domenica 4 dicembre 2011

Una misteriosa gabbia




Secondo la tradizione alla fine del IV secolo giunse sul lago d’Orta un prete greco di nome Giulio. Il suo scopo era evangelizzare quelle terre, convertendo i pagani al cristianesimo. E per farlo si spinse fin sull’isola che sorge in mezzo al lago per costruirvi la sua centesima ed ultima chiesa.
Sempre secondo la leggenda, quello scoglio deserto non era completamente disabitato. Vi dimoravano infatti draghi, vipere e altre bestie immonde. Per cacciarle il sant’uomo sarebbe ricorso ad un esorcismo, utilizzando peraltro anche dei pani per convincerli a lasciare per sempre l’isolotto.

In ricordo di quell’episodio ancora oggi le monache benedettine che vivono sull’isola preparano un pane speciale in occasione della festa del santo, il 31 gennaio di ogni anno. Ma c’è un’altra tradizione, molto più oscura e misteriosa, originata da quell’antico esorcismo…

In un luogo nascosto della basilica si trova una gabbia. Qui venivano rinchiusi coloro che giungevano sull’isola per implorare di essere liberati dai demoni che li possedevano. Le sbarre servivano a contenere la furia che squassava i loro corpi, moltiplicandone le forze.

È una storia oscura, ai confini della realtà, in cui è difficile distinguere, soprattutto per quanto avveniva nei secoli passati, tra auto suggestione, problemi psichici e fenomeni soprannaturali.

Si tramanda ad esempio la vicenda della nobile Antonia che dalla Francia fece un lungo viaggio in Italia per poter essere liberata dai suoi demoni. Essa passò di santuario in santuario cercando sollievo al suo tormento. Si recò all’isola di San Giulio, poi sulla tomba di san Giminiano a Modena, su quella di San Pietro a Roma, quindi a Loreto. Solo qui fu infine liberata dal suo male, il 16 luglio del 1489.

All’interno della Basilica di San Giulio si trova un’altra testimonianza che ci restituisce la cronaca di un evento lasciato da un testimone oculare.

Su uno degli affreschi all’interno della basilica si trova un graffito, datato 27 agosto 1533. Un uomo, evidentemente ancora fortemente impressionato da quello a cui aveva appena assistito, decise di lasciare incisa sull’intonaco dipinto la propria testimonianza. Quel giorno infatti il vescovo Arcimboldo,  per grazia di San Giulio, guarì un’ossessa, liberandola dal suo demone.

2 commenti:

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"Di un fatto del genere fui testimone oculare io stesso".

Ludovico Maria Sinistrari di Ameno.