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martedì 30 settembre 2008

Anime morte ad Orta...



... ma non si tratta in questo caso di spettri. Le anime morte di cui si parla sono quelle che danno il titolo ad un romanzo incompiuto di Nikolaj Gogol’.
Composto dallo scrittore nel corso di oltre quindici anni di lavoro per lo più durante il soggiorno romano, il romanzo racconta le avventure del truffatore Čičicov. Questi è un modesto proprietario terriero che tenta di fare fortuna con mezzi disonesti. Così batte la campagna russa per comprare, da altri proprietari, le “anime morte”, ossia i nomi dei servi della gleba deceduti dopo l’ultimo censimento. A quei tempi infatti il patrimonio terriero veniva calcolato sul numero di “anime” possedute dai proprietari ed è questo numero che permette a Čičicov di ottenere dalle banche prestiti consistenti.

Marc Chagall nel 1923 propose all’editore Ambroise Vollard di rileggere l’opera attraverso 96 tavole incise. Anche quest’opera ebbe un destino travagliato. Chagall incise infatti le prime lastre nel 1924, concludendole verso la fine del 1925, e stampandole nel 1927 presso la calcografia Fort per l’editore Ambroise Vollard. Quest’ultimo, pur entusiasta del risultato, continuò a rimandare la pubblicazione dei libri, fino al sopraggiungere tragico della sua morte.

Fu Stratis Eleftheriades detto Tériade, editore di origine greca, a terminare il monumentale progetto, il 28 ottobre 1948, a Parigi.

Le tavole sono attualmente esposte ad Orta San Giulio (No) presso Palazzo Ubertini.

La mostra “96 INCISIONI DI MARC CHAGALL che illustrano il romanzo Le anime Morte di Gogol” è organizzata dall’Associazione Culturale Overview e curata da Flavio Arensi. Accompagna l’esposizione un catalogo Allemandi.

Se volete visitare la mostra (aperta fino al 16 novembre 2008) questi sono gli orari:
Da martedì a giovedì: 10:00-19:00. Venerdì, sabato e domenica: 10:00-23:00
Biglietti: intero 7,00 €. Ridotto 5,00 €

La mostra è organizzata dall'Associazione Culturale OVERVIEW , con sede a palazzo Penotti Ubertini, cui ci si può rivolgere per maggiori informazioni: info@associazioneoverview.it
www.dimoradellearti.com



Articoli correlati su:
http://www.ortasangiulio.eu/
Orta Blog.



lunedì 29 settembre 2008

Lo Strona. Anno 5, n. 4 Ottobre/Dicembre 1980

"Viva San Giulio"
I patriarchi della montagna
Viaggio fra le fonti della storia di Soriso
Soriso
La casa del Cotta ad Ameno
Vecchio ricordo ossolano
Un secolo nella memoria
Gli Statuti di Pettenasco
Campanilismo e smembramento delle parrocchie del Vergante
Pigrizia e fantasia
Antichi giochi infantili
Fantasmi e fisiche delle Quarne
Alpinia
Recensioni
Cronache

domenica 28 settembre 2008

Lo gnomo di Curiglia

Rossana Girotto Rossana Girotto, giornalista free-lance e "poetrice" ha inviato questo comunicato. Poiché parla di gnomi e di una località vicino ad un lago vicino al Lago dei Misteri, volentieri lo pubblichiamo.

Finalmente ho tra le mani il mio nuovo libro (ne ho pubblicati altri due, ma autoprodotti), una favola ambientata sul Lago Maggiore intitolata “LO GNOMO DI CURIGLIA” .
Edito da una piccola casa editrice di Sesto Calende, Il Colibrì, è una storia che si svolge tra la Valle Veddasca, Luino e Cannero, e le bellissime illustrazioni di Filippo Bruno completano le situazioni divertenti e piene di magia che i protagonisti vivono in una giornata di fine agosto.
Curiglia con Monteviasco è una piccola località montana nelle Valli del Luinese, un paesino suggestivo con pochi abitanti stanziali, anche perché la località Monteviasco si raggiunge solo tramite funivia o con una camminata di circa un’ora mentre la frazione di Piero ospita antichi mulini in parte ristrutturati che si trovano su un declivio erboso sulla riva di un torrente bellissimo.
La mia favola non riprende storie o leggende locali già esistenti, è assolutamente originale frutto della mia fantasia, ma ovviamente riprende temi reali, primo fra tutti l’esistenza della olenite, un minerale appartenente alla famiglia delle tormaline.
Mio marito, geologo, ha infatti estratto a Curiglia alcuni cristalli durante una gita nella quale, per l’appunto, abbiamo incontrato nell’ordine: i due gatti, la fontanella, la piccola baita (che sarà la casa dello Gnomo) e la signora del Circolo diventata poi “la Teresa”.
Solo dopo, indagando sul sito della comunità montana, ho scoperto che il nome di Piero ha origine da APIARIUM, ossia “allevamento di api”, e che quindi la questione del miele sollevata nella mia storia ha una base pertinente!
Infatti il sindaco Valerio, dopo la festa per la vittoria delle capre locali alla fiera di Luino, si trova a trattare con entità magiche per salvare il miele vittima di un maleficio.
Come in tutto ciò che scrivo, anche se di fantasia, c’è sempre una parte personale, e se non proprio di me, parlo di fatti, sensazioni e persone che mi circondano.
Nello Gnomo di Curiglia quindi i personaggi hanno nomi e fisionomie dei miei amici più cari e dei miei famigliari, non necessariamente abbinati, anzi direi proprio scombinati.
E, naturalmente, questo racconto è una dichiarazione d’amore alla mia terra e ai luoghi che amo particolarmente: il Lago Maggiore e il territorio che lo circonda, e poi Curiglia e Cannero, due paesi… fiabeschi già nella loro realtà!
L’illustratore Filippo Bruno ha trasformato in splendidi disegni le immagini che avevo in testa, esattamente, e l’amico giornalista /viaggiatore Silvano Moroni mi ha dato la possibilità di vedere questo sogno trasformato in realtà grazie alla sua piccola casa editrice.
Il libro è per ora disponibile presso la libreria TARANTOLA di Sesto Calende, e nei prossimi giorni verrà consegnato a Librami di Arona, al costo di € 15,00.
Verrà distribuito solamente in punti vendita locali, nella zona del Lago Maggiore appunto, ma per comodità potete richiederlo anche a info@mineraliepietre.com oppure direttamente a Rossana Girotto rossana67@libero.it e vi verrà spedito in contrassegno senza spese postali.

Il giornalista e scrittore Lamberto Ruffini scrive così nella sua prefazione:

"Fate, gnomi, stregoni, sortilegi e incantesimi: è la saga di Harry Potter? Ma no!
Sono i protagonisti e gli ingredienti del racconto di Rossana Girotto che, pur avvalendosi di uno scenario reale, la selvaggia Curiglia e la luminosa area del Verbano, sviluppa la trama con elementi fiabeschi che si intrecciano a situazioni di vita vera.
Solo in ambienti rurali i rapporti interpersonali sono così spontanei e poco formali come quelli descritti nel racconto: tutti si conoscono e si aiutano.
La lezione per tutti noi è chiara: ci vuole più attenzione al bene della collettività piuttosto che pensare a soddisfare esclusivamente i bisogni individuali, essere più rispettosi dell'ambiente che ci circonda piuttosto che soddisfare le esigenze personali.”

Rossana Girotto
Giornalista free-lance e poetrice
Direttore responsabile di SestoCalendeInformazioni
Tel. 347 4276332
rossana67@libero.it

sabato 27 settembre 2008

Il verdetto


La giuria, riunitasi in segreto conclave, ha esaminato accuratamente i quattro racconti scelti dai lettori de Il lago dei Misteri.

