«È una ben triste leggenda d’amore quella di Ajcardo e Maria» commenta il Filosofo.
«A sentire il Maestro» rispondo «non sarebbe propriamente una leggenda. È un racconto che Giuseppe Torelli pubblicò il 27 agosto 1852 col titolo “La Madonna del Sasso” sulla Gazzetta Piemontese, il giornale ufficiale del governo sabaudo. Compare della rubrica “leggende e paesi” che raccoglieva prose illustranti vari luoghi del territorio piemontese. Sempre il Maestro, tra una boccata di sigaro e l’altra, mi ha spiegato che il Torelli visse probabilmente a Novara negli anni Trenta del secolo decimonono, conducendovi una “vita scioperata e triste”. Il Maestro mi ha messo anche davanti una copia de Lo Strona, in cui ho potuto leggere questa storia, che però non ho avuto mai animo di raccontare sul mio blog.»
«Lo credo» sorride amaramente il Filosofo «per raccontarla ti occorrerebbe un animo infelicemente romantico che non ti è proprio...»
Non conoscevo questa vena sarcastica del Filosofo, ma tant’è… in ogni caso ha ragione: la storia di Ajcardo, di Maria e dell’Inglese è davvero una storia triste.
«Qualche giorno fa ne parlavo con Caronte» riprende il Filosofo. «Come ricorderai, Torelli sostiene di aver udito questo racconto da un barcaiolo incontrato sotto la Torre di Buccione, con cui s’imbarcò per trascorrere un paio d’ore sul lago in un tardo pomeriggio. Ebbene, secondo Caronte quel barcaiolo sarebbe stato il nonno del suo bisnonno…»
«Si tratterebbe quindi di una storia vera?»
«Così giura Caronte, ma sai come è fatto… Come del resto scrisse lo stesso Torelli, la versione pubblicata era una forma "succinta" di quella raccontata dal suo antenato. In effetti quella che ho ascoltato da Caronte è molto più dettagliata: dovresti andare a trovarlo...»
Ci andrò certamente, proprio perché conosco questa storia, ambientata nel secolo Sedicesimo. Secolo tragico quanti altri mai per la Riviera d’Orta, che si vide più volta invasa dalle soldataglie e dagli sbandati dei vari eserciti che lottavano per sottomettere al dominio straniero un’Italia dilaniata dalle discordie intestine.
Ajcardo, prode soldato distintosi in varie battaglie, è finalmente tornato a Pella, dove ha sposato la bella ostessa Maria. Un giorno, in occasione di una di quelle scorrerie a cui ho accennato, Ajcardo si allontana da Pella per guidare una delegazione alla Rocca di Arona per concordare la pace col Governatore. Qui gli ambasciatori sono però imprigionati a tradimento, mentre le milizie imperiali si riversano sulla Riviera per saccheggiarla.
Nella segreta del castello comincia la prima parte del dramma. Gli altri prigionieri sfogano la loro rabbia su Ajcardo, che più degli altri aveva caldeggiato quella missione. Lo fanno alimentando la sua gelosia. Insinuano il sospetto che tra la donna e il migliore amico di Ajcardo, un Inglese che gli aveva salvato la vita a Pavia, esista una relazione clandestina.
Ajcardo, in preda ad un furore incontenibile, riesce a fuggire dalla cella e si precipita a Pella per verificare i suoi sospetti. Qui giunto trova l’osteria sottosopra per il passaggio dei saccheggiatori. La madre, da lui interrogata sulla sorte di Maria, finisce con l’alimentare i suoi sospetti. All’appello mancano proprio Maria e l’Inglese.
Ajcardo rintraccia la moglie la mattina seguente in cima alla rupe della Madonna del Sasso. In preda all’ira e senza ascoltare le spiegazioni lacrimanti della donna la spinge sul ciglio del burrone e, colpendola, la fa precipitare di sotto.
Incontra poi l’amico, su cui si slancia brandendo l’arma e ferendolo a morte. L’Inglese, prima di spirare, gli racconta che ha salvato Maria dalla violenza di quattro predoni; che l’ha portata in salvo; che nulla di più è accaduto tra lui e la donna.
Ravvedutosi Ajcardo ritorna verso il precipizio per cercare Maria, ma la donna, che era rimasta appesa ad un cespuglio, vedendo comparire l’uomo, presa dal terrore lascia la presa e precipita di sotto…
«C’è qualcosa della tragedia greca in questa storia» osserva il Filosofo. «Una tragedia della gelosia o forse, meglio della paura e della mancanza di fiducia. Ajcardo, accecato dalla paura del tradimento, perde la fiducia nell’amico e nella moglie, senza dar loro nemmeno la possibilità di spiegarsi. La stessa Maria, vista la furia di Ajcardo, perde ogni fiducia e per paura si sottrae alle mani che, pentite, si protendevano per salvarla…»
È una storia che, alla fine, interroga anche noi. E, naturalmente, anche voi, lettori di questo blog.
Quante volte siete fuggiti intimoriti di fronte ad una mano tesa?
Quante volte la paura di un tradimento non vi ha permesso di credere nella possibilità di ricevere del bene?
Quante volte per paura avete visto nel gesto d’affetto d’una persona amica una minaccia?