mercoledì 23 febbraio 2022

L’anno più orribile della storia

Ogni tanto gli storici si divertono a stilare la classifica del peggior anno della storia dell’umanità. Probabilmente rientra nello sforzo consolatorio di trovare un periodo peggiore di quello che si sta vivendo. Anche perché, effettivamente, se andiamo di confronti molti motivi di lamentazione attuale vengono meno.

Uno degli anni che se non è al primo posto sicuramente sta sul podio degli anni orribili è considerato il 536. In quell’anno «il Sole sorgeva ma la sua luce non illuminava, come la Luna, per tutto l’anno. Sembrava come un’eclissi di Sole», racconta lo storico bizantino Procopio. 

Quella nebbia di origine misteriosa, che alcuni scienziati attribuiscono all’eruzione di un vulcano, durò per 18 mesi immergendo Europa e Asia nell’oscurità e dando vita alla decade più fredda degli ultimi 2300 anni. Le conseguenze furono catastrofiche. I raccolti furono rovinati e la carestia innescò una crisi sociale e demografica dalle dimensioni apocalittiche. 

L’inverno era arrivato potremmo dire parafrasando il celebre motto di Casa Stark ne Il Trono di Spade.

Esagerazioni di cronisti medievali isterici? Che un’eruzione vulcanica possa modificare il clima e innescare carestie a livello globale è cosa nota. Basti vedere cosa successe poco più di due secoli fa. A proposito, avete già letto Una lunga gelida estate? Scoprirete come un anno senza estate cambiò anche la storia della letteratura 

Tornando al secolo sesto, dopo la carestia arrivò la peste bubbonica che si diffuse a partire dall’anno 541 sterminando un terzo della popolazione dell’Impero romano d’Oriente.

E come se non bastasse ai primi due Cavalieri dell’Apocalisse, si aggiunse Guerra.

L’imperatore Giustiniano si era messo in testa di riconquistare la parte occidentale dell’Impero. L’Africa, ma anche e soprattutto l’Italia, dove stava quella Roma dai cui colli tutto era cominciato.

Con una specie di guerra lampo (533-534)  il generale Belisario riuscì a riconquistare Cartagine sconfiggendo i Vandali. L’anno successivo sbarcò in Sicilia, convinto di togliere la penisola agli Ostrogoti in breve tempo.

Ma anche allora se iniziare una guerra era facile, portarla a termine era un altro paio di maniche. I Goti si dimostrarono ben più duri di quello che pensavano i Romani e opposero una resistenza feroce, utilizzando ogni tattica, dalla guerriglia, al terrore, giungendo infine ad armare le masse di schiavi. 

Aiutati, va detto, anche dalla crisi demografica ed economica dell’impero causata dai disastri ambientali sopra descritti, nonché dagli intrighi, le invidie e le contrapposizioni all'interno dell’alto comando romano. Il risultato fu una guerra che si trascinò per vent’anni, devastando e spopolando l’Italia.

Negli anni peggiori si registrarono persino casi di cannibalismo. «Due donne in una tenuta presso la città di Rimini” racconta Procopio “rimaste sole nella villa mangiarono diciassette uomini, uccidendoli di notte mano mano che capitavano in casa; le quali furono poi ammazzate dal decimo ottavo». Episodio su cui forse dovrebbero riflettere quegli storici maschi che ritengono le donne mancanti “di sicurezza e aggressività

Quando infine Bisanzio prevalse si trovò davanti un paese distrutto. E poiché al male non c’è mai fine l’imperatore di Biasanzio chiamò un altro Cavaliere, non citato nell’Apocalisse ma ugualmente temibile: le Tasse. L’esoso sistema fiscale imposto, necessario per ripagare gli elevatissimi costi della guerra, diede il colpo finale. 

Quando nel 568, quindici anni dopo la fine della guerra Greco Gotica, un popolo che viveva in Pannonia decise di abbandonare quella terra sempre più fredda e inospitale per il peggioramento delle condizioni climatiche, invadendo l’Italia, trovò ben pochi disposti o capaci di lottare per difenderla. L’età di Roma era definitivamente tramontata e iniziava il vero medioevo.

Di tutti questi eventi abbiamo una testimonianza che viene dall’Isola di San Giulio. Qui fu scoperta infatti una lapide relativa alla sepoltura del vescovo di Novara Filakrio, morto attorno al 553/554. Che un vescovo di Novara con un nome greco si trovasse sull’isola e non nella città della diocesi negli ultimi anni della guerra Greco Gotica ha fatto pensare che fosse “sfollato” in un posto naturalmente sicuro e protetto com’era l’isola, difesa dalle profonde e pescosissime acque del lago d’Orta. Del resto Novara in quegli anni doveva essere probabilmente in rovina, considerate le violenze e le stragi causate dalla guerra. 

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