mercoledì 15 gennaio 2014

Le ciotoline dell’arcobaleno


Secondo un’antica leggenda europea alla fine dell’arcobaleno è possibile trovare un tesoro. Nascosto dagli gnomi o da altre magiche creature poco importa. Ciò che importa è che si può trovare dell’oro e di ottima qualità. Talora in una pentola di terracotta dalla strana forma, altre volte semplicemente coperto dalla terra, in ogni caso monete d’oro che brillano e mostrano enigmatici segni magici a rilievo. 
E poiché queste strane monete gnomiche avevano una delle facce concave, erano chiamate “coppelle”, “ciotoline” o “scodelline dell'arcobaleno” (Regenbogenschüsselchen, in tedesco), in quanto si credeva che da esse si sprigionasse il ponte colorato.
La cosa sorprendente, infatti, è che queste ciotoline venivano realmente trovate dai contadini della Germania, dell’Austria e dell’Ungheria. Poiché molti di questi oggetti sono stati conservati è possibile dire qualcosa sulla loro origine.
Innanzitutto le misteriose iscrizioni che vi compaiono, per quanto composte in caratteri insoliti, sono perfettamente leggibili agli esperti. E non sto parlando di eccentrici cacciatori di gnomi, ma di normali archeologi (per quanto il termine “normale” possa applicarsi ad una creatura, donna o uomo che sia, che passa metà del suo tempo a fare buchi nel terreno e l’altra metà a consultare antichi testi).
Ebbene, queste monete d’oro riportano scritte e simboli del mondo celtico europeo e risalgono agli ultimi secoli del primo millennio avanti Cristo. Prima, comunque, che le quadrate legioni di Roma imponessero la propria moneta ai popoli dell’Europa. Il modello d’ispirazione erano le monete d’oro che circolavano nel mondo mediterraneo dopo le strabilianti conquiste di Alessandro Magno, il giovane re di Macedonia che a 33 anni era diventato padrone di un impero che andava dal mar Ionio all’Oceano Indiano. I motivi decorativi, per lo più astratti, e i nomi con cui erano coniate riflettevano però una cultura che all’epoca era in piena espansione.
Amanti dell’oro, oltre che del vino, i Celti coniarono moltissime di queste monete, anche se l’uso era quello di una società che apprezzava questi oggetti per il valore del metallo, non per quello convenzionale fissato dall’autorità (a differenza di ciò che facevano i Romani e noi ancora di più, evidentemente).
Piccoli e grandi tesori di queste monete furono sepolti in mezza Europa. Per sottrarli a eventuali nemici, ma anche come forme di accumulo in epoche in cui le banche non esistevano. Talora come tesori sacri votati agli dei. Eventi accidentali potevano impedirne il recupero o far decidere di occultarli per sempre.
Passarono i secoli e davanti agli occhi stupefatti dei contadini intenti a lavorare i campi cominciarono ad emergere, soprattutto dopo le piogge che dilavavano il suolo, monete che luccicavano al sole e facevano pensare che fossero esse la causa dell’arcobaleno. 
Talora alla prima moneta, grattando il terreno, seguiva una seconda, poi una terza e infine un intero vaso di terracotta pieno zeppo di monete d’oro. 
Motivo più che sufficiente, mi sembra chiaro, per inseguire la fine dell’arcobaleno.

3 commenti:

  1. Inseguire l'arcobaleno ..... che bella immagine ... e non importa cosa ci sia alla sua fine. miao miao

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  2. Io la mia monetina alla fine dell'arcobaleno l'ho trovata in Irlanda, ce l'ho sempre nel portafoglio come portafortuna...

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Ludovico Maria Sinistrari di Ameno.