Per i distratti ricordo che i quattro racconti erano:

Il tesoro dei draghi di Francesca D'Amato
La pentola d'oro di Francesca D'Amato

Lä val d'ij cinch di Massimo M. Bonini - Bunin
La cappella della Turigia di Massimo M. Bonini - Bunin

La giuria ha selezionato due racconti, uno per autore.

La pentola d'oro, che ha prevalso di poco su Il tesoro dei draghi.
Lä val d'ij cinch, che è stato invece votato all’unanimità.

I due racconti si sono poi affrontati in un’epica sfida che ha visto contrapposti da un lato i cinque giganti della valle e dall’altra gli gnomi armati di arco-baleno. Il risultato finale sarà annunciato in diretta a Siamo in Onda, su Puntoradio (ascoltabile anche via internet dal banner su questo sito) sabato 4 ottobre.

Ulteriori aggiornamenti nei prossimi giorni.

venerdì 26 settembre 2008

Parla il Lago dei Misteri



Mi dicono d’Orta o Cusio, ma mi hanno chiamato anche col nome di un santo. Nessuno tuttavia conosce il mio vero nome.

Da qualche tempo un misterioso personaggio, che si cela dietro la prima lettera dell’alfabeto greco, ha deciso di raccontare i miei tanti misteri e le leggende che sono fiorite sulle mie sponde. Ho acconsentito volentieri, perché sono un lago bonario anche se, di tanto in tanto, il vento mi irrita a tal punto da farmi agitare tutto. Così, quando serve, do una mano ad Alfa pubblicando qualche notizia sul suo blog.

Oggi, approfittando dei suoi impegni ho deciso di parlarvi direttamente, per raccontarvi il fatto cui ho assistito. Nel porto di Buccione ho visto salire su una barca quattro personaggi quali difficilmente se ne vedono ormai in questa epoca.
Un tempo era diverso. Lì s’imbarcavano i vescovi, Conti della Riviera di San Giulio, e i loro castellani, e canonici e pellegrini e mercanti e viaggiatori di ogni paese, ma ora… cosa resta ora di quella grandezza? D’estate, quasi solo d’estate, motoscafi, barche a vela e belle ragazze in costume. Non che mi dispiaccia, in fondo, ma che volete farci, sono un nostalgico e rimpiango i bei tempi andati…

Scusate, ogni tanto mi sprofondo nei ricordi, lasciandomi carezzare da loro come fa l’Inverna dopo il mezzogiorno.

Vi stavo dunque parlando dei quattro insoliti viaggiatori. Due uomini e due ragazze , giunti per strade diverse allo stesso luogo, seguendo un misterioso richiamo. Li ho osservati, scrutandoli uno ad uno, mentre salivano sull’imbarcazione cullata dalle mie onde.
La prima a salire agilmente sulla barca è stata una giovane mezzelfa che si dice abbia studiato nei palazzi della Capitale. Ascoltando i loro discorsi ho capito che ha scritto anche un libro, con una storia sul misterioso impero del Cile.
Silvia, questo il nome della mezzelfa scrittrice, è stata presto raggiunta da una coppia alquanto particolare. Un’aspirante incantatrice di draghi a braccetto con uno stregone. Di Tenar, questo il nome della ragazza, lo stregone sussurra che sia una ben strana creatura e lei stessa, del resto, lascia intendere nel suo diario di avere nelle vene sangue di drago. Di se stesso Nik lo stregone dice di essere malvagerrimo, ma sospetto si tratti di vuote vanterie. Ne ho conosciuti e ne conosco io di stregoni ben altrimenti malvagi…
Nik si è subito posizionato sulla prua della barca scrutando le mie acque coi suoi occhi acutissimi, ai quali nulla rimane nascosto a lungo. Le due ragazze, invece, si sono sedute sulle panchette a discorrere amabilmente di libri, solleticandomi distrattamente con la mano il pelo dell’acqua.
I tre sono stati raggiunti da un quarto personaggio, che camminava in equilibrio su una fila di libri, che gettava a terra davanti a sé per poi raccoglierli dopo averli superati. L’Equi Librista Marco è saltato agilmente sulla barca, si è seduto a poppa e si è tuffato immediatamente in uno dei suoi libri. Nessuno di loro ha messo mano ai remi. Non ce n’era bisogno del resto perché la barca, quella barca, non ha certo bisogno di remi per navigare.

Solcando leggermente l’acqua l’imbarcazione si è diretta verso un punto ben preciso, incrociando nel suo cammino un barcaiolo di quelli di Orta. Già me lo immagino Caronte,
col bicchiere mezzo riempito in mano e il viso paonazzo, raccontare al Filosofo di quella barca che procedeva da sola e che ad un certo punto è scomparsa davanti ai suoi occhi!

La seconda isola si trova infatti in un luogo a cui solo pochi iniziati possono accedere. Da quando l’uomo chiamato Alfa ne ha scoperto il segreto vi passa una buona parte del suo tempo, soprattutto delle sue notti, ad abbellirla e modificarla.

Alla fine la barca ha raggiunto l’isola. Alfa aspettava con ansia i quattro, giunti fin lì seguendo il suo richiamo. Li ha condotti in una stanza segreta, dove era disposto un pentalfa, attorno al quale i cinque si sono seduti per compiere un rito antico.
Hanno ascoltato dei racconti. Quindi hanno iniziato a dividerli, riducendoli da quattro a due e da due a uno. Perché si realizzasse ciò che fu scritto all’inizio: alla fine ne rimarrà solo uno.

giovedì 25 settembre 2008

Ed ecco i finalisti!

La votazione del concorso "Racconta il tuo mistero" si è conclusa puntualmente a mezzanotte.

Voti 8 - Il tesoro dei draghi di Francesca D'Amato
Voti 6 - La pentola d'oro di Francesca D'Amato
Voti 4 - Lä val d'ij cinch di Massimo M. Bonini - Bunin
Voti 4 - La cappella della Turigia di Massimo M. Bonini - Bunin
Voti 3 - La Creatura di Gevaudan di Mosarella.
Voti 2 - La marcia degli zombie di Francesca D'Amato

Passano pertanto in finale i seguenti racconti
Questi i risultati:
  1. Il tesoro dei draghi di Francesca D'Amato
  2. La pentola d'oro di Francesca D'Amato
  3. (ex aequo) Lä val d'ij cinch e La cappella della Turigia di Massimo M. Bonini - Bunin
La parola passa ora alla giuria che valuterà in conclave segretissimo i due concorrenti rimasti in gioco, ciascuno con due racconti.

Il terzo posto (il premio finale è infatti assegnato all'autore, non al racconto) è invece già conferito a Mosarella.

lunedì 22 settembre 2008

Votate, votate, votate



Il concorso “Racconta il tuo mistero” si è concluso ieri sera.
Come in ogni storia del mistero che si rispetti, all’ultimo minuto, o meglio due ore e undici minuti prima della mezzanotte, un nuovo concorrente, il Bunin, si è aggiunto ai due sfidanti già in gara. A dire il vero per essere ammesso definitivamente deve confermare l’accettazione del regolamento, ma i suoi racconti sono provvisoriamente ammessi.

Inizia pertanto la seconda fase.
Sta ai lettori del blog votare i tre misteri preferiti tra quelli di seguito elencati:

1. Il tesoro dei draghi di Francesca D'Amato
2. La cappella della Turigia di Massimo M. Bonini - Bunin
3. La Creatura di Gevaudan di Mosarella.
4. La marcia degli zombie di Francesca D'Amato
5. La pentola d'oro di Francesca D'Amato
6. Lä val d'ij cinch di Massimo M. Bonini - Bunin

Avvertenze:
1. Il voto deve necessariamente indicare tre misteri, da individuarsi col titolo, il link o qualsivoglia altra forma di riconoscimento.
2. Non possono essere votati più di due misteri per autore.
3. Non sono validi i voti anonimi. Gli utenti non registrati devono rendersi in qualche modo riconoscibili per evitare voti doppi.
4. I componenti della giuria in questa fase non possono votare.
5. Gli autori, ovviamente, non possono votare, ma è ammesso che facciano promozione.
6. La giuria popolare può votare, entro le ore 24 del 24 settembre 2008.


