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domenica 26 dicembre 2010

Samarcanda

T'aspettavo qui per oggi a Samarcanda,
eri lontanissimo due giorni fa,
ho temuto che per ascoltar la banda
non facessi in tempo ad arrivare qua.
“Samarcanda” R. Vecchioni

No, il mio viaggio non mi ha portato a Samarcanda. Non in senso geografico, per lo meno. Perché se diamo ascolto ad un’antica leggenda orientale, ripresa da Roberto Vecchioni nella sua meravigliosa canzone, c’è una Samarcanda per ciascuno di noi. È un appuntamento a cui, nonostante i nostri sforzi, non riusciremo mai ad arrivare in ritardo. E quasi certamente nemmeno in anticipo.
La nera signora che il soldato ha visto nella capitale, e da cui fugge a perdifiato su un cavallo figlio del lampo, lo attende sulla porta di Samarcanda. Esattamente nel luogo e nel tempo prefissato.

Questa canzone mi è tornata in mente mentre viaggiavo sull’aereo, in ritardo per via del maltempo che imperversava sulla fredda Scozia, che mi portava verso i mari caldi. E mentre sorvolavo le acque gelate dello sconfinato Atlantico mi sono ricordato di una storia che è stata raccontata qualche tempo fa, al margine di un convegno svoltosi ad Omegna.

La notte del 24 dicembre 1871 il piroscafo America stava navigando verso Montevideo. Il capitano della nave, carica di passeggeri che si recavano nella capitale uruguaiana per trascorrere le feste natalizie, aveva ordinato di spingere al massimo i motori in un’allegra competizione con un’altra imbarcazione. Probabilmente aveva intenzione di fare bella figura coi passeggeri, 114 dei quali avevano acquistato un biglietto di prima classe (mentre una cinquantina aveva biglietti di seconda e terza classe). Improvvisamente le caldaie surriscaldate esplosero, provocando un devastante incendio che uccise un centinaio dei 164 passeggeri.
Tra i morti in quel naufragio ci fu anche un cittadino di Pogno, sul lago d’Orta, un certo Agostino Soldi che era in viaggio d’affari in sudamerica. Tra i 65 superstiti c’era invece Ramon Artagaveytia, nato nel 1840 a Montevideo. Riuscì gettarsi in acqua e nuotare finché non fu salvato. Da quell’episodio Ramon rimase in ogni caso traumatizzato.
Nel 1912 scrisse al nipote una lettera dall’Inghilterra in cui annunciava il suo ritorno in America, con una tappa negli Stati Uniti.
Per lo meno sarò capace di viaggiare e, soprattutto, mi sarà possibile dormire tranquillamente. L’affondamento dell’America fu terribile! Gli incubi continuano a tormentarmi. Persino nei viaggi più tranquilli, mi sveglio nel mezzo della notte con incubi spaventosi gridando le stesse fatali parole: Fuoco! Fuoco! Fuoco!
Ora invece era confortato dai progressi della tecnica, che rendevano la navigazione molto più tranquilla.
Non puoi immaginare, Enrique, la sicurezza che dà il telegrafo. Quando affondò l’America, proprio di fronte a Montevideo, nessuno rispose alle luci con cui si chiedeva aiuto… Ora, con il telegrafo a bordo ciò non può accadere di nuovo. Possiamo comunicare istantaneamente con il mondo intero.”
Così, fidando nella moderna tecnologia, Ramon Artagaveytia s’imbarcò sulla nave più moderna dei suoi tempi, il Titanic. Il suo cadavere venne recuperato in mare circa una settimana dopo l’affondamento della nave.

Se volete saperne di più sulla storia di Ramon Artagaveytia potete consultare questo sito.
L'immagine di apertura è di Gaia Zuccotti, per gentile concessione.

9 commenti:

  1. Perdonami il ritardo, ma... Tanti auguri di buon Natale!

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  2. Che sfiga, poveretto!!! E su queste note allegre temo che il mio augurio di buon anno suoni un po' macabro...

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  3. Ciao Alfa!

    Questa storia da brivido è anche rassicurante.

    ?...

    Sì, perché dà delle certezze. "Nel luogo e nel tempo prefissato". Così almeno uno può anche smettere di continuare a preoccuparsi. E dibattersi inutilmente nei suoi "se" e nei suoi "quando"! ;-)

    Veramente ben scritta!

    :) :) :)

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  4. P.S. dalle Piccole Antille.

    Da alcuni giorni il crossag (Cross Antilles-Guayane) francese trasmette sul VHF 16 un panpan relativo ad un'imbarcazione da pesca, esterno di colore giallo, interno di colore blu, partita da Vieux Fort (Isola di St.Lucia) il 24 dicembre.
    Due persone a bordo, si erano dirette per pescare nel canale tra St.Lucia e St.Vincent, le ricerche non sono servite a nulla sino ad ora.
    La corrente che va ad Ovest è forte e costante. Il vento che viene dai quadranti orientali in questi giorni è sempre stato fresco, ma senza nessuna tempesta in atto, solo forti piogge. (Potrebbero aver raccolto l'acqua piovana. Speranze...)
    I pescatori qua si avventurano nei canali tra le isole con barche di sei- otto metri dotate di un solo vecchio motore fuoribordo. Niente radio, né GPS. Sono poveri. Devono mangiare. Sanno a cosa vanno incontro. Il rischio è sempre lo stesso.
    Il mare ed il vento portano verso l'America Centrale, a mille miglia.
    La speranza che non siano arrivati a Samarcanda si fa, ogni giorno che passa, sempre più debole.
    Stare in ascolto radio è pur sempre necessario, ma fa piuttosto male.
    E' solo un altro Natale, e, come al solito, il miracolo dov'è?

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  5. Poveretto è stato sfortunato quando pensava di essere tranquillo
    Anche se in ritardo auguri di buon Natale e buon anno anche a te

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  6. @ Milo: grazie per il tuo commento e per la tua testimonianza che ci ricorca come il mare sia sempre un avversario da non sottovalutare. Speriamo in bene, nel caso di questi pescatori.
    In ogni caso credo sia così, forse è inutile angosciarci per sapere quando sarà il momento, perché quando sarà, sarà.

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  7. @ terry: grazie, anche a te. Mi fa piacere rivederti!

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  8. Mi piacciono questi racconti , il destino credo sia sempre in agguato non solo drammatico , ma è lì e dobbiamo farci i conti e saperlo cavalcare quando si presenta. E' sempre un piacere passare da te miaoooooooooooo

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  9. @ Fel: hai assolutamente ragione. Non sempre il destino è drammatico. Molto più spesso, fortunatamente, il "destino" (qualunque cosa esso sia nella realtà) ci fa incontrare luoghi, situazioni o persone che arricchiscono la nostra vita.

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