La mia ricerca mi ha portato sulla vetta del Mottarone, la montagna dei due laghi, come viene chiamata, perché unisce, più che separare, il Lago Maggiore dal Lago d’Orta.
Fino agli anni Ottanta dell’Ottocento, la montagna, che all’epoca era chiamata Monterone, Motterone o Margozzolo, ospitava solamente numerosi alpeggi e allevamenti. Non solo pecore, capre e bovini, ma anche cavalli, almeno fino a quando nel 1850 il governo Sabaudo, preoccupato che i preziosi animali potessero finire nelle mani degli Austriaci che all’epoca dominavano sulle terre lombarde, decise di trasferirli alla Mandria, vicino a Torino.
Fu un avvocato di Vacciago, Orazio Spanna, a lanciare il Mottarone (fu lui a coniare nel 1885 il nuovo nome da “meut rond”, motta rotonda) nell’olimpo delle località turistiche. Per farlo occorreva naturalmente costruire, letteralmente dal nulla, un albergo in grado di ospitare la qualificata clientela dell’epoca, offrendo servizi all’altezza delle aspettative.
Ma occorreva qualcuno in grado di realizzare quel sogno. Spanna lo trovò a Varallo Sesia nell’albergo Italia, gestito dalla numerosa, a dir poco famiglia Guglielmina: otto fratelli con ventiquattro figli. Bocche da sfamare, certo, ma anche menti fervide di iniziative e voglia di fare. Con il supporto del CAI, che offrì una sottoscrizione di lire 1.208 e 27 centesimi, i lavori iniziarono il 28 giugno 1883 in modo da consentire, il 15 giugno 1884, l’inaugurazione del Grand Hotel Mottarone. Una struttura a cinque stelle che nel solo 1885 ebbe tra i suoi ospiti la nobiltà di mezza Europa.
E lo Spanna, nel frattempo, continuava la sua opera di propaganda a favore del Mottarone, descrivendo ad esempio, il viaggio compiuto dalla sua famiglia da Armeno fino all'albergo Guglielmina su un carro a due ruote trainato da due robusti buoi. E auspicando gli arrivi delle cavalcature da Omegna, quelli in carrozza da Armeno, con la funicolare dal lago Maggiore e persino quelli dal cielo in mongolfiera.
L’entusiastico paladino del Mottarone morì nel 1892, mentre la Belle époque del Mottarone prendeva il via. Nel 1911 veniva costruita la ferrovia elettrica da Stresa (la prima in Italia a cremagliera), che percorreva in un’ora e dieci minuti i 10 km del percorso in sei fermate. E con l’apertura invernale, dal 1908, il Mottarone diventò una rinomata stazione sciistica, tanto più in quanto facilmente raggiungibile dalle grandi città del nord Italia.
Nel 1934 un decreto ministeriale assegnò al Mottarone la “Coppa d’Oro del Duce”, il primo Slalom gigante internazionale, disputata dal 18 al 20 gennaio 1935. Il trenino all’epoca serviva anche le piste, in quanto poteva essere preso dalla penultima fermata anche dagli sciatori, mentre il primo impianto di risalita fu costruito solo nel 1940.
Ma la storia del Grand Hotel Mottarone era giunta al suo drammatico epilogo. Mentre la guerra, che infuriava ormai ovunque, aveva trasformato i turisti inglesi in nemici e mentre il mondo avvampava nella follia e nelle fiamme, il 17 gennaio 1943 un banale corto circuito scatenò un incendio che distrusse completamente il Grand Hotel Mottarone, causando la morte di quattro persone.
E qui, sul luogo del mai ricostruito, né dimenticato, Grand Hotel mi sembra di vedere il mio amico Alfa, muoversi come un’ombra tra le ombre, prima che le grida dei ragazzi che affollano tuttora la vetta mi riporti alla realtà.
Interessantissimo come sempre ....
