Martedì, ore 8.00
Da settantadue ore le nuvole scaricavano pioggia sul Lago Maggiore. Quota 195, che segna il livello di guardia, era stata superata la sera precedente, ma era il ritmo con cui il livello dell’acqua cresceva a mettere paura: 170 centimetri al giorno non si erano mai visti, nemmeno durante l’alluvione del 1993. A quel ritmo l’indomani avrebbe superato la quota 197,55 registrata nel 2000. E in 48 ore avrebbe raggiunto quota 200 registrata il 4 ottobre 1868, quando due terzi di Stresa erano stati inondati.
Rivolse un pensiero al "Regolamento sulle Uniformi per l'Arma dei Carabinieri" che vietava l’uso dell’ombrello ai militari in divisa, senza distogliere gli occhi dalla piena silenziosa che cresceva ogni minuto.
In quel momento squillò il cellulare.
«Maresciallo De Lorenzi» era la voce del brigadiere Spadaro. «Dovrebbe venire subito. Abbiamo un morto.»
«Annegamento?»
«Nossignore, omicidio.»
«Avete identificato la vittima?»
«È Giorgio Maccagno.»
«L’editore? Dove vi trovate?»
«La segretaria ha trovato il cadavere in ufficio e ci ha chiamati. Gli hanno fracassato il cranio.»
«Arrivo.»
Diede un’ultima occhiata al livello del lago, fece un cenno di saluto ai volontari della protezione civile che monitoravano la situazione e salì in macchina.
«Andiamo Martelli» disse al giovane appuntato alla guida. «Qualcuno ha pensato che questo fosse il tempo giusto per uccidere.»
Negli uffici della Maccagno Editore trovarono Spadaro con una donna bionda, molto magra, seduta su una sedia, che si stava soffiando il naso con un fazzoletto. Il brigadiere lo salutò.
«La signora Giuliana Zoppi ha effettuato la scoperta.»
«Sono desolato signora Zoppi» annuì De Lorenzi. «L’appuntato Martelli l’accompagnerà in caserma per raccogliere la sua deposizione. Più tardi dovrò farle alcune domande.»
L’ufficio di Maccagno era arredato con sobria eleganza. Oltre a varie librerie piene di volumi c’erano un tavolo da riunione e una scrivania. Su questa giaceva il cadavere, seduto sulla poltroncina girevole, con la testa leggermente reclinata sul lato destro sotto cui stavano gli occhiali da lettura. Il sangue fuoriuscito dalla ferita si era sparso sul piano, cadendo a gocce sul pavimento. Il braccio sinistro pendeva rigido lungo il fianco, il destro era ripiegato sotto il busto.
Sul piano, oltre allo schermo del computer, la tastiera e il mouse c’erano alcune penne e una cartelletta di cartone azzurra con la scritta “interessanti”. De Lorenzi girò attorno alla scrivania. Sul pavimento c’era una scatola di cartone piena di fogli. Sul primo stava scritto “Omicidio a chiare lettere, di Giovanni Mogano”. Il cestino invece era vuoto.
Sulla libreria retrostante oltre ai libri si trovavano pochi oggetti. Un gatto ombrellaio, premio ai benemeriti del Vergante, e una targa della Camera di Commercio per il cinquantesimo di attività.
«Giorgio Maccagno» il brigadiere lesse gli appunti «nato a Verbania il 22 aprile 1953. Iniziò l’attività nella libreria del padre, in seguito diventata una piccola casa editrice.»
«Non troppo piccola» osservò De Lorenzi. «Quanto meno dopo il successo di quel romanzo per adolescenti. Mia figlia Camilla lo adora.»
«Piccola ma agguerrita. Hanno anche una serie gialla e libri di storia locale.»
In quel momento entrò il medico.
«Lo lascio a lei, dottor Mastrangeli: mi faccia avere il referto quanto prima. Spadaro, torno in caserma mentre voi completate i rilievi.»
Un giallo! Evviva!!!
RispondiEliminaSperiamo vi piaccia. Si è trattato di un esperimento con un genere a me non vicinissimo.
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