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mercoledì 25 febbraio 2015

Nessuno è arrivato in città

Nessuno

Uno straniero giunge in un paese diviso da una lotta senza quartiere tra due fazioni ugualmente feroci. Lo sconosciuto, di cui nessuno conosce il vero nome, si mette al servizio di entrambe, apparentemente per un pugno di dollari. Il vero scopo del suo operare si svelerà man mano: distruggere entrambi i clan aizzandoli l’uno contro l’altro, liberando finalmente il paese oppresso dalla loro violenza.

Aggiungete la regia di Sergio Leone, la colonna sonora di Ennio Moricone, il volto impenetrabile di Clint Eastwood e un cattivo straordinario come Gian Maria Volonté e avrete tutti gli ingredienti per un film, “Per un pugno di dollari” (1964), che partito in sordina come una produzione minore divenne uno dei maggiori successi della storia del cinema western, lanciando la stagione degli “spaghetti western” che rinnovarono il genere.




Occorre dire che l’idea di base non era un’invenzione di Sergio Leone, ma era nata dalla visione del film del maestro giapponese Akira Kurosawa “La sfida del samurai” (1961). Qui il protagonista senza nome è un ronin (Toshiro Mifune). I ronin (“letteralmente "uomo alla deriva") erano una realtà nel Giappone feudale. Spesso si trovavano in questa condizione perché alla morte del loro signore invece di praticare il Seppuku, un suicidio rituale effettuato mediante autosventramento, sceglievano di vivere. Nella logica del codice d’onore dei samurai questo era considerato un disonore che li costringeva a mettere la propria spada al servizio del miglior offerente per guadagnare qualche soldo.

La questione dei diritti spettanti a Kurosawa si trasformò presto in un pasticcio all’italiana. Mentre gli italiani si rimpallavano la responsabilità di chi avesse dovuto avvisare chi sul fatto che il regista giapponese doveva essere pagato per quello che era in sostanza un remake non autorizzato, si aprì un contenzioso legale. Lo stesso Kurosawa mandò a Sergio Leone una lettera, mentre la produzione italiana, che di fatto non aveva versato un dollaro al giapponese, si arrampicava sugli specchi per evitare il disastro in tribunale. Alla fine si sostenne che l’idea non era completamente di Kurosawa, perché questi si sarebbe a sua volta ispirato a Goldoni, che aveva messo in scena un Arlecchino servitore di due padroni. 

Sergio Leone
Non era vero naturalmente, ma fu sufficiente a indurre i giapponesi a deporre la katana e ricercare un accordo vantaggioso per entrambe le parti, che infine fu trovato. Sergio Leone, anni dopo dichiarò: “Kurosawa aveva tutte le ragioni per fare ciò che ha fatto. È un uomo d'affari e ha fatto più soldi con questa operazione che con tutti i suoi film messi insieme. Lo ammiro molto come regista.”

Ulisse naufrago in uno sceneggiato RAI
A ben vedere l’idea dello sconosciuto senza nome non era nuovissima. Seppure in un contesto differente, risale agli albori della letteratura occidentale. Ulisse / Odisseo, l’uomo di multiforme ingegno cantato da Omero, dopo essere stato a lungo evocato nei canti iniziali dell’Odissea entra in scena, dopo aver lasciato l’isola della dea Calipso, giungendo naufrago solo e nudo nel paese dei Feaci dove viene accolto come ospite. Qui non rivela subito il suo nome finché, commosso dall’udire le vicende della guerra di Troia presa e distrutta per mezzo dei suoi inganni, finisce col narrare le incredibili disavventure che l’avevano visto protagonista durante il viaggio di ritorno.

Accecamento di Polifemo, Eleusi, 650 a.C.
Come quando, intrappolato nella grotta del ciclope Polifemo, per salvare sé e i propri compagni, ingannò il mostro antropofago modificando il proprio nome da Odisseo in “Nessuno” (in greco antico “oudeís”) giocando sull’assonanza tra i due termini. Così, più tardi, Polifemo avrebbe invano invocato l’aiuto degli altri Ciclopi gridando: “Nessuno mi ha accecato!” ricevendo solo risposte sarcastiche.

Sergio Leone ad ogni modo fece dell’Uomo senza Nome un personaggio stabile della “Trilogia del dollaro”. Sempre vestito allo stesso modo e interpretato da Clint Eastwood, compare in “Per qualche dollaro in più” (1965) ancora contro un cattivissimo interpretato da Gian Maria Volonté (El Indio) e con la partecipazione di Lee Van Cleef nei panni del colonnello Douglas Mortimer. Van Cleef ritorna come spietato sicario (Sentenza) nel terzo film, “Il buono, il brutto e il cattivo” (1966), dove il “Brutto” è uno straordinario Eli Wallach (Tuco), bandito insieme comico e psicologicamente ben caratterizzato. La “maschera” dell’Uomo senza Nome ritorna peraltro in altre pellicole, come “Lo straniero senza nome” (1973) e “Il cavaliere pallido” (1985) dirette e interpretate da Eastwood nella sua parallela carriera di regista.



Proprio le note campionate della colonna sonora di “Il buono, il brutto e il cattivo”, scritta sempre da Ennio Moricone, aprono “Clint Eastwood” singolo di debutto dei Gorillaz, una alternative rock band, estratto dal loro primo album “Gorillaz” (2001). Anche il ritornello "I ain't happy, I'm feeling glad. I got sunshine in a bag" fa riferimento ai dollari contenuti nella borsa che il Biondo, il personaggio interpretato da Eastwood, porta con sé alla fine del film.




