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Teodolinda sposa Autari (Duomo di Monza) |
«Aribert, figlio di Liutprand.»
Fu annunciato mentre entrava nella sala delle udienze, dove sedevano Agilulf e la regina Teodelind circondati dai dignitari e dalle guardie che vigilavano in armi sulla sicurezza del re. Aribert aveva già visto Agilulf in occasione del gairethinx* convocato a Mediolanum a maggio. In quel giorno l’assemblea aveva sancito l’elezione del re. Si trattava di una mera formalità, naturalmente, perché le modalità con cui Agilulf era salito al trono erano già leggendarie nelle piazze e nei villaggi.
Alcuni anni prima la regina madre dei Franchi, Brunechild, si era opposta al matrimonio tra la figlia Clodosvinta ed Autaris, dal momento che una cattolica non doveva, a suo giudizio, sposare un ariano. A quel punto Autaris aveva combinato il matrimonio con la figlia del re dei Bavari, Teodelind, discendente per parte di madre dalla stirpe reale dei Letingi, che molti re aveva dato ai Longobardi, tra cui il nonno Wacon che aveva regnato con giustizia per trenta anni.
Nonostante fosse cattolica, cosa che a molti Longobardi poteva dare fastidio, il fascino e l’intelligenza della giovane regina le avevano conquistato immediatamente un largo consenso, al punto che, dopo la morte di Autaris, i duchi avevano concesso che fosse la Teodelind a scegliere il successore.
Dopo essersi consultata con i ministri, la regina aveva mandato a chiamare Agilulf, il duca di Torino, appartenente alla stirpe degli Anwas, e l’aveva accolto nel castello di Laumellum. Quando il duca era entrato, la regina si era fatta portare una coppa di vino, aveva bevuto ed offerto il rimanente all’uomo. Questi, nel prendere la coppa le aveva baciato la mano in segno di rispetto.
«Perché mi baciate la mano?» aveva chiesto la regina arrossendo «quando potreste baciarmi sulla bocca?».
Con quelle parole Agilulf, che molti consideravano uomo coraggioso, valoroso in guerra e adatto al governo del regno sia per bellezza che per intelligenza, era stato indicato come marito e re. Le aspettative non erano state deluse. Agilulf aveva concluso le trattative di pace coi Franchi, liberando da quel flagello il paese e restituendogli un po’ di tranquillità. Ora, seduto sul trono, il re fissava il guerriero con sguardo ceruleo come volesse soppesarne l’animo.
«Aribert, figlio di Liutprand» cominciò. «Mi hanno parlato bene di te. Durante la guerra coi Franchi ti sei distinto, combattendo valorosamente per la difesa di Seprium. Mi dicono però anche che sai comandare gli uomini e per questo ti ho mandato a chiamare. Il gastaldo di Plumbia è morto. Un incidente di caccia, mi hanno riferito.»
Il re aveva calcato le ultime parole, come se non credesse a quella versione. Aribert conosceva Gisulf, che aveva incontrato cinque anni prima, durante l’attacco all’isola fortificata di Comum, l’ultimo baluardo dell’Impero ai piedi delle Alpi. Aribert era ancora un giovane guerriero, ma ricordava bene quanto Gisulf fosse stimato da re Autaris. No, era davvero difficile pensare che un guerriero esperto come lui potesse rimanere ucciso in una banale battuta di caccia, benché un incidente fosse sempre possibile, naturalmente.
«Un re, più degli altri, ha bisogno di uomini fidati» riprese gravemente Agilulf. «Uomini come te, Aribert. Inginocchiati.»
«Ai vostri ordini» disse Aribert piegandosi.
Il re estrasse la spada, protendendola sopra le spalle del guerriero.
«Ti nomino gastaldo di Plumbia» gli toccò le spalle con la lama «con il compito di amministrare le terre regie. Partirai domani e potrai scegliere gli uomini che ti aiuteranno nel tuo compito. Questa sera, però, sarai nostro ospite a cena.»
Note
*Gairethinx: nel diritto longobardo indicava l'assemblea del popolo in armi, in cui l’approvazione delle leggi o delle altre deliberazioni era espressa battendo le lance sugli scudi.