La giuria chiamata a giudicare i tre misteri selezionati è costituita invece da:

Marco l'Equi Librista di Siamo in Onda
Nik Quindicidecimi
Silvia la Mezzelfa
Tenar
E, naturalmente, dal vostro Alfa.

Il mistero vincitore sarà letto sabato 4 ottobre a Siamo in Onda, il Talk show di Puntoradio. Successivamente sarà pubblicato come Pillola di Mistero su YouTube - illagodeimisteri's Channel. All’autore o autrice del racconto vincente sarà inoltre inviata una pubblicazione sulle storie del Lago d’Orta in omaggio. Verranno assegnate menzioni speciali per il secondo e il terzo classificato.

domenica 21 settembre 2008

I draghi del lago d’Orta - 5



Il Maestro mi osserva con aria l’aria soddisfatta, ma non ancora sazia, di un gatto che ha ancora a portata di zampa qualche topolino della famiglia che va decimando.
«Che le cose stessero come ti ho detto, si intuisce anche da un altro fatto. Gli indigeni, se così posiamo chiamarli, tengono infatti uno strano comportamento nei confronti dei due fratelli. A Gaudianum, ad esempio, alcuni uomini si trovavano a passare per la via dove si stava costruendo la chiesa. Tra parentesi: la cosa è interessante, perché noi sappiamo che l’oratorio venne costruito lungo una via che collegava Novara all’Ossola. Ad ogni modo, questi uomini hanno un timore. Ascolta cosa dice la Leggenda.»
Il Maestro riapre il librettino alla pagina 30.
«Si dissero l’un l’altro: “pensi che tali uomini costringeranno anche noi a trattenerci ad aiutarli? Per poter passare oltre facilmente con una scusa, mettiamo uno di noi sdraiato sul carro come se fosse morto; diremo di avere un cadavere; con una scusa di questo genere, infatti, passeremo subito oltre e non saremo trattenuti per un così gran lavoro. Crediamo infatti di non poter essere esonerati in altro modo.»
Il maestro chiude il libro e mi lancia un’occhiata come per sottolineare quelle parole.
«La storia continua coi due fratelli che effettivamente li fermano, invitandoli a dare una mano. Loro spiegano che devono portare il corpo dell’amico morto per dargli sepoltura. Giulio e Giuliano li ammoniscono a non mentire. Quelli insistono e vengono lasciati liberi di ripartire, ma quando infine si fermano il loro compagno non scende dal carro. Lo chiamano, gli dicono di non fare lo stupido, infine lo tirano finché si accorgono che l’uomo è morto sul serio. A parte la conclusione moralistica, quel che mi sembra significativo è il fatto che gli uomini avessero il fondato timore di essere costretti a lavorare e la consapevolezza di non poter essere esonerati in altro modo. Questo vuol dire che chi li fermava aveva autorità e potere di persuasione non solo morale. Ancora più interessante è però l’atteggiamento dei barcaioli.»
Il Maestro fa una lunga tirata di sigaro, per creare un po’ di suspence, mentre le mie cellule cerebrali ormai boccheggianti implorano un po’ di ossigeno.
«Secondo la tradizione Giulio non trova nessuno disposto a traghettarlo fino all’isola. Nelle versioni più addomesticate si parla del fatto che il santo non trova alcuna barca lungo la sponda, il che suona strano in un lago piccolo dove i pescatori erano certo numerosi. In altre versioni si dice chiaramente che i barcaioli rifiutano di portarlo sull’isola. La paura dei draghi è il motivo dichiarato. La paura di compiere un sacrilegio è invece l’ipotesi più probabile. In effetti sarebbe occorso un bel coraggio per traghettare un simile passeggero, chiaramente animato da intenzioni bellicose nei confronti delle divinità del lago, su un’isola sacra. Nota che la paura è tanta che le lettere dell’imperatore non paiono sortire effetto. Del resto un timore immediato e sicuro è sempre più forte di un timore possibile ma lontano. Così Giulio deve ricorrere alla sua arma segreta: il mantello zattera
«Mi pare di capire che non crede al miracolo…» azzardo.
«Quanto a quello di San Brendano che navigò su una barca di pelle nel mare del nord e sostò sul dorso di una balena!» ride il Maestro. «Comunque io ho una mia teoria… e non escludo che un giorno vedrai qualcuno navigare sull’acqua a bordo di un mantello! Ma questo è un trucco a cui sto lavorando e di cui ti parlerò un’altra volta, se ne avrò voglia…»
Così, lasciandomi sulle spine, il Maestro mi congeda con un gesto. Trovo a fatica l’uscita nella caligine dello studio. Solo quando sono fuori e i polmoni si dissetano di aria mi rendo conto che non sono riuscito a chiedergli nulla sulle profezie della fine del mondo. Di rientrare in quell’antro, però non se ne parla.
Almeno per ora.