Gorilla zombie ballano "Thriller"
Il duello finale del film, o per meglio dire il leggendario triello, vedeva i tre protagonisti (Eastwood, Wallach, Van Cleef) affrontarsi all’interno di un cimitero. Questo scenario ritorna nel video musicale dei Gorillaz, girato in forma di cartone animato, dove i protagonisti si trovano a dover affrontare dei gorilla zombie che emergono dalle loro sepolture ed eseguono passi di danza della coreografia del celebre video “Thriller” di Michale Jackson. A sconfiggerli è, guarda caso, Noodle la giapponese chitarrista del gruppo, pettinata come un samurai.

L’esordio dei Gorillaz fu circondato da un grande mistero. La band compariva infatti esclusivamente in forma virtuale, con musicisti realizzati come animazioni. Per ognuno di essi, 2D, Murdoc, Noodle, Russel (cui in seguito si è aggiunto  Cyborg Noodle), era data una biografia, più o meno completa, e sul sito web era possibile visitare una rappresentazione virtuale dei Kong Studios, insieme studio di registrazione e casa dei Gorillaz.
L’identità virtuale dei componenti della band non è una trasposizione di personaggi reali. Dopo il successo dei Gorillaz  fu svelato che i creatori e animatori di questa band virtuale erano Damon Albarn, frontman dei Blur, e il fumettista Jamie Hewlett, coadiuvati da altri musicisti in formazione variabile.

Venendo alla runa ispiratrice del post, secondo una tradizione difficile da verificare ma estremamente suggestiva, oltre alle 24 rune (tre serie di 8 segni) canoniche esisteva una venticinquesima runa, anomala e diversa dalle altre. Era la Runa di Odino, la Runa Bianca, un disco di legno senza alcuna incisione, utilizzata evidentemente solo per la divinazione e pertanto sconosciuta all’epigrafia runica. La Runa Bianca è la runa del destino, che ci dice una grande verità, che nulla è scritto definitivamente, ma che tutto è scelta e oltre l’orizzonte dell’ignoto si possono aprire nuovi scenari e possibilità.

Se questa tradizione fosse confermata, si tratterebbe di qualcosa di simile a quello che troviamo negli Arcani Maggiori dei Tarocchi. Anche qui abbiamo tre serie di sette carte a cui va aggiunto il Matto, una carta eccentrica, che simboleggia l’inesauribile possibilità di un nuovo inizio. Follia o saggezza? Difficile dirlo a priori.


La foto di apertura, dal titolo “Nessuno”, è una cortesia di Ele di Dietro l’obiettivo. Col suo cielo specchiato nel fango alle spalle di un misterioso personaggio senza nome, ci suscita delle domande. Ad esempio, avrà già superato la palude e sta guardando verso nuovi orizzonti o si è arreso di fronte alla pozzanghera e sta tornando sui propri passi? Anche in questo caso la risposta non è scontata.


Visto che abbiamo citato Odino, è giusto ricordare la sua abitudine di presentarsi sotto mentite spoglie, come uno sconosciuto viandante. Incontrarlo può essere fonte di grandi tragedie, come possiamo ascoltare in questa audiostoria.

Se non lo ricordate, Odino fu l'ispiratore della figura di Arlecchino.

Non solo gli uomini possono essere senza nome. Anche i cavalli talora hanno lo stesso destino 

Altre volte è molto meglio non chiedere il nome di chi incontriamo nella notte buia

Lo stesso si può dire di certi luoghi, che è bene rimangano senza nome



8 commenti:

  1. Wow, che signor post. Bello il filo rosso che collega Sergio Leone a Kurosawa e a Ulisse. Affascinante la runa bianca!

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    1. Grazie Vele, io quanto meno mi sono divertito molto a scriverlo!

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  2. Bel post ! A me personalmente i Film di Kurosawa piacciono quasi tutti moltissimo (alcuni di meno ed altri non li ho visti ....) mentre i Film di Sergio Leone ed i Western in generale sono un genere che non apprezzo e non mi piace molto.
    Io personalmente, naturalmente senza nulla togliere alle più o meno alte qualità di un Film o una storia. Comunque interessante

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    1. Il western, e quello di Sergio Leone in particolare, è un genere scritto da maschi per un pubblico maschile. Leone nella Trilogia eliminò ogni sostanziale presenza femminile ritenendola una distrazione.
      Comprendo quindi il senso di estraneità del pubblico femminile (o almeno una parte di esso). Un po' come il quello che provano i fidanzati (coi mariti è più difficile) più o meno costretti ad assistere a certe pellicole romantiche. Con la differenza che Sergio Leone ha diretto degli oggettivi capolavori ;)

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  3. Wow *_______* ! Che post "intreccioso" ;) ! Non ho mai mai visto nessuno di questi film, comunque hai scritto un bellissimo post molto elaborato!
    A presto .. Dream Teller ^^

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    1. Vale un po' il commento fatto sopra. ggiungo una cosa: se volete comprendere gli uomini, guardate il western. Non perché gli uomini siano così nella realtà (il marito spalmato sul divano col telecomando in mano), ma perché è uno dei generi che meglio incarna un certo immaginario maschile, le sue aspirazioni, il suo desiderio di avventura, ecc.

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  4. Davvero un bel post. Tra l'altro non so se Kurosawa ci abbia un po' marciato su veri o presunti plagi, ma è un fatto che il cinema occidentale l'abbia saccheggiato a piene mani, basti pensare ai Magnifici Sette (per cui, però, credo abbiano pagato i diritti) o Guerre Stellari (e Lucas mi sembra non l'abbia fatto...)

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    1. Credo che per i Magnifici sette avessero trovato un accordo prima, anche se non ne conosco i termini. Ma anche altri film, come Rashomon, ebbero dei remake western. Per Guerre Stellari è già più difficile parlare di remake, quindi non credo ci sia stato un pagamento di diritti. In fondo i samurai non sono un'invenzione di Kurosawa.

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