Genova ti accoglie, come dice una famosa canzone, coi suoi svincoli micidiali. Così, dopo aver percorso la soprelevata, è con un certo sollievo e non senza una certa difficoltà, che posteggio dalle parti della Fiera la macchina presa a prestito e mi inoltro per i vicoli, che da queste parti chiamano caruggi o carruggi (non ho ben capito quale sia il termine giusto, ma sono certo che qualcuno dei miei dotti lettori saprà risolvere il dubbio).
Solo allora comincio ad apprezzare questa città di mare, con le montagne che t’incalzano alle spalle quasi a volerti spingere verso il porto. È così che devono essersi sentiti i genovesi, fin dal tempo in cui Cartaginese, Greci, Etruschi e Romani facevano la fila per poter venire a commerciare nel più grande emporio delle genti dell’antica Liguria.
Duri montanari e ottimi mercenari, ma soprattutto marinai e pirati in un’epoca in cui la distinzione era molto sottile e stava più nella bandiera che sventolava sulla nave all’orizzonte che nella mano ugualmente pronta a scambiare denaro o sciabolate.
Da alcune ricerche che feci tempo addietro, da Genova verrebbero addirittura due mie antenate, una Mariola Spinola vissuta nel Quattrocento e una Argentina Grimaldi, vissuta un paio di secoli prima. Così almeno dice un albero genealogico che ho fortunosamente raccordato a quello di un mio antenato appartenente ad un casato dell’Appennino ligure. Sia vero o meno, devo aver preso dal ramo montano della famiglia, perché il desiderio di imbarcarmi non l’ho mai sentito, anche se presto dovrò farlo.
In ogni caso persino io non posso non restare affascinato dal mare che sbatte sulle rocce lì di fronte a me. E comprendo la fierezza dei Genovesi che a lungo difesero la loro autonoma repubblica, finché le diplomazie restauratrici post napoleoniche pensarono che era meglio non ridare la libertà ad uno Stato in cui si trovava quel Banco di San Giorgio (la prima vera banca moderna) con cui gran parte dei sovrani d’Europa era indebitata fino al collo...
Girando per i carruggi, dalle parti di Vico dei Librai dicono possa capitare di imbattersi in una vecchina che domanda la direzione per andare a casa. E che quando gliela si indica lei se ne vada scomparendo attraverso un muro, perché in realtà la sua casa fu rasa al suolo da un bombardamento durante la guerra e lei morì quel giorno. Secondo altri, un giovane che le domandò qualche spicciolo si trovò tra le mani una banconota fuori corso da decenni.
Ma non è per cercare la Vecchina di vico dei Librai, che sono sceso a Genova. È un’altra la persona che cerco, ma per trovarla il mio sguardo dovrà spingersi verso l’alto…
Parte 1
Parte 2
Parte 3
Parte 4
Solo allora comincio ad apprezzare questa città di mare, con le montagne che t’incalzano alle spalle quasi a volerti spingere verso il porto. È così che devono essersi sentiti i genovesi, fin dal tempo in cui Cartaginese, Greci, Etruschi e Romani facevano la fila per poter venire a commerciare nel più grande emporio delle genti dell’antica Liguria.
Duri montanari e ottimi mercenari, ma soprattutto marinai e pirati in un’epoca in cui la distinzione era molto sottile e stava più nella bandiera che sventolava sulla nave all’orizzonte che nella mano ugualmente pronta a scambiare denaro o sciabolate.
Da alcune ricerche che feci tempo addietro, da Genova verrebbero addirittura due mie antenate, una Mariola Spinola vissuta nel Quattrocento e una Argentina Grimaldi, vissuta un paio di secoli prima. Così almeno dice un albero genealogico che ho fortunosamente raccordato a quello di un mio antenato appartenente ad un casato dell’Appennino ligure. Sia vero o meno, devo aver preso dal ramo montano della famiglia, perché il desiderio di imbarcarmi non l’ho mai sentito, anche se presto dovrò farlo.