RispondiEliminasi Alfa potrebbe aggirarsi i n un luogo così ..... miaaoooooo
Non conoscevo proprio la storia del Grand Hotel Mottarone
RispondiEliminaChe storia triste quella del Grand Hotel Mottarone! Ha fatto la sua epoca, che peccato che sia finito bruciato... sì, in effetti ce lo vedo anch'io Alfa a ripercorrere i fasti del Grand Hotel.
RispondiEliminaLa Belle Époque ha qualcosa di struggente.
RispondiEliminaSarà la magia del nome, sarà che è stata spazzata via dalla Grande Guerra, sarà che i sogni sono duri a morire...
Gli arrivi in mongolfiera al Grand Hotel Mottarone hanno qualcosa di surreale e fantastico. Viene voglia di essere lì, vestiti in stile steampunk, rivisitato e corretto, con gli occhialoni da aviatore ed il cilindro tenuto fermo da una lunga sciarpa, dentro la navicella di vimini del "novissimo" aerostato, mentre si sta per atterrare nei verdi prati antistanti l'Hotel... O si decolla da essi??? Potrebbe essere quella la via di fuga intrapresa da Alfa!!! ;-)
Un abbraccio!
:) :) :)
Ottimo post, e ottima l'idea che ne scaturisce: ricostruire quel che fu distrutto o abbandonato. E in tempo di crisi e mancanza di lavoro non è poco.
RispondiEliminaRilancio l'idea sul mio blog di economia e politica.
Ho trovato estremamente interessanti i post relativi ai Castelli del Cusio, e l'Ecomuseo del Mottarone. Il primo perchè rientra nella cerchia d'interessi avuti per le Fortificazioni del Lago di Como (vedere post Adelaide e gli Ottoniani , e Musso e il Medeghino ); l'altro per il mio interesse sui 27 Ecomusei della Lombardia (vedere Ecomuseo Adda di Leonardo ).
RispondiEliminaMi rendo conto solo ora di non aver mai risposto ai vostri commenti. Domando scusa.
RispondiElimina@ Fel: quasi certamente si!
RispondiElimina@ Tenar: una storia interessante senza dubbio.
@ Vele: si, un tragico destino che pare abbattersi come una maledizione su queste strutture.
@ Milo: probabilmente è perché anche noi stiamo vivendo la fine di quella che un giorno sarà chiamata la seconda Belle Époque?
L'idea di Alfa in stile steampunk mi piace molto!
@ Marshall: grazie per i tuoi commenti. Andrò a vedere!
RispondiEliminaAggiornamento.
RispondiEliminaCome saprete anche il rifugio Guglielmina sul Monte Rosa, costruito dalla stessa famiglia nel 1878 è andato distrutto da un incendio poche settimane fa.
Pare una maledizione...
Oggi sono stato al Mottarone ed ho fatto due passi proprio intorno alle macerie ormai semi-nascostè dal bosco. Che tristezza che ormai siano "archeologia alberghiera", e sul posto non c'è nemmeno un targa o una foto con didascalie che ne ricordino la presenza nei bei tempi andati...
RispondiEliminaPer certi versi sembra una sorta di rimozione...
EliminaIn tempi moderni ho sentito altri due modi di chiamare questa montagna, durante una raffinatissima discussione a tema "raccolta funghi" tra il mio lombardo vicino di casa e dei muratori calabresi. Dopo una serie di coordinate geografiche, che dovrebbero essere uguali e quindi chiare per tutti, tramite le quali però non riuscivano a capirsi, il mio vicino ha esclamato "Insomma, ul Mutarun!" e il muratore "Aaaaah! Il Mottarrooone".
RispondiEliminaNon so se immaginare la discussione faccia lo stesso effetto di sentirla, comunque la racconto sperando faccia ridere anche solo la metà di quanto ha fatto ridere me! :D
Pare infati che vi si trovino dei gran bei funghi! :))))
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