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domenica 9 agosto 2015

Quota 200. Un racconto giallo. Sesta parte


Mercoledì, ore 11,30


Continuava a piovere e ormai era stata superata anche quota 197 e 73, la massima dal 1868.
Aldo Terzi portava male i suoi quaranticinque anni. Era alto, pelato, le spalle ricurve e la pancia prominente. Aveva alle spalle un passato di insegnante di lettere in un istituto alberghiero, famoso per aver le schiere di giovani che si erano distinti nelle cucine e nelle sale dei ristoranti di tutto il mondo. Si era ritirato, dopo il successo di “Tu e io per sempre”, dedicandosi interamente alla scrittura. 
«Che tragedia, povero Maccagno!»
«Lo conosceva bene?»
«Posso dire che eravamo amici».
«Quando l’ha visto l’ultima volta?»
«Credo un paio di settimane fa, ma l’ho sentito il giorno prima della sua morte.»
«Di cosa avete parlato?»
«Della difficoltà di trovare un buon romanzo giallo.»
«Non le ha parlato di Giovanni Mogano?»
«Mi ha detto di aver ricevuto un suo romanzo, ma ha convenuto con me nel ritenerlo uno scocciatore e uno sbruffone senza talento.»
«Lo conosce?»
«Ho avuto la sfortuna di incontrarlo qualche volta» fece un cenno con la mano come per allontanarne il ricordo. «Non ha mai scritto niente di buono, perché è uno di quegli istrioni della parola capaci di riempire un foglio di mille aggettivi senza dire nulla di sensato. Ha pubblicato due romanzi presso editori che stamperebbero un elenco telefonico purché lo scrittore sia disposto a pagare. Quel poco di buono che è riuscito a fare è merito di una persona a lui vicina, completamente succube del fascino di quel piccolo imbroglione.»
«Allude alla sua fidanzata?»
«Lei è molto perspicace.»
«La ringrazio, ma come fa a dirlo?»
«Alice è stata una delle mie allieve, una delle migliori, ma con un’autostima prossima allo zero. Di quelle ragazze destinate a innamorarsi dell’uomo sbagliato e a fargli da zerbino per il resto della loro esistenza, se non interviene qualche fatto esterno a salvarle. Una ragazza però di grande sensibilità artistica che cura la parte fotografica della sua presuntuosa “rivista letteraria”. L’unica cosa per cui valga la pena sfogliarla.»
«Dove si trovava martedì pomeriggio?»
«A casa a lavorare sul mio computer.»
«Ancora una domanda: ora che Maccagno è morto come immagina il suo futuro di scrittore?»
«Mi spiace doverlo dire, ma la casa editrice muore con lui. Arturo Maccagno è molto abile nella vendita, ma quanto a sensibilità editoriale lasciamo perdere. Ho idea che dovrò trovare un nuovo editore.»
Appena fu uscito, De Lorenzi prese il cellulare personale.
«Ciao Camilla, come va? Sono alle prese con un omicidio e in più c’è questo disastro dell’alluvione. Dì alla mamma che non so a che ora riuscirò tornerò a casa questa sera. Volevo chiederti un favore. Lasciami sul comodino quel libro di Terzi. Sì, proprio “Tu e io per sempre”. No, sto bene, non preoccuparti. Bacio. Ciao.»


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