Era rimasto orfano giovanissimo e fu allevato da uno zio. Aveva la passione per la musica e lo spettacolo nel sangue, un po’ meno quella per la scuola. Ma spesso seguire le proprie inclinazioni porta a risultati migliori di quelli che si sarebbe potuto ottenere seguendo una strada più canonica.
La carriera di compositore di Mario, questo era il suo nome, fu subito segnata da un incidente che avrebbe potuto costargli caro. Era il 1939 e una canzone di cui aveva scritto il testo divenne un grande successo. Poco dopo fu convocato nell’ufficio della Censura.
«Confessate voi» il lei era stato abolito per decreto «di aver scritto codesto testo?»
«Certamente.»
«Non sapete voi che a Livorno è stato affisso un foglio sulla statua in costruzione del defunto eroe del fascismo, nonché padre del genero di Duce, Costanzo Ciano, recentemente scomparso? E non sapete che il testo ivi riportato recitava: “Maramao perché sei morto?/ Pane e vin non ti bastava,/ l'insalata era nell'orto/ e una casa avevi tu”. Testo che voi avete poco fa confessato di aver scritto!»
«Ma la canzone è dedicata a un felino. Maramao è un gatto, anche se la canzone è stata scritta prendendo ispirazione da un’antica canzone popolare abruzzese “Mara maje”, che significa “Amara me”. In ogni caso ho scritto la canzone prima della morte di Ciano. Potete controllare.»
«Un gatto, dite? Andate, ma ricordate che vi tengo d’occhio…»
Passò un anno, venne un nuovo successo. E Mario fu nuovamente convocato dal Censore.
«State esagerando! Intendevate forse voi offendere Sua Eccellenza Achille Starace con i vostri versi?”
«Non capisco…»
«Ascoltate: “Ma Pippo Pippo non lo sa / che quando passa, ride tutta la città”… Tutti pensano che si tratti di una presa in giro del Segretario del Partito Fascista!»
«Ma che dite? è una bonaria presa in giro di un amico, Pippo Barzizza.»
«Un amico, dite? Andate, ma ricordate che vi tengo d’occhio...»
Passarono un paio d’anni e un nuovo successo portò Mario di nuovo davanti al Censore.
«Ora basta! La cosa non può più essere tollerata! Questa volta avete mancato di rispetto a Lui!»
«Non capisco…»
«Non avete scritto voi queste parole: “Il tamburo principal della Banda d’Affori / che comanda cinquecentocinquanta pifferi”?»
«Certamente, ma…»
«E non sapete voi che i componenti della Camera dei Fasci sono esattamente 550? E se loro sono i pifferi, chi dobbiamo pensare che sia il tamburo che li comanda?»
«Ma io non sapevo nemmeno che fossero 550! Scrivo canzonette, mica mi occupo di politica. Ho scritto cinquecentocinquanta per un’esigenza metrica del testo.»
«Un’esigenza metrica del testo, dite? Andate, ma d’ora in poi dovrete sottopormi preventivamente i testi per l’autorizzazione. E ricordate che vi tengo d’occhio...»
Per fortuna poco dopo il regime crollò in una sola notte, anche se ci furono ancora lunghi mesi di guerra.
Nel dopoguerra le cose sembrarono andare meglio. La canzone Grazie dei fiori fu cantata a Sanremo da Nilla Pizzi e divenne una hit, seguita l’anno dopo da un altro straordinario successo, sempre interpretato dalla Pizzi: Papaveri e papere.
La censura non era più quella di una volta e Mario non fu convocato da nessuna parte. Ciononostante ci fu chi vide nei versi “Lo sai che i papaveri son alti, alti, alti, / e tu sei piccolina, e tu sei piccolina” un riferimento al piccolo, di statura, Amintore Fanfani, contrapposto agli alti papaveri della Democrazia Cristiana, la quale a sua volta s’impossessò dell’immagine dei papaveri, ritraendo in un manifesto elettorale una forbice democristiana nell’atto di tagliare, col voto, gli alti papaveri comunisti.
Forse per questo motivo il Mario, che per il fascismo era stato antifascista, cominciò a essere guardato con sospetto dai simpatizzanti del socialismo reale. Così Aveva una casetta piccolina in Canadà venne vista come inno di una piccolo borghese “adesione senza riserve ai principi dominanti: lavorare sodo senza discutere, tollerare illimitatamente il sopruso, e via di questo passo” come scrisse qualche critico di stretta osservanza.
Lui non se la prese, del resto riferiva divertito le sue disavventure con la censura pre bellica, e continuò a scrivere canzonette. Tra queste una per lo Zecchino d’Oro, Lettera a Pinocchio che arrivò seconda, ma divenne un grande successo nell'interpretazione che ne diede Johnny Dorelli e che fu interpretata anche da Bing Crosby, che non fu l’unico dei grandi cantanti americani a dar voce ai suoi successi.
Il nostro, il cui nome per chi non l’ha capito era Mario Panzeri, diceva di non esser fatto per le medaglie. Una volta, invitato a Los Angeles per ritirare un premio, rinunciò all’ultimo minuto e se ne andò con la moglie sul Lago d’Orta, posto che diceva di avere sempre nel cuore, dove aveva una casetta con vasche, pesciolini e tanti fiori di lillà.