I draghi del Lago d'Orta

Parte prima
Parte seconda
Parte terza
Parte quarta
Parte quinta

sabato 20 settembre 2008

I draghi del lago d’Orta – 4



Il Maestro non sembra essersi accorto del mio turbamento. Forse si era distratto guardando le nuvolette di fumo che danzavano nello studio. O forse se ne è accorto benissimo ed è per questo che sta ridacchiando.
«I draghi sono quindi un simbolo del diavolo e, non a caso» il Maestro torna a fissarmi «San Giulio è invocato negli esorcismi. Sull’isola ancora si conserva la gabbia in cui un tempo erano rinchiusi gli indemoniati
Queste parole mi fanno venire in mente una storia che ho ascoltato tempo fa dal Barcaiolo.
«Dobbiamo dunque pensare che sull’isola vi fosse una colonia di demoni infernali?» domanda retoricamente il Maestro. «Certo che no! Qui arriviamo al terzo modo di analizzare la leggenda e ci viene in soccorso lo storico. Prima di dare una risposta dobbiamo tuttavia chiarire chi fosse il prete Giulio, e cosa ci facesse un greco nativo dell’isola di Egina sul nostro lago. Una risposta ce la fornisce la stessa leggenda della vita del santo… A proposito, sai perché si chiama “leggenda”?»
«Ehm, a dire il vero…»
«Si vede che il latino non è il tuo forte!» ride. «Leggenda vuol dire che è da leggere! Erano storie delle vite dei santi che erano lette a scopo, potremmo dire, didattico educativo. La leggenda della vita del santo Giulio è piuttosto antica, anche se i manoscritti più antichi sono posteriori al 1066. Vi si trova infatti un riferimento all’uccisione del diacono Arialdo, che in quell’anno fu trucidato sull’isolino Partegora, di fronte ad Angera. Nuclei della leggenda sono però ritenuti più antichi e dovrebbero risalire al VI-VII secolo. Orbene, ascolta questo passaggio, tratto da un vecchio codice del XIII secolo. I due fratelli si sono presentati di fronte al cattolicissimo imperatore Teodosio, che a quei tempi risiedeva nell’Istria e aveva imposto per legge che tutti i sudditi dell’impero diventassero cristiani, vietando ogni forma di culto dei pagani. Lì sono accolti con rispetto dal Imperatore, che ritenendoli due esuli perseguitati domanda loro cosa desiderino, pronto a rendere loro giustizia. Ascolta cosa chiedono invece
Con uno dei suoi guizzi improvvisi il Maestro afferra un librettino dedicato a San Giulio Prete, edito dal Monastero Benedettino dell’isola nel 1986, aprendolo alla pagina 22.
«“Ci occorre l’appoggio delle sacre credenziali della tua clemenza e queste ti chiediamo, perché con la loro autorità, ci sia permesso distruggere tutti i simulacri profani del tuo regno, tagliare i boschi sacri e dare alle fiamme le loro are e i loro templi. In tal modo, eliminati e distrutti questi, possiamo erigere edifici consacrati a Cristo Signore, dedicarvi altari e in essi immergere nelle sacre acque battesimali le popolazioni ristorate dalla rugiada della dottrina… In questo modo noi combattiamo per la purezza della fede e tu realizzi i tuoi santi propositi.”»
Il Maestro mi indirizza uno sguardo di trionfo, prima di riprendere la lettura.
«L’imperatore, pieno di gioia, disse loro: “Vi do, secondo la vostra richiesta, le sacre lettere in modo che i patrizi, i capi dei soldati, i tribuni, i centurioni e tutti coloro che sono costituiti in autorità, obbediscano per mio ordine alle vostre parole. Il popolo conformemente a quanto voi avete stabilito vi presti aiuto con degna obbedienza e i prepositi collaborino con voi perché la santa Chiesa si moltiplichi e cresca per opera vostra. E chiunque dei nostri, disprezzando il comando, si sottrarrà alle disposizioni che abbiamo opportunamente stabilite, subirà la pena capitale.”»
Il Maestro richiude il libretto e tira una lunga boccata di tossine, prima di riprendere a parlare.
«Agli occhi dei primi cristiani gli dei pagani altro non erano se non demoni da combattere con ogni mezzo. E un tempio pagano era un’anticamera dell’inferno, da abbattere e distruggere. Se guardiamo il percorso compiuto dai due fratelli, troviamo che le loro non erano solo vuote parole. Giunti nel Lazio, dapprima si fermano nella località chiamata “Aquae Salviae”, a cinque miglia da Roma, dove, tra gli altri miracoli, mettono in fuga i demoni. Giunti in Lombardia, a Brebbia distruggono il santuario di Minerva, connesso alle sorgenti sacre. Poi si spostano ad Angera, dove esisteva un antro dedicato al dio Mitra, ma se ne vanno in gran fretta. Secondo la leggenda per aver previsto il martirio di Arialdo. Per non fare una brutta fine sospetto io. Negli stessi anni infatti alcuni missionari cristiani vennero trucidati dagli abitanti della Val di Non, inferociti perché questi stavano abbattendo i loro idoli. Se consideriamo che Mitra era sacro ai soldati, che Angera era sede della flotta romana del Verbano e che i militari dell’epoca erano per lo più barbari dal gladio facile, si intuisce che un pericolo potesse effettivamente esserci.»
La mano del Maestro passa davanti al collo, con un rapido gesto.
«Dopo di che i due fratelli giungono sul lago d’Orta e costruiscono a Gaudianum, l’odierna Gozzano, la loro novantanovesima chiesa, quello che è attualmente l’oratorio di San Lorenzo. Gli scavi compiuti all’interno della chiesa hanno evidenziato la presenza di iscrizioni celtiche e tombe romane, per ciò è probabile che nelle vicinanze del villaggio ci fosse qualche area sacra. Infine Giulio si sposta sull’isola per costruire la centesima chiesa, dove intende porre anche la sua tomba. Ti pare che avrebbe scelto uno scoglio disabitato e insignificante?»
«In effetti mi sembra improbabile» ammetto.
«Gli scavi archeologici hanno dimostrato» riprende il Maestro «che l’isola fu frequentata dal neolitico fino a tutta l’età del ferro. Non vi sono state rinvenute tracce di un’occupazione in età romana, salvo un’epigrafe che vi fu portata nell’alto medioevo come pietra di recupero. La cosa del resto è comprensibile. Durante l’età preistorica l’isola era certamente un ottimo posto per insediarsi, essendo ben difeso naturalmente e al centro di un lago pescoso. In età romana è probabile che l’isola, come molti altri centri preromani, sia stata abbandonata dalla popolazione a favore di nuovi villaggi costruiti lungo le strade principali. Ora, questa è solo un’ipotesi, ma non è così peregrina, è possibile che il luogo dell’antico insediamento sia diventato un luogo sacro, in quanto era stata la dimora degli antenati. Oltretutto, nella religiosità delle popolazioni indigene, che non dimentichiamocelo erano di stirpe celtica per quanto romanizzati, un’isola con un bosco, al centro di un lago dalle acque sorgive, offriva gli elementi ideali per essere considerata un santuario. Essi infatti adoravano le divinità nei boschi, accanto alle sorgenti e sulle isole. Non dimentichiamoci che il santuario principale dei druidi delle isole britanniche si trovava sulla piccola isola di Mona.»
«A quali divinità potrebbe essere stato dedicato un simile santuario?» domando incuriosito.
«Questo è impossibile dirlo» sbuffa il Maestro «in assenza di testimonianze archeologiche. È però interessante notare che nel Novarese era particolarmente sentito il culto di Mercurio e delle Matrone. Lo sappiamo da numerosi ritrovamenti archeologici. Si tratta di divinità celtiche, di cui ignoriamo il nome originale, che vennero romanizzate ma conservarono molti degli attributi indigeni. È interessante il fatto che sia le Matrone che Mercurio, dio dei commerci e secondo Cesare principale divinità dei Galli, nella Gallia Cisalpina (quindi anche dalle nostre parti) sono quasi sempre associati ai culti delle acque. Infine, ma questo forse è solo un caso, il simbolo di Mercurio è il Caduceo, un bastone attorno a cui sono arrotolati due serpenti o, meglio, due piccoli draghi.»


I draghi del Lago d'Orta

Parte prima
Parte seconda
Parte terza
Parte quarta
Parte quinta

venerdì 19 settembre 2008

Ultima chiamata per il concorso "Racconta il tuo mistero".


All’invito lanciato da Il lago dei Misteri a raccontare il proprio mistero ha aderito per primo, dal lontano Perù, il conquistador Francisco Pizarro, detto Mosarella, che con l’ardore giovanile che lo contraddistingue ha sguainato la sua arma: la tenebrosa storia della bestia di Gevaudan.
Ha risposto, dal nostrano Lago Maggiore un’esperta di gnomi e bacchette magiche, Francesca, che ha sfoderato un racconto sui tesori dei draghi.

La sfida tra i due agguerriti contendenti è apertissima, ma altri contendenti potrebbero scendere in campo all’ultimo minuto, approfittando del fatto che la scadenza del concorso è stata prorogata al 21 settembre.

Conosci un "mistero" e vuoi raccontarlo? Partecipa al concorso "Racconta il tuo mistero"! Il tuo potrebbe essere il racconto vincente.