In ogni caso persino io non posso non restare affascinato dal mare che sbatte sulle rocce lì di fronte a me. E comprendo la fierezza dei Genovesi che a lungo difesero la loro autonoma repubblica, finché le diplomazie restauratrici post napoleoniche pensarono che era meglio non ridare la libertà ad uno Stato in cui si trovava quel Banco di San Giorgio (la prima vera banca moderna) con cui gran parte dei sovrani d’Europa era indebitata fino al collo...
Girando per i carruggi, dalle parti di Vico dei Librai dicono possa capitare di imbattersi in una vecchina che domanda la direzione per andare a casa. E che quando gliela si indica lei se ne vada scomparendo attraverso un muro, perché in realtà la sua casa fu rasa al suolo da un bombardamento durante la guerra e lei morì quel giorno. Secondo altri, un giovane che le domandò qualche spicciolo si trovò tra le mani una banconota fuori corso da decenni.
Ma non è per cercare la Vecchina di vico dei Librai, che sono sceso a Genova. È un’altra la persona che cerco, ma per trovarla il mio sguardo dovrà spingersi verso l’alto…
Parte 1
Parte 2
Parte 3
Parte 4
Ogni volta che vado a Genova scopro qualcosa di nuovo. E' una di quelle città che è meglio visitare senza guida, lasciandosi trasportare dal caso.. senza mai tralasciare le zone della Città Vecchia cantate da Faber!
RispondiEliminaSì, una sorta di guida musicale della città Vecchia...
RispondiEliminaMa miaoooooùùùùùùù Alfoso sei tra i miei carruggi dai tetti grigio perla ...... ( si con due erre ).
RispondiEliminaTu che ami i misteri be leggende Genova ne è ricolma , e la vecchina che cerca la sua casa ne è uno dei tanti ... Se ho ben caito è un atappa questa , ma se puoi gironzola ancora tra i nostri palazzi pieni di meraviglie nascoste e il paesaggio che muta di continuo tra la bellezza di una terrazza sul mare al vicolo più oscuro in cui trovare negozi perduti . E' una città segreta , non si fa pubblicità, da scoprire lentamente , assaggiandola come con una buona focacccia con le cipolle. Un abbraccio da gatta randagia zeneixe miaaooooooo
Genova... Quante corde sa far vibrare!...
RispondiEliminaInvece tu, Alfa, sedicente montanaro... dimostramelo!!!!!!!!!
Invece io non riesco ad apprezzare Genova, però in questo post mi è sembrata davvero fascinosa
RispondiEliminaPensa che anche io non riesco ad apprezzare Genova, nonostante il mio essere fieramente Ligure. Preferisco il lato più selvaggio e rurale della mia bella regione, odio cordialmente una città che a mio avviso è soffocante e senza verde, e visto che sono nato e cresciuto nell'estrema periferia genovese, a Voltri, un paese (si è un paese e non un quartiere), assoggettato alla Superba durante il Fascismo ma prima comune a se, e abito a Arenzano, il primo comune indipendente della Riviera del Beigua, sono tra quelli che se vanno a DeFerrari, vanno "a Genova" e non "in centro".
RispondiEliminaPer Felinità: dalle mie parti diciamo caruggi, con una r sola... Ma ho notato che basta davvero fare qualche km più a est o ovet per far cambiare la lingua!
@ Felinità (e a chi non apprezza Genova): all'inizio, finché ci passavo velocemente, devo dire che coi suoi palazzoni sorti sulle colline non mi ispirava molto. Ma ho avuto occasione di starci qualche giorno per lavoro e devo dire che la mia idea è proprio cambiata.
RispondiElimina@ McGlen: credo che queste rivalità siano molto liguri... o mi sbaglio?
Genova è una città unica, puoi amarla oppure no ma fa vibrare ul cuore vedere i suoi colori al sorgere o al calar del sole. Una città che emoziona se la guardi dall'alto o se tiri su gli occhi mentre passi sotto i suoi palazzi carichi di storia antica... È una città che ti fa sentire amata se sei disposta ad amarla nonostante i suoi difetti. È una città meravigliosa che solo chi ha la poesia dentro sa guardare con il giusto sguardo e rimaner ne incantato, innamorato... Non è una città per tutti, anche questo la rende 'Superba'!
RispondiEliminaBella descrizione! :) Grazie!
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