domenica 18 marzo 2012

Le antiche leggi del lago d’Orta



Il 25 ottobre 1219 una grande folla si era riunita nella basilica di San Gaudenzio a Novara. Dopo circa 20 anni di guerra tra il Comune e il Vescovo la pace era finalmente vicina. Le parti si erano affidate a due arbitri che avrebbero deciso i termini dell’accordo.
I due erano Giacomo da Carisio, vescovo di Torino e vicario dell’imperatore, e l’arcivescovo di Milano, Enrico di Settala. Ma quando lessero la sentenza, a loro sfavorevole, i Novaresi si alzarono in piedi, protestando. Allora Giacomo da Carisio li richiamò al rispetto del giuramento solenne che avevano prestato, di accettare in ogni caso l’arbitrato.
Con l’accordo del 1219 al Vescovo di Novara veniva riconosciuta la signoria su un’area comprendente varie comunità sulle rive del lago d’Orta da Gozzano in su, con l’esclusione di Omegna.
Nasceva così un feudo che si caratterizzò per la decisa autonomia rispetto alle altre terre del Novarese. Anche quando quest’ultimo fu annesso allo Stato di Milano per passare poi sotto il dominio spagnolo, la Riviera di San Giulio mantenne la propria autonomia, sino alla fine del Settecento.
Nel 1344 il cremonese Guglielmo Amidano, Vescovo di Novara, promulgò nuovi statuti per la Riviera di San Giulio, al fine di “rimuovere i motivi di scandalo e comporre le liti che la natura dell’uomo ogni giorno tende a suscitare”. I suoi successori li integrarono con altre norme nei secoli seguenti.
Gli statuti comminavano pene severe ai ladri, che rischiavano la fustigazione per le vie di Orta, il taglio della mano destra e persino la forca in caso di recidiva. Ma erano puniti anche la bestemmia e il gioco d’azzardo, rei di minare le virtù morali degli abitanti. E vi erano persino prescrizioni su norme che definiremmo di igiene pubblica, come le frodi alimentari.
Per i reati più gravi il giudizio spettava al Vescovo, che esercitava sia il potere spirituale che quello civile, mentre per gli altri era il Castellano, un funzionario laico nominato annualmente dal Vescovo.
Esso risiedeva nel castello che sorgeva sull’Isola di San Giulio, dove si trovavano le carceri (altre erano a Gozzano) e dove si eseguivano le condanne capitali. L’aspetto interessante è che il Castellano non poteva insediarsi sull’isola senza il consenso degli abitanti. Cosa che talora avvenne, ad indicare che non si trattava di un parere formale.
Secondo molti storici il dominio vescovile era decisamente più mite rispetto a quello esercitato su altre terre dai poteri laici.
In effetti la Riviera di San Giulio era nella sostanza una sorta di repubblica, benché fosse sottoposta al Vescovo che era anche Conte. Larghe autonomie erano concesse alle comunità, che potevano votare ed eleggere i propri rappresentanti che si trovavano nel palazzotto di Orta per decidere degli affari comuni.

1 commento:

  1. E' sempre un piacere passare da te, con le tue storie curiose e interessanti. Baci miaoooooo

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Ludovico Maria Sinistrari di Ameno.