I draghi del lago d’Orta - 3




«Innanzitutto dovremo chiederci» il sigaro passa improvvisamente da destra a sinistra nella bocca del Maestro «che tipo di “draghi” affrontò il Santo? La risposta si ricava facilmente dalla leggenda stessa. Poiché i “draghi” furono confinati sul monte Camosino, che è un noto viperaio, queste bestie, almeno nella fantasia degli agiografi, erano sostanzialmente delle grosse serpi. Questo è confermato peraltro dall’iconografia, dove si vede il santo, a bordo del mantello – zattera, accostarsi ad un’isola brulicante di grossi serpenti che protendono bocche e lingue velenose. D’altro canto l’identificazione del “draco” col serpente è abbastanza frequente nei testi antichi, nonostante alcuni tentativi di distinzione tra anguis che vive nel mare, serpens che striscia sulla terra e draco che vola nell’aria. Ma già Isidoro di Siviglia riteneva inapplicabile tale distinzione e infatti...»
Il mio interlocutore corre il serio rischio di cedere ad un altro dei suoi molti difetti: la prolissità. Lo intuisco dallo sguardo che inizia a vagolare nell’aria inseguendo le volute di fumo mentre parla. Così entro a gamba tesa nella geometria dei suoi ragionamenti.
«Ma l’osso del drago che sta appeso nella sacristia della basilica?» domando con aria fintamente ingenua. «È di dimensioni ben maggiori a quelli di una vipera…»
«L’osso del drago!» il Maestro mi fulmina con un’occhiataccia. «Benedetta ignoranza! Come prima cosa, si dice che l’osso sia stato trovato nel Buco dell’Orchera, qui a Orta e non sull’isola. Secondo: quella è una vertebra di balena. Terzo, poiché le balene vivono nel mare, e certamente non possono risalire a nuoto fino al lago d’Orta, quell’osso è stato portato qui, via terra, da qualcuno. Per quale motivo? Ascolta le parole del Cotta!»
Con uno scatto riapre il libro, stavolta alle pagine 316 e 317 e legge.
«Tra gli progenitori di quella razza pensano alcuni si ritrovassero bestie di corporatura uguale ad un uomo, e ne deducono l’argomento dalla proporzione di un osso (questo è un nodo del dorso) il quale appeso al cielo della sagristia, si mostra a’ creduli curiosi, con asserirglielo avanzo di quei brutti animali.»
Il libro chiuso di scatto apre, con l’aria smossa, un labile varco nella caligine dello studio. Gli occhi del maestro scintillano per un istante in quel vuoto, prima che si avventi come un serpente sul sottoscritto.
«Hai capito?» mi domanda «Creduli curiosi! Neanche il Cotta, che nacque nel diciassettesimo secolo, credeva a quella panzana!»
«Dobbiamo dunque credere» domando «che San Giulio abbia compiuto la grande impresa di scacciare un po’ di vipere e di bisce d’acqua dall’isola? In effetti mi è capitato di vederne alcune lunghe più di due metri e con un diametro di almeno cinque o sei centimetri…»
«Non si può escludere che sull’isola ve ne fossero» il Maestro si appoggia allo schienale col sigaro in verticale nella sinistra. «Se l’isola era disabitata, come è probabile che fosse. La questione però è un’altra. Non è un caso che il Cotta, che già aveva avuto i suoi problemi col Vescovo… ma questa è un’altra storia… si affanni a sostenere che il racconto va preso alla lettera. I serpenti e i draghi invece sono un simbolo!»
Per dare enfasi a quella parola il Maestro traccia uno strano segno nell’aria col sigaro, come volesse disegnare un’inquietante immagine di fumo. Poi riprende.
«E fu precipitato il grande drago, il serpente antico, che è chiamato anche diavolo e satana, il seduttore del mondo intero fu precipitato sulla terra e i suoi angeli furono precipitati con lui.»
Mentre l'eco delle parole dell’Apocalisse di Giovanni si spengono nello studio, noto per la prima volta il quadro alle spalle del Maestro. Ritrae un uomo dietro una nuvola di fumo. Un uomo sul cui volto è disegnato un ghigno che non esiterei a definire malvagio. Un uomo che altri non è se non il Maestro.
E un lungo brivido mi corre lungo la schiena.



I draghi del Lago d'Orta

Parte prima
Parte seconda
Parte terza
Parte quarta
Parte quinta


giovedì 18 settembre 2008

I draghi del Lago d’Orta - 2


Ci siamo lasciati ieri con la scena del sottoscritto davanti al Maestro, fumante come e peggio di un drago. Prima di riprendere il racconto mi pare opportuno aprire una breve parentesi sul Maestro.

Con il suo modo di fare il Maestro potrebbe apparire ad alcuni lettori parecchio maleducato (per dirne una, ti fuma in faccia senza ritegno), molto scostante e decisamente irritante. Ebbene, è proprio così. Perché il Maestro vuole essere maleducato, scostante e irritante. È il suo modo di atteggiarsi. Sono d’altronde convinto che in privato egli sia anche peggio. Insomma, io proprio non lo sopporto! D’altronde, come ho già detto, o lo uccido o lo tengo così. Di cambiarlo non se ne parla.

Fine della parentesi.

Il Maestro mi guarda sorridendo, dietro una cortina di fumo quale nemmeno Londra ha visto nei suoi tempi peggiori. Sorride, o meglio, ghigna soddisfatto, perché ora che ha parlato della leggenda potrà divertirsi a vivisezionarla.
«Ci sono tre modi in cui possiamo leggere questa storia. Uno» si tocca il pollice della mano destra con l’indice della mano sinistra, con cui trattiene anche il diabolico sigaro «è dire che sono tutte fesserie, inventate dai preti, o meglio, dai canonici dell’isola, per aumentare la devozione del popolino e accrescere le offerte. Secondo: possiamo guardare la storia dal punto di vista dello storico e cercare di capire cosa si nasconda dietro questa storiella. Terzo: analizzare la storia dal punto di vista dell’antropologo per comprendere l’immaginario delle persone che hanno scritto e raccontato la leggenda
Il Maestro si concede una lunga e voluttuosa aspirazione del sigaro, rilasciando poi il fumo nell’aria sotto forma di piccoli cerchi che si fanno strada lentamente tra la caligine. Mi lacrimano gli occhi…
«Ovviamente parleremo solo del secondo e del terzo, cominciando dall’ultimo» il Maestro strizza i piccoli occhi dietro le lenti degli occhiali. «Col primo infatti il discorso si chiude subito, salvo voler aprire una polemica contro la Chiesa…»
«No, no, per carità!» lo fermo vedendo già i suoi occhi accendersi.
E il mio affettuoso pensiero corre all’amico Mosarella che, da quando il suo blog è stato condannato dal Papa, per divertirsi è costretto a guardare i balletti della polizia.


mercoledì 17 settembre 2008

I draghi del lago d’Orta - 1


«Era ora che scrivessi qualcosa di serio sui draghi, nel tuo blog. Finora hai scritto solo sciocchezze, come quella storia dell’Aoa
Lui è così. O lo ammazzi o stai ad ascoltarlo. Nel primo caso, però, non potrei scrivere su Il Lago dei Misteri del nostro incontro nel suo fumoso antro, così ingoio il rospo e non dico nulla a difesa di uno dei post più folli (lo ammetto) che abbia scritto sul blog.
Ironia della sorte, ero venuto a trovare il Maestro per parlare delle voci sulla fine del mondo, ma ora l’unica fine che riesco a prevedere è la mia. Perché il Maestro stavolta pare proprio deciso ad uccidermi, soffiandomi addosso il fumo pestilenziale del suo sigaro come neanche il drago Smog contro il povero hobbit Bilbo Baggins…
«Andiamo per ordine» le punte delle dita grassocce del Maestro si toccano nel fumo che aleggia perenne davanti al suo viso. «Secondo la leggenda, il prete Giulio, greco dell’isola di Egina, giunse sul lago ai tempi dell’Imperatore Teodosio, con patenti imperiali che gli consentivano di costruire chiese in onore al vero Dio. Lasciato il fratello Giuliano a costruire la chiesa di Gozzano, Giulio si incamminò lungo la costa occidentale del lago. Dopo essersi ristorato ad una fonte, che da allora prese il nome di Fontana di San Giulio, giunse alla punta Casario. Da qui desiderava raggiungere lo scoglio isolato al centro del lago. Non trovando però barcaioli che lo potessero accompagnare, stese il suo mantello sull’acqua e, usando il bastone come remo, raggiunse l’isola navigando su quella miracolosa zattera. Cosa accadde poi ce lo dice il Cotta.»
La mano del Maestro si muove fulminea, afferrando la Corografia della Riviera di San Giulio di L.A. Cotta (nell'edizione del 1980 curata da Carlo Carena), e apertala senza esitazione alla pagina 316, inizia a leggere il passo.
«Salito il santo sulla sommità dello scoglio, vi formò una piccola croce con ramoscelli schiantati da uno di quei cespugli, e ficcatala nella fessura d’un sasso, armossi col sacrosanto segno di Croce, e rivolto a quelli animali gridò: “Sbucate dalle vostre tane, o bestie micidiali, ragunatevi quindi, e attente uditemi. Sono già tanti anni che possedete questo mucchio di sassi e l’ammorbate col vostro fiato; egli è ormai tempo che ve ne andiate ed a me, servo di Gesù Cristo, si lasci libero per fondarvi una basilica ai santi Apostoli e tramutarlo in abitazione d’uomini. Via dunque, sgombratelo, e fra i burroni e macchie di quelle balze – segnando il vicino monte Camozzino posto alla ripa orientale – finiscano le vostre pestilenze e il propagarvi.»
Mentre parla, la mano del maestro si agita nell’aria ed indica con precisione, fuori dalla finestra, il monte Camosino, dall’altra parte del lago.
«A seguito di questo ordine» il Maestro chiude di scatto il libro «tutte le bestie si gettarono in acqua, attraversando il lago a nuoto per dirigersi nel luogo del loro esilio. Fin qui la leggenda. Ora vedremo quale mistero si nasconde dietro queste parole…»



