qualche notizia di sé mandava a dire anche per gli altri. Ed erano poi le madri a far sapere alle altre mamme.
«Suo figlio le manda a dire che sta bene e di non preoccuparsi.»
«Grazie, signora, grazie. Se ha modo gli faccia dire che gli ho preparato un maglione, che adesso verrà l’inverno e farà freddo.»
Ancora: durante i rastrellamenti, era necessario comunicare se la zona era pulita o se potevano esserci pericoli in giro. Così un lenzuolo steso al balcone poteva dire l’una cosa o l’altra, a seconda di come ci si era accordati.
Così la donna raccomandava ai bambini: «Non dite nulla di vostro fratello e se vi chiedono, voi dite che è a Milano». Oppure: «Non cantate quella canzone» per evitare di poter sembrare schedati dall’una o dall’altra parte, solo per aver intonato qualche nota.
Le orecchie delle spie infatti erano lunghe e per sopravvivere occorreva molta prudenza.
Anche se poi, c‘erano quelle che i guai parevano volerseli andare a cercare…
Questo è un blog di racconti, leggende, storie raccontate dagli ubriachi nelle osterie e di cialtronesche invenzioni che ruotano attorno al lago d'Orta. Se cercate la Verità, qualunque sia quella che v’illudete di trovare, avete sbagliato indirizzo.
giovedì 8 maggio 2008
La spia del lago 2. Scena 3 di 9. La madre.
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"Di un fatto del genere fui testimone oculare io stesso".
Ludovico Maria Sinistrari di Ameno.
Ludovico Maria Sinistrari di Ameno.
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