«Finalmente l’emergenza è cessata e lentamente l’acqua cala di livello. Lascia però dietro di sé molti danni ad abitazioni ed attività produttive.»
Siamo seduti in piazza ad Orta. Indossiamo stivali, per non bagnarci i piedi perché il tavolino e le sedie sono immerse in vari centimetri d'acqua. Non stiamo prendendo un aperitivo sul lago, ma nel lago. Perché noi gente dell’Orta siamo fatti così, lo amiamo anche quando fa la voce grossa.
Il Filosofo osserva l’acqua che si muove lenta attorno a noi, creando piccoli gorghi che scompaiono dopo pochi istanti di vita turbinosa.
«Soprattutto» dice infine «il lago ci lascia un messaggio. La terra su cui viviamo non è nostra. La possiamo utilizzare, ma non la possediamo. Non ci appartiene, perché non la comprendiamo. Abbiamo una certa conoscenza con lei, è vero, ma non una visione profonda di quello che è e dell’Equilibrio che la regola. Vediamo i fenomeni, ma ignoriamo la sostanza profonda delle cose. Così il lago è venuto fuori, per ricordarci che qui siamo ospiti, non padroni di casa. Perché lui esisteva prima che il primo uomo si affacciasse sulle colline e rimanesse a bocca aperta contemplando la sua straordinaria bellezza.»
Un cigno nuota sdegnoso a pochi metri da noi, senza degnarci di uno sguardo. Alzo il bicchiere e dedico un brindisi silenzioso al nostro lago.
Eh già, siamo gli ultimi arrivati ma facciamo i padroni! Chissà se una sgridata ogni tanto sarà sufficiente.
RispondiEliminaOggi Orta sembrava Venezia, ma le scuole hanno riaperto e si respirava una gran voglia di fare.
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