I draghi del Lago d'Orta

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martedì 16 settembre 2008

Draghi e leggende del Garda


C’erano dei draghi anche sul lago di Garda? La domanda continuava a frullarmi nella mente dopo che Tenar ha sollevato la questione. Così mi sono messo alla tastiera e tramite il fido Google ho scoperto che…

1) Esiste un blog che si chiama Tradizioni Popolari e si propone di recuperare il “significato di Folklore = saggezza popolare.” Non posso non linkarlo. Lo inserisco d’ufficio nello “Strillo del Mistero”.

2) Esistono un sito internet (www.leggendedelgarda.com) e una pubblicazione “Leggende, curiosità e misteri del lago di Garda”, curati da Simona Cremonini. In esso la scrittrice ventinovenne ha raccolto racconti horror e le leggende fantastiche del Garda.

«Si tratta di un guida turistica che riguarda storia, tradizioni e racconti magici, spaventosi, insoliti, curiosi, misteriosi che fanno intraprendere al lettore un inconsueto giro intorno al lago, diverso da quelli descritti solitamente nelle guide turistiche tradizionali» scrive Tradizioni Popolari citando l’autrice. Argomento del libro è «il mistero, specialmente quello legato a fantasmi che vagano la notte sulle acque o sotto le acque del lago e alle città sommerse; misteriose apparizioni; inquietanti leggende; mostri veri e presunti; draghi, streghe, creature fantastiche e una mitologia che fin dai tempi antichi ha cercato di spiegare la bellezza naturale del lago».

Dei draghi, dunque, esistevano anche sul Garda, sebbene on line vi sia, per ora, poco materiale su di loro.

Arte Ponto Vida





Desy (che ringrazio per il pensiero) ha voluto conferirmi il premio "Arte Punto Vita" che, apprendo, "è un premio di qualità creato tempo addietro per onorare e riconoscere il lavoro svolto dai blogger, i loro blog motivano la terapia d’arte" (non chiedetemi cosa sia "la terapia d’arte" ...).

Vengono anche indicate le regole fondamentali per ritirare questo premio:

1. citare da chi si è ricevuto il premio;
2. dire perché si è deciso di creare il blog;
3. dire qual’è la propria arte preferita;
4. onorare altri 13 blog amici.

Ovviamente, poiché questo blog promuove la campagna "spezza la catena" e poiché Desi ha lasciato liberi i blogger di non moltiplicare i legami, lo accetto ma non conferirò il premio ad altri.
In compenso chiunque passi di qui e lo desideri può premiarsi in modalità "self service". Davvero, senza complimenti.


Incuriosito dalla scritta in portoghese, ho anche tentato di ripercorrere a ritroso le tracce del premio, ma devo dire con scarso successo.

Il premio infatti è arrivato qui da
http://lacasadegliorrori.blogspot.com/2008/09/premio-apu.html
che l'ha ricevuto da
http://sogniemagia-cristy.blogspot.com/2008/09/premio-apu.html
che l'ha ricevuto da
http://marte-venere.blogspot.com/2008/09/meme-n-30.html
che l'ha ricevuto da
http://ildiarioditempesta.blogspot.com/

Nel diario di Tempesta (poteva essere altrimenti?) mi sono smarrito, senza riuscire a trovare il collegamento al blog precedente.

In compenso ho ritrovato il premio in alcuni blog portoghesi senza poter appurare chi l’abbia inventato.
Il mistero rimane insoluto, almeno per ora.


Quanto alle domande…
2) Come ho già avuto modo di raccontare , ho deciso di creare questo blog perché mi hanno sempre affascinato le storie del passato.
3) Arte preferita? Naturalmente la scrittura, anche se mi diletto con la fotografia.

lunedì 15 settembre 2008

La disfida dei draghi ha inizio...




La blogger Terry ha ravvisato una qualche somiglianza tra il draghetto di Girolago, di cui ho parlato ieri, e Prezzemolo, la mascotte di Gardaland. Al di là della comune appartenenza alla stirpe Draco iovialis, dimostrabile da un’analisi delle principali caratteristiche di questi due draghetti (simpatia, tenerezza, aspetto “morbidoso”, ecc.) si apre un’interessante questione. Anche perché la sfida tra draghi trascina alla tenzone (c’era da prevederlo, parlando di draghi) due territori.

Si assomigliano così tanto i due draghi?
Meglio il draghetto di Girolago, sul Lago d’Orta, o quello di Gardaland, sul lago di Garda?
E ancora preferite il piccolo Cusio o il gigante Benaco (che sono i nomi latini dei due laghi, per chi non lo sapesse, N.d.A.).
O un altro lago ancora?

Ai lettori l’ardua sentenza…


PS
L’anno scorso la società che gestisce Gardaland ha mandato in pensione il fumetto di Prezzemolo. Non lo sapevo e mi sembra giusto ricordare un fumetto che si è estinto.

domenica 14 settembre 2008

A new drake on the lake




C'è un nuovo drago in circolazione sul lago d'Orta. La sua foto è stata pubblicata ieri sul blog di Girolago e viene qui riproposta.

Niente panico, però.

Sebbene normalmente non abbia una grande fiducia nei draghi, quello ritratto nella foto ha l'aria veramente inoffensiva. Credo appartenga alla stirpe
Draco iovialis, la stessa di cui faceva parte, per intenderci, anche il famoso draghetto Grisù (ve lo ricordate, vero?).
Andate a trovarlo sul blog di Girolago. Potrete decidere, attraverso un nuovo sondaggio, se il draghetto diventerà la mascotte di Girolago.

sabato 13 settembre 2008

Large Hadron Rap

Vi avevo parlato del rap cantato dai giovani ricercatori del CERN.
L'ho ritrovato (per fortuna).

venerdì 12 settembre 2008

Lo Strona. Anno 5, n. 3 Luglio/Settembre 1980

Carlo Carena, Appunti per la biografia di L.A.Cotta, p.2
Giacomo Priotto, Per un censimento degli alpeggi, p.5
Carlo Tullio-Altan, Una comunità walser delle Alpi: Rimella, p.8
Samuel William King, Dalla Colma di Campello a Varallo, p.12
Enrico Rizzi, La colonizzazione walser di Ornavasso alla luce di nuovi documenti, p.15
Anton Tonoli, "Tra Forno e Campello, 1860", p.23
Marziano Guglielminetti, Una "diceria" ortese di Achille Giovanni Cagna, p.29
Achille Giovanni Cagna, Termosifone!, p.31
Carlo Buscaglinio Strambio, I Vegezzi di Armeno, p.33
Lino Cerutti, "Il libro delle lacrime ovvero la Cacciana", p.36
Mauro Bottini, Note sulla storia esterna degli statuti di Omegna, p.39
Massimo M. Bonini, Le cappellette devozionali di Casale, p.41
Mario Bottini, Fantasmi e fisiche di Agrano, p.45
Luigi Alberti, Pasquale Maulini, Recensioni, p.47

Problemi antichi...



