Bratteato di Tjurkö |
Nella vasta sala del palazzo i commensali sedevano sul lato esterno di una lunga tavola imbandita, disposta a ferro di cavallo. Nello spazio vuoto al centro i servitori si alternavano ai giocolieri. Gli uni per saziare i presenti di carni e vino, gli altri per allietarne gli occhi con giochi di abilità con le spade ed il fuoco.
Una cosa che sorprese Aribert fu di vedere seduti a tavola accanto ai Longobardi anche alcuni walha, come erano chiamati i non longobardi che parlavano latino. Li si riconosceva immediatamente dalle barbe rasate o portate corte come i capelli e dai lunghi vestiti sotto cui indossavano calzoni e gambali di panno.
Non era abituato a questo genere di coabitazione. Svuotò d’un fiato la coppa di vino che teneva in mano e mentre l’appoggiava sul tavolo si accorse che uno di loro lo fissava. Contrariamente a quello che si sarebbe aspettato, vedendosi scoperto, l’uomo dalla corta barba nera non abbassò lo sguardo, alzando invece il calice in suo onore. Sorpreso da quel gesto riempì di nuovo la tazza e si alzò in piedi.
«Lunga vita a re Agilulf!» gridò brindando.
«Lunga vita al re!» risposero gli altri.
Il walha bevve come gli altri e tornò a sedersi. Aribert tornò a guardarlo, ma l’uomo era impegnato in una fitta conversazione con un longobardo che sedeva al suo fianco. Non riusciva a sentire nulla di quello che si dicevano, ma vedeva chiaramente il longobardo annuire alle parole dell’altro. A casa sua le cose funzionavano diversamente. I longobardi davano ordini e i walha eseguivano.
Guardò il re. Il suo predecessore aveva assunto il titolo di Flavius. Ora i walha a corte erano sempre più numerosi. Si domandò dove sarebbero andati a finire di questo passo.
Si versò nuovamente da bere, per scacciare quei pensieri. In fondo il suo compito non era discutere la politica del re. D’ora in avanti avrebbe dovuto pensare ad amministrare i suoi possessi nella terra oltre il fiume Ticino.
Nota: le prime fasi dell'occupazione longobarda furono contrassegnate da una netta separazione tra gli invasori e i walha, nome con cui erano indicati i precedenti abitanti non germanici delle terre conquistate. Più in generale il termine siugnificava "straniero, non parlante una lingua germanica".
A Tjurkö, Centena orientale, Blekinge (Svezia) furono
ritrovati due bratteati (monete) con iscrizioni runiche in proto-norreno. Su Tjurkö
1, datato tra il 400 ed il 650, compare una testa sopra un cavallo e
sotto un uccello, interpretata come un’immagine di Odino.
Sulla moneta c'è anche la scritta runica “wurte runoz an walhakurne
heldaz kunimudiu” che viene tradotta “Rune in ferro battuto di Heldaz sul
'grano straniero' [il bratteato stesso] per Kunimunduz”.
Il temine è alla base, ad esempio, dell'inglese "welsh" per indicare gli abitanti celtici, non anglosassoni, del Galles (Wales).
Grazie alle competenze tecniche di cui molti di essi erano portatori, il governo longobardo cominciò abbastanza presto a servirsi dei walha, favorendo un processo di graduale integrazione. Aribert, che proviene dalla campagna, è sorpreso da questa novità, che in cuor suo non approva.
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