Si narra che gli dei, volendo punire il re di Uruk, il superbo e terribile Gilgamesh, inviarono sulla terra un rivale capace di tenergli testa. Enkidu, questo il nome del gigante, era una creatura selvatica e coperta di peli, che scorrazzava per le campagne, spargendo il terrore con il suo aspetto terribile e liberando gli animali dalle trappole dei cacciatori.
Allora Gilgamesh uscì dalla città con una prostituta sacra e la mandò dall’uomo perché lo seducesse. La donna si mostrò ad Enkidu, che si accese subito di desiderio per la sua bellezza. Giacquero assieme incessantemente per sette notti e sei giorni, finché Enkidu si alzò per tornare dalle fiere selvatiche. Queste tuttavia lo fuggirono, non riconoscendolo più come uno di loro.
La sacerdotessa allora chiamò Enkidu e l’invitò in città ad incontrare il grande re Gilgamesh. Prima però lo lavò e lo vestì, rendendolo presentabile.
Entrati in Uruk Enkidu sfidò Gilgamesh e i due si affrontarono come tori infuriati, finché Gilgamesh prevalse. Enkidu infatti aveva perso la propria natura selvaggia. Dopo di che i due si abbracciarono e divennero grandi amici, vivendo assieme mille avventure.

Il racconto è tratto dall’Epopea di Gilgamesh (VII sec. a.C.). Se non è, come si dice, il mestiere più antico del mondo, la prostituzione è quindi ratica molto antica e affonda nel mito. Non stupisce pertanto che anche i Vescovi di Novara e Conti della Riviera di San Giulio abbiano in qualche modo dovuto fare i conti con questo problema.

Negli statuti emanati dal vescovo Guglielmo Amidano nel 1343 si vietava (art. 29) che nell’isola di san Giulio potessero risiedere donne non originarie dell’isola, oppure che non fossero madri, mogli, figlie o serve di sicura al servizio di qualche laico ivi risiedente.


Nel 1689 il Vescovo G. Battista Visconti diede nuovi statuti, in cui si sanzionavano anche nuovi delitti. Leggiamo il testo originale.
«Essendo gravi e atroci per più rispetti li delitti della violenza, e del ratto delle Donne, Né essendovi sufficientemente provvisto per Statuto alcuno, come meritano tali delitti: perciò volendo Noi procurare rimedio a sì gravi delitti s’impone la pena dell’ultimo supplizio e confisca dei beni a ciascuno che rapirà qualche donna, o con violenza conoscerà carnalmente Donna alcuna, che non siano meretrici pubbliche, o tenterà di far tal ratto, o violento conoscimento carnale come sopra, la qual cosa s’impone parimenti a tutti quelli che accompagneranno il delinquente, o gli daranno consiglio, aiuto, o favore per teli delitti.
Per il ratto o violenza come sopra delle meretrici pubbliche sarà castigato, oltre che da pena statutaria, in altra pena maggiore anche corporale ad arbitrio nostro, secondo la qualità e circostanze del fatto e l’istesso a complici e fautori come sopra…
E poiché è cosa intollerabile che il Padre e la Madre prostituiscano le proprie figlie, volendo castigare delitto tanto infame, ed insopportabile, imponiamo pena al Padreidi cinquecento scudi e dieci anni di galera, alla madre della frusta nella piazza del Borgo d’Orta, in giorno di mercato e della catena infame e di dieci anni d’esilio; e se fosse con inganno, e resistenza della figlia s’impone la pena dell’ultimo supplizio all’uno e all’altro e della confisca dei beni.
A quelli Mariti che conculcano l’onore proprio essendo prostitutori delle loro mogli, s’impone la pena della frusta e maggiore, all’arbitrio nostro, ed a proporre accuse in ciò non solo si ammetterà la Moglie, ma anche li loro parenti.»

giovedì 11 settembre 2008

Memento




Da qualche parte, mentre gli uomini banchettavano e ridevano, un uovo covato nell’odio e nel dolore si andò lentamente sviluppando.
Un giorno il drago sorse. Ma anche allora nessuno se ne accorse. Forse perché ancora non era così potente da colpire, o forse perché viveva in paesi troppo lontani, fatto sta che l’esistenza del drago divenne manifesta solo quando, dopo giorni, mesi o anni, che importa tutto sommato, il drago colpì.
Chiedete alla gente: nessuno ricorda quando il drago strisciò fuori dall’uovo e levò il suo grido per la prima volta, ma ciascuno potrà dirvi dove si trovava nel giorno e nell’ora in cui l’attacco scattò.


Da Il Derakolion

La fine del mondo – 2 parte (fiuuu)




Alla fine il botto c’è stato.
Decine di bottiglie sono state stappate quando LHC è stato messo in funzione. Scienziati in festa e tutti noi a tirare un sospiro di sollievo. Il mondo è salvo!
Tutti iniziano a pensare ad altro, mentre fioccano i “ve l’avevo detto io!”

C’è però chi si ostina a tirarcela. Il solito guastafeste infatti avverte: attenzione, il vero esperimento non è stato ancora effettuato. Anzi è stato rimandato di qualche giorno, chissà perché, quindi dovremo temere nei prossimi anni questa sorta di spada di Damocle sulla nostra testa…

Insomma la fine del mondo è rinviata. A proposito il prossimo appuntamento, segnatevelo in agenda, è per il 21.12.2012. Siccome però l’argomento è complesso e ho bisogno di un punto di vista scientifico, ho deciso che andrò a fare visita ad una nostra vecchia conoscenza (i miei polmoni già ringraziano, pensando agli ettolitri di fumo passivo che dovranno filtrare…).

Avrei voluto concludere questo post con un video tratto da You Tube, in cui i giovani ricercatori del CERN cantavano un simpatico rap in onore a LHC. Se non che, mentre stavo guardando il video, questo è scomparso (giuro!) e non è più possibile vederlo. Spero VERAMENTE che si tratti solo di un problema tecnico temporaneo.

mercoledì 10 settembre 2008

Black hole on Earth 10/9/2008


Su You Tube ho trovato un video per coloro che desiderano sapere cosa accadrebbe se un buco nero realmente venisse attivato oggi sulla Terra...

martedì 9 settembre 2008

La fine del mondo - 1 parte (si spera)






Se per caso vi siete persi la notizia (annunciata in agosto mentre eravamo tutti al mare) è bene che vi segniate in agenda la data di domani.

10 settembre 2008, ore 9 e 11 minuti: inizio della fine del mondo.

I soliti fanatici religiosi che annunciano l’Apocalisse? Non proprio. Questa volta è un gruppo di scienziati a lanciare l’allarme.
Al CERN di Ginevra verrà infatti messo in funzione un nuovissimo acceleratore di particelle, chiamato LHC (Large Hadron Collider) che intende ricreare il Big Bang.
Per chi non lo sapesse il Big Bang è la madre di tutte le esplosioni, quell’istante in cui una potenza infinita esplose improvvisamente provocando la nascita dell’universo. Senza il Big Bang non vi sarebbero le galassie, le stelle, i pianeti e nemmeno noi, naturalmente, saremmo qui ora a scrivere e a leggere. Neppure la luce e il tempo esisterebbero senza di esso. Per farla breve, senza Big Bang nulla esisterebbe.

Ovviamente il botto che si apprestano a fare al CERN non è così Big come l’originale. Gli scienziati assicurano che “non c’è alcun pericolo” e sono pronti all'accensione, prevista appunto il 9/10 alle 9.11 (e già la scelta dell'orario non è delle più fauste, ma evidentemente al CERN non sono superstiziosi).
Forse perché questa è la frase che pronuncia di solito lo scienziato pazzo nei B movie prima di dare il via alla catastrofe, l’idea che venga ricreato un Big Bang nel bel mezzo dell’Europa non è piaciuta. Altri scienziati hanno infatti cercato di fermare l’esperimento ritenendo che esso potrebbe creare quanto meno un buco nero capace di risucchiare la terra.
In pratica, mi scusino i fisici per l’imprecisione, è come se qualcuno stesse per accendere un aspirapolvere così potente da risucchiare non solo la polvere, ma l’aria, gli oceani, le montagne e tutto quanto sta sopra e sotto esse. Senza avere alcuna possibilità di staccare la spina perché l’aspiratore si ricarica con quello che ingoia.

Poiché nessuno è riuscito a fermare l’esperimento non ci resta che attendere per avere la fatale risposta alla domanda: hanno torto i superstiziosi oscurantisti o gli scienziati pazzi?
Se lo desiderate potete anche scommettere. Davvero! Un bookmaker inglese pagherà 1 milione a 1 se ci sarà la fine del mondo. C'è da scommettere però su qualche difficoltà nell’incassare la vincita.
Se poi non volete spendere potete quanto meno rispondere al nuovissimo sondaggio pubblicato qui a fianco, affrettatevi però...

Naturalmente la fine del mondo non ci sarà
(facendo i debiti scongiuri) nemmeno questa volta.

Ma se la vera data della fine del mondo vi fosse annunciata con un giorno d’anticipo, come passereste quelle ultime 24 ore?

23 h 59’ 59”

23 h 59’ 58”

23 h 59’ 57”

23 h 59’ 56”

23 h 59’ 55”

23 h 59’ 54”

23 h 59’ 53”

lunedì 8 settembre 2008

Lo Strona. Anno 5, n. 2 Aprile/Giugno 1980

Mario Soldati, Con Mario Bonfantini, i primi anni di guerra, p. 2.
Luigi Alberti, Incontro con Théodore Strawinsky, p. 8
Théodore Strawinsky, Souvenir et propos, p. 9
Paolo Sibilla, Sulla Fondazione di Rimella. Concordanze fra documenti storici e
tradizione orale, p. 12
Alfredo Papale, Antichi testamenti e usi funebri di valle Strona, p. 15
Paolo Monti, Fotografare ottantanni fa, p. 20
Romeo Monti, Immagini di vita contadina, p. 21
marziano Guglielminetti, Per Augusto Mazzetti, p. 27.
Giovanni Ragazzoni, Alla riscoperta delle macchiette perdute: Il Germandoni, p. 29
Silvio Alfieri, Quel Massone che al vertice di lunga erta montana...., p. 33
Mario Nicolazzi, Nota sull'antica economia contadina delle Quarne, p. 34
Giuseppe Buschini, Calogna, p. 37
Mario Bottini, Fantasmi e fisiche a Cireggio, p. 39
Pietro Chivenda, I Moglini di Nonio, p.41
Luigi Rondolini, "Montagnaviva", p. 43.
Giorgio Pasquaré, Il piano idro-geologico in valle Strona e nel Cusio-Mottarone, p. 44
Massimo Bonfantini, Mario Bottini, Giovanni Ragazzoni, Emiliano Bertone, Paolo Crosa Lenz, Enrico Rizzi, Lino Cerutti, Recensioni, p. 46.

domenica 7 settembre 2008

Il Bunin di Casale


Alcuni giorni fa ho pubblicato la storia della luna a Montebuglio. Come ho avuto modo di segnalare nella nota, la storia è un racconto tradizionale pubblicato su Lo Strona nel 1978, che a distanza di trent’anni dalla pubblicazione mi è piaciuto riscrivere in omaggio alle vecchie tradizioni.
La storia originale venne però pubblicata dal Bunin e mi sembra perciò corretto ora parlarvi un po’ di lui anche perché quando si parla di storie, tradizioni e dialetto, specialmente di Casale Corte Cerro (ma non solo) il Bunin lo si incontra spesso.
“Lunatico figlio di Buglio” si definiva nel 1978 a conclusione della storia della luna a Monte Buglio. In realtà, se vi capita di incontrarlo, avete più che altro l’impressione di incontrare uno hobbit. Salvo il fatto che non va giro scalzo e che è molto più alto della statura media deegli hobbit, condivide infatti molti delle caratteristiche di questo simpatico popolo: è gioviale, ama la buona tavola, il buon vino e le canzoni tradizionali. 

Diversamente dagli hobbit, normalmente piuttosto sedentari, fu lui, assieme ad Alberto Fantoni, a consumarsi su e giù per i monti le suole da studente universitario, intervistando e ascoltando i racconti dei testimoni nei villaggi, nelle osterie, sugli ultimi alpeggi. La ricerca, pubblicata sempre su Lo Strona nel 1977 col titolo “Canti popolari del Cusio” nacque per passione, colleandosi però ad un più esteso progetto condotto da Roberto Leydi il grande etnomusicologo italiano, vissuto a lungo ad Orta e purtroppo scomparso nel 2003. 
Leydi partecipò al  Nuovo Canzoniere Italiano che si proponeva di riscoprire e riproporre attraverso pubblicazioni discografiche, la ricca tradizione del canto sociale italiano. Un’attività tesa a documentare, anche attraverso registrazioni audio, quel ricchissimo patrimonio di canzoni e musiche popolari che, lo si avvertiva chiaramente già negli anni sessanta del secolo scorso, andava rapidamente scomparendo con l’avanzare della modernizzazione e la scomparsa degli ultimi testimoni. Alla morte di Leydi il materiale raccolto ha purtroppo lasciato l’Italia, confluendo nel  Centro di dialettologia e di etnografia di Bellinzona (nato nel 2002 dalla fusione del Centro di dialettologia della Svizzera italiana e dell'Ufficio dei musei etnografici) per essere catalogato e valorizzato. 

Il nostro Bunin, nonostante i suoi mille impegni, continua tuttora ad occuparsi di cultura locale ed è, tra le varie cose, anche Presidente dell’Ecomuseo del Lago d'Orta e Mottarone. Ho scoperto recentemente che tiene a sua volta un blog dedicato alla storia e alle storie di Casale Corte Cerro che non posso non linkare e suggerirvi di visitare. 

sabato 6 settembre 2008

Fiorina la masca





Nel libro dei morti del comune di Montà si legge:

25 ottobre 1628: Fiorina moglie del fu Pietro Callorio morì sin li 20 del presente nelle carceri del castello per esser stata accusata per Masca, e non essendo stata convinta, d'ordine del molto Illustre et molto Rev. Signor Francesco Giorgio Vicario generale, come per sua sotto li 23 ottobre 1628, si è sepolta nel cimitero della parrochiale di San Michele, sendosi confessata e comunicata questa ultima passata Pasca, e mentre era in carcere anche confessata, come anche sepolta da me Gio. Gullielmo Almondo curato".

Triste è la vicenda di Fiorina processata come masca (strega, in piemontese) dall’inquisitore e morta in carcere il 20 ottobre 1628 senza aver mai confessato. Per questo, avendo ricevuto i sacramenti, Fiorina riuscì quanto meno a farsi seppellire in terra consacrata.
Da queste scarne notizie prende il via una ricerca storica (condotta da Cristina Quaranta) che culminerà sabato 13 e domenica 14 Settembre 2008 in una "Rievocazione Storica e processo alla Masca Fiorina" in cui si ripercorrono le vicende storiche della Montà del ‘600.

Una rappresentazione teatrale non può evidentemente risarcire la vita spezzata della povera Fiorina. Forse però può aiutarci a riflettere sugli errori dell’intolleranza e dell’ignoranza.

Per conoscere la storia di Fiorina leggete qui.